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Autore: hiromi_chan    01/05/2016    7 recensioni
Se questa fosse una fiaba (cosa che non è) inizierebbe così: c'era una volta un ragazzo chiamato Merlin. Sì, beh, capisco che già il nome possa far venire in mente robe magiche e simili, ma vi garantisco che non c'è un bel niente di fantasy, in questa storia.
… Anche se abbiamo una mezza specie di bestia e una donna che ha tutte le credenziali per essere definita strega cattiva.

{La Bella e la Bestia retelling; modern!AU}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Galvano, Hunith, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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~Parte ottava~

 

 


Mentre Mordred mangiucchiava con gusto uno dei lunghi capelli d'angelo dorati che aveva rubato dall'albero, Merlin tentava di recuperarlo dalle sue fauci. Il sedere di Merlin oscillava puntato verso l'alto e le ginocchia erano premute sul tappeto che si arricciava intorno – quel diavoletto tirava davvero forte. Fu in questa posizione che Merlin si immobilizzò quando sentì:

«Arthur... che significa?»

Il portone di legno pesante della villa era spalancato e in mezzo, le braccia tese sulle ante, si stagliava una figura: in un primo momento Merlin credette che fosse una specie di mammoth su tacchi alti, ma poi si disse che la cosa sarebbe stata poco probabile e riconobbe la pelliccia per quello che era – cioè una... ehm... pelliccia. Da indossare. Una pelliccia che avvolgeva una donna. Il suo viso di porcellana sbucava dal collo di pelo. I capelli, nerissimi, erano tirati indietro e divisi da una riga severa che nemmeno con il righello si sarebbe potuta disegnare più precisa.

«Morgana» disse Arthur, scattando in piedi.

Merlin abbassò il sedere; quella era la sorellastra del suo datore di lavoro, e in effetti aveva un po' quell'aria da figlia diseredata di un ricco imprenditore di una telenovela latinoamericana.

«Don Uther» motteggiò Merlin, annuendo.

«Cosa?» disse Morgana.

«Eh?» disse Merlin.

Mordred, il traditore, abbaiò festoso e trotterellò verso la nuova arrivata tutto scodinzolante. Morgana lo osservò in un modo che ricordava Crudelia De Mon (sapete, per la pelliccia e tutto il resto), dunque Merlin si alzò di scatto per andare a recuperare il lupetto, ma Arthur fu più veloce.

Raccolse da terra il cucciolo e lo prese in braccio, schiarendosi la gola. «Morgana... non ti aspettavo» disse, e suonò così incredibilmente imbarazzato e dimesso che il cuore di Merlin si infranse senza preavviso in un milione di pezzi.

«Ho pensato di consegnarti a mano le pratiche sulla cessione e di approfittarne per vedere come te la passavi» disse Morgana, avanzando come un felino.

Alzò il naso per aria, prendendo atto delle decorazioni che Merlin aveva insistito con l'appendere un po' ovunque e, sicuramente, anche delle luci. Tutte accese.

«... Ma forse ho fatto male» aggiunse Morgana, e le sue labbra colorate con un rossetto vinaccia si arricciarono di lato. «Ho interrotto qualcosa?»

«No, in realtà...» balbettò Arthur, passandosi una mano tra i capelli, e okay, nessuno gli dava il diritto di fare una cosa del genere a Merlin – nessuno dava il diritto ai quei due maledetti Pendragon di fare una cosa del genere a Merlin.

Una cosa alla quale stava iniziando a dare una forma e che aveva a che fare con l'istinto di protezione che Arthur suscitava in lui e con la voglia pressante di prendere Morgana, accompagnarla fuori e chiudere il cancello a chiave.

«In realtà... sì, ha interrotto qualcosa» disse Merlin. «Stavamo finendo di decorare l'albero. Ma se vuole può unirsi a noi-»

«Giocare con un cucciolo sarebbe decorare l'albero?» rimbeccò Morgana.

«Mordred ci stava aiutando» rispose Merlin, e Mordred abbaiò, dandogli manforte e guadagnandosi dei punti simpatia.

«Decorare l'albero» soppesò Morgana, riuscendo nell'ardua impresa di mantenere il tono studiatamente neutro e, allo stesso tempo, di piegare un sopracciglio quel tanto che bastava per mandare al diavolo tutta la neutralità. «Da quant'è che si fa, qui? Cosa mi sono persa?»

Arthur aprì la bocca, adagiando di nuovo Mordred a terra, ma lei lo interruppe: «E tu chi saresti, comunque?»

Lo stava chiedendo a Merlin, ovviamente, anche se nessuno avrebbe potuto dirlo solo dallo sguardo di Morgana, visto che era puntato sulle unghie della propria mano.

«Sono Merlin, il domestico» rispose il diretto interessato, mettendosi un po' sulla difensiva.

Morgana lo scartò senza neanche guardarlo in faccia, il tap tap dei tacchi a spillo che rimbombava insolente. Quella era una donna che riusciva a far suonare insolente anche il tap tap dei tacchi. Morgana circumnavigò il fratellastro fino ad arrivare dietro di lui; estratto un plico spiegazzato da dentro la pelliccia, glielo porse con un movimento molle. Arthur lo prese senza neanche una parola. Pur sperticandosi sulla punta delle scarpe, Merlin non riuscì a capire di cosa si trattasse.

«Ah, già, il nuovo domestico» disse Morgana dietro la schiena di Arthur, così suadente che Merlin non si sarebbe stupito di veder fare capolino dalle sue labbra una lingua biforcuta (e di sentirle dire domessssssstico). «Non ricordavo avessi già sostituito quello vecchio, fratellino. D'altronde sono tutti uguali, che bisogno c'è di imparare a distinguerli?»

Il cipiglio di Merlin si incupì e l'antipatia provata nei confronti di Morgana subì un'impennata degna di un mirabolante salto di motocross.

L'oggetto di tali delicati pensieri rincarò ancora: «Mi scuserai se sono così schietta, mio caro Mervin. Tanto anche il tuo servizio a Villa Pendragon terminerà presto, suppongo, quindi eliminare i convenevoli gioverà a tutti».

La bocca di Merlin si chiuse con un piccolo scatto. Lanciò uno sguardo verso Arthur ma lui stava fissando un punto indefinito alla sua sinistra, lontano da loro. Si era appiattito alla meglio i capelli, notò Merlin, e aveva srotolato le maniche della camicia.

Anche Mordred, percependo il cambiamento nell'atmosfera, aveva optato per una fuga uggiolante e strategica sotto al divano.

«Io non sono uguale a nessuno» disse Merlin, il tono di voce basso, ma calmo. Deciso. «Sono una persona. Sono Merlin e sono amico di Arthur ed eravamo nel mezzo dei preparativi natalizi, quindi, se non le dispiace...»

Morgana piegò la testa di lato, l'immagine dell'innocenza in persona. Le sue narici, tuttavia, unico elemento a tradire la maschera perfetta del suo volto, si erano allargate alla piega di comando presa dalla voce di Merlin.

Merlin non aveva mai visto tanta bellezza concentrata in una persona tanto sgradevole.

«Ah, siete amici?» cinguettò Morgana, gustando l'informazione con sorpresa. «Perdonami, allora, Marlin, perdonami, non avrei mai voluto offendere un amico di Arthur.»

Batté il palmo sul petto del fratellastro e Merlin, nel vedere il suo signor Pendragon così inerme, rigido e lontano, una comparsa sulla scena, arricciò le dita. Arthur Pendragon era molte cose, ma non era certo una comparsa. Non avrebbe mai potuto essere messo in secondo piano, perché c'era qualcosa in lui che spiccava tremendamente, qualcosa di luminoso e dimesso insieme che faceva allargare il torace di Merlin per l'orgoglio.

E a questo punto successe; perché insomma, non poteva che succedere adesso. Mi sono impegnato molto nel descrivere Morgana come la strega cattiva, dunque l'avevate capito anche voi che qualcosa di grosso doveva accadere.

«È che non è un evento comune, sai, che il mio fratellino si trovi un amico» disse placidamente Morgana, simulando delle perfette maniere. «Scommetto che non c'è abituato nemmeno lui. Ti avrà già raccontato tutto sul suo passato, amici come siete.»

«Morgana» intervenne Arthur, la testa che si voltava verso la sorella con uno scatto preoccupante.

«Non ci piace parlarne, sai, Myrddin...» continuò lei, stringendo le labbra con rammarico.

Una mano di Arthur si sollevò a mezz'aria e rimase lì, mentre i suoi occhi si facevano grandi come biglie azzurre, in contrasto con la pelle rossastra intorno ad essi. «Morgana» disse, riuscendo a farla suonare una preghiera sincopata alle orecchie di Merlin.

Merlin scrollò la testa, una fitta allo stomaco che lo svegliava da un sogno nebuloso. Costa stava succedendo, cos'era quel senso di oppressione nell'aria?

«È un argomento difficile da affrontare per noi, la ferita è ancora così fresca...» disse Morgana.

Mentre le parole cadevano oltraggiosamente lente dalle sue labbra, Arthur iniziò a indietreggiare. «Vi lascio» disse, un borbottio sommesso, e Merlin non aveva nemmeno capito cosa stesse succedendo quando s'accorse che Arthur stava scappando dalla verità che di lì a poco sarebbe esplosa dalla bocca di Morgana.

«Arthur ti ha già detto come si è fatto quella cosa alla faccia?»

La schiena di Arthur, una forma rigida che si stagliava sulla scalinata, fu scossa da un singolo, minuscolo fremito.

«Ti ha già detto che era lui al volante quando la macchina è andata contro quell'albero e i suoi genitori sono morti? Che la colpa è sua, della sua disattenzione, della sua guida spericolata?»

Ma quando Morgana aveva finito di pronunciare quelle parole, Arthur era già sparito.

Merlin la guardò, stringendo le palpebre, sentendo le unghie premere contro la propria pelle.

«Pensi che ti stia dicendo una bugia, Martin

Penso che vorrei estrarre Kilgharrah dalla tasca e tirartelo in testa.

Ma Merlin non lo disse, di colpo privato della possibilità di emettere suoni.

«Se non mi credi, chiedi in giro» disse Morgana, il volto illuminato da qualcosa di selvaggio, contenuto a forza. Girò i tacchi e si diresse verso la porta, veleggiando. «Sono cose che è bene sapere, tra amici» aggiunse, soddisfatta – di aver ferito Arthur? Di aver fatto scappare Arthur, ricordandogli un incubo terribile?

Merlin poteva solo immaginare, e tutte le possibilità che gli venivano in mente gli facevano girare la testa. Solo due cose spiccavano nettamente nella confusione che distorceva i sensi: la prima era un ammasso informe di dolore che premeva nel petto. La seconda... la certezza che Morgana avesse detto il vero.

 

~

 

«Signor Pendragon?»

Merlin si era accovacciato davanti alla porta chiusa di quella che era tornata ad essere la stanza inaccessibile. La schiena premuta contro il legno, il mento sulle ginocchia, sospirava piano e a intervalli regolari chiamava Arthur. Discretamente, per fargli sentire che era fuori dalla porta, in realtà... senza secondi fini, se non con l'intento di non farlo sentire solo.

Erano passate un paio d'ore dalla partenza di Morgana e tutto acquistava più senso: il motivo che spingeva Arthur a nascondersi alla vista degli altri, quella casa troppo grande per una persona sola, l'insicurezza e la rabbia e la paura... Ora per Merlin era talmente facile indirizzare tutto questo verso una causa. Quanto aveva dovuto odiarsi Arthur dopo quello che era successo? Quando aveva dovuto odiare la propria immagine riflessa che restituiva i segni inequivocabili del suo passato?

Abbastanza da fargli squarciare il ritratto di quello che era stato prima, un quadro che era rimasto appeso anche se stralciato, come un oscuro promemoria. Abbastanza perché Arthur desiderasse restare solo a odiarsi, e restando solo si odiasse sempre più.

«Signor Pendragooon...»

Era tutto così chiaro, adesso.

«Signor Pendraaaagooooon!»

E Arthur così idiota!

Merlin si alzò di botto, stufo. Il fondoschiena gli si era appiattito a forza di stare sulle mattonelle, e il suo fondoschiena era estremante carino e a forma di pesca e non si meritava di venire deformato. E Arthur non si meritava tutto questo. E nemmeno Merlin si meritava che Arthur si chiudesse di nuovo dietro una porta, lontano da lui.

Bussò. «Si dice che io abbia le mani magiche, sa» disse a voce più alta, schiacciando la guancia contro la porta. «O almeno è quello che le clienti di mamma dicono quando mi lasciano i loro bimbi da guardare e io li cullo e loro si addormentano e... insomma, ho le mani magiche. Le va se allestisco uno spettacolino di magia solo per lei? Guardi che è un grande onore essere invitato, eh... Non lo faccio per tutti. Voglio dire, in genere i miei migliori spettatori hanno il moccio che cola dal naso, lei dovrebbe sentirsi grato di venir incluso comunque nel gruppo.»

Silenzio.

Allora Merlin prese un grosso respiro e sfoderò una delle sue armi migliori: «... Se preferisce, potrei cantarle qualcosa da qui» disse, mordendosi la lingua per la tensione, ma... ancora niente!

No, così non andava. Se Arthur non si era dato alla fuga alla notizia di un'imminente assolo di Merlin (e se non si era calato giù dalla finestra), allora Merlin non sarebbe mai arrivato da nessuna parte in quel modo.

Per fortuna era un ragazzo decisamente sagace e l'ispirazione gli suggerì presto alcune soluzioni da mettere in atto. Scese le scale talmente in fretta da lasciare dietro di sé una nuvoletta di fumo... e un sospiro piccolissimo di cui non si accorse, proveniente da dentro la stanza inaccessibile.

 

~

 

Alla fine se n'era andato, pensò Arthur. Accolse il fatto con uno spietato tonfo allo stomaco di cui non si stupì. Era normale che anche Merlin lo abbandonasse. Nessuno sarebbe rimasto, non dopo aver saputo chi era davvero, e Merlin aveva già resistito così tanto – così tanto che Arthur aveva quasi sperato...

Ma no. No, ora le carte erano state scoperte e il mostro era venuto a galla. Non osava immaginare quale sarebbe stato il volto che l'avrebbe accolto quando avrebbe lasciato la stanza per dire addio al suo domestico – perché a quel punto poteva seguirne solo un addio. Forse Merlin non temeva la bestia fuori, ma quella dentro era venuta alla luce e Arthur non se ne sarebbe mai, mai liberato.

Lanciò uno sguardo carico di pietà verso il dipinto appeso nella stanza. Il ritratto di un ragazzo pieno di sé lo fissava di rimando, un lembo strappato nell'esatto punto in cui era strappata la faccia di Arthur. Un principe borioso che credeva di avere il mondo in pugno... quanto si era sbaglia-

Toc toc toc.

Arthur sobbalzò.

«Signor Pendragon?»

Quanto tempo era passato da quando Merlin se n'era andato dal corridoio? Ormai le luci del bosco immerso nella sera e nella neve inondavano la stanza.

Un biglietto fece capolino da sotto la porta, lo strusciare della carta sul pavimento forte come un'esplosione in quel silenzio ovattato. Arthur restò lì in piedi, stringendo e allargando le dita. Quando sentì dei morbidi passi allontanarsi sulle scale si decise: raccolse il biglietto prima di trovare altre mille ragioni valide per non farlo.

 

 

Arthur,

ti ho portato la cena. In realtà, non solo quella. (Ho pensato che poteva darti fastidio la mia voce, visto che sei stato così simpatico da dirmelo già qualche altra volta, quindi te l'ho scritto.) Sono andato in paese e ti ho preso una cosa per risollevarti il morale. Non è un regalo, in realtà, non sono così sdolcinato – è più che altro un rimborso. Ricordi il vaso che ho rotto l'altra volta? Sì, ehm, e chi se lo scorda, vero? Ecco, sembravi tenerci molto, quindi te ne ho comprato un altro che mi pareva simile, credo sia solo giusto. Ora apri la porta lentamente o romperai anche questo, e non ho intenzione di tornare fuori perché fa un freddo cane e poi vedere mio padre una volta al giorno mi basta e avanza (sì, mi sono fatto accompagnare da lui. Mi sembra il minimo, visto che tecnicamente è l'autista e che, se fosse stato per lui, quella volta sarei tranquillamente stato mangiato vivo dai lupi.)

Comunque, il vaso. Spero che ti le ti piaccia. Mi sono accorto adesso di averti dato del tu, ma ormai è troppo tardi per riscrivere tutto e ho sonno, quindi fattelo andare bene. Oh, e c'è il passato di verdure che non ti piace ma che fa bene alla salute, e c'è anche la torta al cioccolato che non fa bene alla salute ma che ti piace.

Tranquillo, stavolta niente sale.

 

Merlin

 

 

 

Arthur si coprì la bocca con il palmo.

Istintivamente, girò il volto verso le rose che erano state risistemate sul tavolinetto in un contenitore di fortuna, trasparente e anonimo. Nel buio, il blu dei petali era tenero e fresco come una carezza.

 

   
 
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