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Autore: Helena Hufflepuff    01/05/2016    1 recensioni
Cho è scappata dal mondo magico, e pare che sia agli inizi di un nuovo capitolo della sua vita. Ma prima deve fare i conti col suo passato, e fare scelte drastiche per il suo futuro.
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Una piccola precisazione: la Cho qui descritta è molto distante dal personaggio dei libri, ma non è del tutto OOC: ho immaginato una donna che ad un certo punto s'è costruita una corazza, diventando fredda e cinica, forse per non soffrire più.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Cho Chang, Nuovo personaggio | Coppie: Cedric/Cho
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Solo dimenticare

Cho si svegliò di soprassalto, nel bel mezzo del solito incubo, e gli occhi saettarono al timido baluginio dorato che portava all’anulare.
 
Era iniziato tutto un anno dopo la fine di Hogwarts.

Era il 24 giugno, e Cho si sentiva completamente vuota. Come poteva essere altrimenti? La guerra l’aveva tenuta in piedi, l’aveva spinta a non cedere. Ma ora tutto era concluso, Voldemort era morto, ma Cedric… Cedric non era tornato.
Chissà chi o cosa le aveva trasmesso quell’illusione, ma una piccola parte di lei era persuasa che, una volta morto l’assassino del suo amore, tutto il male che aveva provocato si sarebbe riaggiustato, sarebbero tornate le famiglie, le vite spezzate… gli amori perduti.
Ma ormai aveva smesso di sperare, aveva smesso di guardare fuori dalla finestra di camera sua ogni notte sperando in un suo gufo, ogni giorno sperando di vedere la sua figura slanciata percorrere il vialetto d’ingresso. Giorno dopo giorno e anno dopo anno, sentiva che la vita non poteva essere lì, in quella dimensione.

Se n’era andata dalla casa dei suoi, aveva lasciato il suo posto al Ministero, era scappata lontana da Londra, e lavorava come cameriera in un pub di second’ordine di Swansea. E nel quinto anniversario della morte, anche se non era di turno, si recò lì come avventrice.
Quel giorno non voleva ricordare. Non voleva ricordare Cedric, il suo sorriso fiducioso, il suo ultimo bacio, il suo sguardo vitreo, che non la vedeva più. Lei voleva dimenticare.

“Non va bene bere da sola, ragazzina”.
“Fatti i cavoli tuoi” borbottò Cho, mentre mandava giù il quinto gin tonic. Il tizio che l’aveva appena apostrofata le si sedette accanto e disse: “Oh-oh! Sei pungente! Permettimi di offrirti un altro giro”.
L’alcol che aveva in corpo le rallentò i riflessi quel tanto che bastava perché lui prendesse il suo silenzio per un sì. E subito si presentò: Marcus, trentacinque anni, divorziato, operaio in un’industria metallurgica. Cho le disse solo che era sola e faceva la cameriera. Non c’era bisogno di sapere altro, secondo lei.
Lui non fece domande, non volle indagare, non era il tipo. Complice l’alcol, il loro primo bacio fu all’uscita dal pub quella stessa sera, e da lì bruciarono decisamente le tappe: nel giro di cinque mesi si ritrovarono a vivere assieme nel piccolo bilocale di lui a due passi dal pub.

Una notte poco prima di Natale, mentre si preparavano per andare a letto, lui estrasse una scatola dal suo cappotto e la porse a Cho.
“Non volevo fosse una cosa seria, ma ormai viviamo assieme e mi pare che stiamo bene, noi due… quindi, che ne dici se ci sposiamo?”
“Perché no?” disse Cho, mentre guardava la sottile fascetta dorata che le scorreva giù per l’anulare, dove l’anello di fidanzamento di Cedric non era mai arrivato. Voleva solo dimenticare.
“Ottimo. Non cercare il tuo pigiama, cara, vorrei festeggiare l’avvenimento” disse lui, infilandosi nel letto e scostandole le coperte.
 
Cho si alzò dal letto e andò a bere un bicchiere d’acqua in cucina, e mentre accostava il bicchiere alle labbra lo sguardo le cadde ancora all’anello di fidanzamento di Marcus.
L’anello di fidanzamento di Marcus. Come suonava strana, aliena, sbagliata quella frase. E lei aveva accettato quella proposta come si accetta di ordinare una pizza al take away in fondo alla strada. Perché?
La risposta era ovvia: Marcus era l’esatto opposto di ciò che amava. Non era un uomo particolarmente galante, o romantico, e nemmeno innamorato. E per dirla tutta, neanche lei lo amava: gli piaceva la sua pelle olivastra, le sue grandi mani callose, il suo modo brusco e rude di amarla, il suo disinteresse per il suo passato, lo stesso che lei aveva per quello di lui.
Non cercavano l’amore: l’avevano conosciuto, ed erano rimasti troppo scottati per desiderarlo di nuovo. Volevano soltanto dimenticarsi di loro stessi per un po’, e finora era andata benissimo.
Ma quell’anello cambiava tutto: parlava di futuro. Ma come poteva anche solo pensarci, quando il passato la tormentava, quando l’ultima cosa che voleva al mondo era che Marcus, il rude, focoso, normalissimo Marcus, scoprisse quello che lei continuava a negare persino a se stessa? Come impedire che anche il minimo elemento di quel passato potesse rovinarle la vita con lui?

L’idea la colse d’improvviso, mentre il cielo oltre la finestra prendeva una sfumatura d’acciaio.
“Marcus?”
“Mmmh?”
“Devo andare a fare un paio di commissioni a Londra, torno tra un paio di giorni”.
“’kay, ci vediamo” la congedò lui, rigirandosi nel letto e tornando a dormire.
Prese un borsone, mise dentro un ricambio e la toilette, uscì di casa, si recò nel vicolo sul retro del pub e si Smaterializzò dall’unica persona che poteva aiutarla.
 
“Signorina Chang, è proprio sicura?”
“Sicurissima, non posso rischiare”.
“Le rammento che è una procedura praticamente irreversibile…”
“C’ho pensato, è l’unico modo che ho affinché il passato non mi inquini presente e futuro”.
Il suo Medimago la guardò negli occhi per un lungo istante, poi con un sospiro disse: “D’accordo. Ora si sdrai, non ci vorrà molto”…
 
Quando Marcus si recò al pub per togliersi di dosso un po’ di quel freddo pungente, trovò Cho che puliva il bancone, al lavoro come se niente fosse. La raggiunse e le chiese semplicemente: “Fatto tutto?”
“Sì, ma ho bisogno di parlarti” rispose lei, sbrigativa. Senza ulteriori preamboli, lo prese per una mano, trascinandolo sul retro tra i fischi e i commenti pesanti degli altri avventori del pub.
“Che hai?”
“Sai che sto bene con te, ma… dopo la tua proposta, ritengo che sia necessario dirti una cosa sul mio passato che potrebbe riguardare anche te”.
“Spara”.
“Qualche anno fa ho avuto un incidente d’auto col mio ragazzo; lui è morto sul colpo, mentre io ho riportato dei danni interni e… per farla breve, non posso avere bambini” Lo fissò dritto negli occhi. Le sembrava di non essere stata del tutto sincera, ma non capiva dove: ricordava perfettamente la serata passata assieme, lui che le apriva la portiera e le scoperte terribili una volta uscita dal coma.
Lui ricambiò lo sguardo e mormorò soltanto: “Grazie al cielo!”
“Cosa?”
“Non prenderla male, ma io non volevo marmocchi per casa. Con mia moglie è finita per quello: lei voleva una famiglia numerosa, io volevo solo lei. Ora s’è risposata con un avvocato e sforna figli come un’ossessa, per quel che ne so”.
“Temevo che…”
“La prendessi male? Col cavolo, anzi sono felicissimo!” La strinse a sé e le sussurrò nell’orecchio con tono allusivo: “Quand’è che vieni a casa con me?”
“Subito” rispose lei. Si tolse il grembiule, urlò: “Io stacco!” alle sue colleghe e andò a suggellare con Marcus la base della loro vita futura.
 
Non riprese mai possesso del contenuto della bottiglietta di liquido argenteo nascosta sotto un’asse del pavimento, un’insieme di capelli chiari, sorrisi dolci, teneri baci e delicate carezze, accompagnate dal dolore sordo, la fuga da tutto quel mondo, la scelta di non avere figli cui passare quel dono che era stata la sua maledizione.

In fondo, voleva solo dimenticare.
   
 
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