Videogiochi > Minecraft
Segui la storia  |       
Autore: Tony Stark    02/05/2016    3 recensioni
Preferiva la solitudine agli altri.
E tutto per una leggenda che lui nemmeno conosceva e che gli aveva distrutto la vita e continuava a farlo
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Herobrine, Notch, Steve
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

     Un-justified Hate
 Capitolo 21: The demon's Agony


Forse, si disse il demone, non avrebbe dovuto continuare a tormentare il suo cavaliere.

Non dopo il piacevole spettacolo che gli aveva offerto.

Ma il sovrano doveva ancora punire il suo cavaliere per non aver obbedito ai suoi ordini. E nonostante il signore del Nether non disdegnasse la tortura sapeva anche quanto il giovane minatore fosse abituato a quel genere di sofferenza... e quindi non sarebbe stata una punizione adeguata.

Il demone dagli occhi bianchi preferì quindi un diverso tipo di tortura.

Il signore, sovrano e padrone del Nether, pensava a questo mentre il suo mortale si agitava bloccato in un incubo senza fine.


Il Creatore di Minecraftia era nel suo tempio, lì nel alto dei cieli dorati-ora tempestosi- dell'Aether.

I suoi queti occhi neri erano ora scuriti dalla preoccupazione.

Sapeva cosa doveva fare, lo sapeva. Ma Herobrine rimaneva pur sempre suo fratello e lui non voleva, non voleva condannarlo al Vuoto.

Aveva già sbagliato una volta, quando aveva permesso che suo fratello si perdesse nella nebbia della follia. Non voleva fare lo stesso errore una seconda volta.

Mentre il divino Notch rafforzava i rimanenti altari di luce, un tuono spezzò il silenzio. Un fulmine rosso illuminò il cielo dorato tingendolo di color sangue.

E subito, seguitando il primo, un secondo fulmine illuminò saettante il cielo scagliandosi sul tempio di Notch e rifrangendosi nell',adesso, argentea barriera che lo proteggeva.

E il Creatore di Minecraftia si rese conto che suo fratello cominciava ad essere una minaccia anche per l'Aether.


In quello stesso momento nella quieta calma dell'End, il sovrano di quel regno atterrò nell'isola più grande del suo mondo.

Guardando con un sorriso pericoloso le navi del Vuoto e le fortezze che orbitavano nel Nulla.

Il suo sguardo, luccicante di viola, scese gradualmente spostandosi lungo le cristalline colonne di ossidiana che sostenevano i cristalli che lo imprigionavano nel suo regno, fino ad arrivare sulla friabile e sterile roccia gialla che componeva ogni isola.

E lì il sovrano dell'End vide un sottile strato rossastro, simile a muschio, ricoprire una piccola zona di quella distesa giallina.

Il signore dell'End si stava per avvicinare a quella zona incuriosito da quella sorta di vegetazione, quando, a causa dell'aria smossa dalle sue ali nello spalancarsi, un odore dolce, tanto da essere quasi stucchevole, lo raggiunse.

Fermò ogni suo movimento, cercando la fonte di quell'odore e la trovò a neanche mezzo metro di distanza da lui.

In mezzo ad una distesa di muschio rossastro cresceva un fiore che si innalzava verso il Nulla sostenuto da forti radici rosse. I petali carnosi del fiore erano neri con riflessi violacei mentre dal centro di essi si intravedevano due sottili steli viola.

Il sovrano dell'End lo riconobbe e un sorriso, meno crudele quasi malinconico, spuntò sul suo muso da rettile. Il fuoco che normalmente illuminava il suo sguardo si acquietò.

Persino gli Enderman fermarono il loro vagare, incuriositi dalla calma che ora si irradiava dal loro signore.

Prima che questa svanisse, prima che il fuoco dell'odio tornasse a bruciare negli occhi del sovrano dell'End.

Mentre egli ricordava, ricordava come le valchirie del "misericordioso" Notch avessero spazzato via tutta la sua specie.

Ricordava della solitudine a cui era stato costretto.

E un ruggito spaventoso spezzò il silenzio del End.


Il suo cavaliere aveva scontato la sua punizione, pensò il sovrano del Nether mentre spezzava l'incantesimo del sonno sotto il quale aveva fatto cadere il suo mortale.

Steven si risvegliò, spalancando gli occhi di scatto, col respiro affrettato e la paura impressa sul viso. Qualunque cosa il demone dagli occhi bianchi gli avesse fatto vedere doveva essere stata orribile.

<< No, no, io...io non l'avrei mai fatto >> sussurrò quasi a sé stesso...Forse il demone gli aveva solo fatto vedere la verità.

Più e più volte rendendolo cosciente di ciò che aveva fatto.

Il suono di una bassa risatina divertita, gli fece capire di non essere solo. Il giovane minatore spostò lo sguardo e lo vide il sovrano del Nether era lì a guardarlo dall'alto in basso con un sadico divertimento che gli brillava negli occhi vuoti.

<< Invece l'hai fatto, Steven. >> asserì dopo qualche istante << Devo ammettere di essere rimasto stupito dalla tua abilità con la spada. Ma non mi aspettavo di meno dal mio cavaliere >> continuò.

<< Non sono il tuo cavaliere, Herobrine >> contestò Steve, non sapendo da dove prendesse la forza di rispondere con quel tono fermo a quel demone folle gli aveva dimostrato, già, di essere incredibilmente instabile.

Il marchio sul suo braccio brillò di rosso in una maniera tanto rapida che il giovane non poté neanche aspettarsi il dolore che gli causò.

Un dolore tanto forte e accecante che Steven era certo di non aver mai provato. Si lasciò sfuggire solo un grido strozzato non volendo dare al demone la soddisfazione di vedere il suo dolore.

Il bagliore netherico si acquietò fino a sparire e il dolore scomparve.

<< Qui ti sbagli, Steven. Tu sei il mio cavaliere, sei il mio mortale. Tu e la tua anima siete di mia proprietà >> affermò il demone, ogni traccia di divertimento era scomparsa dal suo sguardo che adesso era inumanamente gelido. << Solo mia >>

Un brivido gelato scosse il giovane minatore quando vide la serietà e la freddezza con cui il sovrano aveva pronunciato quelle parole.

Fu solo in quel momento che Steve si rese conto di essere del tutto avvolto dall'alone netherico della magia di Herobrine e capì che lui avrebbe potuto ucciderlo senza nemmeno stancarsi tanto... ma che invece non l'aveva fatto perché gli serviva.

Ma lui non si sarebbe mai piegato al suo volere, mai!

Herobrine gli rivolse un altro sguardo, mentre ogni traccia d'emozione spariva da quegli occhi vuoti, bianchi e brillanti.

<< Adesso, mio cavaliere, abbiamo molto da fare. >>

Steve vide il bagliore che lo avvolgeva sparire e quando ne fu del tutto libero, sfoderò veloce la spada aetherica, scagliandosi contro il demone.

Preferiva la morte al sottostare agli ordini di quel mostro.



E Steven che non aveva mai odiato, cominciò a farlo. Cedendo a quella voce maligna che gli sussurrava nella mente. Senza rendersi conto di quanto quella voce fosse identica a quella del demone che ora odiava.



Herobrine lo guardò, un ghigno divertito gli spuntò sulle labbra. Non accennò alcun movimento per evitare il colpo.

Steven non si chiese il perché del divertimento del demone, non si chiese perché non reagisse finché la sua spada non si disgregò di fronte ai suoi occhi divenendo polvere luccicante che volteggiò nell'aria prima di spostarsi verso Herobrine, riaggregandosi nella spada che era stata.

Il demone afferrò l'impugnatura dell'arma aetherica, non si aspettava il  bagliore bianco-dorato che si liberò dall'arma. Non si aspettava di sentire di nuovo lo stesso dolore che aveva sentito quando Notch, suo fratello, gli aveva strappato l'anima nel tentativo di levargli anche i suoi poteri.

Lasciò cadere la spada, mentre la seguiva nella sua caduta, scivolando in ginocchio di fronte al suo mortale. Senza poter fare nulla, se non gridare, gridare per quel dolore terribile che lo stava affliggendo.


Steve rimase attonito a fissare il demone e sentendo tutta quella sofferenza nella sua voce, la piccola stilla d'odio che era appena nata nel suo cuore, soffocò.

Si avvicinò più attentamente che poté, allontanando la spada aetherica dal sovrano del Nether, senza pensare neanche per un istante ad usare quel momento di debolezza contro lo stesso demone.






Nell'Aether, Notch fu immediatamente avvisato di ciò che stava accadendo a suo fratello.

Il grande demone era debole adesso.

Il Creatore di Minecraftia cacciò la preoccupazione che sentiva nel cuore per ordinare alle valchirie di finire il loro lavoro. Di eliminare il demone adesso.

< Perdonami, Brine. Ma devo farlo > sussurrò poi Notch.



Steve era ancora lì, osservando Herobrine. E poi le vide le valchirie... le stesse che l'avevano salvato dall'Abisso e che ora puntavano le loro lance contro il demone.

Il giovane minatore si chinò afferrando la spada. E si piazzò di fronte al sovrano del Nether.

<< Mortale, spostati >> disse Hnoss
Steven rimase immobile nella sua posizione.

Non riuscendo a capacitarsi del tutto, del fatto che stesse difendendo il demone, il mostro che aveva terrorizzato Minecraftia per millenni e che con la sua leggenda gli aveva rovinato la vita. Ma nel suo cuore credeva di star facendo la scelta giusta.







Il giovane Steven aveva scelto la sua via, ma non per entrarvi... non per seguire il demone ma solo perché il ragazzo aveva un cuore tanto puro da essere capace perfino di perdonare un tale mostro.








Note dell'Autore

Scusatemi l'atroce ritardo... E che sono stato molto impegnato e inoltre sto scrivendo il mio primo libro ufficiale. Il mio primo vero libro originale.

Spero però che la storia continui a piacervi e vi pongo una domanda: Secondo voi Steven cosa farà? Combatterà per Herobrine o no?


Ringrazio: Mattalara, Itachiforever e AnaDarkLady 97 per aver recensito il capitolo precedente.

Scusatemi ancora e alla prossima.

-Anthony Edward Stark

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Minecraft / Vai alla pagina dell'autore: Tony Stark