Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: Kore Flavia    02/05/2016    0 recensioni
[prompt usati: Sentirsi inutili; Vita; Tempus Fugit; Accettazione; Egoismo]
[Raccolta]
Madoka-Sentirsi sola: Madoka non era sola, no, aveva Sayaka e Hitomi. Non era certo sola.
Mami- Vita: Aveva i piedi in due staffe diverse: se da un lato baciava la vita, dall’altra si lasciava possedere dalla morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Homura Akemi, Kyoko Sakura, Madoka Kaname, Mami Tomoe, Sayaka Miki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note d'autrice: Ok, sì, vi aspettavate Horror Vacui? E invece no! Perché ho deciso di cambiare tutte le carte in gioco con altri prompt. Ma quanto sono simpatica?
Questa shot è su Mami, ovviamente.
(Sono stata stranamente puntuale, un miracolo!)
No Beta perché sono scema.
Spero di non essere andata OOC, in caso segnalatemelo e vedrò di metterlo come avvertimento.
A dire il vero non ho spiegazioni riguardo questo capitolo perché mi sembra si "spieghi" già da solo.
Ora fuggo che devo andare a cena ^^
Prompt: Mami=Vita
Buona lettura e al prossimo capitolo
(Recensite, leggete, fate quello che vi pare as usual)
Kore



 
This is my despair:
-Vita -
 
Il vuoto è fastidioso, si sa, soprattutto quando questo è percepito come mancanza, assenza di qualcosa.
 
Il vuoto era frustrante e si palesava nella sua pienezza tutt’attorno a Mami. Lei ne aveva paura: da quando era divenuta una maga si era aggrappata alla vita con le unghie di tutte e dieci le dita. Ne strappava le vesti adorne d’oro e argento e affondava i suoi artigli nelle sue carni. Non l’avrebbe lasciata sfuggire nuovamente: poteva perdere tutto tranne quella.
L’aveva trovata vuota. Voleva riempirla: rattopparne gli abiti eleganti e seducenti tra amici e divertimenti, tra famiglia e primi amori. Lei, però, non aveva più una famiglia: nessuno a cui fare affidamento. Nessun a cui urlare la propria disperazione, nessuno a cui dire “non andartene, stai con me, fammi sorridere”. Di amici neanche ne aveva: da quando era tornata a scuola, dopo l’incidente, qualcosa era cambiato. Un meccanismo maligno aveva cominciato a stridere e Mami era rimasta sola.
Non usciva di casa e restava in compagnia della sola tazza di tè. I cuscini soffici a coccolarla e il calore inumano della bevanda a pervaderne le dita. Osservava il cielo notturno sperando che una strega facesse la sua scomparsa anche quella notte. Aveva accettato la sua condizione di maga e, anzi, era grata a Kyubey per avergliela offerta. Non si sentiva in trappola: come uno schiavo può crogiolarsi nel proprio vincolo, lei si beava d’essere una maga.
Irragionevole, era questo l’aggettivo che più esplicava questo suo apprezzamento. Per quanto fosse attaccata alla vita era in un perpetuo stato di pericolo. Da una parte continuava a rischiare la propria esistenza per sconosciuti e dall’altra parte continuava a stringersi contro gli indumenti della Vita, nascondendosi tra le loro pieghe come una bambina impaurita. Aveva i piedi in due scarpe diverse: se da un lato baciava la vita, dall’altra si lasciava possedere dalla morte.
Era soddisfatta, però, di sé stessa o, almeno, così credeva. Lei voleva salvare il maggior numero possibile di vite dalla malvagità del mondo e non aveva mai chiesto nulla in cambio. Ovvio, se fosse stata l’eroina di qualche film sarebbe stata appagata da mille ringraziamenti, quasi troppi, tanto da farle desiderare ardentemente l’anonimato. Lei, invece, non aveva ricevuto nulla del genere, ma non lo desiderava neanche.
Era stata sufficientemente egoista in precedenza, non poteva più permettersi una tale libertà. Era stata una ragazzina sciocca ed egocentrica quando, il giorno dell’incidente, aveva espresso il desiderio di vivere. Non aveva pensato ai suoi genitori, non aveva pensato a nulla, a dire il vero si chiedeva anche solo se avesse realmente pensato.
Aveva continuato a combatter come aveva sempre fatto. Aveva continuato ad uccidere sia le streghe che i loro servi, perdendo ogni volta il proprio potere un poco di più. Se grazie alle streghe poteva “pulire” la propria Soul gem, uccidendo i familiari non faceva altro che indebolirsi.
Il lusso dell’individualismo non le era concesso.
Lei aveva un solo obiettivo: vivere e combattere per il bene altrui.
Poi aveva conosciuto Madoka e Sayaka e aveva desiderato che divenissero maghe come lei. Questa volta, però, si era presa lo sfarzo di pensare e d’invogliarle a fare altrettanto. Non voleva che anche loro prendessero una decisione tanto in fretta, colte dall’emozione e dall’istinto. Non voleva che se ne pentissero. Ci aveva tenuto, tuttavia, a sottolineare il fatto che non si fosse mai pentita del proprio desiderio: era meglio vivere quella vita che essere morta.
Madoka le aveva cambiato la visione delle cose. Dandole un motivo per vivere, le aveva ridato luce in quell’esistenza di solitudine. Le aveva promesso amicizia e compagnia e Mami era divenuta felice.
Era tornata ad essere egoista.
Mentre combatteva contro Charlotte il suo obiettivo non era più quello di aiutare gli altri, ma quello di soddisfare se stessa. Era felice perché non era più sola e, in questo modo, non avrebbe mai potuto morire isolata. E, finalmente, poteva morire con qualcuno al suo fianco.
Durante quel combattimento non aveva più ricoperto il ruolo della guerriera, in bilico tra vita e morte, ma quello dell’insegnante, una maestra infallibile ed aggraziata. Ma lei non era mai stata un’istruttrice e aveva fallito. Aveva commesso un imperdonabile errore davanti alle due allieve: se da una parte non era più sola, dall’altra era divenuta una sciocca ingenua.
La sua inesperienza dopo anni di consapevolezza era divenuta la sua tomba. Da grande guerriera si era trasformata in vittima ed aveva visto un esofago inghiottirla inerme.
Era tornata ad essere quella di prima: la ragazza prima dell’incidente. Era tornata ad essere la Mami petulante ed egocentrica, una bambina disinteressata degli altri.
Era divenuta impotente davanti a quella vita sfilacciata e quella morte onnipresente. Disarmata di fronte a quell’errore che le era costata la vita e la reputazione.
Alla fine si era sbilanciata ed era inciampata, sfuggendo alle vesti e gli anelli della vita era caduta nella voragine amorevole della morte.
Aveva tradito la vita a causa della sua ingenuità e aveva abbracciato la fine a causa della sua esperienza. Questa volta era morta: non c’era alcuna possibilità di tornare indietro, di sfuggire all’errore commesso. L’iride dorata venne inghiottita dal buio della pupilla. I capelli biondi vennero inglobati dall’esofago nero della strega. L’oro si contrapponeva alle cupi interiora e veniva masticato, divorato e inghiottito dalle tenebre.
Se da una parte era riuscita a non essere più sola, dall’altra aveva perso ciò che più agognava e amava. Le vesti eleganti vennero disfatte e stracciate dai canini bianchi.
I piedi ondularono nel vuoto, sembravano muoversi a ritmo di una cantilena lugubre. Poi caddero, seguiti dal corpo della maga. 
   
 
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