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Autore: LadyMark5    02/05/2016    0 recensioni
Dal testo:
-“Madre” chiamò “Perché i bastardi hanno questo nome?”[...] “Perché è quello che sono, tesoro” rispose dopo un attimo di silenzio “Bastardi nati dall'unione peccaminosa di due individui appartenenti a razze diverse. Esseri ipocriti e senza scrupoli, la loro malignità non ha eguali. Se mai un giorno ti capiterà di vederne uno allontanati subito, non sai mai cosa passa per le loro menti… Malate”-
Kori, principessa dei Nani del regno di Mirthin, ha dieci anni quando, disubbidendo agli ordini della madre, si avventura nella Foresta Oscura alla ricerca dei Bastardi. Un breve incontro con una di loro cambierà per sempre la sua vita. Adhara è il suo nome e dovranno passare molti anni prima che esse scoprano il grande sentimento che le lega. Sapranno andare avanti nonostante le mille avversità? Riusciranno a risolvere la grande faida che da decenni separa i loro popoli? Tra un laghetto segreto, un matrimonio combinato ed una guerra imminente, ecco a voi "Il Sole Nero"...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1 – LA PRINCIPESSA E LA BASTARDA
“Dain II Martellodifuoco era uno dei Nani più forti e coraggiosi di tutta Mirthin. Come ben sai governò il nostro regno con saggezza e giustizia per più di 100 anni! Come ogni re, però, dovette combattere molte battaglie per proteggere il suo popolo. La prima avvenne pochi giorni dopo la sua incoronazione. Un gruppo di bastardi, capitanati dal malvagio Brandon, attaccarono la montagna per rubargli il trono. La battaglia durò molti giorni e tanti Nani coraggiosi morirono, ma alla fine Re Dain riuscì a sconfiggere Brandon e tornò la pace.”
“Cos’è successo dopo, madre? Che fine hanno fatto i bastardi?” la piccola principessa Kori era seduta sul suo letto a gambe incrociate e con occhi spalancati pregava la madre perché continuasse la storia. Era la prima volta che le raccontava di suo nonno Dain e non voleva lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio. La Regina sorrise e mise la figlia sotto le coperte “Dopo la battaglia Re Dain esiliò i bastardi nella Foresta Oscura e, da quel giorno, non si avvicinarono più a Mirthin” concluse la Nana e schiocco un bacio sulla fronte della sua bambina. Le augurò una buona notte e fece per lasciare la stanza, ma la principessa dei Nani aveva ancora un dubbio che le frullava nella testa, “Madre” chiamò “Perché i bastardi hanno questo nome?”. La donna si fermò sullo stipite della porta e i suoi occhi si fecero immediatamente cupi e seri “Perché è quello che sono, tesoro” rispose dopo un attimo di silenzio “Bastardi nati dall’unione peccaminosa di due individui appartenenti a razze diverse. Esseri ipocriti e senza scrupoli, la loro malignità non ha eguali. Se mai un giorno ti capiterà di vederne uno allontanati subito, non sai mai cosa passa per le loro menti… Malate” la sua voce era carica di disprezzo e rabbia. Strinse i pugni, come a voler reprimere uno scatto d’ira e uscì sbattendo la porta.
Kori rimase a fissare l’uscio, stupita e un po’ spaventata, non aveva mai visto la madre reagire in quel modo. La regina Oria era una donna molto riservata. Non amava parlare del suo passato, Kori sapeva pochissimo riguardo alle sue origini e alla sua famiglia. Forse aveva avuto a che fare con dei bastardi. La principessa si rigirava tra le lenzuola incapace di addormentarsi, aveva ancore molte domande a cui non sapeva dare una risposta. Il desiderio di sapere cominciava a farsi strada nella sua testa. Voleva imparare tutto sui bastardi, soprattutto come riconoscerli. La mattina dopo, quando la balia venne a prepararla per la colazione, non aveva chiuso occhio, ma non era per niente stanca. Durante la notte aveva avuto un’idea su come colmare le proprie lacune.

Quando arrivò nella sala da pranzo i genitori erano già seduti a tavola. La Regina aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi e rigirava la forchetta nel suo piatto con aria stanca. Anche lei, quella notte, non aveva dormito. Il discorso con Kori le aveva fatto tornare alla mente vecchi ricordi, molto dolorosi. Malgrado tutto, sorrise alla figlia quando si sedette al suo posto, di fronte a lei.  “Buongiorno madre, buongiorno padre” salutò, Re Kyrion alzò gli occhi dalla pergamena che stava leggendo e accarezzò benevolo la chioma leonina della sua piccola. La corona gli scintillava luminosa sulla testa. Kori finì di consumare la sua colazione molto prima dei genitori, ma aspettò pazientemente che anche loro terminassero il pasto. Quando conclusero si congedò con un rapido, ma impeccabile, inchino e si avviò verso l’uscita. Non si accorse che la madre l’aveva seguita finché ella non le si parò davanti “Kori, tesoro, devo parlarti” le disse abbassandosi alla sua altezza per poterla guardare negli occhi “Scusami se ieri sono stata… Brusca con te, non avrei dovuto dire quelle cose.” si fermò e prese un profondo respiro “Purtroppo, mia cara, quella era la verità. I bastardi sono creature orribili, mi devi promettere che mai e poi mai ti avvicinerai a uno di loro. Promettilo!” quell’ultima parola suonava come una supplica e Kori non poté fare a meno di notare che sua madre aveva gli occhi lucidi “Lo prometto” disse piano. Subito una morsa di ferro le attanagliò lo stomaco e per poco non rischiò di rigettare la colazione sul grembo della genitrice.
Mentiva.  

Tornata nelle sue stanze, Kori indossò un vecchio abito scuro e corto e si coprì con un mantello. Uscire dal Palazzo Reale non fu difficile, a quell’ora la maggior parte delle guardie erano al campo d’addestramento ad allenarsi con suo padre o a spaventare qualche nuova recluta dell’esercito. Una volta all'esterno, però, la morsa che le stringeva la pancia si fece più forte. Stava disubbidendo a sua madre, la Regina! Se le fosse successo qualcosa? Aveva solo dieci anni e in più non era mai stata fuori dalla Montagna Ferrosa da sola. Osservò prima il cancello di ferro battuto che era l’ingresso della sua sicura dimora, poi spostò lo sguardo all’orizzonte. Il sole si trovava proprio sopra alla Foresta Oscura, minacciosa e imponente casa dei bastardi. Alla fine Kori si lasciò vincere dalla curiosità e scese il ripido pendio che l’avrebbe condotta ad un nuovo capitolo della sua vita.
                                                                                                *****
Vista da vicino la foresta appariva ancora più inquietante e maestosa. Kori vi si inoltrò con circospezione cercando di fare meno rumore possibile. Il silenzio era opprimente, non un suono, nemmeno il cinguettio di qualche uccellino. Dopo pochi minuti arrivò in una spaziosa radura, al centro si trovava un enorme masso, alto quasi quattro volte più di lei. Si appoggiò a quel macigno e, da sotto il mantello, prese il libro che aveva “preso in prestito” dalla biblioteca di suo padre prima di partire per quell’avventura. Era nascosto in fondo al primo scaffale ed era l’unico che parlava dei bastardi, seppur non in modo dettagliato. Kori sfogliò velocemente le pagine consunte del volume fino al capitolo che le interessava.

SEGNI PARTICOLARI
I bastardi sono facilmente riconoscibili grazie ad un “Marchio” presente sulla loro pelle. Solitamente è di colore nero e compare sul viso pochi giorni dopo la nascita. Forma e dimensione variano da un individuo all’altro, ma non è mai più piccolo di una moneta d’argento. Le cause della manifestazione di questo segno sono tutt’ora ignote.


Kori chiuse il libro e lo risistemò sotto al mantello, soddisfatta. Ora che sapeva come riconoscere un bastardo restava solo trovarlo. Riprese a camminare ma solo dopo una decina di passi si bloccò. Un rumore. Aveva sentito un rumore. Si girò di scatto e vide solo il sentiero vuoto da cui era arrivata, con un particolare in più che prima non aveva notato. Sulla terra molle e scivolosa ai lati della stradina c’era qualcosa che luccicava. Kori si avvicinò con cautela e gli occhi le si riempirono di paura. Quel qualcosa era un campanellino e, proprio a fianco, un’orma. Era piccola e fresca. Il proprietario non doveva essere molto distante.
 
Sentì un altro rumore, stavolta più forte, alla sua destra. Era un tintinnio acuto, un campanello. Nel giro di pochi secondi Kori si trovò letteralmente circondata da questi trilli, sempre più forti. Si stavano avvicinando. Doveva nascondersi. Con il cuore a mille, Kori si riparò all’interno di un grosso cespuglio e rimase immobile. Non passò molto tempo che subito dei bambini sbucarono dalle fronde degli alberi. Correvano, saltavano e ridevano, non avevano scarpe e i vestiti erano vecchie tuniche troppo grandi per loro. Alla vita avevano una cintura, cui erano attaccati vari campanelli che tintinnavano ad ogni loro passo. Sul viso il Marchio nero.
Erano bastardi.
Presto la radura si riempì di piccini che agitavano braccia e gambe in modo sconnesso, si esibivano in capriole, ruote e piroette, ondeggiavano i fianchi e cantavano ognuno una canzone diversa. Uniti in una stramba danza conosciuta solo da loro. Poco dopo arrivarono anche degli adulti. Alcuni bassi e tozzi come i Nani, altri slanciati come gli Elfi, certi, addirittura, uguali agli Umani. Se ne stavano ai margini della radura a parlare tra di loro, gettando fugaci sguardi ai bambini.
Kori non riusciva quasi a respirare. La paura era scomparsa lasciando il posto ad una sorta di attrazione. Si sorprese a pensare che, dopo tutto, quei bastardi non erano così spaventosi come le aveva detto sua madre. Non c’era malvagità negli occhi delle donne, né orrore nella danza dei bambini. Cosa più singolare era che ciascuno aveva una caratteristica che lo rendeva diverso dagli altri e non solo per via del Marchio, che, in alcuni casi, era una vera e propria opera d’arte. Lo sguardo, il modo di parlare e muoversi, agli occhi di Kori apparivano tutti diversi. Diversi e bellissimi. Rimase a osservarli all’ombra del suo nascondiglio per molto tempo, incapace di distogliere lo sguardo da quelle creature piene di sorprese. I bambini sembravano instancabili e ballavano senza freno. Improvvisamente una grave ansia si espanse per tutto il suo corpo. Dovevano essere passate circa un paio d’ore dalla sua partenza, forse a palazzo i genitori si erano accorti della sua scomparsa. A malincuore si stese sul terreno freddo e cominciò a strisciare lentamente fuori dal suo nascondiglio. Si trascinò tra i cespugli finché il suono dei campanelli e le risate dei bambini non furono solo un ronzio lontano. Si alzò, il suo vestito era completamente sporco di terra, così come le sue ginocchia, ma non se ne preoccupò. In testa aveva ancora i movimenti di danza dei piccoli bastardi. Senza volerlo cominciò a imitarne alcuni finendo per dimenticarsi completamente del suo proposito di tornare a casa. Kori adorava ballare e sarebbe potuta rimanere lì per ore e ore se una piccola figura non avesse catturato la sua attenzione, bloccandola di scatto nell’atto di compiere una piroetta.

Una bastarda.

A pochi metri da lei c’era una bastarda che la guardava con curiosità, come chi vede per la prima volta una cosa nuova. Ad occhio doveva avere qualche anno in più lei, ma, a differenza degli altri bambini, legata alla vita non aveva una cintura di campanelli, bensì un pugnale. Nella mano destra teneva una arco di legno e sulla schiena aveva una faretra piena di frecce. Indossava una semplice tunica blu, probabilmente appartenuta ad un uomo e tagliata malamente per adattarla al suo corpicino magro. I folti capelli nero carbone le avvolgevano la testa come una criniera incorniciandole il bel visino. Il marchio dello stesso colore era messo in risalto dalla sua pelle diafana, spiccava prepotente sulla guancia sinistra come un cerchio perfetto da cui partivano a ventaglio una serie di linee ondulate che coprivano buona parte del viso. E’ un sole, pensò Kori, un sole nero. Alzò piano gli occhi incrociando quelli di lei, viola. Viola e spenti, privi di vita e di emozioni. Rimasero a lungo a guardarsi, la principessa e la bastarda, senza muoversi, senza parlare. Improvvisamente un urlo, basso e roco, la bastarda si voltò e per Kori fu il momento giusto. Cominciò a correre, sempre più veloce, lontano dalla foresta, dai bastardi, da tutto. Non si fermò nemmeno quando arrivò al sicuro nella Montagna Ferrosa, solo quando si fu chiusa la porta della sua stanza alle spalle riprese un poco di calma, si tolse di dosso il vestito sporco quasi strappandolo e lo nascose dietro la libreria, poi si stese sul letto e rimase immobile. In testa aveva un paio di occhi viola e una sola parola, un nome, urlato con rabbia dal profondo di una foresta.

Adhara
   
 
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