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Autore: Azin31415    04/05/2016    1 recensioni
[Santiago Cabrera]
Questa fan fiction è nata come il proseguimento del film di Santiago Cabrera, "La vita dei pesci". Le mie amiche erano rimaste troppo tristi per la fine del film in cui Andres, il personaggio interpretato da Santiago, lascia una festa in cui aveva rivisto il suo primo e vero amore. Ma lascia la festa solo. Dopo la festa succede: questo! Leggete, eè ambientata nel Cile del nostro Santiago.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andres si stava allontanando nella notte. Scendeva le curve sinuose dei luoghi che erano  stati testimoni della sua fanciullezza, conosceva bene le vie de La Dehesa, anche se negli ultimi anni tante nuove ville avevano occupato quei prati in cui lui giocava da ragazzino con i suoi amici.

Aveva bisogno di camminare. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, quel riavvicinamento con  Bea era stato inutile e fittizio. Lui dentro di sè lo avrebbe voluto, ma le loro  vite ormai scorrevano parallele e senza sfiorarsi, come due pesci in un acquario che nuotano e si ignorano.

Percorreva ormai l’ultimo tratto in discesa verso il ponte per ritornare in città,verso la possibilità di trovare un taxi che lo avrebbe accompagnato a casa dei suoi a recuperare la valigia e poi all’aeroporto per prendere il suo aereo per Berlino.

Stupido, era stato stupido a pensare di potere immergersi di nuovo nella sua vecchia vita. Mai dimenticata, ma abbandonata.

Il rettilineo lo portava verso il ponte e già vedeva in fondo le luci di Santiago.

D’un tratto un rombo di un motore dietro di sè lo fece voltare e due fari lo illuminarono fermandosi proprio accanto a lui.

Con un misto di fastidio e di curiosità pensò che potesse essere Bea che lo stesse cercando.

Scese invece, un’ esile biondina con degli occhiali rettangolari sulla punta del naso che le

conferivano al viso un’aria da professoressa, ma. Andres pensò che era troppo carina e giovane per esserlo.

Era agitata ed in uno spagnolo non proprio perfetto e dal forte accento italiano chiese: “Hai visto un cane? Un cane piccolino a nero, un cucciolo. Lo abbiamo perso.” Terminò con la voce spezzata per la commozione. Alla luce dei fari Andres riuscì a vedere gli occhi pieni di lacrime della ragazza, che lei cercava di trattenere.

“Mi spiace, vengo dalla Colmena ma non ho visto nessun cucciolo” rispose.

“Lei tirando su con il naso disse: “Grazie lo stesso, se lo vedi per favore prendilo siamo in quattro in giro a cercarlo. Per favore!” Lo pregò prima di risalire in macchina e di sparire nel buio della  notte.

Andres alzò gli occhi al cielo, era una sera fredda ma il cielo era terso e si vedeva chiaramente la croce del sud nel mezzo della volta celeste. Quanto le mancava la croce del sud nel cielo berlinese. Nemmeno le stelle erano uguali in Europa.

Continuò il cammino e proprio al limite dello slargo per entrare nel ponte sul Mapocho sentì un guaire distinto provenire dal fosso che delimitava la strada. Si affacciò al fosso e vide un cucciolo nero che appena si accorse di lui guaì più forte e il movimento della coda.

Il fosso era profondo almeno un metro e mezzo, con il fondo fangoso a causa delle recenti piogge. Era insicuro sul da farsi, forse la mattina seguente lo avrebbero trovato con la luce del giorno. Poi lo sguardo corse alla baraccopoli dei poveri che vivevano sotto il ponte a fianco del fiume: un cucciolo di razza valeva soldi, non lo avrebero restituito.

“Ma chi me lo fa fare” brontolò fra sè e sè…” ma scese nel fosso.

Giá si era sporcato e aveva le scarpe affondate nel fango, in più il cucciolo si gettò a fargli le feste inzaccherandogli ancora di più i pantaloni.

Prese il cane e lo appoggiò in alto sulla strada: “Ora se te ne vai sei proprio fesso...Stai fermo!” Intimò all’animale che lo guardava con le sue orecchie cascanti, mentre lui cercava di risalire quel metro e mezzo di fango. Riuscì a sollevarsi un po’ e presa una radice con la mano destra cercò di issarsi fino alla strada, ma perse l’appiglio con il piede e scivolò giù. Sentì il rumore di stoffa strappata e un dolore bruciante gli colpì il ginocchio. Lasciò scappare un’ imprecazione, si guardò il ginocchio e vide un lungo graffio sanguinante che bruciava.

Si guardò il palmo delle mani, anche loro con graffi. Guardò il cane che con la lingua fuori ansimava felice e creava un vortice con la sua lunga coda.

Gli scappò un sorriso e scosse la testa.

Riprovò ad issarsi e questa volta riuscì a raggiungere il bordo della strada. Era sporco e ferito, se l’avesse fermato la polizia lo avrebbero scambiato per un ladro, magari proprio di cani.

Prese il cucciolo in braccio e tornò verso la Dehesa, sperando di incontrare uno di coloro che stavano cercando il cane. Camminò per un buon tratto e stava iniziando a pensare di avere fatto una grande cazzata, quando vide i fari. Una macchina gli si fermò accanto e due ragazze scesero correndo verso di lui togliendogli dalle braccia il cucciolo e cominciando a fare dei versi intellegibili  e un sacco di moine al cane che le sporcava e le leccava felice, sempre con la coda a mulinello.

Andres rimase allibito, era trasparente, le ragazze non lo guardavano nemmeno.  Dopo il momento di euforia una delle due ragazza, mora riccia e anche lei molto carina lo degnò di uno sguardo e subito gli disse: “Oh scusa, grazie per il cane davvero!” Poi iniziò a guardarlo da capo a piedi, “Ma, sei caduto nel fosso?”

“No quello è il vostro cane, io sono sceso nel fosso per riprenderlo.”

“Oh!” fece la seconda ragazza guardandolo anch’essa da capo a piedi.

Andres pensò che non solo quelle ragazze avevano strani accenti, erano proprio strane loro. Poteva riconoscere la provenienza europea delle due ma non comprendeva bene l’origine.

Scosse la testa e disse: “Beh, ora é meglio che me ne vada, ho un aereo da prendere domattina, ed é già molto tardi.” Una ragazza stava facendo varie chiamate avvisando del ritrovamento del cane mentre l’altra guardando Andres gli disse: “No ma, non puoi andare in giro così sembri uno zingaro…”

“Non ci sono zingari qui a Santiago.” rispose Andres.

“NO, lo so ma … sembri un… come dite voi? Punga?”

“Ah, grazie del complimento!” Rispose scocciato Andres.

“Hai salvato Spenk il minimo che possiamo fare è ospitarti a casa e lavarti i jeans e…” si bloccò guardando lo strappo sui jeans e la ferita del ginocchio: “Ma ti sei anche fatto male!

Dai, sali in macchina… abitiamo qui vicino!”

Andres era sicuro che nessun taxi si sarebbe fermato a raccoglierlo vicino alla baraccopoli sporco com’era in quel momento e di sicuro non aveva voglia di chiamare suo padre per farsi venire a prendere. Le domande sugli amici e su Bea sarebbero state insopportabili.

“Va bene, poi forse mi potete far chiamare un taxi da casa vostra.”

“Certo!”

Salirono sulla jeep, le ragazze davanti, Andres e il cane dietro. Se all’uomo fosse anche rimasto un lembo di giaccone pulito il cucciolo si incaricò di riempirlo di zampate e leccate.

“È molto esuberante. Non so cosa avremmo fatto se non lo avessimo più trovato, il nostro spenkiotto.” Disse la ragazza ricciola allungandosi verso il sedile di dietro e accarezzando il cucciolo, che vista la possibilità si arrampicò sul freno a mano e il cambio fino ad arrivare in braccio alla ragazza, che rideva felice.

Andres si gettò sullo schienale pensando “Che nottata!!”



 

Capitolo 2

 

Arrivarono ad una villa di color rosa scuro, il cancello elettrico si aprì e la jeep fu parcheggiata in cortile. Uscì un uomo che doveva essere di servizio.

“Lo abbiamo trovato Leo!” Gli disse una delle ragazze. L’uomo, un indio con la faccia bruciata dal sole e con i capelli a spazzola neri come la pece, mostrò un sorriso di sollievo e corse a fare le feste al cane che nel frattempo era sceso a rotoloni dalla macchina.

“Era stato lui a scordarsi il cancello aperto, poverino, era preoccupatissimo...” Bisbigliò ad Andres una delle ragazze.

La porta della villa si aprì e uscì la biondina che Andres aveva visto per prima in quella strana notte.

“Ciao monello!!” Disse al cane in un italiano squillante. Poi rivolse lo sguardo ad Andres: “ Tu sei quello che io avevo fermato per strada? Scusa nell’agitazione non ti avevo nemmeno notato. Grazie, grazie mille!” Disse scoccandogli a sorpresa un bacio sulla guancia.

Entrarono tutti e si sedettero al lungo tavolo della sala da pranzo. Andres rimase sulla porta della sala un po’ imbarazzato, le tre ragazze stavano parlando velocemente tra di loro in inglese e per lui, stanco ed a quell’ora di notte, parlavano un po’ troppo veloce per poterle comprendere.

La ragazza riccia gli chiese scusa e in spagnolo si presentò: “Devi credere che siamo un po’ matte. Piacere io sono Mabel vengo da Siviglia, lei…” disse indicando la ragazza dal corto carré nero, “è Sophie viene da Bruges e Alessandra, che hai conosciuto per prima, viene da Firenze. Tu sei?”

“Io mi chiamo Andres e vorrei davvero fare una doccia ed andarmene, devo prendere un aereo alle undici.”

“Scusa, certo, vieni.” Disse Mabel. Lo guidò lungo un corridoio e poi su per una scala. La villa era moderna ed impersonale, sembrava un hotel. L’arredamento non aveva nulla che potesse far intuire la personalità degli abitanti.

Quasi come se Mabel percepisse i pensieri di Andres spiegò: “La casa l’ha affittata per noi

la Eso, viviamo in sette qui. Vedi? È enorme. Ecco questa è la stanza di Philip non credo che gli dispiacerà  prestarti un paio di jeans, avete più o meno lo stesso fisico, anche se tu sei più bello.” Terminò come se stesse parlando del tempo.

Andres arrossì impercettibilmente al complimento, sapeva che gli spagnoli fossero più diretti dei cileni, ma non credeva tanto.

“Ecco, puoi fare la doccia qui” disse aprendo la porta di uno spazioso bagno. “Ora ti porto degli asciugamani e qualcosa per disinfettarti quel taglio. Lo farai da solo vero? Non ci sono infermiere tra di noi.” Terminò facendo un sorriso e porgendogli un paio di jeans che aveva tolto da un cassetto.

Lasciò un basito Andres nella stanza.

Mentre si toglieva giubbotto e jeans inzaccherati, accorgendosi che anche la felpa di sotto era piena di orme di zampa di cane, si stava chiedendo cosa diavolo ci stesse facendo lì.

Poi pensò alla Eso.

Mabel rientrò senza bussare trovandolo in slip. Poggiò sul letto due asciugamani e l’occorrente per curare la ferita dicendo: “Non ti preoccupare ho due fratelli maschi!”

Andres, quasi non ci aveva fatto caso perchè pensava a quello che lei gli aveva detto  e chiese: “Ma la Eso? Quella Eso quella dell’Alma e del Paranal?”

“Si Andres quella Eso, ti aspettiamo giù. Non credo che si dorma più stanotte, fai pure con comodo.”

Mabel scese saltellando le scale ed arrivò in sala dove su due comodi sofà, posti uno di fronte all’altro, le altre due ragazze stavano bevendo del té con biscotti, con Spenk che finalmente, dormiva sfinito ai loro piedi.

“Carino Andres, non ti piace Alessandra?”

“Piantatela di volermi affibiare ogni XY che conosciamo...”

Mabel lasciò scappare un sorrisino soddisfatto. Parlarono del più e del meno, anzi solo del cane e dello spavento che avevano preso quella notte. Dopo mezz’oretta discese Andres cambiato e con tutti i vestiti sporchi in mano.

Mabel, che decisamente sembrava la più attiva del gruppo si alzò: “Dammi. In mezz’ora Mariana te li laverà e li restituirà, non riesce a dormire nemmeno lei.”

“Vuoi un po’ di tè?” Chiese Sophie mentre  Alessandra si era appisolata.

Andres si sedette. Era incuriosito da quella casa e da quelle ragazze europee ma soprattutto era incuriosito dalla Eso.

“Lavorate tutte e tre alla Eso?”

“Sì rispose Mabel mentre sgranocchiava un biscotto al latte. “Ti interessa l'osservatorio? Noi dobbiamo partire oggi alle sei per raggiungerlo. Questa notte inizia il nostro turno di osservazione.”

Andres fin da piccolo era affascinato dalle stelle, si fece comprare persino un piccolo telescopio con il quale osservava la volta del cielo.

Gli sarebbe proprio piaciuto andare a visitarlo, ma non era aperto al pubblico: la compagnia astrofisica europea lo gestiva  gelosamente. I cileni avevano offerto solo il loro magnifico e terso cielo del deserto di Atacama. L’Alma era l’osservatorio astronomico più importante ed imponente al mondo. Andrés cominciava a  pensare che avrebbe potuto anche sfruttare questa occasione per poter scrivere finalmente un articolo che non fosse semplicemente di turismo. L’osservatorio astronomico Alma e il più piccolo del parànal era un segreto ben conservato dalla Eso e dall'ente areospaziale americano.

Andrés non resistette a fare una carezza al piccolo Spenck che dormiva lì accanto, le avventure della nottata l'avevano distrutto. Si sentiva un po' come il cucciolo: spento.

Come aveva potuto pensare di andare alla festa e di rimettere in discussione 10 anni della sua vita e di quella di Bea.

Sospirò perso nei suoi pensieri. Sophie gli chiese: “Ma cosa facevi alle tre di notte solo a piedi, lungo la strada che porta al Mapocho, non sai che è pericoloso?”

Ridestato dai suoi pensieri, Andres si rivide in mezzo alla strada verso il ponte, verso la baraccopoli, effettivamente non era stato troppo prudente.

“Tornavo da una festa di compleanno!”

“Solo e senza auto?”

“Si, solo e senza auto!” Affermò con un tono un po’ scocciato che non ammise repliche..

“Parlatemi un po' dell'osservatorio mi piacerebbe molto sapere qualcosa e vederlo” aggiunse un po’ timoroso cercando di gettare l’amo.

Sophie rispose: “A questa ora di notte potrei parlare solo di biscotti o film horror. Per ringraziarti per aver salvato Spenk, potremmo invitarti a cena tra 10 giorni quando finiamo il turno ad Atacama e ti spiegheremo tutto.”

“Grazie ma fra dieci giorni sarò a Berlino!”

Mabel diede una  occhiata di sfuggita a Alessandra che respirava profondamente addormentata. “Perché non vieni all'osservatorio con noi questa mattina. Tra un'ora verrà il bus a prenderci per portarci all'aeroporto se ti va e sei davvero interessato potresti venire a passare questi giorni con noi.”

Andrés rispose che non era proprio possibile avrebbe perso il suo biglietto per Berlino e degli importanti appuntamenti di lavoro per cui Mabel non insistette. Lasciò Alessandra addormentata sul sofà e andò a raccogliere le tre valigie che mise vicino la porta e chiese ad Andrés: “Vuoi che ti chiami un taxi?”  

“Sì grazie.” rispose

Era molto stanco la notte era stata piena di emozioni per lui. Aveva solo voglia di buttarsi sul letto e dormire fino alla sera dopo, cosa che non avrebbe potuto fare.

L'osservatorio... quando avrebbe avuto un’altra occasione, la opportunità di mettere piede all'Alma, l’osservatorio che era l’orgoglio nazionale cileno.

Sentì Mabel chiamare un taxi, si avvicinò a lei e le disse: “Se la tua offerta è valida davvero e se pensi che sia possibile, mi piacerebbe moltissimo venire con voi all’osservatorio...” Lei lo  guardò un attimo e gli chiese solo: “Hai un documento con te ?” Lui rispose “Certo!”

“Ok passaporto o carta d'identità andranno benissimo.”

Sophie  si alzò:  “Mabel non credi di esagerare? Hans quando verrà a sapere che facciamo entrare uno sconosciuto nell'osservatorio ci farà fare doppi turni per due mesi.

“No, non ti preoccupare non è uno sconosciuto si chiama Andrés e ho visto il tesserino dei giornalisti tedeschi nel suo portafoglio credo proprio che sia ora di rilasciare un'intervista vera o falsa che sia.”

Andres ascoltata tutta la conversazione disse: “Non voglio crearvi problemi non vorrei che i vostri capi si arrabbino.”  

Mabel lo guardò  con un sorriso ironico e disse “Io sono il capo quando Hans non c’è, io sono il numero due e Hans è sempre a Ginevra.

Andres stupito chiese: “Ma allora tu sei Mabel Rueda? La direttrice generale del Parànal  e dell'Alma?”

“Ecco Sofia vedi sono anche famosa!” Poi rivolgendosi ad Andres chiese “Ti aspettavi che  fossi una vecchia con gli occhiali e i capelli bianchi come Margarita Hack?”.

Andres sorrise forse per la prima volta in tutta quella pesante notte: “No, non sapevo come fosse Mabel Rueda, non vi fate tanta pubblicità voi della Eso, non ho mai visto foto. E non so chi sia Margherita Hack.”

“Non sai?.. “ Mabel si bloccò osservandolo. Andò alla libreria, scelse sei libri piuttosto grossi e tornò verso Andres porgendoglieli. “Ecco studia. Non ti preoccupare sono semplici, alcuni li ho comprati anche ai miei nipoti di 12 anni. Non puoi fingerti un giornalista interessato alla astrofisica e non conoscere Margherita Hack. Jorge, il custode, ti spedisce nel deserto con un calcio e senza acqua.

Ma tu che tipo di giornalista sei?”

“Io sono solo un giornalista di viaggi e soprattutto faccio reportage per articoli turistici e la maggior parte delle volte sono solo pubblicati in Internet: diciamo che non sono arrivato nemmeno lontanamente nella posizione in cui sei tu.. Sarebbe come se io diventassi il direttore del Times.”

“Bene” disse lei “Ora sai a chi portare rispetto tra noi tre!” disse facendogli l’occhiolino. “Preparati, tra un ora arriva il bus a prenderci. Forse potremmo farti una valigia con i vestiti di Philip tanto è così distratto che non si accorgerà mai che gli mancano calzini e magliette e poi potrai comprare qualcosa allo spaccio.

Così diede una valigia ad Andres e lo lasciò libero di scegliere tra le cose di Philip.

Puntuale alle sei arrivò il pulmino che veniva dall’aeroporto. Scesero quattro uomini con l'aria tremendamente assonnata, tutti  con gli occhiali e con la barba lunga di vari giorni.

Il conduttore, Iader, chiese “Chi è questa persona non sono stato avvisato!”

“Non ti preoccupare!” disse  Mabel “Garantisco io per lui!” E mentre lo diceva,  lei stessa pensò che non avevano idea di chi fosse questo Andrés,  raccattato per strada alle tre di notte.

Poi si convinse che una persona che salva un cane non potesse essere cattiva, e in più sperava che servisse allo scopo che aveva in mente.

Sophie invece si era già fatta tutto il suo film in testa: Andres aveva fatto apposta a far scappare Spenk, aveva creato una messinscena per riportarlo e aveva anche esagerato la ferita sul ginocchio che poteva essere falsa.

Svegliarono Alessandra e la spinsero assonnata sul bus, misero la sua valigia nel bagagliaio e dissero all’autista che potevano partire verso l’aereoporto.







 
   
 
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