Storie originali > Favola
Segui la storia  |       
Autore: Bab1974    05/05/2016    1 recensioni
Serie di storie slash ispirate alle fiabe, partecipanti al contest di sango_79 '[Contest fiume] A mille ce n'è... di slash da narrar! (Originali e multifandom - Slash e yaoi)'
1- Il principe ranocchio Storia ispirata dalla favola Il principe ranocchio, ne stravolge il finale facendola diventare una favola slash. Il ranocchio Padon, dopo un anno di permanenza a palazzo, riesce a farsi baciare dalla principessa, ma non torna uomo. All'inizio sembra che non ci sia soluzione, ma ne trova una il fratello minore di lei.
2- Nome in codice: Cappuccetto Rosso (prossimamente)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Storia partecipante al contest di Sango_79, indetto sia sul forum di efp che su quello di Disegni e Parole, ispirato alla seguente immagine

http://s1182.photobucket.com/user/DisegniParole/media/raykit2_zpsbab5bb22.jpg.html?sort=3&o=397


 


 

 

 

 

Il guerriero e la Bestia





 

Prologo



Julius Donovan, sindaco di Monblanc, attendeva nell'enorme sala d'aspetto che l'Imperatore di Gorgo, lo stato di cui anche il suo paese faceva parte, gli desse udienza. Era giunto fin lì spronando la sua cavalcatura allo stremo, tanto che avrebbe dovuto abbatterla all'istante, se non fosse stato per la fretta che aveva. Era corso a palazzo immediatamente, si era fatto annunciare, accennando al Gran ciambellano il problema, ed era stato avvisato che, appena si fosse liberato, lo avrebbero fatto passare.
Non era seduto da neppure cinque minuti, anche se all'uomo era parsa un'eternità, che fu chiamato.
"Sua Maestà vi attende, seguitemi alla sala del trono." Il Gran ciambellano gli fece un gesto nevoso, per intendere che si doveva sbrigare. Non che ce ne fosse bisogno, Julius era tutto tranne che tranquillo. La tensione era palpabile.
L'imperatore Serdes XV lo osservava con aria seria e severa. Era giovane, troppo per comandare un paese, ma la morte in guerra del padre lo aveva costretto a quel ruolo che, per fortuna, sembrava prendere molto a cuore.
Dopo i convenevoli e gli inchini, Serdes prese la parola. La sua voce, nonostante fosse ferma e autoritaria, dimostrava un certo timore.
"Quindi la Bestia si è risvegliata?" chiese a Julius, che aveva ancora il fiato corto per quanto aveva corso.
L'uomo annuì, non sapendo che altro rispondere in quel momento. In realtà non c'era molto altro da aggiungere a quella asserzione.
"Da quanto tempo non accadeva?" chiese ancora "Mio padre mi ha parlato molto di questa storia, ma sempre per sentito dire. Nessuno che abbia conosciuto mi ha riportato notizie di prima mano, ma solo dicerie."
"Non meno di duecentociquantanni, mio signore. Ormai speravamo che si fosse assopita in eterno, non aveva mai riposato tanto a lungo, ma forse si era rifocillata più del dovuto. L'ultima volta che apparve tra di noi fu una vera tragedia. Anche se non ha mai ucciso uomini, se non attaccata, ci ha ridotti alla fame e ci sono voluti decenni per fare ripartire l'economia."
Serdes annuì. Anche se era giovane, anche lui ricordava i racconti che ne venivano fatti. Monblanc era un punto importante per i rifornimenti di bestiame del regno e la sua rovina aveva pesato anche su di loro. Era il più vicino allevamento al castello imperiale, l'unico da cui le carni potessero arrivare fresche.
"Siete sicuri che si tratti di lui, e non di un lupo molto grosso?" chiese Serdes. Prima di mandare un esercito, voleva essere sicuro di quello che stava accadendo.
"Purtroppo sì, sire." confermò l'uomo, annuendo con veemenza per avvalorare ciò che stava dicendo "Non sarei mai corso qui se non ne avessi avuto la certezza. Ho mandato qualcuno dei miei uomini a controllare al castello, lo faccio per abitudine ogni volta che succedono faccende del genere, per escludere che si tratti proprio della Bestia. Questa volta l'uomo che ho mandato è tornato indietro con cattive novelle. Lo ha visto bene in volto, mentre era appostato di fronte al castello. Ha colto la Bestia nell'istante in cui faceva ritorno al Maniero. Anche lui è stato visto, per un attimo si è ritrovato con quell'essere a un palmo di naso, ha temuto per la propria incolumità. Per buona sorte, nonostante la vicinanza, non lo ha attaccato."
"Uhm, fortunato." fu il commento serio di Serdes.
"Non proprio, come vi ho già detto, lui attacca gli esseri umani solo se è in pericolo." ricordò Julius "Probabilmente quel ragazzo, spaventato a morte e disarmato, non lo ha messo in allarme. Per quanto mi è stato raccontato, si è avvicinato, lo ha fissato bene e lo ha annusato. Poi se n'è tornato al suo Maniero. Mi è stato detto che aveva un aspetto meno pauroso di quanto s'immaginava, ma probabilmente era tranquillo perché per quella serata si era divorato un'intera mandria di bovini."
Serdes lo fissò un attimo con gli occhi spalancati. Julius si chiese cosa lo avesse colpito al punto di cambiare la sua espressione seriosa.
"Lo ha annusato?" chiese l'imperatore, incuriosito da quella particolarità.
"Sì, signore, almeno è quello che il ragazzo mi ha detto. Era talmente spaventato che non credo mentisse. Forse voleva solo assicurarsi che fosse un essere umano prima di partire all'attacco."
Serdes scosse la testa.
"Questa Bestia è strana." commentò "Non capisco come ragiona. Che senso ha per un essere immondo evitare di attaccare gli esseri umani?"
"Lei dovrebbe conoscere la leggenda, sire." raccontò l'uomo "Vi assicuro che c'è molta verità in essa. Non siamo sicuri, dopo duemila anni, quale sia il crimine terribile commesso dal padrone del Maniero, ma siamo certi che a condannarlo a questa vita sia stato un Sacerdote del Tempio di Kossonar, offeso o maltrattato. Abbiamo già cercato in passato di contattarli, ma sono inavvicinabili da noi poveri agricoltori. Sono qui anche per questo, oltre per avvisare che potrebbe esserci una carestia come è accaduto duecento anni fa, e che pure voi ne sareste coinvolti. Le nostre armi non bastano contro la Bestia, abbiamo bisogno dell'intervento di qualcuno consacrato dal Tempio per batterlo. A voi darebbero udienza, so che avete la possibilità di discorrere con loro. La colpa di tutto ciò è dei Sacerdoti, che per punire l'errore di un solo uomo, hanno condannato una popolazione intera. Convinceteli che è ora che ci si liberi definitivamente di questa maledizione."
La richiesta di Julius non passò inascoltata: il risveglio della Bestia significava una carestia che sarebbe durata mesi per tutta il paese. L'ultima volta che era apparsa, era arrivato fino ai confini del regno per soddisfare la sua fame e nessun animale gli era sfuggito: mucche, pecore, capre, galline, e pure cani, gatti e uccelli. Ci erano voluti almeno dieci anni per ripopolare la fauna della zona e non potevano permettere che accadesse di nuovo.
"La tua richiesta sarà esaudita, anche perché credo di non poter fare diversamente." accordò Serdes "I sacerdoti, nonostante i loro poteri, non possono permettersi di fare scelte del genere e poi lavarsene la mani. Manderò immediatamente una missiva al Priore in carica del Tempio di Kossonar. Anzi, no, mi recherò personalmente al suo cospetto. Cercherò di essere chiaro, conciso e convincente. Se tutto va come deve, entro due settimane dovreste avere il vostro guerriero."
Julius annuì, non potendo fare altro. Per fortuna la Bestia girava solo di notte e in quel periodo estivo le giornate erano molto lunghe. Inoltre ogni volta tornava al suo Maniero, in modo che la maggior parte del tempo lo passava per ritrovare le prede da cacciare. Tornò a Monblanc con una flebile speranza nel cuore, e buone notizie per i suoi concittadini.



Il Sommo Sacerdote del Tempio di Kossonar, Rubin Hadd, stava riflettendo su quello che era appena accaduto. Lo stesso Imperatore era giunto fin loro, in pompa magna e pieno di guardie del corpo, per esporgli un problema che già qualche contadinotto aveva tentato di portare alla loro attenzione: il Maniero di Monblanc e il suo proprietario, vittima di una maledizione lanciata circa duemila anni prima da un suo predecessore.
Era una questione spinosa, che avevano cercato nei secoli, secondo la politica del Tempio, d'insabbiare e d'ignorare per non far passare i propri membri, o meglio alcuni di essi, per pazzi pericolosi, e che qualcuno si convincesse che era il caso d'intervenire. Purtroppo, in alcuni casi, le conseguenze delle follie dei Sacerdoti, soprattutto in passato, continuavano a venire esposte e ora, con l'intervento dell'Imperatore, Rubin si trovò costretto a fare qualcosa.
Chiamò uno dei suoi vice, che aveva assistito alla discussione.
"Flan, chi mi consigli dei guerrieri consacrati al Tempio, che possa essere in grado di combattere contro questa Bestia?" chiese all'uomo che si era avvicinato.
"Abbiamo parecchi valenti guerrieri, ma quello che mi sembra più adatto a questa impresa in solitario, è Maris Gennario, di certo uno dei più forti in questo momento." consigliò Flan.
Rubin assentì, conosceva le capacità di Maris, e si fidava di Flan se diceva che era il migliore da spedire a Monblanc. L'unico problema era che il ragazzo, che non era un sacerdote ma solo consacrato al Tempio, aveva avuto un lutto recente e temeva che non fosse mentalmente disposto alla lotta.
"Allora, è migliorato a proposito di quella faccenda?" chiese in maniera generale Rubin, senza entrare nei particolari.
"Vuole sapere se soffre ancora per l'improvvisa morte del compagno?" chiese a sua volta Flan, ignorando i tentativi di Rubin di non nominare quella cosa "Le ricordo, ancora una volta, che sono almeno duecento anni che l'omosessualità non è più ritenuta un peccato mortale e che, quindi, Maris non è un peccatore. Comunque, sì, soffre ancora, ma non ha mai smesso di allenarsi, è migliorato tantissimo, ma sono certo che questa missione, oltre che a fare bene alla nostra comunità, risolleverà la sua anima spezzata e guarirà le ferite del suo cuore."
Rubin tacque alle accuse non proprio velate del suo vice: era sempre stato molto prevenuto verso certi peccati e sarebbe volentieri tornato all'epoca in cui venivano messi alla gogna, prima di essere spellati vivi. Flan, invece, assieme alla maggioranza dei Sacerdoti moderni, era di mentalità più aperta. Ormai erano davvero pochi a pensare che l'omosessualità fosse un peccato mortale e non era raro che le donne e gli uomini consacrati al tempio senza essere Sacerdoti, avessero compagni dello stesso sesso. Era un vero peccato che lui come capo del Tempio non avesse la facoltà di tornare indietro. Se fosse stato nel suo potere, Maris Gennario non avrebbe fatto una bella fine. Doveva comunque convenire che era la scelta migliore, come combattente.
"Ok, vada per Maris. Avvertilo tu della missione e fa in modo che sia pronto per partire prima possibile." annunciò con un sospiro Rubin "Dobbiamo cercare di risolvere il problema al più presto. Che sia accompagnato da un paio di confratelli, per essere aiutato e che un messaggero parta immediatamente per Monblanc, per avvisare che nel giro di un giorno al massimo arriverà l'aiuto richiesto."
Flan abbassò il capo in segno di assenso e fece per partire, poi si trattenne un attimo.
"Signore, siamo a conoscenza del peccato aveva mai commesso il proprietario del Maniero, perché fosse maledetto in questo modo?" chiese, per pura curiosità.
"Sinceramente non ne ho idea, anche il Sindaco di Monblanc e l'Imperatore ne sono all'oscuro. Non esistono documenti a riguardo, solo leggende che parlano di gravi offese a un sacerdote del Tempio di Kossonar." rammentò Rubin, scuotendo la testa e ripetendo una frase che gli aveva detto Serdes "Perciò, conoscendo la suscettibilità dei nostri predecessori, potrebbe essere un qualsiasi motivo, dal più grave, come un omicidio, al più banale, tipo che gli ha tagliato la strada mentre camminava. Anche se a volte rimpiango i vecchi tempi, alla fine sono contento che la gente ci ami, più che tenerci. Fino a pochi secoli fa nessuno sarebbe venuto da noi per chiedere il nostro aiuto, anche se era la cosa più logica. Certo che non ci facciamo una bella figura, nonostante sia una faccenda di quasi duemila anni fa."
Flan sorrise, mentre assentiva alle dichiarazioni di Rubin: in fondo, nonostante qualche idea estremista, non era male come Sommo capo del Tempio. Si allontanò per adempiere ai suoi doveri.


Fu facile per Flan trovare un messaggero che partisse per Monblanc. Lo fu meno rintracciare Maris, che ogni tanto si eclissava nel suo dolore e spariva chissà dove.
Appena spedito il messaggero, si accinse a cercare il ragazzo che avrebbe dovuto compiere quella missione. Chiese informazioni a chi lo conosceva meglio e, alla fine, si ritrovò in una locanda che frequentava spesso, secondo gli amici più intimi. Entrando venne travolto dai fumi delle pipe e gli aromi dell'alcol. Storse il naso, non era un luogo adatto a un sacerdote di Kossonar e neppure a un guerriero votato al Tempio. Sperò di non trovarlo ubriaco fradicio o impegnato in atteggiamenti osceni. Anche se i Sacerdoti tolleravano i pederasti, volevano che i loro adepti mantenessero un certo contegno e si comportassero con rigore e disciplina. Il locale era molto frequentato e stava per arrendersi nella ricerca del ragazzo, quando lo vide, seduto in un angolo, con davanti un bicchiere pieno di liquore e una bottiglia appena cominciata.
Stava per avvicinarsi, ma decise di fermarsi a osservarlo: voleva controllare se aveva avuto ragione a consigliare la sua candidatura al Sommo Sacerdote, o se il dolore lo aveva reso un alcolizzato, quindi poco affidabile.






1- Il guerriero

Flan non sapeva se faceva bene a spiare il ragazzo, ma ebbe una sensazione che lo portò a fermarsi dietro di lui e a osservarlo. Di certo non poteva immaginare la fine che avrebbe fatto quell'alcol.
Maris continuava a fissare il bicchiere, come se ci trovasse qualcosa di interessante, o trovasse il liquido ipnotico, però non pareva ubriaco e nemmeno intenzionato a bere. Il Sacerdote decise che era giunto il momento di interpellarlo e stava avvicinandosi al tavolo, quando all'improvviso il guerriero prese il bicchiere, lo sollevò di lato e rovesciò il contenuto a terra.
-Uhm, molto interessante.- pensò Flan, bloccandosi e osservandolo riempire di nuovo il pezzo di vetro e ricominciare a fissarlo. -Chissà che razza di soddisfazione prova in un gesto del genere? Riempire un bicchiere di acquavite, fissarlo per un po, rovesciarlo, quindi ricominciare tutto da capo: non è un ubriacone, ma forse un gesto un po' da folle.-
Gli venne da sorridere: in fondo non faceva nulla di male. Non tutti gli avventori del locale, però, la pensavano come lui. Molte proteste si elevarono a quello spreco indegno del liquido dorato.
Un energumeno, alto e grosso il doppio di Maris, si avvicinò al ragazzo e lo fissò trucemente per qualche istante. Il guerriero non lo guardò neppure, occupato a contemplare il liquido nel bicchiere. L'uomo gli batté su una spalla e lui alzò lo sguardo, indifferente alla rabbia che dimostrava. Era evidentemente brillo.
"Posso fare qualcosa per te?" chiese senza allarmarsi più di tanto. Il suo tono tranquillo sembrò irritare ancora di più l'altro avventore, che sbatté una mano sul tavolo, facendo tremare la bottiglia.
"Non si spreca così un liquore di quella qualità." gridò, facendo tacere immediatamente chi nella sala non aveva ancora capito ciò che stava succedendo "Sono stanco di vederti tutte le sere buttare via delle bottiglie intere."
Lo sguardo del ragazzo non aveva abbandonato un solo attimo il volto dell'uomo, come se non desiderasse perdersi una sillaba del suo discorso. Non che avesse molto da dire.
"L'ho pagata cara quella bottiglia." ribatté semplicemente "Perciò ho il diritto di farci ciò che voglio."
La risposta non piacque molto a chi aveva sollevato il dubbio. L'uomo alzò il pugno, con il chiaro intento di colpirlo, ma era troppo brillo e Maris, abituato ad avversari più veloci e più forti, si alzò e lo evitò senza problemi. Il tavolo non si ruppe per poco e la bottiglia fu presa al volo dal suo proprietario prima che rovinasse a terra. Purtroppo non aveva fatto in tempo a recuperare il bicchiere.
Bloccò sul tavolo il gigante con una mano sola, davanti allo sguardo stupito degli altri che non si aspettavano tanta forza in quel ragazzino, nonostante avesse le insegne dei Guerrieri del Tempio di Kossonar.
"Spero che questo t'insegni a farti gli affari tuoi." gli disse, senza perdere la calma nella voce. Guardò la bottiglia, si ricordò che non aveva più un bicchiere e decise di usare un contenitore diverso. Prese l'uomo per i capelli, gli rovesciò la testa all'indietro e gli ficcò di forza il collo della bottiglia in bocca, rovesciandogli il contenuto. Non smise finché non la ebbe finita, rischiando di far soffocare l'uomo e sporcandolo con il liquido che non era riuscito a ingurgitare. Gli sbatté, poi, la testa sul tavolo, lasciandolo mezzo svenuto.
"Spero che sarai soddisfatto, ora." lo apostrofò, dopo essersi alzato e dirigendosi verso Flan. Lo vide sorridere, mentre dietro loro gli altri ubriaconi aiutavano lo sfortunato avventore.
"Come ti è venuto in mente di provocare un guerriero del Tempio?" gli sussurravano, mentre cercavano di sollevarlo.



"Stavi cercando me?" chiese Maris, che aveva visto Flan già da tempo, ma aveva atteso che si avvicinasse lui, prima dell'intervento fuori programma.
"Già." disse l'uomo che cercava di non ridere, per non irritare gli animi "Parliamone in un posto più tranquillo, però. Non voglio essere interrotto."
Maris fece cenno di seguirlo e si avvicinò al locandiere. Prese qualche moneta e gliela porse.
"Il mio amico e io, avremmo bisogno di discutere in pace. Puoi cedermi una delle stanze di sopra?" chiese, mettendo sul bancone qualche moneta.
"Le camere servono alle ragazze, per accompagnare i clienti." disse l'uomo, indicando alcune donne in attesa, che mostravano la lingua in maniera lasciva e li invitavano a passare la notte con loro.
Maris le guardò con poco interesse, non era strano dati i suoi gusti sessuali, poi tornò a rivolgersi al padrone.
"Randy, non mi sembrano molto occupate." gli fece notare "Mi serve poco tempo e, nel frattempo, tu ci guadagnerai qualcosa. Se dovesse servire la stanza, cosa di cui dubito, bussa e noi usciremo."
Randy ci pensò poco prima di accordare il permesso.
"Vi darò la stanza di Molina, è la meno richiesta." sussurrò a voce bassa "Sarebbe un miracolo se avesse un cliente."
Prese i soldi e gli allungò la chiave.



Entrarono in una stanza con un letto rifatto (altro segno che la ragazza lavorava davvero poco) e Maris si sedette su di esso, invitando Flan a imitarlo. Il Sacerdote scosse la testa e rimase in piedi: preferiva non rilassarsi troppo per quello che stava per dire.
"Maris, come ti senti?" s'informò, come se fosse stato quello il motivo della visita.
"Potrei stare meglio." rispose il ragazzo, serio "Siete molto gentili a venirvi a informare della mia salute mentale. Penserai che sono pazzo, dopo lo spettacolino di prima."
Flan non poté trattenere un risolino.
"No, davvero. L'ho trovato istruttivo, anche se strano."
"Non ho mai bevuto un solo goccio, ma mi piace il profumo e il colore. Valiri, al contrario di me, ne beveva molto. Lui non era propriamente un santo, ma lo amavo lo stesso." confessò sospirando "Mi sembra di averlo ancora vicino: fumo, alcol e... puttane."
Flan allargò gli occhi, stupito.
"Ti tradiva con le prostitute?" chiese, non riuscendo a trattenersi.
"Amava entrambi sessi. Almeno, ero il suo unico uomo, per quello che ne so." ammise tristemente Maris "Ho pensato più volte a lasciarlo e ora che non c'è più, non riesco ad andare avanti senza pensarlo."
"Mi dispiace sentirti parlare in questa maniera. Spero che quello che ho da dirti possa aiutarti a fare a meno di lui." cominciò Flan, deciso a convincerlo "Ho una missione per te da parte del Tempio. Sono sicuro che ti farà bene, oltre che compiere una buona azione. Il proprietario di un Maniero nella città di Monblanc fu vittima di una Maledizione da parte di uno dei nostri Sacerdoti, quasi duemila anni fa. Fu trasformato in una specie di essere bestiale. Solo che le conseguenze per tutto il paese furono devastanti. Infatti, ogni cinquecento anni, la Bestia viene colta da una fame atavica e attacca e divora qualsiasi animale nel raggio di chilometri, finché non è sazia. Il fatto che Monblanc sia uno dei maggiori produttori di bestiame del regno, complica le cose. Fino ad ora, come succede sempre, i nostri sacerdoti hanno messo la testa sotto la sabbia, ma è stato sufficiente che intervenisse l'imperatore in persona, per far cedere il Sommo. Vuole che tu parta il prima possibile."
Maris ragionò un attimo su quello che gli era stato detto. Negli ultimi secoli il Tempio di Kossonar si era evoluto, aveva allargato i suoi orizzonti, e cambiato direzione per migliorare. Non ne avevano guadagnato solo i sodomiti, come lui, ma anche le donne che, pur non potendo ancora fare parte del clero, non venivano più considerate esseri demoniaci.
"Fino a qualche tempo fa neppure l'imperatore avrebbe osato avvicinarsi al Tempio per obbligarvi a fare una cosa del genere. Temo che sia colpa dell'apertura mentale dei Sacerdoti più giovani." ridacchiò Maris, con tono sarcastico "Accetto. Non ho nulla da fare qui, se non piangermi addosso. Prima di partire avrei bisogno di qualche informazione, però. La Bestia attacca gli umani? E di quale orrendo peccato si era macchiato, quest'uomo per meritare una tale punizione?"
Flan sospirò: tutti facevano le medesime domande.
"No, non attacca gli umani, a patto che non sia provocato. Purtroppo è accaduto, Monblanc è un luogo che sopravvive solo grazie alla pastorizia, dati i suoi sterminati pascoli e la popolazione ha tentato di difendersi. Quando è accaduto, però, non si è mai cibato delle carcasse umane." rispose Flan, poi continuò "Per quanto riguarda lo sgarro che sia stato compiuto nei confronti del nostro sacerdote, purtroppo non ci è dato saperlo. Cinquecento anni fa il Monastero prese fuoco. Le mura resistettero, anche grazie alla magia dei nostri adepti, ma tutto il resto andò distrutto, compresi i documenti."
Maris fissò il muro davanti a lui, concentrandosi sulla parete bianca, perso nei suoi pensieri. Flan attese con pazienza che si riscuotesse.
"Dammi il tempo di prepararmi, fra un'ora sarò pronto per la partenza." Non aggiunse altro, si alzò dal letto e aspettò che Flan facesse lo stesso.
"Vieni al Tempio. Il Sommo deve darti ufficialmente le consegne per la missione. Ti aspetteremo." disse Flan, appena si fu messo in piedi.
Uscirono dal locale: Flan si diresse verso il Tempio, per avvertire Rubin di aver trovato il guerriero e che era pronto alla partenza, Maris andò alla casetta che fino a qualche tempo prima divideva con il suo compagno, per vestirsi con le effigie di Kossonar.
Si osservò un attimo allo specchio prima di uscire di casa. L'immagine che si riflesse era triste ma risoluta: doveva molto al Tempio, per averlo aiutato nei momenti di crisi, quindi voleva ricambiare dando il meglio di sé in quella missione.



Rubin Hadd fu svegliato nel cuore della notte da uno degli inservienti del castello.
"Flan dice di avere notizie importanti e urgenti per voi, Sommo." cominciò a spiegare l'uomo "Mi ha assicurato che avevate avvertito di interpellarlo a qualsiasi ora."
Rubin, dopo un attimo di smarrimento, durante il quale si chiese che potesse essere successo, rammentò della situazione in cui versavano.
"Sì, sì, fallo attendere nel mio ufficio, appena mi sono cambiato lo raggiungo." confermò l'uomo, andando verso il catino in cui l'attendeva dell'acqua gelata, che lo risvegliò quel tanto da renderlo presentabile. Si mise, poi, gli abiti che gli avevano preparato per il giorno seguente, pregando il suo servitore di mettergliene altri puliti per quando fosse cominciata davvero la giornata.
Nell'ufficio, Flan attendeva camminando avanti e indietro. Non era riuscito a starsene seduto neppure un attimo, nonostante l'invito di Dorian, il servitore del Sommo. Sperò che Rubin Hadd fosse svelto ad arrivare, entro poco sarebbe giunto il Guerriero prescelto per la missione e voleva prepararlo prima.
Per fortuna Rubin conosceva l'importanza del fatto e dopo appena dieci minuti entrò nell'ufficio da una porta nascosta dietro una tenda porpora.
"Flan, non pensavo che saresti tornato prima di domattina, altrimenti ti avrei aspettato alzato." commentò alla volta del vice "È stato difficile trovare Gennario?"
"Abbastanza. Ho dovuto chiedere informazioni ad alcuni amici, ma alla fine ce l'ho fatta." Gli raccontò velocemente l'incontro che aveva avuto con lui. Rubin scosse la testa, come se non credesse alle proprie orecchie. Un Guerriero che sostava in una locanda piena di beoni e prostitute, per di più omosessuale, era la loro migliore arma! Cercò di non far notare il suo disgusto. "Fra meno di un'ora sarà qui." continuò Flan "Sarà meglio preparare i documenti da far vedere all'Imperatore, che sono certo sarà ancora in viaggio per il castello quando s'incroceranno, e per il sindaco di Monblanc, che gli assicureranno della validità del guerriero. Lo aspetteranno con ansia, ne sono certo."
Rubin annuì: era d'accordo con lui riguardo l'urgenza e assieme compilarono i documenti che Maris doveva portarsi dietro.


Non era passata neppure un'ora che Maris fu annunciato. Il ragazzo era vestito di tutto punto, pronto alla partenza. La sua valigia conteneva solo qualche cambio, per le emergenze. Preferiva viaggiare leggero e lavarsi da solo gli abiti se si sporcavano.
Rubin non era in vena di storie. Rimase serio per tutta l'arringa di Flan, che rispiegava per bene la missione: eliminare la Bestia. A breve, con meno fretta, sarebbe arrivato a Monblanc anche un sacerdote, pronto ad aiutare il guerriero nel caso ci fossero stati problemi insormontabili.
"Uhm, è proprio necessario che uccida la Bestia?" chiese Maris "Non si potrebbe semplicemente annullare la maledizione? I Sacerdoti del Tempio erano molto permalosi, nei secoli passati. Potrebbero averlo trasformato per una sciocchezza, magari perché gli ha tagliato la strada."
"Al tempo stesso il motivo potrebbe essere serio: un omicidio, un furto. Non potremo mai saperlo, purtroppo. Non vale la pena rischiare di liberarsi da un Bestia per ritrovarsi con un essere umano peggio di lui. Il tuo compito è di obbedire e ucciderlo, liberaci della sua presenza e sarai ricompensato." Prese un sacchetto e glielo porse "Queste monete d'oro sono per le spese. Usale con saggezza."
Maris prese il sacchetto e ringraziò a voce bassa, ma chiara.
"Il messaggero che abbiamo spedito, oltre che avvisare del tuo arrivo, ha il compito di avvertire le guardie delle varie città che attraverserai, di prepararti cavalli freschi e cibi di scorta, appena presenterai questo." Gli consegnò una pergamena, firmata dall'imperatore.
"Avete pensato a tutto, perché raggiunga la città in tempi brevi" commentò Maris, sorridendo.
"Ogni giorno che ritardiamo, l'economia del paese rischia grosso." intervenne Rubin "Per non parlare delle vite che si spengono."
Gli furono consegnati tutti i documenti necessari per il riconoscimento e Maris, senza aspettare altro, partì.




2- La Bestia



Maris cavalcò come se fosse l'ultima avventura della sua vita. Sperava che quella missione lo aiutasse a dimenticarsi del suo compagno, della disperazione e del dolore che gli aveva lasciato la sua assurda morte.
Erano passati sei mesi dalla sua dipartita, che era diventata la favola di Paalod, la città più vicina al Tempio. Era ubriaco fradicio, come quasi ogni sera, ed era appena uscito dalla locanda nel quale si era appartato con una delle prostitute. La sua andatura era instabile, a quanto gli era stato raccontato, poiché lui era di guardia al Tempio, era inciampato nei suoi piedi ed era caduto a terra, finendo sotto le ruote di una carrozza che si stava fermando, rimanendo schiacciato.
Lo era venuto a sapere il giorno dopo, da altri guerrieri del Tempio che erano di pattuglia per le strade della città. Da allora non aveva pensato altro che a lui e ad allenarsi, non dandosi più tempo per altro.
Ora, mentre proseguiva a spron battuto verso il palazzo dell'Imperatore, cercava di trattenere i ricordi per concentrarsi su quello che stava facendo. Dimenticarsi di Valiri era l'unica cosa che poteva dargli una vita serena.
Dopo qualche ora incontrò la carovana dell'Imperatore, che stava procedendo lentamente per ritornare al castello. Fece vedere i documenti che presentavano lui e la propria missione e Serdes gli diede la propria benedizione assieme a un sigillo che gli avrebbe facilitato la missione.
"Mi raccomando, è davvero urgente che la faccenda venga risolta il prima possibile." lo incitò, come pure avevano fatto Rubin e Flan. Cominciava a essere infastidito da quell'insistenza.
S'inchinò, senza aggiungere altro che un saluto, poi ripartì alla volta di Monblanc. Si fermò pochissimo, appena il tempo di cambiare i cavalli e di riposarsi qualche ora per non crollare. Sorpassò il palazzo dell'Imperatore e raggiunse Monblanc che il messaggero si stava dirigendo alla locanda, per un meritato riposo, dopo aver avvisato il sindaco della città. Si stupì di vedere così presto un guerriero dell'ordine.
"Maris?" chiese l'uomo che lo conosceva "Ma... Sei partito appena dopo di me? Io sono arrivato solo un'oretta fa."
Maris scosse la testa, sorridendo, rilassandosi per la prima volta da molto tempo. Dorian era un buon diavolo, che faceva un lavoro scomodo, sempre in groppa a un cavallo, ma che non si abbatteva mai.
"No, sono partito circa mezza giornata dopo di te." disse.
"Cavolo! Poveri cavalli!" esclamò Dorian "Vieni con me alla taverna. Ti offro qualcosa."
"Lo sai che non bevo."
"Lo so, pensavo che ti fossi stufato di guardare sempre lo stesso liquore. Qui fanno un amaretto rosa che ti farà scintillare gli occhi."
"Grazie, ma devo passare." rifiutò "Oltretutto, credo che mi stiano aspettando. Se mi trovano alla taverna non ci faccio una gran figura."
"Allora ti saluto. Io ho proprio bisogno di bagnare il becco, prima di ripartire. Ci si vede." lo salutò, prima di rintanarsi al buio del locale.
Maris, convinto che il sorriso che aveva in quel momento sulle labbra non fosse consono all'aria cupa che si respirava in città, riprese la sua aria seriosa. Si chiese se l'alcool non fosse l'unica cosa disponibile in città. Vide molti locali, soprattutto di alimentari, chiusi o con vetrine sguarnite.
Chiese dove poteva trovare la casa del sindaco. Con il senno di poi, pensò che avrebbe informarsi con Dorian, ma per fortuna non fu molto difficile raggiungere la dimora del primo cittadino. Maris si fermò solo per chiedere da che parte doveva andare, a un uomo che gli sembrava meno sconvolto degli altri. Quello gli diede le indicazioni e si avviò. L'edificio era il più grande e bello della città, come in ogni altro luogo, ma nemmeno poi tanto facendo il raffronto con altri molto più elaborati. Il fatto di vivere in un paese fondato soprattutto sulla pastorizia, si capiva da lì. Vide che tutti lo osservavano con timore e riverenza. Le insegne del Tempio di Kossonar facevano spesso quell'effetto e forse qualcuno sapeva del suo imminente arrivo. Cercò di rimanere indifferente alle occhiate e alle parole sussurrate, anche per non guardare quei volti disperati. Le donne stringevano i figli, come se temevano che qualcuno li portasse via, gli uomini fingevano una forza che in realtà non avevano, altri, che avrebbero dovuto essere al lavoro, bighellonavano senza meta, non avendo altro da fare.
Suonò la campanella e gli aprì un servitore. Vedendo le insegne di Kossonar, il ragazzo lo fece entrare nella sala d'aspetto.
"Siete il guerriero mandato dal Tempio?" chiese, pieno di speranza.
"Sì, sono qui per vedere il sindaco." confermò Maris. Il servitore gli disse di mettersi comodo e corse a chiamare il padrone.


"Signor sindaco, signore!" chiamò il ragazzo, che aveva attraversato poche stanze di corsa e aveva già il fiatone.
Julius osservò il servo e si sentì pronto a rimproverarlo: non gli sembrava il caso di fare tanta confusione.
"Artue, spero che tu abbia un buon motivo per fare ciò." gli disse con tono sostenuto.
"Il guerriero..." prese respiro "Il guerriero dell'Ordine è arrivato!"
Julius saltò dalla sedia, sulla quale si era gettato dopo aver accolto il messaggero, come se si sentisse svuotato.
"Di già? Da come ne parlava quell'uomo, sembrava che dovesse tardare almeno due giorni." scattò, rimettendosi in ordine, poiché aveva scelto di mettersi in libertà dopo la sua visita. Si prese qualche attimo, sperando di essere presentabile, poi si diresse nel suo ufficio, mentre Artue andava a prendere Maris.
"Il sindaco vi aspetta nel suo ufficio, vi prego di seguirmi." disse, precedendolo fino a una porta di quercia. Lasciò che gli aprissero la porta, lo annunciassero, poi entrò. Un uomo lo attendeva dietro a una enorme scrivania.
"Entrate pure. Accomodatevi." Maris, dopo un inchino molto sobrio, obbedì e si mise in una comoda sedia che gli indicava Julius.
"Vi attendavamo con ansia, anche se non pensavamo che sarebbe arrivato così presto. Il messaggero non sapeva ancora il nome del guerriero che avevano deciso di convocare. Come vi chiamate a proposito?"
"Maris Gennario. In effetti, anche se avevano già pensato a me, hanno deciso di spedire il messaggero appena partito l'Imperatore." rispose "Comunque devo aver sfiancato un paio di cavalli, per arrivare qui. Tutti mi hanno confermato l'urgenza della faccenda e mi sono lasciato prendere la mano, guadagnando quasi mezza giornata sul messaggero. Ora che sono arrivato, spero di concludere al più presto."
"Lo spero anch'io. Lei è sicuro di essere in grado di recuperare a quello che il sacerdote del suo Tempio fece duemila anni fa?" chiese Julius "Mi scusi se sembro pedante, ma la situazione mi sta sfuggendo di mano."
"Ho notato, in paese, molta gente bighellonare senza meta, come se aspettasse il miracolo. Per fortuna sono arrivato in tempo, prima che la gente si rivolti. A parte l'aria smarrita e spaventata, sembravano piuttosto tranquilli." commentò Maris, mentre tirava fuori dalla sua bisaccia le carte che lo presentavano. "A proposito, ecco tutta la documentazione e i permessi, anche se lei non li ha chiesti, posso capire la sua fretta, glieli consegno. Mi tengo solo il sigillo reale, come lasciapassare."
"Oh, mi scusi, ha ragione, ma sono talmente preso." disse l'uomo "Comunque, per guadagnarmi la tranquillità dei miei concittadini, perché non perdessero la calma e non prendessero iniziative inutili, come attaccare me o stupide, tipo andare a cercare la Bestia da soli, ho dato fondo a ogni riserva del paese. Persino le granaglie che avevamo da parte per cibare gli animali, sono servite a sfamare gli uomini. Anche perché gli allevamenti sono rimaste poche decine e di questo passo non avremo altro. Abbiamo deciso di iniziare a macellare gli animali più vecchi per comprarci cibo e di trasportare quelli più giovane in cittadine vicine, in attesa che tutto finisca. Ma finché la Bestia non si sarà sfamata, non smetterà di cacciare. Ormai non c'è neppure più selvaggina, e gli animali da compagnia, cani, gatti e quant'altro, sono già finiti fra le sue fauci. Per fortuna non attacca gli uomini, sempre che si possa considerare fortuna essere costretti alla fame."
Julius non continuò, non ce n'era bisogno. Per la prima volta da quando avevano cominciato a raccontargli quella vicenda, Maris sentì l'angoscia nelle parole dell'uomo e comprese gli sguardi persi dei cittadini. Doveva fare qualcosa per salvarli e alla svelta.
"Le provviste che avete per tempo vi basteranno?" chiese "Potrebbe volerci del tempo per stanarla ed eliminarla. Prima di usare la forza devo capire quale sia il suo punto debole, poi usare ciò per abbatterla."
Julius sorrise, vedendo la serietà con cui il ragazzo, dall'aria giovane, prendeva il suo incarico.
"Di questo non dovete preoccuparvi, non moriremo di fame per almeno un mese, dando fondo alle briciole che avevamo di scorta. Gli esseri umani sono al riparo al momento." lo rassicurò "Di certo non possiamo dare lo stesso tempo per gli animali. Se vogliamo salvare l'economia prima che sia troppo tardi, non possiamo attendere più di due settimane. Se entro questo tempo non sarà risolta la situazione, la Bestia passerà dai nostri animali a quelli dei paesi vicini, com'è accaduto l'ultima volta, e sarà la fine per noi, per i rapporti con i vicini, che già a malapena ci sopportano e per tutti coloro che contano sulle nostre forniture."
Maris si alzò.
"Comincerei domattina." propose Maris "Questa sera ho bisogno di riposarmi dal viaggio."
"Ma non dovete cacciarlo la notte?" chiese Julius.
Maris scosse la testa.
"Devo cacciarla nella sua tana, dov'è meno protetto. Se non esce con il sole, con la fame che ha, è solo perché ha qualche caratteristica che lo tiene fermo durante il giorno. Devo approfittarne. Se sapessi di razza d'incantesimo si tratta, farei prima, purtroppo è andato tutto perso. Entro una settimana, comunque, risolverò ogni cosa." Maris cercò di apparire più sicuro di quanto non si sentisse. In realtà le cose potevano non essere così facili, ma preferiva essere positivo, più per gli altri che per se stesso. Avrebbe pensato poi a risolvere la situazione.
"Quindi posso cominciare a sperare?" chiese Julius, accennando un sorriso rilassato.
"Ci può scommettere." confermò Maris, senza cedere un attimo nella sua certezza.
"Le posso essere d'aiuto in qualche maniera?" chiese ancora l'uomo.
"Mi servirebbe una guida, qualcuno che mi accompagni nelle vicinanze del Maniero maledetto, poi, da lì me la dovrei cavare." disse Maris. "Se mi trova qualcuno che riesca ad avvicinarsi alla zona senza abbandonarmi per la strada, per il momento sarei a posto."
Il sorriso del sindaco si spense: non poteva chiedere a nessuno un sacrificio del genere e capì di doverlo fare lui stesso, benché avesse una fifa blu. Fece un grosso respiro, prima di rispondere.
"Si faccia trovare qui pronto alle otto, domani, la porterò io stesso. Credo di essere l'unico che possa avvicinarsi tanto senza fuggire." accordò Julius "Intanto la faccio accomodare in una delle stanze di questa casa. Ha del bagaglio con sé?" chiese infine.
Non molto, solo qualche abito e le mie armi. Le vado a prendere io stesso, se non le spiace."
"Come preferisce. Artue la accompagnerà nella stanza degli ospiti. Si riposi, domani sarà una giornata piena."


Maris si preparò per riposarsi, ma, nonostante la stanchezza causata dal lungo viaggio, non riuscì a chiudere occhio. Il pensiero del compagno, che durante le ore di attività si assopiva, tornava a torturarlo appena tentava di rilassarsi.
"Valiri, perché? Lasciami andare, ti prego." mormorò a bassa voce.
Capendo che non sarebbe riuscito a chiudere occhio, decise di uscire a prendere una boccata d'aria. Si coprì con una semplice casacca e il mantello, entrambi con le insegne del Tempio e aprì una porta secondaria, cercando di non svegliare nessuno. Il nitrito del cavallo che lo aveva accompagnato fino a lì, attirò la sua attenzione. Ricordò all'improvviso che al suo arrivo non aveva visto nessuna cavalcatura, segno che tutti erano stati attaccati dalla Bestia. Doveva essere molto tempo che non trovava cacciagione vicino alla città.
-Uff, ho lasciato la spada nella stanza, non pensavo che sarebbe giunto fin qui. Comunque finché non scopro il suo punto debole, non posso batterlo.- ragionò -Ha davvero un olfatto fine. Chissà se Dorian è ripartito? Anche il suo cavallo potrebbe fare quella fine se non è arrivato lontano. Però un'occhiatina la potrei dare lo stesso, tanto mi hanno detto che non attacca gli esseri umani. Giusto per farmi un'idea di chi devo combattere.-
Si avvicinò lentamente alla stalla, dove era alloggiato il cavallo. La porta era stata forzata, il che dimostrava che la Bestia aveva una forza non indifferente. Si affacciò all'apertura e la vide all'opera per la prima volta. Era chinata sulla carcassa del cavallo, ormai defunto. Non poteva essere altrimenti, poiché da quando aveva sentito il nitrito a ora che lo vedeva, il cavallo era stato completamente scarnificato.
-Questo essere è davvero vorace.- pensò.
Lo sguardo della Bestia, voltatasi improvvisamente verso di lui, lo trapassò da parte a parte. S'immaginava che sarebbe stato individuato, ma tanto non si cibava di esseri umani, e non ne uccideva, se non in odore di pericolo, quindi non correva rischi. Vide la Bestia alzarsi dal suo laido pasto e avvicinarsi verso di lui. Era davvero spaventoso, con due corna arrotolate sulla testa, zanne in bocca e sangue sul volto. Tatuaggi tribali si notavano dai lembi di pelle alla vista.
Appena fu abbastanza vicino, cominciò ad annusarlo, come dicevano facesse, prima di attaccare. Maris cercò di stare tranquillo, almeno finché non fece qualcosa d'imprevisto: toccò il simbolo di Kossonar ricamato sulla sua casacca e cominciò a osservarlo come se fosse rapito da esso. Maris inghiottì la saliva a fatica, improvvisamente in ansia.
-Accidenti, ha riconosciuto le insegne del Tempio.- pensò -Che faccio ora? Se fuggo potrebbe essere peggio, potrebbe irritarsi e non sembra arrabbiato.-
La Bestia fece una smorfia che sembrò un sorriso, poi, prima che Maris potesse fare qualcosa, si chinò su di lui e lo baciò. Il guerriero si trovò all'improvviso una lingua che si muoveva lentamente nella sua bocca.
-Non bacia male.- fu l'unico pensiero che riuscì a formulare, colto di sorpresa, mentre due braccia muscolose lo avvolgevano. Ricambiò quel bacio, chiedendosi se in realtà non si fosse addormentato e quello non fosse che un sogno dato dalla situazione. Il sapore nauseabondo del sangue, lo riportò alla realtà e respinse con quanta forza aveva in corpo quell'essere immondo. Si piegò, poi, in due, cominciando a vomitare. Il suo stomaco si era rifiutato quell'intrusione e ora cercava di liberarsene. La Bestia non si approfittò di quell'attimo di debolezza per attaccarlo, ma lo sentì andarsene ridendo.
-Mi sta deridendo per la mia reazione. Ma... perché mi ha baciato?- si chiese, fra un conato e l'altro.




3-Il maniero maledetto


 

Rientrò da dove era uscito, senza più curarsi di non svegliare nessuno. Prima che raggiungesse la stanza che gli era stata assegnata, fu raggiunto da Julius, e visto in che stato erano i suoi vestiti, si spaventò.
"Ho avuto un incontro ravvicinato con la Bestia." raccontò Maris, prima che lui chiedesse spiegazioni. "Non si preoccupi, questo sangue non è il mio, e questo altro è vomito. Ehm, scusi la domanda strana, ma la Bestia ha mai baciato nessuno?"
Julius rimase interdetto: che razza di domanda era quella?
"Per quello che ne so io, no. Almeno nessuno me l'ha mai raccontato." rispose l'uomo.
Maris decise di raccontargli l'incontro che aveva avuto. Alla fine Julius era confuso.
"Davvero l'ha baciato? Ed è certo che abbia riconosciuto le insegne del Tempio?"
Maris annuì, non aveva dubbi.
"Credo che mi abbia baciato per farmi un dispetto. Fino al secolo scorso gli omosessuali non erano ben visti al Tempio." disse Maris, spiegando la teoria che gli sembrava più logica "Questo dimostra che nonostante la sua voracità, la sua fame quasi infinita, ci si potrebbe ragionare. Di sicuro si ricorda che è stato un Sacerdote del Tempio a trasformarlo e quella di questa sera sembrava una vendetta."
"Mi stupisco che non vi abbia ucciso. Siete stato fortunato." disse Julius, prendendo respiro. "Lasciate i vostri vestiti davanti alla porta della stanza. Chiamerò uno dei servi e ve li farò avere appena sveglio. Vi consiglio di pulirvi, assieme agli abiti vi farò lasciare una brocca d'acqua pulita per domattina. Cercate di dormire, ci aspetta una lunga giornata."
Maris annuì, poi gli sorse un dubbio.
"Sindaco, il Maniero è molto lontano? Perché senza cavalli ci metteremo del tempo." s'informò.
Julius tornò a osservare il guerriero.
"Mi dispiace di non avervi avvisato, oltretutto non ero certo che la Bestia tornasse per mangiare il cavallo, ma probabilmente era l'animale più vicino al suo olfatto. L'unico pregio è che per questa notte avrà meno tempo per cibarsi delle mandrie rimaste nel paese. Comunque in mezza giornata, camminando di buona lena, raggiungeremo il Maniero. Vi porterò proprio sopra di lui, in un'altura. A voi non rimarrà che scendere giù per un viottolo e sarete arrivato. Non potrete più tornare indietro, però. Vi consiglio di armarvi bene e vi farò preparare una bella scorta di cibo, non troverete selvaggina nei paraggi."
Maris annuì, stanco: il suo incontro con la Bestia era stato fuori da ogni logica.


Fece come gli era stato suggerito, mise gli abiti fuori dalla porta e cominciò la detersione del volto e di ogni parte del corpo che erano sporchi. Dopo pochi minuti sentì un rumore e s'immaginò che qualche servo, svegliato nel cuore della notte e di cattivo umore, stesse maledicendo il suo nome. Non che gli importasse più di tanto. Si addormentò quasi subito, profondamente, come non accadeva da tempo. Il suo non fu un sonno tranquillo, ma, per la prima volta da mesi, Valiri non ne era il protagonista. Maris sognò la Bestia che lo avvolgeva fra le braccia e lo baciava, senza il disgustoso pasto a respingerlo. Infatti questa volta non lo cacciava, ma si godeva quelle labbra esigenti e arrabbiate Si svegliò varie volte durante la notte, con una pessima sensazione e una domanda a cui non riusciva a dare risposta: lo avrebbe respinto, se non avesse sentito l'odore di sangue che gli riempiva la bocca? Si riaddormentava quasi subito, ma la scena non cambiava e nonostante tutto si risvegliò più stanco di prima.
Raccolse i suoi vestiti, le sue armi, cercando di non tralasciare nulla, recuperò la brocca con l'acqua e, una volta finito, raggiunse l'entrata, dove fu accolto da Artue che lo accompagnò a fare colazione. Il sindaco era già pronto e stava mangiando di gusto.
"Buongiorno. Si accomodi, una buona colazione è la miglior maniera per cominciare la giornata." lo salutò Julius "Purtroppo non abbiamo uova e neppure latte. Per fortuna i salumi si sono salvati, sembra che alla Bestia le carni troppo elaborate non piacciano."
"Mi sembra di buon umore, signore." fu il commento di Maris, cominciando a servirsi a sua volta. A parte gli affettati, non c'era alcun prodotto di origine animale sulla tavola.
"Lo sono. Ho ottime speranze per il futuro. Il fatto che lei abbia già incontrato quella cosa mi sembra un buon segnale. Il fatto che abbia riconosciuto il simbolo del Tempio, significa che siamo sulla strada giusta. Dopo tanti secoli, poteva essere una leggenda che fosse stato un Sacerdote di Kossonar a eseguire la maledizione, ma questo conferma tutto." Il Sindaco bevve una generosa sorsata di vino e Maris si chiese se fosse un'abitudine cominciare con l'alcool di prima mattina.
"Se abbiamo un buon passo, dovremmo essere sull'altura appena passato il mezzogiorno." continuò Julius "Poiché non abbiamo cavalcature, dovremo portare tutto noi. Ci accompagneranno anche due uomini, ai quali ho promesso una buona ricompensa. Nonostante la mancanza di lavoro, e il fatto che di giorno la Bestia non attacca, e che comunque non attacca l'uomo, ho dovuto faticare per trovarli. La gente ha paura. Comunque, grazie a loro, riusciremo a portare tutto il necessario per una settimana fuori casa. Questa mattina ho fatto cuocere del pane in più, si mantiene molto se mantenuto al fresco, poi frutta, verdura e carne secca, che per fortuna è una delle cose che abbiamo in quantità, visto che il nostro paese è basato sulla pastorizia. Non dovrà preoccuparsi che le belve feroci divorino tutto, sono i primi animali che sono stati sbranati." Mentre parlava mangiava, riuscendo comunque ad avere un linguaggio fluido e chiaro.
Alla fine del monologo, Maris aveva già finito la colazione. Si chiese come poteva Julius accompagnarlo, dopo aver mangiato così tanto.
Julius aveva appena finito, che Artue apparve sulla porta, annunciando l'arrivo dei portatori. Furono fatti passare e presentati a Maris.
"Maris Gennario, Guerriero del Tempio di Kossonar, vi presento Puolo e Travis. Sono gli allevatori più vicini al Maniero, anche se al momento lui e la sua famiglia vivono qui. Sono sempre disponibili a qualche lavoretto." Finite le presentazioni, si prepararono per la partenza.
Maris prese la sua sacca e andò a recuperare ciò che gli mancava dai resti del cavallo. Aggiunse una borsa piena di cibarie. Il resto fu diviso fra i due pastori. In poco tempo furono pronti. Il ritmo, fin dall'inizio, fu molto buono. Maris si stupì di quanta resistenza avesse Julius, nonostante il fisico non proprio atletico. Oltretutto si chiese come era possibile che non rimanesse senza fiato, poiché era l'unico in vena di parlare e pareva non infastidirsi di essere costretto a una specie di monologo. I tre compagni rispondevano a monosillabi, un po' per risparmiare fiato, un po' perché non avevano spazio per dire altro. All'arrivo all'altura, dal quale si vedeva benissimo l'enorme costruzione che era l'antro della Bestia, Maris era stato messo a conoscenza del nome di ogni proprietario di ogni campo attraversato, in quel periodo incolto, ma comunque tutti coltivati a foraggio per gli animali, quanti erano in casa e se avevano dei problemi. Solo nel terreno di Travis, non disse quasi nulla.
Si erano fermati solo una volta per mangiare qualcosa e un paio di volte per riempire le borracce: l'unica cosa che non mancava, era l'acqua.



"Allora che ne dice, Maris" s'informò Julius, scaricando a terra le sacche che portava, immediatamente imitato dagli altri "Sarebbe un panorama magnifico, se non fosse per quel lugubre castello. La maledizione lo ha tenuto in piedi, nonostante lo scorrere degli anni, ma è più tetro di un cimitero di notte. Alla sua sinistra, dietro quel cespuglio, c'è il viottolo che porta al Maniero, da qui ci vuole pochissimo. In quell'albero cavo metteremo le provviste, giusto perché stiano al coperto se dovesse piovere. In questa sacca c'è il necessario per la notte. Credo che non ci sia altro, io e i signori torneremmo in città, non vorrei trovarmi a camminare al buio."
Maris assentì con il capo, quando sentì un movimento alle spalle, dietro al cespuglio che portava al viottolo. Con uno scatto corse a vedere e fece appena in tempo a vedere un ragazzo, che dimostrava circa quindici anni, fuggire e sparire dietro a una curva.
-Che ci fa qualcuno così vicino al Maniero?- pensò -Sembra che tutti ne abbiano una gran paura.-
Ritornò a voltarsi verso gli altri, che lo guardavano in maniera interrogativa. Decise di tenersi per sé quella notizia, almeno al momento.
"Non ho fatto in tempo a vedere nulla. Mi avevate assicurato che non c'erano animali in giro."
Julius era il più stupito di tutti.
"Vi giuro che è così. A patto che non si tratti di qualche genere di animale di cui la Bestia non si ciba, ma non saprei quale potrebbe essere. Finora nessuno si è salvato. Sarebbe bello saperlo, potremmo allevarlo e non almeno non rimarremo senza carne."
-Non credo proprio.- pensò Maris.
"Indagherò." disse a voce alta. "Voi tornate pure in paese, io comincio a dare un'occhiata all'esterno della costruzione."
Julius e Puolo impallidirono e si prepararono freneticamente per il rientro. Travis restò fermo e, dopo aver guardato Maris un lungo istante, gli rivolse la parola.
"Io potrei rimanere nei paraggi? Ho un conto in sospeso con quell'essere."
"Come tutti, direi. Non voglio essere intralciato, preferirei che tornasse con gli altri."
L'uomo, capendo che poteva dare infastidire il guerriero, annuì e, a malincuore, se ne andò con gli altri. Fuori da orecchi indiscreti, Julius lo rimproverò.
"Travis, smettila di incolpare la Bestia della scomparsa di tuo figlio. L'unico da biasimare sei tu."



Maris si avvicinò al Maniero. Era davvero una costruzione tetra, nonostante non vi trovasse nemmeno il più piccolo crepo, cosa strana dopo duemila anni di incuria. Sembrava essere impregnata di oscurità, nonostante fosse pieno giorno i muri respingevano la luce.
-Se avessi avuto ancora dei dubbi dell'intervento di uno dei nostri sacerdoti, ora sarebbero fugati. Solo i membri del Tempio di Kossonar sono in grado di creare una maledizione del genere.-
Percorse l'intero perimetro della recinzione, finché non trovò una finestra che era appena scostata, l'unica cosa fuori posto. Non avrebbe voluto entrare subito, ma la curiosità vinse la gara con la razionalità e l'aprì, cercando di fare meno rumore possibile. L'interno era assolutamente scuro. Prese una torcia che portava alla cintura, mormorò un incantesimo e all'improvviso luce fu. Non c'era altra maniera per illuminare quel luogo maledetto, se non un incantesimo.
Osservò i tendaggi e la mobilia: tutto era perfetto, senza che i segni del tempo o anche solo la polvere avessero danneggiato nulla. In effetti, a parte l'aspetto mostruoso, doveva ammettere che anche la Bestia si era conservata bene in quegli anni. A quel pensiero sentì le proprie guance imporporarsi e uno strano calore raggiungere il basso ventre: doveva smettere di pensare a quel bacio!
Girò per le enormi stanze, senza incontrare nessuno, e senza avere sentore che vi abitasse qualcuno, almeno finché non trovò, accanto a quella che una volta era adibita a cucina, delle armi rudimentali e un giaciglio, come se qualcuno vi abitasse regolarmente. Gli sembrò inverosimile che appartenessero alla Bestia: lui non aveva bisogno di armi per cacciare e non era neppure certo che dormisse e comunque non avrebbe avuto senso, con tutte le stanze che aveva quel Maniero, dormire nelle cucine. Ripensò al ragazzo che aveva visto correre via e si chiese se quelle cose fossero le sue. Era l'unico essere che vivesse nei dintorni anche se non sapeva come faceva a regolarsi in quell'oscurità e perché il padrone di casa tollerasse la sua presenza. Doveva essere parecchio tempo che stava da quelle parti ed essersi abituato al buio. Esaminò con attenzione quello che sembrava il resto di una colazione frugale composta di radici e semi. Sentì un altro movimento, ma questa volta scattò e prese il ragazzino che scalciava come un ossesso.
"Toglimi le mani di dosso. Se non mi lasci subito, chiamo Tyron e ti faccio sbranare."
Maris si chiese chi fosse questo tipo e se anche lui si rifugiasse lì dentro, ma al momento era occupato a cercare di trattenere il ragazzo e non aveva tempo di pensare ad altro. Oltretutto temeva di attirare l'attenzione della Bestia prima che si sentisse pronto. In realtà, prima che tentasse di ucciderlo, voleva sapere che cosa era accaduto realmente per una reazione del genere da parte del sacerdote.
"Tyron, Tyron, uccidilo, mi sta facendo del male!" gridò il ragazzo e, improvvisamente, sulla soglia della porta, apparve la Bestia. Maris rimase un attimo senza parole e a bocca aperta e mollò la presa sul ragazzo che si rifugiò in un angolo.
"Suppongo che tu sia Tyron." fu l'unica cosa che riuscì a pronunciare. Non si aspettava di incontrarlo così presto. Era convinto che durante il giorno e, magari, anche durante tutto il periodo in cui non era in attività notturna, dormisse, o almeno fosse in una specie di catalessi. Cercò di non distogliere lo sguardo da quelli della creatura, anche se era meno paurosa di giorno, senza quella luce folle negli occhi. Non voleva dare l'impressione di avere paura anche perché in realtà non ne aveva: sapeva che la Bestia non attaccava mai, a patto di non essere provocata.

“Ho la sensazione che ci siamo già incontrati. O sbaglio?” mormorò in maniera appena comprensibile. Solo l'assoluto silenzio che invadeva il maniero, a parte i borbottii del ragazzo, gli permisero di comprendere le sue parole.

Maris deglutì un paio di volte, per evitare che la sua voce si inceppasse.

“Ieri sera hai sbranato il mio cavallo. Non ce n'è più uno a disposizione per varie miglia, dovrò tornare a piedi.”

Lo sguardo di Tyron s'indurì e la sua bocca fece una smorfia.

“Quindi tu sei il tipo che aveva le insegne di Kossonar sul petto? E, dimmi, com'è stato essere baciato da me?” chiese, mentre un lampo malizioso gli illuminava un attimo gli occhi.

“Nauseabondo.” si lasciò sfuggire il guerriero, prima di poter pesare il significato di quelle parole.

Lo sguardo disgustato di Tyron, gli fece capire di aver sbagliato. Avrebbe dovuto pensare prima di rispondere così secco.

“Voi sacerdoti e la vostra filosofia di perfezione mi date la nausea!” disse, alzando un pelo la voce in una specie di grido. “Tutti coloro che non siete voi, sono dei relitti da scartare. Se non fossi legato a questa maledizione, ti sarei già saltato al collo”

Maris, indeciso su cosa fare, capì che doveva correggere come poteva il suo errore, per evitare che la Bestia facesse del male a qualcuno. Anche se era maledetto, era più forte di lui a livello fisico.

“Non fraintendermi, non parlavo del bacio in sé.” cercò di deviare la sua attenzione “In realtà non ho potuto sincerarmi della sua qualità, mi è salita subito in bocca la nausea per il sapore di sangue e credo di aver sentito anche dei pezzetti di carne.” Al pensiero, gli acidi dello stomaco tentarono di nuovo di uscire e fu la risata della Bestia a calmarlo.

“Quindi se ti ribaciassi ora, che non ho più il fetore del sangue, potresti giudicare meglio le mie qualità amatorie.” La Bestia si avvicinò pericolosamente.

“Probabilmente.” Senza volerlo Maris indietreggiò di un passo, dimostrando a Tyron un certo timore.

“E che farai poi?” lo stuzzicò Tyron “Maledizione peggiore a questa cui sono costretto non esiste. Che farai dopo?” ripeté.

Continuarono ad avanzare e indietreggiare finché Maris non si trovò appoggiato a un muro e la Bestia non toccò la parete alla sinistra della sua testa con una mano.

“Allora, che mi dici?” insistette.

“Beh... dipende.” rispose allora Maris che non sapeva come rispondere. O meglio, non riusciva a interpretare i propri stessi impulsi. Da una parte avrebbe voluto scappare, dall'altra avvinghiarsi a quel corpo seminudo e meraviglioso.

“Da che cosa?” chiese Tyron.

“Da come baci.” fu la risposta secca.

 

 

 

Per un attimo la Bestia rimase attonita: cos'era quella risposta? Una specie di scappatoia o un invito? L'unico modo che trovò per capire, fu di avvicinare le sue labbra a quelle di Maris, che attendeva una sua reazione. Le loro bocche si unirono in un bacio lungo e profondo. Tyron, benché stupito di non trovare alcuna resistenza, non si lasciò sfuggire l'occasione e avventurò le mani lungo il corpo snello e allenato del guerriero che a sua volta incrociò le sue dietro la nuca del mostro, attirandolo sempre più a sé. Si baciarono senza remore dimentichi di tutto e di tutti...

“Ehi, ci sono anch'io. Non vi vergognate a fare certe cose davanti a un minorenne.”

Le guance di Maris s'imporporarono, mentre separava le sue labbra da quelle di Travis. Non voleva dare spettacolo, ma neppure interrompere quel momento, il migliore da quando era morto Valiri.

“Ehm, hai fame?” chiese al ragazzo.

Quello annuì, stufo di cibarsi di radici e frutti.

“Nell'albero cavo dove mi hai visto la prima volta, assieme al sindaco Donovan, c'è una bella scorta di carne secca.”

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e scattò, uscendo dalla cucina di corsa. La Bestia lo osservò curioso.

“Pensavo che avresti approfittato dell'occasione per smettere.”

“Perché? Non baci affatto male.”

“Gli altri sacerdoti del tempio di Kossonar sanno di queste tue tendenze?”

“Si sono evoluti anche loro nei secoli.”

Tyron non disse altro e tornò a baciarlo. Maris sperò che il ragazzino avesse capito che aria tirava e non tornasse tanto presto.

 

 

 

Era davvero tanto tempo che Maris non si sentiva così rilassato. Dormire sul petto di un uomo con cui aveva fatto l'amore innumerevoli volte era qualcosa che lo faceva stare bene. Ora, mentre giocherellava con i capezzoli ancora inturgiditi di Tyron, pensava a quanto assurdo fosse l'amore. Soprattutto per lui che finiva sempre con il cedere alle persone più sbagliate. Prima un ubriacone bisessuale che lo usava solo per il sesso, poi con una creatura che avrebbe dovuto uccidere. Il pomeriggio era volato via e il ragazzo non si era più fatto vedere. Il buio si stava avvicinando e, all'improvviso, Maris sentì i muscoli di Tyron irrigidirsi. Lo scosse un attimo e lui, con gli occhi infuocati disse una sola parola.

“Fame.”

Il Guerriero si ritrasse e vide il suo amante scivolare fuori dal letto e, nudo com'era, avviarsi verso l'uscita. Non sarebbe tornato prima dell'aurora e questo diede del tempo ai pensieri di accavallarsi nella mente di Maris.

Pregò per quasi tutta la notte, inginocchiato davanti alla propria spada, chiedendo consiglio a Kossonar, ma senza che l'immagine della Bestia lo abbandonasse un solo istante. Forse aveva ragione chi incolpava i guerrieri consacrati al Dio, senza prendere i voti, di non essere abbastanza lucidi. L'umanità e il sesso si mettevano sempre nel mezzo, rischiando di rovinare tutto. Che ci aveva guadagnato ora che aveva donato il suo corpo a quell'essere immondo? Doveva eliminarlo comunque e non ne aveva voglia affatto. Verso mattina sentì un rumore proveniente dalle cucine e immaginò che il ragazzo fosse tornato. Decise di fare due chiacchiere con lui per chiedergli com'era capitato lì dentro.

“Posso sapere come ti chiami?” gli chiese.

“Travis jr.” rispose quello di malavoglia.

“Uh, sei il figlio scomparso di quello che mi ha aiutato a portare le vettovaglie. Allora aveva ragione il Sindaco a dire che ti eri allontanato di tua volontà.”

“Mio padre è un beone idiota!” sbottò Jr. senza trattenersi, poi se ne pentì e ricominciò a parlare più calmo “Mi picchiava per ogni sciocchezza quando era ubriaco e lo era spesso, glielo posso giurare.”

Maris pensò all'uomo che lo aveva accompagnato e si ricordò di un cinquantenne triste e con pensieri vendicativi, ma sobrio. Forse il dolore per la perdita del figlio lo aveva rinsavito e portato a smettere di bere.

“Tuo padre cerca di convincere se stesso che la Bestia ti ha ucciso, forse perché si sente in colpa e non vuole ammettere che te ne sei andato per colpa sua. Credo che sarebbe davvero contento se tu tornassi.” lo invitò Maris.

La smorfia di Jr fece capire che non era affatto convinto che fosse vero. Non che il cavaliere gli mentisse, ma poteva avere frainteso il comportamento del padre.

“Inoltre non ha l'aspetto di un bevitore abituale, potrebbe avere smesso.” insistette Maris.

La risata genuina di Jr non lo stupì. Essendo abituato a vederlo ubriaco dalla mattina alla sera, doveva essere incredibile che avesse smesso proprio ora che non c'era più.

“Tutti incolpano lui della tua scomparsa, quindi potrebbero averlo costretto a smettere.”

Il discorso cominciava ad annoiare il ragazzo, ce sbuffò e fece per andarsene.

“Stai bene qui con Tyron?” chiese, per cambiare argomento.

“Non c'è cacciagione nel raggio di parecchie miglia, tanto che sono costretto a cibarmi di radici, ma mi sa ascoltare come nessuno ha fatto mai.” spiegò Jr “Si sente molto solo e il fatto di non poter uscire se non che nelle notti in cui è affamato, non migliora le cose.”

“Ammetto che questa maledizione è tremenda, soprattutto perché coinvolge altre persone oltre a lui. Durante i suoi periodi di caccia, quasi tutto il regno rimane senza carne, ma anche senza raccolti, poiché si ciba anche degli animali che aiutano l'uomo nelle arature.” constatò Maris, “Lui, durante i vostri discorsi, ti ha mai detto quale sia il motivo per cui il sacerdote del Tempio di Kossonar gli lanciò la maledizione?” chiese infine.

“In effetti, mi disse qualcosa un giorno, in cui era in una specie di catalessi.” ammise Jr “Non sono neppure certo che parlasse con me, forse solo a se stesso. Dalle sue farneticazioni il succo di ciò che mi raccontò fu che una notte buia e tempestosa un uomo con le vesti del tempio di Kossonar gli chiese ospitalità. Lui acconsentì di buon grado, ma, appena lo vide con vesti asciutte ne rimase colpito. Era bello come un angelo e cominciò a fargli una corte serrata. Benché quello continuasse a tentare di tenerlo lontano da sé, Tyron non riuscì a resistergli e lo baciò. A questo punto non mi è chiaro se bastò quel bacio perché il sacerdote gli lanciasse la maledizione o Tyron arrivò a violarlo sessualmente, ma se fosse il primo caso credo che la Maledizione lanciata sia esagerata, quindi, molto più probabilmente, si tratta del secondo.” Prese un respiro poi proseguì. “Dopo il racconto ho temuto che mi saltasse addosso e attentasse alla mia virtù, ma non si è mosso di un filo, quindi suppongo di non essere il suo tipo IO.”

La maniera in cui spinse sull'ultima parola era piuttosto allusiva, ma Maris finse di nulla e non accettò la provocazione.

“Lo ucciderai, vero?” domandò all'improvviso Jr.

Maris si voltò verso di lui e lo guardò un attimo prima di rispondere.

“Mi hanno mandato qui apposta. Nessuno sembra interessato a interrompere a maledizione. In realtà è possibile che l'affronto subito dal sacerdote sia minore a quello che pensi. Fino al secolo scorso l'omosessualità non era vista di buon occhio e duemila anni fa anche un bacio poteva essere considerato un affronto senza perdono.”

“Quindi che farai?”

“Sono già troppo coinvolto.” Maris alzò le spalle in segno di resa “Me ne andrò.”

“Ma questo significa che manderanno qualcun altro per uccidere Tyron! Non puoi risolvere la faccenda tu, senza spargimento di sangue?”

“Non saprei come fare. Ho passato la notte a pregare Kossonar perché mi desse una risposta che mi potesse aiutare, ma nulla, non ho ricevuto il più piccolo segno.”
Jr non seppe che altro dire e si arrotolò su se stesso, in posizione fetale.

 

 

 

 

4- Il sonno della ragione

 

 

 

Non tardò molto al ritorno della Bestia al maniero e trovò Maris a attenderlo.

“Sei ancora qui?” lo apostrofò Tyron con aria dura e indifferente. Non sembrava ricordarsi ciò che era accaduto la notte precedente, o forse era sempre di cattivo umore appena tornato dalla caccia.

“Non ti preoccupare, non ti disturberò ulteriormente. Domani mattina, al tuo ritorno, non ci sarò più. O forse è meglio che me ne vada ora.” Il tono della Bestia lo aveva irritato e si sentiva ancora più inutile. Tornare indietro e ammettere di aver fallito sarebbe stato un'umiliazione, ma non poteva fare altro. Fece un passo verso l'uscita, ma Tyron lo trattenne per un braccio.
“Tu non te ne vai di qui!” ringhiò e lo attrasse a sé con furia.

Maris lo respinse, ma si ritrovò avvinghiato ancora di più.

“Non puoi resistermi.” gli soffiò sul collo in maniera lasciva.

Maris, se il giorno seguente si era lasciato andare, dopo mesi di disperazione e solitudine, si sentì improvvisamente nauseato dalla mancanza di umanità di quell'essere ed ebbe la sensazione che non fosse colpa della maledizione, ma solo del carattere innato del signore del maniero. Ricco, potente, si credeva di poter avere tutto ciò che voleva, anche andando contro il desiderio degli altri.

“Questi millenni di maledizione sono serviti solo a far disperare i tuoi concittadini, non ha cambiato la tua anima di un filo.”

“Non sei in grado di farmi nulla.” lo sfidò Tyron con un ghigno sul volto.

“Solo perché ieri ti ho concesso il mio corpo, non ti illudere che puoi battermi.” Appoggiò una mano sul petto dell'uomo, mormorò un incantesimo e quello sbalzò all'indietro. Si ritrovò gambe all'aria e con la faccia stordita. Prima che potesse rialzarsi, Maris ne approfittò per indossare il mantello, stringere la spada e uscire dalla porta principale. La luce del giorno lo colpì agli occhi e gli ci volle un attimo per abituarsi a tenerli aperti senza che fossero feriti. Lo stesso non fu per la sua anima quando si rese conto che non aveva una cavalcatura e che la strada per raggiungere il Tempio a piedi era lunga. All'arrivo dei sacerdoti, probabilmente la Bestia sarebbe già stata sazia e avrebbero dovuto stanarla nel Maniero. Tanto peggio per lui! Però non fu di stimolo e rimase abbandonato davanti al portone.

 

 

 

Intanto, all'interno del Maniero...

…Jr trovò Tyron abbandonato a terra. Era rimasto lì dopo che Maris se n'era andato.

“Se n'è andato.” disse al ragazzo, con voce atona come se desse informazioni sul tempo.

Jr si avvicinò e si chinò verso di lui.

“Ti dispiace?” gli chiese.

“Non lo so.” rispose l'altro “L'unica cosa di cui sono certo è che non mi sono mai sentito così triste da... mai. Nemmeno prima della trasformazione, o dopo. Mi sembra che qualcuno mi abbia strappato il cuore dal petto e lo stia calpestando.”

“Ti sei innamorato?”

“Non dire idiozie, l'ho appena incontrato. Solo... non doveva andarsene in quella maniera, io dovevo cacciarlo, io... Sono sempre stato così bastardo?” Alzò lo sguardo e lo puntò su quello del giovane. Sembrava aspettare una risposta.

“Non lo so, non mi hai mai trattato male e mi hai fatto compagnia. Non sapevo com'eri prima, ma prima ho visto come ti sei comportato con Maris e bastardo è proprio la parola giusta.” confermò Jr, poi aggiunse “Se ti sei comportato in maniera simile anche con quell'altro sacerdote, posso capire che si possa essere irritato. Comunque non vorrei averne mai a che fare. Maris è solo un guerriero consacrato, senza obbligo di castità, ed è davvero forte.”

“Senza obbligo di castità? Non esistevano queste cose una volta. Vorrei potergli chiedere scusa, ma non so come fare.”

“Posso chiamartelo io? Si trova qui fuori a chiedersi coma farà a raggiungere il Tempio senza un cavallo, suppongo.” disse indicando il portone.

Tyron lo fissò un attimo, come se non capisse, poi il suo volto si rasserenò e si aggrappò al braccio di Jr.

“Ti prego, chiamalo.” lo implorò “Prima che se ne vada.”
Jr non era sicuro di quello che stava facendo, ma uscì alla luce del sole. Maris non era più seduto sui gradini, ma si era avviato verso l'albero cavo in cui c'erano le provviste. Lo raggiunse dopo una breve corsa.

“Maris, non puoi andartene così. Tyron ha bisogno di parlarti.”

“Io no. Non voglio avere altro a che fare con lui. Ora lasciami andare, è dalla colazione di ieri che non mangio nulla.”

“Ok, ma appena ti sarai riempito lo stomaco cerca di ragionare un attimo. Lui vuole vederti. Mi sembra davvero dispiaciuto del suo comportamento.”

Maris, che aveva camminato di buon passo e che ormai era giunto all'albero cavo, si lo fissò abbattuto e per nulla convinto, ma annuì.

“Se servirà a metterti l'anima in pace e a lasciarmi andare in seguito senza altre storie, tornerò da lui.”

Fece una colazione frugale con ciò che era rimasto nel tronco, non molto in realtà. Il passaggio del ragazzo, affamato come un lupo, aveva lasciato le sue tracce. Finì alla svelta e tornò sui suoi passi, tampinato da Jr. Quest'ultimo, in realtà, avrebbe voluto correre da Tyron per dargli la lieta novella, ma Maris lo aveva pregato di farlo entrare da solo per chiarirsi con lui, quindi si accontentava di stargli dietro.

Appena giunto davanti al portone principale, lo aprì e trovò dinnanzi a sé, seduto a terra, Tyron che piangeva. Scattò all'indietro appena un poco di luce gli colpì il volto, come se fosse stato accoltellato. Maris la richiuse subito alle spalle, chiudendo un furibondo e curiosissimo ragazzino all'esterno.

“Sei tornato? Cominciavo a disperare.” lo accolse Tyron.

“Jr ha insistito. Anche se non capisco come funziona il tempo dentro di te. Sono duemila anni che sei qui dentro, una mezz'ora non mi sembra così tanto.”

Tyron si riavvicinò e lo avvolse in un abbraccio caldo e invitante.

“Mi sei mancato tanto.”

“Ti ripeto quello che ho detto prima. Hai un carattere troppo volubile.”

“Ti do una scelta. O stai accanto a me e tenti di aiutarmi, o mi uccidi. L'eternità senza di te, mi sembra un vuoto presagio.”

Maris si sentì avvampare a quelle parole: era ciò che ognuno desidererebbe sentirsi dire in condizioni normali. Ma non era così per loro.

“Ci siamo appena conosciuti. Chi mi dice che presto o tardi ti stuferai di me e mi caccerai da qui?”

“Non accadrà. Tu sei quello che attendevo da secoli. Giura che mi starai accanto per sempre e non chiederò null'altro per me, se non il perdono per tutti i miei peccati.”

lo sguardo speranzoso che Tyron gli lanciò lo confuse di più del dovuto.

-Ma perché ti vai sempre a impantanare in queste storie senza senso?- si chiese, mentre si perdeva in quegli occhi profondi. Prima Valiri, che diceva di amarlo e lo tradiva appena poteva, ora un demone immortale che avrebbe dovuto uccidere. Oppure la sua presenza e la sua magia avrebbero potuto aiutarlo a non commettere più quegli atti? Anche se in realtà ormai era tardi per quella volta e lui non sarebbe campato a sufficienza per vedere quella successiva. Maris si arrese e si abbandonò sul petto della Bestia, lasciandosi coccolare dal suo abbraccio. Chiusero entrambi gli occhi e giacquero così per alcuni minuti, finché il rumore della porta principale che si apriva, non li distolse da quel momento di pace.

“Avete visto cos'è accaduto?” chiese Jr, gridando mentre entrava “Il castello ha perso la sua aura scura.”

Tyron, che istintivamente aveva portato la mano davanti agli occhi per proteggersi dalla luce solare, corse fuori e se ne lasciò sommergere. Anche se il su sguardo era ferito da duemila anni che non vedeva altro che oscurità, seppe istintivamente che non aveva più bisogno di nascondersi. Si osservò le braccia e notò che non aveva più i disegni tribali sul corpo, si toccò il capo e il viso e la mancanza delle corna e dei canini aguzzi era lampante. Si girò poi verso Maris, che lo osservava commosso da lontano e gli fece cenno di avvicinarsi. Quello, che dopo un'iniziale momento di smarrimento si sentì all'improvviso felice, si gettò di nuovo fra le sue braccia.

“Questo è tutto merito tuo. Un altro sacerdote, al posto tuo, mi avrebbe ucciso senza troppi complimenti. Era il destino che tu salvassi il mio corpo e la mia anima.” sussurrò all'orecchio “Era molto tempo che aspettavo la possibilità di redimermi e stavo per gettarla via.”

“Forse avevi solo paura. Per fortuna tutto è andato per il verso giusto, mi sarebbe dispiaciuto doverti uccidere.”

“Non mi avresti consegnato ad un collega?”

“Mh, forse. Ci sarebbe voluto ancora qualche giorno prima del loro arrivo. Anzi, avrò da impazzire a spiegare perché non ti ho fatto fuori su due piedi.”

Il singhiozzo di Jr, che piangeva dietro di loro, li distrasse dalla conversazione.

“Piangi di gioia?” chiese Tyron.

“No, di disperazione.” sbottò “Non voglio tornare da quel coglione di mio padre. Posso rimanere qui con te? Avrai bisogno di qualcuno, ora che hai un maniero che non si mantiene più da solo.”

Tyron rise.

“Sei assunto. Ma ti consiglio di riavvicinarti a tuo padre, scommetto che se l'è fatta addosso dalla paura. Anzi, vai a dare la buona novella al villaggio, come primo compito.”

Jr obbedì di controvoglia e i due rimasero soli.

“Bisognerà lavorare molto per rimettere le cose a posto nel villaggio e nei paesi vicini. Mi aiuterai?”

“Farò quello che posso.” promise Maris.

Missioni del tempio a parte, si convinse che sarebbe rimasto parecchio tempo in quei paraggi. Ora bisognava rendere di nuovo fertile la zona, far accettare ai concittadini che la Bestia non fosse morta, ma tornata umana e... crearsi una nuova vita assieme a lui. Era certo che Rubin Hadd non ne sarebbe stato scontento, sapeva che lo sopportava a malapena. Una scusa in più per rimanere a Monblanc.

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Bab1974