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Autore: eleCorti    07/05/2016    2 recensioni
“Io... posso saperla?” e all’improvviso la bambina che c’era ancora dentro di lei rinacque.
“Certo...” le sorrise. Per lei era ancora la sua adorata nipotina che – quando era bambina – veniva sempre a casa sua per sentire fantastici racconti sulla sua vita.
“Sono passati ottantacinque anni...” prese una pausa. Quelle dolorose scene erano riapparse nella sua mente come flash.
Ispirata dal film Titanic.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The ship is sinkin...




 
Colazione. I due giovani stavano facendo colazione nella loro piccola sala privata. In silenzio. Nao non smetteva di fissare Sana – che beveva una tazza di caffè – perché? Sapeva tutto: Rei gli aveva detto ogni cosa. E sperava che la giovane fidanzata gli dicesse dove era stata e il suo silenzio gli faceva pensare che avesse avuto una scappatella con quello sguattero.
“Caffè, signore?” Fuka – la cameriera – interruppe il silenzio. Nao le fece cenno di no con la mano.
Poi tornò a fissare la giovane Sana. Lei cercava di evitare il suo sguardo.
Basta! Si disse, le avrebbe parlato. Non tollerava quelle menzogne.
“Pensavo che stanotte saresti venuta da me...” le disse, non smettendo di guardala con quello sguardo serio e penetrante.
“Ero stanca” rispose in maniera fredda. Nao boccheggiò. Era evidente che stava mentendo.
“Il ballo e la birra di ieri sera ti avranno sicuramente stancata!” le fece notare. Il cuore di Sana perse un battito. Come? Come faceva a saperlo?
“Vedo che mi hai fatto pedinare da quel leccapiedi di Rei!” Rei... doveva pensarci prima. Quanto lo odiava!
“Guai a te se lo rifai!” quella era una minaccia. Ma chi si credeva di essere? Pensò la giovane.
“Non puoi comandarmi come se fossi una dei tuoi dipendenti!” dopo un breve silenzio si prese di coraggio.
“Sono la tua fidanzata!” il suo tono, tuttavia, era pacato. Nao la guardò perplesso. Non se lo aspettava.
“La mia fidanzata... la mia fidanzata... la mia fidanzata!” alzò la voce. Era arrabbiato. Con il solo gesto della mano scaraventò sul pavimento tutto ciò che c’era sul tavolo. Sana lo guardava impietrita.
“Sì sei la mia fidanzata, certo non per legge, ma tecnicamente lo sei! Quindi mi devi rispettare come una moglie rispetta il marito!” si avvicinò alla giovane, che lo guardava con dipinto in volto la paura.
“è tutto chiaro?” abbassò di un’ottava il tono.
“Sì...” era ancora spaventata.
“Bene...” e lui se ne andò. Lasciandola lì, ancora sconvolta.
Pianse. Mentre si accasciava sul pavimento raccogliendo i cocci di vetro. Fuka – che aveva osservato la scena – si avvicinò alla sua padrona. Lei si sentiva in colpa.
“Oh signorina Sana...” si inginocchiò accanto a lei, la quale continuava a piangere.
“Mi perdoni... sono stata io ad avvisare il signorino Naozumi...” era tremendamente dispiaciuta e la giovane lo notò. Tuttavia, non rispose.





 
****



 
Alla cappella. Era finito alla piccola cappella. Perché? Lei era lì e lui la voleva rivedere, semplice.
Era domenica e, come consuetudine, la famiglia Kurata andava a messa; la loro era una famiglia molto religiosa e per loro era sacro la domenica andare in chiesa.
Il giovane Akito, dopo aver salutato il capitano di bordo, si avvicinò alle porte in vetro della piccola cappella, attratto dalle voci che cantavano. Si fermò lì davanti in attesa di vederla.
“Signore lei non può stare qui!” un membro dell’equipaggiò tento di scacciarlo via.
“La prego... io devo solo...” tentò di mantenere la calma, ma era assai difficile visto che lo continuavano a spingere.
“Signor Hayama, i signori Kamura e Kurata la ringraziano per ieri sera e le offrono questo...” Rei – uscito fuori –  tirò fuori un biglietto da venti dollari.
“Per i suoi servigi...” anche lui lo allontanò.
“La prego io voglio solo vederla” era disperato.
“E la pregano di tornare nella terza classe” e lui lo ignorò.
“Signori potete accompagnare il signor Hayama nella terza classe?” si rivolse ai due ufficiali.
“Certo signore!” i due, ricevendo a testa un biglietto da venti dollari, non se lo fecero ripetere due volte.
“Tu vieni con noi!” presero uno sconvolto Akito e lo trascinarono via.
La giovane Sana – purtroppo non si era accorta di lui – perciò non smise mai di cantare.





 
****




 
Non si arrese. Avrebbe parlato con quella bellissima ragazza dai capelli color rosso che gli aveva rubato il cuore.
La prima classe. Era tornato sul ponte della prima classe. Per non farsi scoprire, prese da una sdraio un cappello a cilindro e una giacca, indossandoli.
Eccola: stava parlando con il costruttore della nave, sua madre e quell’odioso del suo fidanzato erano con lei. Era evidente che dovesse prenderla da parte per parlarci.
Aspettò che rimanesse indietro, poi – in maniera furtiva – si avvicinò a lei, prendendola per un braccio.
“Vieni con me!” le sussurrò. Lei lo seguì. Entrarono, perciò, in una sala deserta.
“Akito...” ripensando a ciò che fosse successo quella mattina e alle parole di sua madre – ovvero che se non si fosse sposata, sarebbero finite in mezzo ad una strada – decise di parlargli e mettere le cose in chiaro.
“Io... io... non posso!” stava per andarsene, ma lui la intrappolò contro la parete.
“Devo parlarti!” i suoi occhi... cercò di non guardarli.
“No Akito!” cercò di rimanere ferma sulle sue decisioni.
“Akito... sono fidanzata... sto per sposarmi... amo Naozumi...” cercò di essere il più credibile possibile. Lui sospirò.
“Sana... ascolta... lo so, non sei una tipa che fa per me, ma in questa nave sei la creatura più angelica che abbia mai visto!” le stava aprendo il suo cuore.
“Akito...” cercò di andarsene, ma lui la bloccò.
“Ascolta, non sono un’idiota. Non ho niente da offrirti, ma ormai, ormai ci sono troppo dentro...” ormai era troppo tardi. La amava.
“Non posso lasciarti andare, senza avere la certezza che tu stia bene. Desidero solo questo” ed era vero: lui voleva che lei fosse felice.
“Sto bene... davvero...” si era commossa per quelle parole, ma non poteva.
“Davvero?” e lui non le credé.
“No! Non è vero! E lo sai pure tu! Ti tengono in trappola, ti fanno indossare una maschera! Quella non sei tu! E prima o poi la Sana che conosco scomparirà!” si avvicinò a lei e le posò una mano sulla guancia. Lei era ancora più commossa.
“Non devi essere tu a salvarmi Akito...” tuttavia, non demorse, anche se le risultava assai difficile.
“Hai ragione. Solo tu puoi farlo” nonostante fosse rimasto colpito da quelle parole, doveva ammettere che avesse ragione.
“Adesso vado. Lasciami in pace!” stava per cedere. Lo sentiva. Akito cercava di baciarla e lei avrebbe ceduto. Non doveva. Se ne andò, liberandosi dalla salda presa del giovane.
E Akito rimase lì, con il cuore a pezzi. Aveva perso, forse sì o forse no.





 
****



 
A prua. Era a prua che osservava il mare. Non aveva, però, quell’entusiasmo che lo caratterizzava, il suo sguardo era, difatti, spento. Perché? Aveva il cuore spezzato, semplice.
Lei. Era lì dietro di lui. Perché? Durante il the pomeridiano aveva avuto un ripensamento. Akito aveva ragione. Lei doveva salvarsi.
“Ciao Akito” il giovane, sentendo quella voce, si girò di scatto. Non stava sognando. Lei era lì, di fronte a lui.
“Ho cambiato idea...” lui sorrise. Allora nulla era perduto.
“Mi hanno detto che...” disse, mentre si avvicinava. Lui la interruppe, facendole cenno di rimanere in silenzio.
“Dammi la mano...” le tese la mano. Lei la afferrò. I loro sguardi s'incrociarono. La magia era di nuovo sorta.
“Adesso chiudi gli occhi...” le suggerì. La sua voce era calda e suadente.
“Forza...” le intimò, notando che non gli avesse dato ascolto. Lei, allora, li chiuse.
La fece salire sulla ringhiera, facendola aggrappare con le braccia, intimandole sempre di non aprire gli occhi.
“Ti fidi di me?” le sussurrò a un orecchio.
“Sì” fu la sua immediata risposta.
Si mise dietro di lei, le afferrò le braccia e le dispiegò, come se stesse per volare. Poi le afferrò la vita e le intimò di aprire gli occhi. Lei sorrise, estasiata.
“Sto voltando!” era come essere in un sogno. Il più bel sogno che avesse mai fatto, per giunta!
Stese le braccia anche lui, intrecciando le sue dita con quelle della sua amata. Poi le piegò facendole appoggiare all’addome. Girò la testa verso di lui. I loro sguardi s’incrociarono.
Fu un attimo e le loro labbra si toccarono per la seconda volta, incontrandosi in un bacio travolgente. Quel bacio fu più bello del primo.




 
****


 
“Ma che cosa romantica...” la giovane Eri interruppe il racconto della nonna. Il suo sguardo era sognante. Per lei era come una scena di un film.
“Sì... quello è stato l’inizio di tutto...” anche lo sguardo dell’anziana donna era sognante. Rinsavì, ora veniva la parte più tragica della storia. Sì, perché anche se erano sopravvissuti, per loro era stata una tragedia.
“Dunque...” riprese, perciò, a raccontare.





 
****



 
In camera sua. Sì lo aveva portato in camera sua. Al diavolo le convenzioni. Ormai per lei nulla aveva più importanza, sennò quel giovane di nome Akito.
“Tranquillo non è disonorevole!” lo tranquillizzò, mentre entravano nella stanza. Akito prima aveva mostrato tutte le sue preoccupazioni.
“La luce ti va bene?” la giovane richiamò l’attenzione del ragazzo, intento a osservare il camino.
“Che c’entra?” non capiva.
“Voi artisti non lavorate con la luce?” aveva messo una coperta sopra il divano.
“Sì, ma di solito non lavoro in topaie come queste!” la fece ridere.
“Naozumi non dovrebbe tornare da un momento all’altro?” non aveva paura di quello sciocco damerino, ma non voleva farsi beccare in quella situazione. Sapeva che fosse potente.
“No, almeno fino a quando c’è fumo e alcool” gli porse un gioiello, quello che Nao le aveva regalato, spiegandogli che cosa fosse.
“Akito voglio che tu mi ritragga con questo addosso” gli disse, senza peli sulla lingua.
“Ok” rispose, non smettendo di osservare quel diamante.
“Con solo questo addosso” proseguì. Il giovane si girò di scatto. Aveva capito male, vero?
Nuda. Poco dopo, la giovane Kurata si ritrovò nuda sul suo divano, con solo indosso quel raro diamante.
Il giovane Akito quando la vide, fu assalito da un ondata di calore, avvertendo subito che il suo amico lì sotto si fosse svegliato. Avrebbe voluto possederla lì, ma non poteva. Dopotutto era un professionista. Per tutto il ritratto, perciò, cercò di contenersi, sebbene gli risultasse assai difficile.
Un tamburo. Per tutto il tempo, il cuore della giovane Sana batté forte come un tamburo. Quello sarebbe stato il giorno più eccitante della sua vita.
Poco dopo, si rivestì e il giovane Akito le consegnò il disegno. Lo baciò a fior di labbra, per ringraziarlo.
Una lettera. Stava scrivendo una lettera. Indirizzata a chi? A Nao, semplice. Non poteva andarsene senza lasciargli una sorpresa.




 
****



 
La porta bussò. Rei! E ora? Erano in trappola. No, c’era la porta di servizio, si disse la giovane Sana. Afferrò Akito per un braccio e lo trascinò via con sé. Appena in tempo, subito dopo Rei entrò nella stanza.
Non convinto, la guardia del corpo ispezionò la stanza. Nessuno. Uscì anche lui dalla porta di servizio. Lì vide. Loro se ne accorsero. Presero, difatti, a correre.
Attraversarono la sala da pranzo, giungendo all’ascensore che li portò al piano di sotto, Rei prese le scale. Una volta giù, entrarono in una porta scorrevole che li portò al ponte E. Rei, intanto, non li aveva visti una volta arrivato di sotto. Forse lo avevano seminato.
No. Li aveva visti. Corsero ancora, attraversando uno stretto corridoio, giungendo davanti ad una porticina. La aprirono ed entrarono nella sala macchine. Rei li aveva raggiunti, ma la porta era chiusa a chiave.
La attraversarono, sotto gli occhi sorpresi degli operai, che si chiedevano perché due passeggeri fossero lì. Poi – attraverso un’altra porta- giunsero in un’altra sala.
Era il parcheggio delle auto. Si avvicinarono a una piccola auto – sicuramente di qualche ricco – ed Akito, da bravo gentiluomo, le aprì la portiera. Poi si mise al posto guida.
“Dove la porto signorina?” assunse l’accento di un autista inglese.
“Su una stella” gli sussurrò a un orecchio. Lui sgranò gli occhi.
Con la forza della braccia, lo trascinò dietro con sé. I loro occhi s'incrociarono di nuovo, perdendosi a vicenda in quei mari così innavigabili.
E in un attimo le loro labbra s’incontrarono avide di riassaggiarsi, le loro braccia presero a esplorare i loro corpi. Si stavano amando per la prima volta.
Nudi. Sudati. Stanchi, ma felici. Lui sopra e lei sotto. Lui – una volta venuto – si accasciò sopra di lei.
Presto, però, fuggirono. Qualcuno si stava avvicinando. Capirono che fosse o Rei o qualcuno mandato da Nao.
Sul ponte. Finirono sul ponte. Ridevano come dei bambini. Era tutto così romantico.
“Quando la nave attraccherà, io scenderò con te” si fece seria.
“è da pazzi!” lui non smise di ridere.
“No...” e lei riprese a ridere.
“Io ci credo” ancora e ancora, la baciò. Lei non si oppose. Si amavano e tanto.
Tremare. Udirono tremare. Si staccarono, non capendo che cosa stesse accadendo.
“Attenta!” Akito la spostò. Un iceberg era appena caduto sul ponte.
Si sporsero al bordo della nave per vedere un iceberg grande quanto una casa colpire la nave. Che cosa stava accadendo? Si chiesero.
Poco dopo, udirono che la nave stesse affondando. E ora?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve! Eccomi tornata con un nuovo capitolo! Beh siamo arrivati alla parte “tragica” e beh vi annunciò che il prossimo sarà l’ultimo capitolo.
Spero di aggiornare presto.
Alla prossima.
   
 
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