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Autore: Carme93    07/05/2016    1 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo sesto

Per il Bene Superiore

«Harry, per piacere, parla con James».
L’uomo era appena rientrato dal Ministero insieme a Ron ed Hermione.
«Che ha combinato?» domandò stanco ed esasperato alla suocera.
«Stamattina sono arrivate le lettere da Hogwarts. Ha letto la sua e senza dire nulla si è chiuso nel capanno degli attrezzi. Si è rifiutato di pranzare ed ha accettato di parlare solo con Albus».
Proprio in quel momento scesero Rose ed Al dal piano di sopra.
«Che ha tuo fratello?» chiese subito Harry al figlio.
«È meglio che ci parli di persona».
Harry sbuffò e senza indugiare oltre uscì in giardino e si diresse al capanno degli attrezzi. «James, sono papà. Avanti aprimi».
Il ragazzo tolse il chiavistello e lo fece entrare.
«Allora, che sono questi capricci da bambino!? Hai quindici anni, James! Per l’amor di Merlino, fai preoccupare tutti! Il tuo è un comportamento assurdo» sibilò subito.
James non si scompose e richiuse la porta, poi si voltò verso di lui.
«Se fossi rimasto di là, si sarebbero impicciati tutti… dovevo capire…».
«Capire che?» s’irritò di più Harry, che non aveva voglia di parlare per enigmi.
«Senti papà, ma la McGranitt l’hai vista ultimamente? Sta bene?».
Harry, colto di sorpresa dalla domanda, lo squadrò per un attimo poi rispose: «Sì, ci siamo visti. Io e Terry Steeval ci stiamo occupando della protezione di Hogwarts. Sta benissimo a parte magari gli acciacchi dell’età».
«Sì, ma ragiona?».
Harry sbuffò: «Sto davvero perdendo la pazienza. La McGranitt ragione meglio di te e me messi insieme. Dimmi quello che ti passa per la testa o me ne torno dentro, e se vuoi continuare a stare qui, fa’ pure».
«Io, cos’ho in testa? Lei! Guarda!».
James estrasse dalla tasca dei jeans la lettera di Hogwarts ormai tutta strappata e spiegazzata. Si avvicinò al padre, gli prese la mano e la girò in modo che volgesse verso di lui il palmo aperto. Harry lo lasciò fare in attesa. Infine James capovolse la busta e lasciò cadere sulla sua mano una spilletta. Harry ancora più sorpreso la osservò: con un sorriso non poté fare a meno di avere un déjà-vu, era la stessa spilla argentata che avevano ricevuto Ron e Hermione; la stessa che al suo primo anno aveva visto sul petto di Percy. Sollevò lo sguardo sul figlio maggiore, che lo scrutava in attesa con le braccia conserte. La situazione era così assurda, che scoppiò a ridere e per un attimo si dimenticò della stanchezza e delle sue preoccupazioni.
«Non c’è nulla da ridere» esclamò offeso James.
«No? James, hai un ragno sulla spalla» replicò Harry con un ghigno.
Il ragazzo sobbalzò e cominciò a colpirsi la spalla.
«È solo un ragnetto, Jamie. Non fare come zio Ron, per favore».
James smise di agitarsi e riportò l’attenzione sulla loro discussione. «Papà, io non posso essere un Prefetto! È una tragedia!» sbraitò.
«Perché mai?» domandò Harry pazientemente.
«Uno. Danny mi ucciderà. Voleva lui la spilla. Ci teneva tantissimo! Due. Tylor mi prenderà in giro in eterno. Tre. Freddie e zio George… non mi potrò più fare vedere in giro… mi disconosceranno…», poi sgranò gli occhi come preso da una folgorazione improvvisa, «… dovrò rispettare le regole e studiare?».
«È pronta la cena. Nonna ha detto di venire» la voce di Albus arrivò loro attutita dalla porta di legno.
«Arriviamo, Al» rispose Harry.
«Al, lo sa. Dovevo sfogarmi con qualcuno. Era l’unico che speravo non mi avrebbe preso in giro».
«L’ha fatto?».
«No, anche se non sono sicuro che ancora l’abbia pienamente accettato. Insomma è lui quello bravo e studioso, non io. Lui sì, che aspira a questa spilla. Perché io?».
«E che ne so. Chiedilo alla McGranitt. Avrà avuto i suoi motivi. Ti va di andare a mangiare? Ci stanno aspettando».
«Neanche per sogno. Vai tu, poi tu od Al mi portate qualcosa».
«Scordatelo, se vuoi mangiare entri» replicò con fermezza Harry.
«E gli altri?».
Harry lo sollevò quasi di peso dallo scatolone su cui si era accomodato. «Adesso, smettila di fare i capricci. Che te ne frega degli altri? Io e mamma siamo fieri di te. Per premiarti ti faremo un bel regalo. Che cosa vuoi?».
«Qualunque cosa?» chiese James illuminandosi in volto.
«Qualunque».
«Quindi anche una moto volante?».
Harry si voltò e lo scrutò: «Scordatelo».
«Avevi detto qualunque cosa! E poi Oliver Baston l’ha regalata a Danny!».
«E tu non ci salirai! Chiaro? Puoi chiedere quello che vuoi nei limiti del possibile».
«Limiti che stabilite tu e mamma, naturalmente» disse scocciato.
«Esattamente».
James sbuffò e borbottò qualcosa che suonò tanto come che bella fregatura, ma Harry lo ignorò. Avvicinandosi alla porta di casa sentirono le voci degli altri famigliari: dovevano già essersi riuniti tutti per la cena!
«Io non entro. Ho una reputazione da difendere».
Questa volta toccò ad Harry sbuffare e si fermò a fronteggiarlo; ancora stringeva tra le mani la spilla di Prefetto e nonostante le sue proteste gliel’attaccò alla maglietta. Ignorò le sue lamentele e lo trascinò dentro. Con sorpresa di entrambi, gli altri non erano in cucina, ma in salotto. A mezz’aria galleggiava uno striscione con la scritta: Congratulazioni Dominique nuova Caposcuola di Grifondoro. James gemette ed Harry trattenne a stento una risata. Pose un braccio attorno al collo del figlio ed attirò l’attenzione dei presenti.
«Credo sia il caso di modificare lo striscione» disse e nel farlo ed agitò la bacchetta, modificando la scritta: Congratulazioni Dominique nuova Caposcuola e James nuovo Prefetto di Grifondoro.
 Il vociare si spense e tutti li osservarono sorpresi, James stava già meditando di buttarsi dalla Torre di Astronomia quando nonna Molly strillando qualcosa tipo Oh il mio Jamie, lo stritolò in uno dei suoi abbracci. Subito dopo anche la mamma e gli altri cominciarono a complimentarsi con lui. Albus, con un sorriso complice, gli diede il cinque. Forse aveva accettato la sua nomina. Gli unici che erano rimasti in silenzio e distanti erano stati Lily, Fred, zio George, Rose e Dominique. Non che non se lo fosse aspettato.
Non sopportando i loro sguardi si avvicino alla cugina più grande, le sorrise un po’ forzatamente (si vedeva lontano un miglio la sua ostilità e farsi nemica Dominique Weasley non era mai una mossa saggia, figuriamoci ora che era Caposcuola): «Complimenti, Domi».
«Anche a te» rispose lei laconicamente, probabilmente per mantenere la facciata: che cosa pensasse realmente, l’avrebbe scoperto in assenza degli adulti.
Nonna Molly aveva preparato un piccolo buffet ed iniziarono a mangiare parlando animatamente ed in ogni conversazione inevitabilmente entravano i nomi di James e Dominique, che venivano incastrati ora dall’uno ora dall’altro zio.
«Sono davvero sorpreso, James! D’altronde la professoressa McGranitt deve aver avuto dei buoni motivi per nominarti Prefetto! È il primo passo per diventare Caposcuola! Pensandoci sia Teddy, Vic, la mia Molly e Domi lo sono stati perciò stai percorrendo la strada di famiglia! Bravo, hai dato una bella soddisfazione ai tuoi! L’unico che non è stato nominato Prefetto è Fred, ma non mi sorprende…».
James deglutì a quelle parole, cercò con lo sguardo il cugino: era in un angolo con Rose e Lily. Ogni tanto lo occhieggiavano malevolmente: gli avrebbero reso la vita impossibile! Perché tutte a lui?
«Fred è il Capitano di Grifondoro, zio Percy» replicò.
«Sì, sì il Quidditch ha la sua importanza ma dev’essere accompagnato dallo studio… Hai deciso cosa ti piacerebbe fare dopo i M.A.G.O.? Da piccolo volevi seguire le orme di tuo padre».
«Infatti e non ho cambiato idea. Voglio entrare in Accademia dopo il diploma» rispose pazientemente: prima o poi si sarebbe stancato o no?
«Potresti prendere in considerazione anche un impiego diverso al Ministero o fare il pozionista… Pensaci, James, sono tempi bui… Tua madre starebbe più tranquilla…».
Ah, ecco dove andava a parare pensò, ma suo fratello lo salvò dal dare una risposta.
«Scusa, zio, ho bisogno di Jamie. È importante».
James si lasciò trascinare in cucina e lo scrutò stupito. «Che succede? Cioè ti sono grato di avermi salvato dalle sue grinfie, ma…?».
Albus prese un bel respiro e poi parlò: «Intanto ti devo chiedere scusa. All’inizio quando me l’hai detto, mi sono arrabbiato. Insomma ti metti sempre nei guai e ti becchi un sacco di punizioni… e poi tu sei un grande Cercatore, e mamma e papà sono orgogliosissimi quando ti vedono giocare… io me la cavo nello studio e pensavo che insomma… io avrei avuto quella spilla, solo io… avrei avuto qualcosa in più di te…».
«Qualcosa più di me? Cavoli, Al! La prossima volta che sali su una scopa ti riprendo con una telecamera babbana! Sei molto più bravo di me! E mamma e papà lo sanno! Tu sei quello di cui non si devono mai preoccupare, mentre io li do un sacco di grattacapi! E poi io la spilla non la volevo. So benissimo che sei tu quello che la meriti».
I due fratelli si abbracciarono.
«Ah, ho sentito Rose e gli altri parlottare… Vogliono la tua testa…».
James emise un fischio sommesso. «L’avevo immaginato e credo che Dominique non sia nemmeno felice della mia nomina».
«Quando papà ha cambiato lo striscione, sembrava volervi saltare addosso. Le hai rovinato il suo momento di gloria. Lo sai che è molta ambiziosa e dopo il fallimento di Molly ai M.A.G.O. ha l’opportunità di dimostrare a zio Percy di essere la migliore».

*

Il gatto decapitato.
Esiste un proverbio babbano che afferma che “la veste non fa il monaco”, o più semplicemente l’apparenza inganna. Eppure se un locale si chiamava Il gatto decapitato e si trovava a Nocturn Alley, beh difficilmente avrebbe potuto essere qualcosa di diverso dall’apparenza. La ‘p’ stava a penzoloni ed oscillava ad ogni minimo colpo di vento. Lo spiazzo su cui dava l’ingresso era buio e sudicio. E vi era un tanfo di urina, che lasciava nauseati.
Un ragazzo si avvicinò al pub, gettando occhiate preoccupate intorno a sé. Strinse forte la bacchetta: a quell’ora si poteva incontrare chiunque. Sospirò e si scostò dagli occhi con la mano sinistra alcune ciocche dei suoi folti e disordinati capelli neri. Il proprietario gli rivolse un ghigno malevolo quando entrò. Un uomo onesto probabilmente l’avrebbe bloccato e non l’avrebbe fatto entrare: era minorenne e quello non era un posto per ragazzini. In confronto la Testa di Porco di Hogsmeade era un luogo gradevolissimo. Naturalmente non era onesto e tutti i delinquenti di Nocturn Alley si radunavano lì: anche se ci fosse stato un blitz della Squadra Speciale Magica, Angus Blackwood avrebbe protetto i suoi avventori. No, non certo per bontà. Solo per mera convenienza: d’altronde era anche lui un delinquente. Si diceva che sottobanco commerciasse di tutto.
 La maggior parte degli avventori a quell’ora era ormai ubriaca e vi erano dei principi di rissa, che il proprietario si affrettava a sedare per timore che li sfasciassero tutto il locale. Proprio in quel momento due ladruncoli da quattro soldi si avventarono uno sull’altro sbarrandogli il cammino. Li conosceva di vista, ma non intervenne: quella era gente che estraeva facilmente i coltelli. Angus si gettò a dividerli e gli occhi del ragazzo caddero sulla porta dietro il bancone che dava su alcune stanze contenenti slot machine babbane ed altre usate per riunioni in vista di qualche colpo. Sgranò gli occhi riconoscendo i tre uomini, che si infilarono lì approfittando del caos. Nessuno a parte il ragazzo li aveva notati e loro per sua fortuna non l’avevano visto. Da sotto la maglia estrasse un rattrappito mantello dell’invisibilità. Non era quello vero e la magia presto si sarebbe esaurita e non avrebbe potuto applicarne una nuova prima di tornare a Scuola, se non rischiando di incorre in sanzioni ministeriali. Gettò un’occhiata agli altri avventori: la rissa era definitivamente scoppiata ed Angus ne era stato coinvolto. Si coprì rapidamente e seguì i tre uomini. Erano entrati nella stanza più lontana. Il ragazzo tirò fuori un paio di orecchie oblunghe, ma purtroppo i tre non erano degli sciocchi sprovveduti: avevano gettato sulla porta un Incantesimo Imperturbabile. Allora risalì il corridoio e tenne il tempo di quanto stessero lì dentro. Intelligentemente i tre uscirono separatamente. La rissa si era calmata ed avrebbero dato nell’occhio. Erano sì tutti delinquenti, ma il ragazzo sapeva che il Ministero pagava bene i suoi informatori e certa gente non conosceva la parola lealtà. Appena furono usciti tutti e tre, tornò nella stanza principale e si tolse il mantello solo dopo essersi avvicinato alla porta del bagno. Comunque nessuno aveva fatto caso a lui, Angus inveiva ancora con alcuni dei suoi avventori che a quanto pare gli avevano fatto un bell’occhio nero. Si avvicinò al padre, che dormiva con la faccia su un tavolo.
«Ehi piccolo Jackie» lo apostrofò un uomo seduto al tavolo vicino, dove si giocava a poker babbano. «Tuo padre stasera ha perso un più di un centinaio di galeoni. A chi li aveva fregati?». L’uomo rise sguaiatamente e Jack lo salutò con un mano, per poi sollevare quasi di peso il padre e portarlo fuori da lì. Se qualcuno dei suoi compagni di Scuola l’avesse visto in quel momento avrebbe capito che il Cappello Parlante quella benedetta sera di quasi cinque anni prima non era impazzito smistandolo a Tassorosso. I soldi che si era giocato il padre erano i suoi. Gli aveva guadagnati lavorando per tutte le vacanze in una pizzeria babbana. Era stato uno stupido ingenuo a pensare che il padre non avrebbe guardato nel suo baule di Scuola.
«Oggi, oggi avevo quasi vinto» biascicò suo padre. «Te lo assicuro, Jack. Quell’imbroglione di Tylor aveva un asso in più nella manica rispetto a me».
Jack non replicò, in fondo non era necessario: tra l’alcool ed il sonno suo padre diceva frasi sconnesse, che non volevano davvero una risposta. La cosa buffa è che suo padre chiamava imbroglione l’altro solo perché aveva nascosto più carte rispetto a lui sotto il mantello. Davvero se quella situazione non fosse stata la sua vita di sempre, avrebbe anche riso; invece in quel momento aveva solo voglia di urlare e rompere qualcosa.

*

Harry Potter non amava scendere a compromessi con i ladruncoli da quattro soldi e meno che mai chiudere gli occhi davanti ai loro crimini in cambio di valide informazioni; però se qualcuno l’avesse seguito quel giorno forse gli avrebbe dato dell’incoerente, ma la sua tendenza a fare l’eroe, come diceva Hermione, non l’aveva mai abbandonato. Arrivato presso la Gelateria di Florian Fortebraccio, da anni ormai gestita dal figlio Francis, notò subito il ragazzo che cercava, ma lasciò che fosse lui a fare la prima mossa.
«Buongiorno, signor Potter! Come mai da queste parti?».
«Ciao, Jack. Piccola pausa. Tu come stai?» disse avvicinandosi e stringendogli la mano. Il ragazzo sorrise in modo stiracchiato e rispose: «Come sempre».
Aveva usato una voce squillante, ma come il sorriso era stata forzata. Harry se ne sorprese: di solito era molto più spontaneo.
«Volete ordinare?».
La cameriera prese le loro ordinazioni e li lasciò soli, ma intorno a loro c’era un grande via vai per cui continuò a parlare del più e del meno.
«Allora sei pronto per tornare ad Hogwarts?».
«Come ogni anno» replicò Jack conciso.
Dissero qualche altra parola di circostanza ed appena la cameriera mise loro davanti le coppe di gelato iniziarono a mangiare.
«Rabastan Lestrange, Thomas Rosier e Denver Green» disse Jack all’improvviso. Harry non alzò gli occhi dalla coppa, ma annuì. «Al Gatto decapitato. Ieri notte. Hanno parlato per una mezz’oretta. La porta era imperturbata. Non ho sentito nulla».
«Grazie».
Finirono di mangiare in silenzio ed Harry fece per alzarsi. Jack lo bloccò.
«Questa volta voglio essere pagato per la mia informazione».
Harry lo fissò per un attimo e tornò a sedersi: Jack aveva solo quindici anni, ma nei loro incontri si atteggiava come se fosse più grande. James, però, gli aveva raccontato che a Scuola era un ragazzo come gli altri, un po’ esuberante e dotato di una spiccata intelligenza. Ora sembrava a disagio.
«Ti darò dei soldi, ma devi dirmi a che ti servono». James avrebbe commentato che non poteva comportarsi da padre con tutti ed Hermione che non poteva aiutare tutti i ragazzi problematici.
«Allora non me li dia. Non è necessario. Anzi è meglio che io non ne abbia: mio padre finirebbe per beverseli o giocarseli».
«E che vuoi?».
«I libri di testo del quinto anno. Anche di seconda mano, purché non debba passare l’anno a farmeli prestare od a cercarli in biblioteca».
«Scusa ma i soldi che la McGranitt ti dà dal fondo per gli studenti con difficoltà economiche?».
«Mio padre li ha persi a fine luglio».
«Hai bisogno di altro per la Scuola?».
Jack lo osservò per un attimo ed Harry non ignorò il guizzo speranzoso che avevano avuto i suoi occhi.
«N-no io ho tutto».
«Su, non fare lo scemo. Se è perché ti vergogni non lo saprà nessuno. Nemmeno i miei figli, nei puoi star certo».
«La divisa mi sta corta e stretta. Non riesco più a sistemarla con la magia e mi servirebbero piume, inchiostro ed il mio kit di pozioni è quasi inesistente».
«Avrai quello che ti necessita. Ora, però, devo andare».
«Signor Potter» lo richiamò, «Io non voglio queste cose perché mi vergogno degli altri».
«E perché?» chiese Harry, leggendo nei suoi occhi determinati ed orgogliosi la necessità di spiegarglielo.
«Per questa per esempio». Jack tirò fuori dalla tasca una spilla, identica a quella di James, solo che al posto del leone rampante vi era un tasso. «La McGranitt e Mcmillan mi hanno sempre sostenuto ed adesso con questa stanno dicendo che hanno fiducia in me. Non posso deluderli. E poi questo è l’anno dei G.U.F.O. se non vado bene, non diventerò mai uno dei suoi uomini».
Harry sorrise ed annuì: «Complimenti, Jack. Sono sicuro che non spenderò soldi invano. In fondo il mio è un investimento per il futuro! Mi rifarò quando sarai ai miei ordini» disse strizzandogli l’occhio, poi tornando serio aggiunse: «Però vorrei che mi ubbidissi anche ora».
«Che cosa vuole che faccia?».
«Stare fuori dai guai. Sei uno di quei tre ieri ti avesse visto, ora non saresti qui a raccontarlo».
Jack scosse la testa: «Nessuno avrebbe pianto per me, mentre così le ho dato una mano».
«Non dire scemenze!» si irritò, con la voglia di tirargli un ceffone. «Tuo padre è quel che è, ma ti vuole bene. E poi sei un bravo ragazzo, più gente di quanto pensi sentirebbe la tua mancanza».
«Se lo dice lei» replicò il ragazzo, tanto per dargli ragione.
Harry sospirò: «Per fortuna fra due giorni tornerai ad Hogwarts e starò più tranquillo».

*
 
«Louis… Louis… su, svegliati… è tardi!».
Il ragazzino aprì gli occhi e si trovò davanti il sorriso del padre.
«Ciao» biascicò con tutta la voglia di tornare a dormire.
«Gli altri sono già in spiaggia. È l’ultimo giorno di vacanza… io non lo passerei chiuso qui dentro se fossi in te».
«Che ore sono?».
«Le undici passate».
«Mi sono addormentato tardi… dovevo assolutamente leggere la fine del romanzo» ammise.
«Sì, lo so. Ti sconsiglio di fare così anche ad Hogwarts o il giorno dopo non capirai nulla a lezione».
Louis annuì.
«Alla fine zio Emile ha capitolato: Valentin partirà con voi domani».
«Evvai» replicò il ragazzino, mettendosi a sedere sul letto.
Bill si alzò e prese una cesta che aveva lasciato ai piedi del letto.
«Questo è un regalo da parte mia e di mamma».
Louis osservò con attenzione la cesta che il padre aveva appoggiato sul letto e da cui proveniva una specie di miagolio. Spostò la coperta, che la copriva, e rivelò un gattino dal pelo rossiccio; era minuscolo e stranamente aveva le orecchie un po’ appuntite.
«È uno kneazle?» chiese eccitato.
«Sì, sei contento?».
«Grazie mille» rispose lui gettandogli le braccia al collo. Bill strinse a sé il figlioletto: sembrava più piccolo rispetto a Vic e Domi alla sua età, ma soprattutto così terribilmente indifeso ed ingenuo.
«È maschio o femmina?» domandò Louis.
«Femmina». L’aveva scelta apposta: i kneazle erano animali protettivi e per natura le femmine lo erano di più, forse non era scientifico, ma sarebbero cresciuti insieme e si sentiva un po’ più tranquillo. «Sai già come chiamarla?».
Louis rifletté per qualche secondo poi disse: «Cliodna».
Bill sorrise dolcemente, non aspettandosi un nome meno complesso da parte sua.
«Nella cesta c’è tutto il necessario. Vieni a fare colazione adesso».
Louis lo seguì obbediente al piano di sotto.

*


Villa Conchiglia si ergeva solitaria su una scogliera rivolta verso il mare e la risacca del mare era una dolce ninna nanna per i suoi abitanti.
Era l’ultimo giorno di vacanza e tutta la famiglia Weasley-Potter era riunita lì con gli amici per festeggiare il tredicesimo compleanno di Roxi e Lucy. I ragazzi avevano invaso la casa fin dalla mattina per godersi il mare e la spiaggia. Entravano ed uscivano dalla villetta in costume da bagno. Un vero e proprio addio alle vacanze. Bill fece fare molti giri ai nipoti con la barca a vela ed ad alcuni cercò di insegnarli come manovrarla.
La torta fu tagliata nel pomeriggio perché Frank e le sorelle avrebbero dovuto cenare a casa del nonno materno.
C’era chi giocava con il pallone, qualcuno con una pluffa rossa, altri entravano ed uscivano dall’acqua.
«Un momento di attenzione» disse zio George, chiamandoli tutti. I ragazzi curiosi si avvinarono allo zio.
«Tsk se li avessimo detto noi di uscire, ci avrebbero fatto disperare» borbottò Ginny alle cognate che sorrisero e ridacchiarono.
«Ho l’onore di presentarvi l’ultimo prodotto Tiri Vispi Weasley che sarà in commercio da domani!» annunciò George entusiasta. «Ci lavoro da secoli. Rivoluzionerà tutto il mondo della magia!».
«Dobbiamo preoccuparci?» sospirò nonna Molly.
«Ma no cara, George non farebbe mai nulla che potrebbe mettere in pericolo i ragazzi» replicò nonno Arthur, ma nemmeno egli ne era molto convinto.
«Ho preso l’idea dagli specchi gemelli» continuò George, «Volevo applicare lo stesso principio su più larga scala e ce l’ho fatta!».
Tutti lo fissarono tra il sorpreso e lo smarrito.
«In che senso, zio?» chiese Albus.
«Spiegazione semplice anche se incantesimo complesso!».
«E lui non si vanta mai…».
«Percy lascia stare tuo fratello» lo richiamò la madre.
«Sì, sì Perce la tua è solo invidia… presto sarò famoso più di te…».
«Dai George, pendiamo tutti dalle tue labbra… come volevi… adesso spiegaci…» lo esortò Angelina.
«Come vi dicevo il mio obiettivo era quello di creare un modo di comunicare semplice e rapido… Insomma i gufi ci mettono un sacco di tempo e poi hanno anche altri spiacevoli e disgustosi difetti… inoltre i Babbani sono anni luce avanti da questo punto di vista… Allora ho studiato un paio di specchi gemelli… Ho creato degli specchietti più piccoli e che si possono collegare con molti altri e non uno solo».
George da una scatola tirò fuori degli specchietti come quelli usati quotidianamente dalle ragazze, ma dai colori diversi. «Rosso e oro per i Grifondoro, verde argento per Lucy, blu bronzo per Fabiana e giallo nero per Arthur… Ah, questo è per te Louis blu, te lo personalizzo dopo lo Smistamento se vuoi… Naturalmente da lunedì saranno in vendita anche le foderine personalizzate…».
I ragazzi iniziarono ad osservare lo specchietto.
«Naturalmente la magia deve essere migliorata… per ora funziona per un numero ristretto di persone e ad una certa distanza… Per quanto riguarda le persone è più facile… per la distanza: per esempio da Hogwarts a Londra non funziona, ma Hogwarts, Hogsmeade ed i territori circostanti funziona benissimo… oppure per tutta Londra e dintorni… Avanti, provate… Ah, nome e cognome».
«Io, io» strillò Lily, che aprì il suo specchietto e disse «Hugo Weasley».
Il cugino strillò a suo volta «Cavoli si è illuminato! E c’è la tua faccia Lily!».
«E meno male che tu hai l’intelligenza di tua madre!» lo schernì Lucy, altrettanto felice.
«Zio ti prego dammene uno anche per Ali e Marce… Ti prego, ti prego…» supplicò Lily.
«Già, preparati! Tra malandrini ci si aiuta, d’altronde… e ce n’è anche per voi fratellini» replicò George, strizzando l’occhio a Lily sotto lo sguardo severo di Ginny e nonna Molly.
«Sai che potrebbero servirmi per la squadra?» chiese Harry ammirato.
«Sicuro, aspetto che il Ministero mi renda ricco per l’eternità!».
I ragazzi circondarono lo zio riempiendolo di domande. «Al, per Merlino, fai domande troppo difficili! Che ne so io di incantesimi sperimentali!» sbottò George ad un certo punto.
«Sai, che gli incantesimi sperimentali si dichiarano?» chiese Percy, squadrandolo attentamente.
«Sai che sei un rompi pluffe ed Harry, per Merlino, fa qualcosa prima che tu figlio diventi peggio di Percy!».
Harry rise e lasciò che Hermione soddisfacesse la curiosità del figlio. «È solo curioso, George».
A poco a poco i ragazzi tornarono a divertirsi per conto loro e gli adulti sedettero sotto il gazebo, mentre aspettavano l’ora di cena.
Dominique trascinò Matthew in un angolo di spiaggia lontano e circondato da scogli ed iniziarono a baciarsi.
«Mi sei mancata, Caposcuola Weasley!».
«Anche tu Caposcuola Fergusson».
Matthew sedette su uno scoglio vicino alla riva e scrutò il mare, mentre sul suo volto si formava un’espressione nostalgica e mesta.
«Che hai?» gli chiese Dominique, sedendosi accanto a lui.
«È l’ultimo anno. Non hai paura?».
«A me la Scuola annoia… Però, sì ho un po’ di paura… Una specie di vertigine… Sai, l’idea di essere nel mondo reale… insomma è la sua enormità che mi spaventa… non è Hogwarts».
«Mi mancherà la Scuola e non ho molta voglia di affrontare il mondo reale… mi pare una gran schifezza… senza contare quello che sta succedendo…».
Dominique lo baciò a fior di labbra ed avvolse la sua stretta vita con le braccia ben abbronzate.
«Mi dispiace che i tuoi non vogliano accettare il nostro mondo…».
«Non è che non vogliono» sospirò Matthew, «Li scoccia il fatto che non sanno dove trascorro nove mesi l’anno… Sono molto apprensivi e pensano il peggio… per cui quando sono a casa mi fanno il terzo grado, mi tengono d’occhio di continuo e se fosse per loro non dovrei nemmeno uscire…».
«Ma che pensano che Hogwarts sia un posto dove si spaccia e si fuma dalla mattina alla sera? Una specie di Nocturn Alley?» ridacchiò Dominique.
«Tu scherzi, ma loro lo pensano davvero…».
«Allora non conoscono la McGranitt… E nemmeno loro figlio…Ma andiamo, Matthew! Sei un Caposcuola! Il miglior allievo del nostro anno! Tutti i professori ti adorano e fra parentesi credo anche i miei genitori… Quando li ho comunicato di aver lasciato Edmund e di essermi fidanzata con un altro… temevano che fosse qualche mezzo delinquente… Alle volte penso che non abbiano un minimo di fiducia in me… poi ti hanno visto al matrimonio…».
Sta volta fu Matthew a ridacchiare. Si coccolarono per un po’, mentre il sole iniziava a scendere sull’orizzonte.
«Vorrei tanto che i miei potessero venire ad Hogwarts…» sussurrò il ragazzo.

*

«Molly».
La ragazza si voltò verso il suo fidanzato. Aveva uno sguardo duro e fiero.
«Mi dispiace, Arion. I miei sono degli scemi».
«La famiglia non ce la possiamo scegliere. Non hai mai visto mio nonno…».
«Mio padre non doveva cacciarti».
«Non fa niente… Ceneremo insieme un’altra volta… Intanto siamo rimasti insieme tutta la giornata».
«Ci mancava pure! La spiaggia non è sua! Comunque ho deciso, Arion».
«Cosa?».
«Non rimarrò qui questa sera. Non voglio più stare sotto il loro stesso tetto. Portami con te. A tuo padre darebbe fastidio?».
«Villa Greengrass è enorme. Mio padre non avrà problemi. Non ha gli stessi pregiudizi di mio nonno, per fortuna. Sarai la benvenuta. E poi se vorrai cercheremo un appartamento a Londra. Sono l’erede dei Greengrass ed in quanto maggiorenne posso già usufruirne».
«Ti amo, Arion» disse ella baciandolo.
«Anche io ti amo, Molly».

*

Ad un certo punto Rose ed Hugo si avvicinarono agli adulti sotto il gazebo, la prima con un cipiglio combattivo in volto.
«C’è qualche problema, Rosie?» chiese Hermione.
«Sì» rispose e si sedette a braccia conserte sulla sedia lasciata libera poco prima dalla nonna, che era andata a controllare la cena con zia Angelina e zia Fleur.
Tutti smisero di parlare e la osservarono in silenzio. «È vero che pensano di nominarti Ministro della Magia?» chiese la ragazzina a bruciapelo.
«Sì, ma non sono l’unica candidata» rispose Hermione, con evidente orgoglio e soddisfazione.
«Perché non hai chiesto il nostro parere?».
Il sorriso sul volto della madre vacillò. «Credevo che ne sareste stati felici e poi non siete mai interessati al mio lavoro…».
«Non trovare scuse… la verità è che ti interessa di più la tua carriera!».
«Ma che dici, Rose! Voi e papà siete la cosa più importante per me!».
«Tutte parole!» gridò Rose. Si alzò e corse via.
«Hugo…» provò Hermione, rivolgendosi al figlio minore.
«Ha ragione, Rose! Non te ne frega niente di noi! Fa pure il Ministro! Chi se ne frega!» disse questi e scappò via.
«Come fanno a pensare una cosa del genere?» chiese Hermione agli altri in cerca di aiuto.
«Dopotutto non hanno torto… ed è anche un periodo difficile» disse mesto Ron, che non trovava nulla di strano nel fatto che la sua geniale moglie raggiungesse un tale obiettivo: avrebbe potuto scommetterci da quando avevano undici anni!
Hermione lo scrutò ad occhi sbarrati e poi borbottò qualcosa sul dover aiutare la suocera e le cognate.
«Quali sono gli altri candidati?» chiese nonno Arthur.
«Percy, Mary McDonald e Gawain Robards» rispose Ron.
«Tu che ne pensi, Harry?» chiese Bill.
«Viste le circostanze chi sarebbe più adatto?» chiese nonno Arthur.
«Hermione».
«Harry, per Merlino! Ma non hai sentito Rose ed Hugo?» chiese Fleur.
«Sì, ma viste le circostanze ho bisogno di qualcuno che collabori con noi e non che intralci le indagini. Gawain Robards è intollerante, non sarebbe mai un buon Ministro. Mi ricorda tanto Barty Crounch. Percy, alle volte si impunta e non ascolta nessuno. Ne abbiamo parlato e abbiamo discusso per cui… Ho paura di un nuovo Cornelius Caramell… bisogna agire subito ed in modo deciso! Mary McDonald potrebbe essere un’ottima Ministra, ma non ci lascerebbe carta bianca come Hermione. È questo il problema!».
«Harry, se qualcuno ti sentisse adesso! Sembra che tu voglia manipolare il Ministero! Le tue intenzioni sono buone, ma non ti conviene farti attaccare» lo avvertì Bill, come sempre diplomatico.
«Che cosa dovrei fare io?» chiese Ron funereo, «Devo spingere mia moglie a fare qualcosa che farà soffrire i nostri figli e noi?».
Harry non rispose, nella sua mente risentì le parole di Albus Silente: Adesso la vedi, Harry? Vedi la pecca nel mio piano geniale? Ero caduto nella trappola che avevo previsto, che mi ero sforzato di evitare, che dovevo evitareMi ero troppo affezionato a te.
Si passò una mano sul volto. Rose ed Hugo avrebbero sofferto, si sarebbero sentiti traditi.
Che cosa importava che in un lontano futuro fossero massacrati sconosciuti senza nome né volto, se nel presente tu eri vivo e felice?
No, non era così facile, Alla fine anche Silente aveva ceduto ed aveva delineato un piano, che aveva fatto soffrire molti. Ma quanti altri in caso contrario sarebbero morti? Sospirò non c’era altra scelta.
«Sì, Ron. Hermione deve diventare Ministro della Magia».
Per il Bene Superiore.
 
Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata con un nuovo capitolo! Spero ne siate felici.
Questo è un capitolo un po’ di passaggio: appare qualche nuovo personaggio che sarà importante in futuro (Jack, non so se avete capito di chi è figlio); ho voluto far diventare James Prefetto per delle buone ragioni (almeno dal mio punto di vista), che probabilmente farò spiegare alla McGranitt più avanti (voi che ne pensate?); infine le scene dedicate a Domi e Molly: le loro storie sono secondarie rispetto alla trama principale della fanfiction, ma mi piace dare un po’ di spazio anche a loro ogni tanto. Sinceramente ho difficoltà a pensare che Percy sia cambiato particolarmente dalla guerra: ha sempre bisogno di tempo per accettare i pareri diversi dai suoi ed immagino che anche Audrey sia una donna orgogliosa e testarda. Inoltre penso che sia inevitabile che i genitori Babbani si chiedono che cosa facciano i figli ad Hogwarts (certo i genitori di Matthew sono parecchio paranoici) e secondo me sarebbe fantastico se potessero visitare almeno una volta il castello.
Se vi va, ditemi che cosa ne pensate del capitolo o di come la storia si sta sviluppando.
Vi auguro un buon week end.
   
 
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