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Autore: Akemichan    08/05/2016    2 recensioni
Dieci avventure di Ace e Marco a bordo della Moby Dick, ispirate ad altrettante favole. Marco/Ace
#1: L'arte imita la vita. Quando Satch racconta una favola che tanto favola non è.
#2: Dietro la maschera. Quando la tua famiglia vi vuole separare.
[Partecipante al contest "Di mille ce n'è... di slash da narrar" di Sango79]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Dietro la Maschera
 

Marco si guardò intorno. Guardò al pavimento liscio in marmo bianco e nero, alle tende rosse broccate d’oro, ai muri finemente dipinti e intarsiati. Guardò agli uomini con i loro completi impeccabili e alle donne con le loro ampie gonne lunghe e le loro pettinature complesse. Guardò al suo vestito, ai suoi pantaloni corti al polpaccio e alle scarpe col tacchetto e il decolté. Guardò alla lunga giacca con i bordi d’argento e alla stretta camicia chiusa da fin troppi bottoni. Guardò al foulard che gli stringeva al collo e alla spilla blu che gli impediva di toglierlo. Guardò al suo bicchiere di cristallo pieno di vino.
Poi si appoggiò alla colonna e sospirò, chiedendosi come avesse fatto a finire lì.
In realtà, il come lo sapeva benissimo, ma ciò non gli impediva di sentirsi in ogni caso fuori luogo. Eppure non aveva potuto evitarlo, perché la regina di Ostereich era stata così gentile da ospitarlo nel suo palazzo durante il suo esilio e il minimo che Marco poteva fare per lei era presentarsi alle feste che organizzava. E vestirsi come lei gli suggeriva, giusto per confondersi tra la folla.
Esilio, così l’aveva chiamato. Per quanto continuasse a ripetere che il Babbo l’aveva fatto per il suo bene, dentro di lui c’era davvero un sentimento di abbandono come non ne provava da anni.
E la colpa era tutta sua.
Prese un sorso di vino, mentre la mente gli andava inevitabilmente all’ultimo incontro con il Babbo.
«Figliolo» gli aveva detto. «La situazione non può continuare così.»
E Marco doveva dargli ragione, se per situazione si intendeva lui che si chiudeva in bagno a masturbarsi sussurrando fra le labbra il nome di Ace. O lui che rischiava di avere un’erezione ogni volta che Ace gli si appiccicava in qualche modo, ignaro di quello che rischiava di scatenare. In ogni caso, non si poteva continuare così.
«E non è solo un problema riguardo all’età» aveva continuato il Babbo, anche se era chiaro che il retso dipendeva da quello. «Ace ha impiegato del tempo ad accettare di essere parte della nostra famiglia e non intendo rischiare che possa in qualche modo non sentirsi a suo agio. E dovrebbe essere compito di tutti, qui, fare in modo che i nuovi fratelli si sentano a casa. Soprattutto il tuo.»
Marco si era sentito un po’ morire dentro. Lui e gli altri Comandanti erano stati i primi membri della ciurma, perciò erano anni che accoglievano nuovi compagni e si occupavano di loro. Marco aveva sempre fatto tutto quello che era in suo potere per proteggerli e non riusciva a credere di aver rischiato di incasinare così tanto le cose con la persona che forse aveva più bisogno di lui.
«Credo che dovresti lasciare la Moby Dick per un po’.»
Lo stomaco gli si contraeva ancora a quelle parole e Marco lasciò il bicchiere di vino sul primo tavolo disponibile.
«Non si tratta di una punizione» si era affrettato ad aggiungere il Babbo, e Marco gli credeva. «Ti conosco fin troppo bene per sapere che dev’essere una cosa seria. Per questo credo sia meglio per te prenderti un attimo di pausa.»
Marco gli aveva dato di nuovo ragione, anche se avrebbe sperato in altro. E l’uomo che aveva di fronte era suo padre, non solo il suo capitano. Gli avrebbe obbedito anche perché sapeva che parlava per il suo stesso bene.
Così era partito, con la scusa che l’isola di Ostereich fosse vittima di attacchi da parte di altri pirati e necessitasse della sua protezione per qualche tempo. In realtà era il posto più tranquillo del mondo. E più noioso del mondo, ma Marco era intrappolato in quel posto e in quei vestiti eleganti finché la sua cotta per Ace non gli fosse del tutto passata.
Cosa che non era ancora successa, dato che continuava a pensarci tutte le notti e a volte gli pareva di vederlo passare accanto o ne riconosceva i tratti nelle persone che vedeva attorno a sé, come quel ragazzo che si era appena alzato dal tavolo e si era pulito la bocca con il dorso della mano, lasciando macchie sul guanto bianco…
«No…»
Ma stavolta non era un’illusione. Nonostante la maschera bianca che gli copriva parte del volto, le lentiggini sul viso erano sufficienti a riconoscerlo, per quante volte Marco le aveva fissate da distante e contate. Quel vestito bianco elegante non gli si addiceva per nulla, nascondeva la sua muscolatura. Ma gli occhi, quelli erano gli stessi anche dietro la maschera.
Cosa ci facesse a quella festa, Marco non poteva dirlo. Anche se era abitudine di Ace andarsene in giro per conto suo, Marco era certo che il Babbo e i suoi fratelli si sarebbero premurati di tenerlo distante da Ostereich. Dovevano stare separati finché a Marco non fosse passata, era quello lo scopo di tutto.
E Marco avrebbe dovuto rispettare la decisione di suo padre e fingere di non averlo nemmeno visto o riconosciuto. Andarsene da lì.
Invece, forte della maschera che gli copriva il volto, si avvicinò a lui e tossì appena, per attirare la sua attenzione. Una volta che Ace si fu voltato appena verso di lui, Marco gli prese la mano con la sua e, chinandosi appena, se la portò alle labbra per baciarla. Dato che era protetta dal guanto, non gli sfiorò la pelle, ma riuscì comunque ad avvertirne il calore.
Ace arrossì, le guance spruzzate di lentiggini divennero color porpora, per cui Marco non poté trattenere un sorriso divertito, perché era molto raro vederlo imbarazzato. Ma c’era anche altro nel suo sguardo e nel modo in cui piegò le labbra verso il basso.
In un attimo, aveva scostato la mano, si era voltato e si era incamminato verso la scalinata che portava nel giardino esterno. Marco gli fissò la schiena, maledicendosi e contemporaneamente obbligandosi a dar ragione al Babbo per quello che era successo, ma infine lo seguì.
Ace si doveva essere accorto della sua presenza, ma continuò a camminare fino a raggiungere una zona isolata. Il buio della notte senza luna rendeva quasi impossibile vederne i lineamenti, ma il suo volto era comunque riconoscibile, soprattutto quando si tolse la maschera.
«Perché?» domandò solo, una volta che Marco fu di fronte a lui.
«Che cosa?»
«Perché di tutta quella sceneggiata là dentro.» Ace accennò con il capo alla villa che si erano lasciati alle spalle.
«Era una festa noiosa e avevo solo voglia di conoscere qualcuno di nuovo…»
«Piantala con le cazzate, Marco.»
«Allora mi avevi riconosciuto.»
«Se vuoi renderti irriconoscibile, la prossima volta nascondi quel cesto di ananas che hai per capelli.»
C’era una nota divertita in quel commento e quella cosa, paradossalmente, sollevò Marco. Se riuscivano ancora a scherzare sulla sua pettinatura forse non aveva rovinato tutto.
«Hai ragione» confermò, con un sorriso. «Ti chiedo scusa, non volevo metterti davvero in imbarazzo» continuò. «Era solo uno scherzo.»
«Quindi non ci stavi davvero provando?»
Il tono era così deluso che per un attimo Marco non riuscì a registrare per bene che cosa gli stava chiedendo.
«No, certo che no…»
Ace sbuffò. «Guarda che lo so perché sei qui. Satch ti ha beccato a masturbarti in bagno mentre chiamavi il mio nome.»
Questa volta Marco rimase davvero senza parole. «Te l’hanno detto…?» Certo, era improbabile che Ace non chiedesse il motivo della sua assenza, ma Marco era convinto che avrebbero trovato una scusa, non che gli spiattellassero in faccia l’amara verità, come se essersi innamorato di uno con vent’anni di meno non fosse abbastanza grave. Anche se sì, forse capiva perché l’avevano fatto, almeno Ace gli sarebbe stato alla larga da quel momento in poi.
Ma Ace era lì, di fronte a lui.
«Ovvio che no.» Ace sbuffò di nuovo. «Hanno cercato tutti i modi di far finta di niente, ma cavoli, son stati peggio di Rufy in certi momenti.»
«Ma quindi…»
«Quindi per fortuna ho degli amici che mi possono dare una mano. Come i miei compagni dei pirati di Picche o Oars e Squardo. Satch ha spiattellato tutto a Squardo e lui me l’ha detto subito. E poi abbiamo cercato di capire dove ti fossi cacciato.» Ace fece un passo avanti e lo guardò dritto negli occhi. «Te lo chiedo di nuovo: non ci stavi provando con me, vero?»
Marco deglutì e fece un passo indietro. Era troppo vicino. Poi annuì e ammise: «dopo quello che hai scoperto, credo che la risposta sia ovvia.»
Ace scosse la testa. «Io ti chiedo perché lo stavi facendo adesso. Hai fatto finta di niente per settimane che… Okay, non sono esattamente la persona più esperta di questo mondo in queste cose, ma Dio, non sono nemmeno così sottile da pensare che uno con un minimo di buon senso non se ne fosse accorto e…»
Piano piano, Marco riuscì a capire quello che Ace intendeva. Aveva sempre pensato di essersi sbagliato, di ingigantire le cose perché una parte di lui ci sperava. No, Ace non gli aveva sfiorato la gamba apposta, si stava solo allungando in avanti per prendere del cibo. No, Ace non abbracciava solo lui, era un tipo da abbracci e basta. No, no, no…
Deglutì ancora. «L’ho fatto adesso perché credevo non mi avresti riconosciuto.»
«Che cosa vuoi dire?»
«Il Babbo ha ragione, Ace. Non può funzionare» affermò Marco. «Siamo parte della stessa famiglia, tu ne fai parte da poco e io ho il dovere di proteggerti e aiutarti, non di complicarti la vita. Oltre al fatto che hai vent’anni meno di me» puntualizzò, dato che non era una cosa trascurabile. «Ma dato che indossavamo entrambi la maschera… Mi sono illuso che potessimo scordarci chi eravamo, almeno per una notte.»
Ace non aveva staccato gli occhi da lui nemmeno per un istante, ma le sopracciglia erano scese sempre di più a dargli un’espressione imbronciata. «Sei solo un codardo» affermò.
«Cosa?»
«Non me ne faccio niente della tua protezione!» sbottò Ace. «Ho passato anni a occuparmi del mio fratellino, e prima ancora c’ero solo io, ma credi che non sappia occuparmi di me stesso?» gli domandò, ma non gli lasciò nemmeno il tempo di rispondere. «Tu ti stai nascondendo dietro un dito, dietro quello che il Babbo e gli altri credono che sia giusto, dietro la mia età, ma io non sono un bambino. Ero un cazzo di capitano con un’intera ciurma che dipendeva da me!»
«Questo lo so, ma…»
«Quindi sei tu che la devi piantare di trattarmi come un bambino e di decidere per me. Solo io posso decidere per me stesso. Non dovrebbe essere questo il punto di essere un pirata? Essere libero di decidere il cavolo che mi pare?»
Prese un respiro profondo, perché la disamina gli aveva tolto il fiato, poi allungò le mani in avanti e, dopo aver afferrato Marco per la nuca, lo trascinò vicino a se e lo baciò. Prima gli aveva impedito di parlare, ora gli stava impedendo di respirare, ma a Marco non importava. Sentire quelle labbra contro le sue era come essersi tolto un peso dallo stomaco.
Non gli ci volle molto perché le sue mani passarono a stringergli la schiena, mentre ricambiava il bacio. E non ebbe nessun rimorso mentre quei vestiti eleganti che non facevano per loro venissero pian piano tolti. Il desiderio di poterlo toccare, ammirare, baciare, sentirlo ansimare sotto di lui era diventato così forte che realizzarlo gli diede più piacere di quanto ne avesse mai provato.
E quando vide il sorriso che Ace gli stava rivolgendo, ancora nudo sdraiato sopra di lui, Marco pensò che se era stato un errore, di sicuro era il migliore che avesse mai commesso.
«Mi dispiace.»
Ace ridacchiò. «Per cosa?»
«Per aver incasinato le cose» spiegò allora Marco. «Hai ragione tu, non avrei dovuto decidere per te. Avrei dovuto essere onesto, così anche gli altri non si sarebbero preoccupati. E nemmeno il Babbo, forse, sapendo che le cose andavano diversamente.»
«Possiamo dirglielo adesso.»
C’era forse una nota di esitazione nella voce di Ace, ma Marco annuì. Entrambi avevano disubbidito agli ordini del Babbo e benché Marco immaginasse che non se la sarebbe presa se avesse saputo che la situazione era sotto controllo e che erano felici, voleva farglielo sapere il prima possibile.
Gli dispiaceva solo andarsene senza salutare la regina, ma fu un sollievo poter indossare di nuovo i propri abiti e tornare a volare nel cielo senza più formalità e costrizioni. E quando vide la Moby Dick in lontananza, si rese conto di quanto davvero la sua famiglia gli fosse mancata.
Anche se gli avevano messo i bastoni fra le ruote per la sua cotta, l’avevano fatto pensando a quello che fosse giusto per loro, e in ogni caso erano persone a cui Marco non poteva rinunciare.
Il ponte era deserto, dato che era ancora notte inoltrata, ma il Babbo era ancora seduto sulla sua grande sedia a bere sakè, approfittando dell’assenza delle infermiere. Marco atterrò di fronte a lui: con un balzo Ace scese dalla sua schiena e, non appena ebbe ritrasformato le ali in braccia, gli strinse la mano e fissò il Babbo.
Marco lo notò subito: non era uno sguardo non sfida, non come lo guardava le prime volte quando ancora stava cercando di ucciderlo. Era lo sguardo di un figlio che sapeva di aver disubbidito al genitore ma che allo stesso tempo, non essendo pentito, cercava la sua approvazione. In quello sguardo Marco si ritrovava appieno, perché se il Babbo gli avesse negato il permesso, entrambi sapevano che sarebbe finita.
Nessuno di loro poteva rinunciare a quella famiglia, nemmeno per l’altro.
Ma Barbabianca, dopo averli fissati a lungo, si limitò a bere un altro sorso del suo sakè.
«Bentornati a casa.»

***

Akemichan parla senza coerenza:
Non sono sicura che si capisca a quale storia è ispirata questa shot, purtroppo... XD In ogni caso, io in genere credo che sia il Babbo sia gli altri non avrebbero problemi per quanto riguarda la storia tra Ace e Marco, ma tempo fa mi è capitato di discutere con una persona che vede questa coppia come "creepy" e "unhealty" e devo dire che ho ancora difficoltà a capire per la precisione le sue parole, ma mi ha fatto venire in mente l'idea per questa storia, tentando un Barbabianca che invece è poco convinto di tutta questa storia.
Vi chiedo scusa per eventuali errori, non ho avuto il tempo di leggerla come si deve ._.
   
 
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