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Autore: Lala96    10/05/2016    2 recensioni
Lalage, giovanissima promessa della musica classica, a seguito di una serie di eventi dolorosi e di fallimenti professionali si trasferisce dalla capitale francese a Aix en Provence, dove si ritrova a vivere con la bislacca zia materna. Tormentata da dolorosi ricordi ma tenace, troverà ad attenderla persone, ragazzi giovani come lei, che l’aiuteranno a ritrovare l’amore mai scomparso per la musica. E le daranno il coraggio di affacciarsi investigando negli abissi della Storia, alla ricerca dell’amore perduto di sua nonna…
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il microfono dette un lungo fischio, decisamente fastidioso, che calamitò l’attenzione degli alunni. Finalmente, visto che erano almeno venti minuti buoni che il nuovo professore, impacciato e con scarso ascendente sugli studenti delle due classi, stava cercando di dire qualcosa. “Bene ragazzi, allora, le ultime raccomandazioni…vi verrà data una mappa dei sentieri  con indicato  il percorso che dovrete seguire per raggiungere la prova finale…mi raccomando vedete di non perderla…” ma gli studenti, dopo le prime cinque parole, erano tornati a pensare ai fatti loro. Qualcuna, anzi, a non pensare ai fatti suoi. “Caaaaaaaass, sei sveglio?” mormorò imbronciata Rosalya, accovacciata vicino al sedile del suo compagno di classe. Castiel aprì un occhio solo. “Direi che sarebbe impossibile dormire, con te appollaiata qui vicino. Si può sapere cosa caspita vuoi?”. Rosalya si imbronciò. “Ma insomma, pensi di startene lì a guardare?”. “Rosa, non vieni a sederti con noi?” le urlò Lalage dal fondo del pullman. Rosa fece cenno che sarebbe arrivata, poi tornò a Castiel. “Non so se ti rendi conto che sei stato messo da parte, Mister Buon’umore, SCARTATO. E per quanto io sia affezionata a Lysandruccio, non posso ancora credere che Lala abbia deciso di  chiedere a LUI di correre insieme”. Castiel si girò finalmente a guardarla. “Ero rimasto ieri che doveva correre con te”. Rosalya lo guardò allibita. “Con me?? Ma io sono una donna!” “Devi correre, non cercare di…”. Poi Castiel capì. “E tu mi stai dicendo che vorrebbe cercare di…?” “Eh!” “Però, non la facevo così intraprendente la fata Turchina!”. Rosalya lo degnò di un lungo sguardo da capo a piedi. “E scusa come dovremmo chiamarti allora, Principe Pomodoro?”. Non gli lasciò il tempo di replicare e continuò “Comunque, se quei due correranno insieme c’è anche il rischio che…” “Guarda che Lys non è così cretino, se pensava di fare certe cose si portava dietro un preservativo”. Rosalya lo guardò disgustata, un’espressione che confuse Principe Pomodoro. “Scusa, non sei stata tu a dire che avrebbe cercato di…” “Baciarla, razza di maiale pervertito. Tu lavori troppo di immaginazione”. Castiel sospirò. Voleva dormire. Perché ogni volta che cercava un po’ di tranquillità il Duetto delle Catastrofi-così aveva ribattezzato la coppia Rosalya e Lalage-doveva venirgli a rompere l’anima?. “E allora? Falle fare come vuole!” “Eh no carino!!” saltò su lei inviperita “io ho scommesso parecchio che tu saresti stato il fortunato, quindi ora alza il tuo fondoschiena e vedi di combinare qualcosa!!”. Castiel si voltò dall’altra parte sorridendo sarcasticamente e preparandosi all’ultima mezz’oretta di sonno. “E quanto ci avresti scommesso scusa?” “Cinquanta sacchi”. Castiel si girò di scatto spalancando gli occhi. “QUANTO??” Rosalya piagnucolò “Ero sicura di vincere!!” “Ma sei cretina??Cinquan…”. Lalage spazientita dall’attesa lasciò il sedile e si diresse verso di loro. “Allora Rosa, vieni o no?” “Sì scusa Lala, arrivo subito”. Intanto Castiel guardava stralunato Lalage, che se ne accorse e lo squadrò un secondo. “Cosa vuoi, una mia foto?”. Per tutta risposta lui si mise le mani nei capelli. “ E per te si farebbero questi sacrifici?”. Lei arrossì di stizza e ringhiò  “Perché tu invece ti sei visto??” e afferrando Rosalya che mugugnava per un braccio Lalage la condusse in fondo al pullman, mentre Castiel continuava a scuotere la testa e mormorare con uno sguardo allucinato. “Non ci posso credere…non ci posso credere”

I ragazzi spintonandosi e chiamandosi gli uni gli altri  scesero giù dal pullman ridendo, mentre il povero professore invano li pregava di scendere ordinatamente.  Lysandro si avvicinò a Lalage e sorrise, con quel  suo sorriso affabile e gentile. “Quindi alla fine corriamo insieme”. Lei lo guardò. Anche con la tuta era un bel ragazzo, dolce, i cui occhi eterocromatici la incantavano e ipnotizzavano. Arrossì e chinò i suoi. “Ti dispiace?” “Affatto! Sarà una magnifica occasione per conoscersi meglio!” rispose dolcemente lui posandole una mano sulla spalla. In quel momento una voce fin troppo conosciuta parlò a pochi centimetri dall’orecchio di Lalage, che sobbalzò. “Aspetta di sopportartela tutto il giorno!”. Castiel le dedicò uno sguardo divertito, mentre lei si allontanava istintivamente. “Scusa Lysandro, vado un attimo a parlare con Rosalya”. Vagabondò vicino al pullman, ma di Rosa non c’era nessuna traccia. Intanto, poco lontano, erano stati aperti degli stand per cambiarsi d’abito, uno per gli uomini e una per le donne. “Forse è andata a vedere se Violet e Kim si stanno cambiando” rimuginò  tra sé e sé entrando. La tenda era deserta, e al tavolo dove si potevano posare zainetti e cambi d’abito non c‘era nessuno. “Ma dove si sarà cacciata??”. In realtà non è che stesse proprio cercando  Rosa…stava cercando di prendere  tempo. Si fermò. Per COSA stava prendendo tempo? Perché doveva nascondersi? Non aveva mica fatto niente di sbagliato. Non aveva nessun impegno nei confronti di Castiel, voleva correre con Lysandro per conoscerlo meglio perché le sembrava una persona interessante, solo que…ma perché stava cercando delle giustificazioni? Anche se avesse voluto correre con Lysandro perché le piaceva, non ci sarebbe stato niente di male . Perché faccio così? Improvvisamente, qualcosa la afferrò per le braccia e si ritrovò a guardare il soffitto della tenda. Fino a che una figura, indistinta nella semi oscurità, non la sovrastò.

La sua prima reazione, ovviamente, fu cercare disperatamente di divincolarsi, ma la presa sui suoi polsi sottili era dannatamente forte. Sentiva che la stretta si faceva più decisa e dolorosa da sopportare, e lacrime di fastidio e sorpresa le corsero lungo le guance. In quel momento il suo avversario si appoggiò con le ginocchia al tavolo, cercando di salire a cavalcioni di lei. La pressione sulle mani si allentò un istante e Lalage approfittò di quell’errore del suo aggressore per flettere tutti i muscoli a disposizione e sferrare una ginocchiata alla bocca dello stomaco del suo avversario. Che si piegò in due con un mezzo urlo sorpreso e sibilando. “Ma porca puttana…” con una voce che Lalage riconobbe in mezzo secondo e la lasciò interdetta e confusa. Castiel intanto si era piegato tenendosi l’addome e continuando a tirar giù tutto il calendario dei santi. “Si può sapere cosa pensavi di fare, cretino??” “Ma che cazzo sei, Karate Kid?? Che male….”e iniziò a tirarsi di nuovo in piedi le si avvicinò. Lei si sforzò di rimanere calma e lì dov’era. Adesso voleva sapere cosa caspita stesse succedendo. “Si chiama legittima difesa, sporco maniaco sessuale, LEGITTIMA DIFESA”. Intanto lui si era rialzato e la prese per un avanbraccio. “Ora sei mia”. Per quanto lei cercasse di nuovo di divincolarsi, la presa di Castiel era più forte e decisa di prima. “Ma si può sapere cosa ti prende??” “Ammettilo”. E la presa intorno al suo braccio si serrò più forte. “Ammettilo che lo vuoi fare anche tu”. Tenda buia, semideserta…o mamma, ma che si è messo in testa questo sociopatico “Fa-fa-fare cosa??”. La spinse contro il tavolo, premendole addosso con tutto il suo corpo. Il cuore di lei era ormai allo stremo, batteva terrorizzato nonostante lei cercasse di  mantenere un’espressione risoluta, anche se poco convincente. Sentiva il respiro caldo di Castiel sul suo collo. “Alla fine, lo volete tutte. Non sei così diversa dalle altre” sussurrò sicuro di sé, sollevandole il mento con due dita per guardarla negli occhi. Che, con sua grande sorpresa, non trovò né impauriti, né supplichevoli, né qualsiasi altra espressione che si sarebbe aspettato. E il ceffone che gli dipinse il segno delle cinque dita di lei sulla guancia destra gli rettificò l’espressione di gelida collera che aveva letto nel suo iride color cielo.

Rimase lì, toccando la guancia che gli bruciava. Lei era davanti a lui, ma lo aveva spinto con violenza lontano da sé, e lo guardava con un freddo furore che faceva dardeggiare quegli occhi, pieni di una luce di collera. “Come tutte le altre? Cosa credi, che perché ci sei stato una volta ora mi conosci completamente? Che sia una tua proprietà??”. Si allontanò decisa verso l’uscita della tenda, coi pugni chiusi e serrati per la rabbia.  Quando lui cercò di fermarla, si ritrasse con un’espressione di evidente fastidio dipinta sul volto. “Smettila, mi fai ribrezzo. Sei un bambino viziato che pensa di trattare tutti come giocattoli. Ma chi ti credi di essere??” “Aspetta…”provò a dire, ma lei aveva già sollevato un lembo della chiusura del padiglione. “Forse sei stato indotto a pensare chissà cosa perché mi hai ascoltato una volta, ma ti sbagli. Quello che è successo quella sera non mi rende un tuo giocattolo. E comunque” e calcò bene le parole con la voce “IO NON SONO UNA DELLE TUE SOLITE PUTTANE”. Detto questo, uscì senza voltarsi, lasciandolo solo, al buio, a stringere i pugni e i denti, combattuto tra la rabbia e il rimorso.
Lalage si allontanò in direzione del pullman, mentre il cuore cominciava lentamente a battere meno velocemente. Si tranquillizzò vedendo una certa folla poco lontano da lei. Fu allora che sentì qualcosa scorrergli lungo la guancia, verso le labbra. Si fermò un secondo e assaggiò: era una lacrima. Il magone che portava nella gola si sciolse improvvisamente e lei cominciò a piangere, portandosi le mani sul viso. “Ma perché…”singhiozzò con voce fioca, scuotendo appena la testa. Un’altra voce famigliare, morbida e dolce, le accarezzò le orecchie. Lalage scostò appena le mani e vide gli occhi color miele di Nathaniel che la osservavano preoccupati e attenti. Ripeté di nuovo le parole che prima lei non aveva sentito. “Lalage, ma che hai?”. Istintivamente, lei si gettò tra le sue braccia e nascose il viso sul suo petto. Nath arrossì e guardò quelle esili spalle scosse da singhiozzi. Sollevando la mano, cominciò ad accarezzarle dolcemente la testa, mentre aspettava che si sfogasse del tutto. Dopo un po’ i singhiozzi cessarono del tutto. “Va meglio?” “Zì” bofonchiò lei. Si allontanò imbarazzata, ma lui la tenne teneramente vicino a lui e le asciugò una lacrima solitaria con il pollice. Sorrise, il suo viso vicino a quello di lei. “Si può sapere cos’è successo?”. Lei abbassò gli occhi. “Ora, non me la…non me la sento di parlarne…scusa” “No, non fa niente. Vieni, la corsa sta per iniziare, sarà meglio che andiamo a raggiungere i nostri compagni”. La prese per mano e la portò al punto di raduno. La sua mano era tiepida e la stringeva dolcemente. Lalage si sentì rapire da una sensazione di leggerezza, si sentì al sicuro. Quando arrivarono dagli altri, alzò gli occhi verso di lui arrossendo un poco. “Sarebbe meglio se…” e accennò alle loro mani intrecciate. “Ah sì, scusa” mormorò lui arrossendo ancora, ma  lasciandola esitò un istante, fiorandole il palmo con i polpastrelli. Scostando lo sguardo imbarazzata, Lala ne trovò un altro. Un paio di occhi glaciali la stavano letteralmente bruciando viva, e nella sua mente risuonarono i cori di mille Dies Irae quando si accorse che Melody stava evidentemente cercando di sviluppare qualche sorta di potere paranormale per vaporizzarla o farla a tocchetti con lo sguardo. In ogni caso, si augurò che non fosse armata. La vicesegretaria sembrò calmarsi solo quando Nathaniel la raggiunse, e allora tornò a rivolgersi all’oggetto dei suoi sogni con aria adorante. Ma una sensazione di freddo continuò a far rabbrividire Lalage, che per sicurezza si dileguò e raggiunse Rosalya e Lysandro, che aveva scorti tra la folla. “Ma dov’eri finita? Ti ho cercata ovunque!” la accolse Rosalya “ E io cercavo te!”. Lysandro le sorrise. “Alla fine non sono l’unico sbadato. Sono sollevato”. Rosalya e Lalage sorrisero. Lalage appoggiò il mento sulla spalla della sua migliore amica, annusando il suo profumo. “Tutto a posto?”. Rosalya si era appena accorta del rossore intorno agli occhi di lei. “Più o meno…ma tu senza di me con chi corri?”. Rosalya si guardò intorno “In teoria con Castiel, che però non…ah eccolo! Giusto in tempo, hanno detto che possiamo partire!!”. Quando si voltò Lalage si era volatilizzata. Sorpresa si voltò a destra e sinistra, finché non la vide allontanarsi portandosi dietro Lysandro, sorpreso, trascinandolo per la manica della tuta. Aveva un’espressione che nemmeno lei riuscì a decifrare. Castiel arrivò. “Santo cielo!! Come ti sei fatto quello?” “Un vipera” “Da quando le vipere tirano ceffoni?? E soprattutto da quando hanno le braccia?”. Poi le sinapsi di Rosalya cominciarono finalmente a svolgere il loro ingrato mestiere. Si portò una mano sugli occhi sospirando. “Ci risiamo, ne hai fatta un’altra delle tue. Ora raccontami tutto, forse se la conosco bene si può rimediare…”

 Ps dell'autrice: dal momento che non mi bastava perseguitarvi su Efp ho deciso di aprire un profilo su Deviantart dove inserirò le illustrazioni della storia fatte da me. Il nome è Lalage96 ma vi dico già che fino alla fine di luglio circa non troverete nulla perché sono oberata da esami universitari-la seconda sessione non perdona. Nel caso riuscissi a pubblicare qualcosa prima vi avvertirò senza dubbio. Aurevoir
   
 
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