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Autore: jo17    11/05/2016    2 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Era passata più di una settimana da quell’incontro e Victoria aveva eluso ogni  tentativo di contatto da parte di Ruth, era praticamente sparita e questa cosa la faceva andare fuori di testa. Dopo il loro ultimo incontro aveva creduto di aver visto un cambiamento in lei. Quel giorno al bar le era sembrato  di aver intravisto uno spiraglio nel muro di reticenza della donna, aveva creduto di aver raggiunto un nuovo livello nella relazione che aveva con lei.
Ruth sorrise quando si rese conto di aver utilizzato la parola “relazione”. Era innegabile l’attrazione fisica che c’era fra loro due, quando si ritrovavano vicine era evidente come ad entrambe costasse fatica mantenere un certo distacco e di come fosse inevitabile avvertire la tensione che veniva a crearsi fra loro. Ma Ruth era consapevole che si limitava soltanto a quello, al sesso.
Presa dalla frustrazione causato da quel silenzio decise di dare una spinta a quella situazine di stallo che si era creata e andò a casa dell’artista. Non aveva avvisato del suo arrivo ma aveva una buona scusa per quella visita improvvisa. Incrociò un uomo che usciva dal portone così si infilò prima che si chiudesse, fece di corsa le scale e si fermò un attimo a riprendere fiato prima di bussare direttamente alla porta. Rimase in attesa ma non ottenne risposta, bussò nuovamente e stavolta sentì un rumore di qualcosa che cadeva molto rumorosamente sul pavimento. Alla fine Victoria venne ad aprire la porta in un spiraglio attraverso il quale guardava la nuova arrivata. Aveva un’espressione cupa e non fu affatto contenta di vederla.

  • Che sei venuta a fare?

Ruth fu sorpresa del tono arrabbiato con il quale veniva accolta

  • So che avrei dovuto avvisare
  • Si avresti dovuto

Aprì un po’ di più la porta appoggiandosi allo stipite.

  • Allora?
  • Posso entrare?

Victoria la guardò incerta sul da farsi, non era un buon momento e non avrebbe potuto nasconderlo.
Ruth sospirò appoggiò la mano sulla porta spingendola ed entrando in casa, c’era qualcosa nell’atteggiamento dell’artista che l’aveva messa in allarme.
Entrando vide che a generare il rumore che aveva sentito prima erano stati dei barattoli che ora si trovavano sparsi sul pavimento insieme al tavolino riverso sul quale evidentemente stavano prima.

  • Victoria è tutto ok?

La donna la guardò accigliata e molto infastidita, chiuse la porta e si staccò dalla parete sulla quale stava appoggiata, rimase un attimo a occhi chiusi e fece un gesto come se cercasse di prendere l’equilibrio, quando infine iniziò a camminare.

  • Si solo un po’ di febbre.
  • Ti posso aiutare in qualc..
  • Allora si può sapere perché sei qui?

Ruth rispose aggrottando la fronte e allargando le braccia

  • Sono stata alla sala e mi sono accorta che mancano alcuni dipinti e sono venuta a vedere se erano rimasti qui…e poi hai avuto modo di pensare al catalogo?
  • Ma non potevi chiamare e chiedere?
  • Mi prendi in giro? Non nai risposto nemmeno ad una delle mie chiamate!

Victoria fece un gesto infastidito  per indicarle la stanza e aggiunse

  • Guardati in giro, prendi quello che vuoi e poi per favore lasciami sola.

Non le diede il tempo di rispondere perché si diresse verso il bagno e chiuse la porta alle sue spalle.
Ruth era sconcertata dall’atteggiamento della donna, rimase disorientata non sapendo cosa fare, se andarsene subito o se invece sarebbe stato il caso di restare e dare un senso alla sua venuta. E poi l’atteggiamento dell’atista la stava allarmando non poco.
Rimise in piedi il tavolino e iniziò a raccogliere i barattoli rimettendoli al loro posto, si guardò in giro cercando gli oggetti della sua scusa e trovandoli li aveva portati accanto alla porta. Poi vide il catalogo della mostra poggiato sul divano, andò a sfogliarlo e trovando al suo interno degli appunti scritti a matita accanto ad alcune opere. Sorrise contenta di vedere che l’artista aveva preso seriamente la cosa. Lo rimise al suo posto e rimase incerta sul da farsi, era trascorso un po’ di tempo e di Victoria non vie era nessun segno ti vita. Si avvicinò alla porta del bagno e bussò leggermente.

  • Vic?

Non ricevette nessuna risposta.

  • Victoria va tutto bene?

Ricevendo lo stesso risultato decise di aprire la porta che cedette subito alla sua pressione, aprendola lentamente. Vide Victoria seduta sul bordo della vasca che si iniettava una sostanza nella gamba all’altezza della coscia, il dolore che le stava provocando quell’azione fu evidente dall’ espressione di dolore e che sopprimeva un urlo sommesso ma soprattutto dal tremore dal quale fu colta subito dopo, che le fece cadere la piccola siringa dalle mani. Quando si rese conto della presenza di Ruth fu colta dall’ira, provò ad alzarsi ma quasi le cedettero le gambe. Ruth fece un passo verso di lei per sorreggerla

  • Va via!
  • Victoria
  • Dannazione! Va via!

Dicendo questo riuscì a raggiungere la porta e a richiuderla spingendola fuori da quella piccola stanza. Dopo qualche secondo che a Ruth sembrarò un’eternità Victoria riapparse.

  • Che cosa non ti è chiaro del concetto di sparire?

Zoppicava visibilmente

  • Che cos’era quella roba?
  • Niente che debba interessarti
  • Victoria! Si può sapere cos’hai? Quanto è grave la tua..

Ma ebbe un’esitazione che non le permise di concludere la frase
La donna la fulminò con lo sguardo

  • Grave? Cosa? La mia malattia? Tu.. come lo sai?
  • Vic non è così difficile guardandoti capire che…
  • Smettila di prendermi in giro! E’ Stata Katrin non è vero? Certo, chi altro. Comunque non temere, non è niente che si possa trasmette facendo del sesso scadente! Adesso vattene!

Ruth rimase a bocca aperta.

  • Sul serio Vic? Pensi di chiudere la conversazione così? Perché ti sconvolge così tanto che io lo sappia? Che importanza ha? Posso solo comprenderti meglio.

 La padrona di casa le piantò addosso uno sguardo freddo, l’intero suo atteggiamento era cambiato, come se la rabbia avuta sino a quel momento fosse svanita ed era stata sostituita con qualcosa che turbava molto di più Ruth. Un’aura di distacco aveva avvolto Victoria che trapelava persino dal suo tono di voce

  • E’ vero, non è importante che tu lo sappia. In fondo sei solo la persona che pago per mettere su qualcosa che definirei un’inutile baraccone. Ma siccome ormai al punto in cui siamo non si può fare a meno di portarlo a termine ti chiederei soltanto di tenere l’informazione per te.  Non sopporterei che i critici associano la mia arte alla mia malattia. Se hai bisogno di un extra per tenere la bocca chiusa basta che me lo fai sapere, vedrò di accontentarti.

Il modo e il contenuto di questo discorso la ferirono profondamente, faceva fatica a riconoscere in quella persona l’artista che aveva tanto ammirato e la donna che aveva conosciuto e iniziato ad amare, si rese conto che non aveva niente da dire, la guardò ancora un attimo per poi decidersi ad andare via ma quando aprì la porta si ritrovò davanti Katrin.

  • Ruth, ma cosa…

Ma non le diede il tempo di terminare la frase, la superò e si precipitò giù per le scale. Entrando la nuova arrivata vide Victoria immobile a pugni stretti al centro della stanza che la fissava con aria assente.

  • Vic, ma che è successo?
  • Lo sa… e sei stata tu a dirglielo…

L’amica sospirò le si avvicinò poggiandole le mani sulle braccia

  • Victoria, non è la fine del mondo

La donna si liberò dalla presa e si allontanò

  • Si che lo è. Inizierà a guardarmi in modo diverso. Inizierà a trattarmi come – vedendo il piccolo catalogo che le aveva consegnato qualche giorno prima e si corresse – no, ha già iniziato a farlo.
  • Non dire così, non è quel tipo di persona. Ti prego, non rovinare tutto.
  • Lasciami da sola. Va via anche tu.

Katrin fece quello che le veniva richiesto, una volta fuori trovò Ruth sul marciapiede a qualche passo dal portone, le si avvicinò sfiorandole un sbraccio. La donna si girò appena a guardarla poi ritornò a fissare l’andirivieni delle persone. Il suo turbamento era visibile.

  • Quanto è grave? Insomma…rischia la vita?
  • Solo se sospende le cure.
  • Ma che cos’ha esattamente?
  • Una malattia rara…il suo sistema immunitario non funziona come dovrebbe. Attacca se stesso e alcune delle conseguenze le hai potute vedere da sola.
  • Avrei tante di quelle domande, ma come ha ampiamente chiarito Victoria non ne ho alcun diritto.

La rossa sospirò

  • Non è la malattia in se quella che la rende insofferente, non ha problemi a gestirla, abbiamo superato la fase dell’accettazione ormai da anni. Sono le persone il suo problema. Persino la donna che amava e che diceva di amarla più di se stessa l’ha abbandonata per questo.

Ruth si girò a guardarla sorpresa.

  • Ricordi quando ti raccontai di quelle mie amiche dalla relazione perfetta? Parlavo proprio di Victoria e Renèe.
  • Evidentemente non era così perfetta.
  • Io preferisco pensare che per Renèe era più importante il suo lavoro. Lei è un’antropologa, Victoria la seguiva in ogni suo viaggio, i dipinti di quel periodo sono qualcosa di meraviglioso. Victoria riusciva a immortalare quelle popolazioni tribali nei loro aspetti più profondi. Si sentiva una persona completa, aveva tutto, l’amore, un lavoro che amava e anche il suo ego era appagato dalla fama che stava iniziando ad arrivare. Poi però tutto è svanito, l’amore per ultimo, quando entrambe si resero conto che Victoria non l’avrebbe potuta più seguire nelle sue avventure, capirono che avrebbero dovuto modificare le loro vite, solo che Vic nonostante fosse consapevole che non avrebbe mai chiesto alcun sacrificio alla sua compagna, è rimasta ferita dal fatto che Dana avesse accettato senza grandi discussioni la soluzione che le proponeva, cioè di  rinunciare a loro. Per la mia amica è stato molto più difficile accettare la loro rottura che non tutto il calvario vissuto prima di raggiungere una stabilità con la sua sindrome.

Calò il silenzio, Katrin fissava Ruth che restava in un profondo silenzio, poi si riscosse, fece un sospiro.

  • E’ molto triste. Ma molte persone sono passate attraverso esperienze difficili e penose, ma non per questo si sentono in diritto di calpestare le persone che le circondano.

Non le diede il tempo di risponderle, si mosse attraversando la strada e confondendosi con i passanti dall’altra parte del marciapiede.
*****
Da quel giorno Ruth aveva deciso di prendere le distanze da tutto quello che riguardasse Victoria e il suo mondo. Diede al suo più fidato collaboratore il compito di seguire la parte organizzativa della mostra, riservando per lei solo la supervisione, affinché non venisse del tutto meno all’impegno preso. Aveva incaricato la segretaria di non passarle nessuna chiamata proveniente da Katrin, avrebbe risposto per email o in altro modo alle sue richieste.
Aveva capito perché Harry era così preoccupato quando era venuto a conoscenza del suo coinvolgimento con Victoria, mischiare il lavoro con i sentimenti non era stata una buona idea. Eppure avrebbe dovuto averne esperienza vista la situazione che si era venuta a creare con Lexie. Adesso si ritrovava a incrociarla per i corridoi o in ascensore o nell’ufficio di Harry, e si ritrovava tutte le volte a sostenere quella situazione imbarazzante dove si ritrovava a subire la finta indifferenza della sua ex che mal celava la sua sofferenza. E lei non sapeva mai come comportarsi.
Era arrabbiata con se stessa per essersi lasciata coinvolgere così tanto da una persona che in fondo non conosceva e che, nonostante questo, l’aveva ferita profondamente. Ma non capiva se quello che le dava più fastidio fosse stato effettivamente il tono e il contenuto della loro ultima conversazione o l’aver realizzato che aveva semplicemente idealizzato Victoria, complici i ricordi del passato, di quando si ritrovava ad assistere alle mostre organizzate al campus e ad emozionarsi guardando i dipinti dell’artista, o come si sentiva inadeguata tutte le volte che la incrociava e di come arrossiva quando lei, nonostante non la conoscesse nemmeno la salutasse sempre con un sorriso. Ricordava la sua gentilezza, la disponibilità verso gli studenti dei corsi inferiori, di come anche lei avrebbe voluto chiederle un parere o un consiglio su come rendere migliore la sua arte quando lei invece preferiva sparire in un angolo anonimo dell’aula.
La donna che aveva conosciuto oggi non era la stessa persona, e lei si sentiva enormemente stupida per essere caduta in quel tranello della memoria.
Poi si ritrovava a constatare che nemmeno lei era più quella ragazzina timida e insicura, alla ricerca di una strada da intraprendere. Quella strada non solo l’aveva trovata ma la percorreva con successo. Ma questo pensiero purtroppo non la consolava affatto.

  • Mi dici quando pensi di interrompere questa reclusine in ufficio? E’ trascorsa una settimana, per quanto ancora deve durare?

Trasalì essendosi accorta solo in quel momento della presenza di Harry nel suo ufficio.

  • Ti serve qualcosa?
  • Wow, come sei gentile!

Ruth non si era resa conto del modo sgarbato in cui lo aveva accolto. Cercò subito di rimediare.

  • Si, scusami, non dovevo…
  • Allora, si può sapere che cosa ti è successo?
  • Assolutamente nulla.
  • Raccontalo a chi non ti conosce. Te ne stai rinchiusa qua dentro, eviti chiunque, e cosa ancora più strana non stai seguendo in prima persona nessuno dei nostri clienti. Mi dici che ti passa per la testa?
  • Proprio niente, sono solo stanca. Spero mi sia concesso.

Nel dirlo si era alzata rivolgendo la sua attenzione al panorama sottostante e dando le spalle all’amico.

  • Ruth. Certo che ti è concesso, ma se hai bisogno di riposare perché non ti prendi qualche giorno lontano da qui e ritorni bella in forze come sempre? Restare a vegetare qui, di certo non ti aiuta.

La donna si girò a guardarlo un po’ infastidita.

  • Non sto affatto vegetando. Ci sono questioni che richiedono la mia presenza.
  • A si? Tipo cosa? Non hai ancora parlato con Yan, alla fine darò carta bianca a Lexie.
  • Ok, ho capito.

Andò a prendere la borsa pronta ad uscire

  • E adesso dove vai?

Ruth inforcò gli occhiali da sole e rispose con non curanza

  • A fare quello che mi hai appena chiesto, andrò a parlare con il mio artista. Se hai bisogno di me sa dove trovarmi.

*******
Ruth si trovava a fissare il murales oggetto della discussione in attesa dell’artista che lo aveva creato. Entrare in quell’edificio, reso unico e speciale grazie a lei e ai suoi sforzi di riuscire a mettere insieme un’idea che aveva ormai da anni.
Passare accanto a quelle pareti ricche di colori, sfiorare quelle opere che avevano trovato vita e sfogo anche grazie a lei, per un attimo dimenticò quello che la turbava ormai da settimane e si sentì nuovamente padrona e sicura di se stessa. In questo spirito rimase ad ascoltare le motivazioni che avevano spinto Yan a fare quell’assurda richiesta, e grazie alla calma che aveva riacquistato era riuscita a far rinsavire lui portandogli le argomentazioni più valide che le venivano in mente in quel momento.

  • Allora dimmi, vuoi essere l’artista che ha partecipato ad un evento mai visto o quello che ha deciso di tirarsene fuori, e nella maniera più ridicola.
  • Ruth non devi fraintendermi
  • Non c’è niente da fraintendere, ti lascio libero di fare quello che ritieni giusto per te. Ma ti assicuro che non avrai vita facile se continuerai a voler lavorare a New York
  • Mi stai minacciando?
  • No, ma sia chiaro che non sarò soltanto io a perdere di credibilità, ma tu per primo sarai inaffidabile per chiunque.

L’uomo rimase un attimo a fissarla in silenzio, ponderando il peso delle parole appena udite.

  • Ok, ok. Hai ragione tu. A quanto pare mi dovrò rassegnare.
  • E’ la cosa migliore, fidati.

Andato via Ruth rimase ancora a girovagare per i piani di quell’edificio, grata per la serenità e la forza che le aveva ridato. Ma si dissolse al vento non appena vide entrare Victoria ed avanzare con passo sicuro verso di lei. Era una visione talmente inaspettata che aveva avuto bisogno di un attimo per rendersi conto che fosse reale. Si fermò a qualche passo da lei.

  • Come mi hai trovato?
  • Il tuo socio.

Calò di nuovo il silenzio.

  • So di doverti delle scuse.

Sentendo quelle parole Ruth iniziò a camminare e la superò.

  • No, ti sbagli, non mi devi proprio niente.

Victoria la fermò mettendosi di fronte a lei.

  • Ok, come vuoi, ma sta a sentirmi, solo per un attimo.

La curatrice era molto combattuta, odiava restare lì e sentirsi di nuovo sommersa dai sentimenti contrastanti che provava verso quella donna. Non sopportava il peso e la bellezza di quello sguardo, così abbassò il suo e non andò oltre. Così Victoria iniziò a parlare.

  • So di averti detto delle parole che non meritavi. Mi sono sentita indifesa davanti a te e ho reagito male. So che ai tuoi occhi non è una giustificazione ma è la verità.
  • Indifesa... Però sono io che ti devo delle scuse, non tu. Per la mia mancanza di professionalità ma soprattutto per aver cercato di farti essere qualcosa che non sei, per aver creduto che tu fossi qualcosa di diverso.
  • Va bene, me lo merito, insultami ma per favore..
  • No, basta così. Porterò a termine l’incarico che mi avete dato. Dopo non esisteremo più l’una per l’altra.
  • E come vuoi riuscire a mantenere il tuo impegno? Non rispondendo alle chiamate? Mandandomi quell’idiota del tuo assistente? Ruth!

Dicendo il suo nome aveva stretto la presa sul suo braccio costringendola a guardarla negli occhi.

  • Ho bisogno di te. Non mi abbandonare proprio adesso.

Rimase sorpresa e turbata. Le credeva, riusciva ad avvertire la sincerità di quella richiesta. Ma esitava ancora.

  • Hai Katrin, sono sicura che insieme avrete il miglior risultato possibile.
  • Perché non capisci che mi hai messa su una strada che non posso percorrere da sola? Già una volta la vita mi ha preso in pieno, come un fottuto treno che viaggiava a tutta velocità. E oggi mi ritrovo di nuovo a rischiare e a sperare e odio ammetterlo ma è anche colpa tua se oggi mi ritrovo ad avere delle aspettative verso questa nuova opportunità che… mi terrorizza e che…
  • Va bene, non aggiungere altro.

Ruth stava per cedere e per questo si stava odiando, ma non le era stato possibile ignorare il fatto che Victoria, per la prima volta, le stava parlando senza indossare nessuna maschera. Era semplicemente lei e stranamente la sentiva vicina, in un modo inaspettato. Aveva provato la stessa sensazione durante quel pomeriggio trascorso insieme.

  • Ma si farà a modo mio.

Victoria sorrise, si rese conto che dal primo momento che aveva messo piede in quel luogo e l’aveva rivista dopo tutto quel tempo aveva avuto voglia di abbracciarla, e sentendo le ultime parole pronunciate da Ruth cedette a quel desiderio. Le passò le braccia intorno al collo e la strinse a se.

  • Come sempre del resto.

Ruth rimase sorpresa da quel gesto inaspettato, in un primo momento si abbandonò a quel contatto ma poi si liberò dolcemente da quella presa.

  • No, Vic, questo… non.. io e te, non accadrà più…

L’artista le sorrise.

  • Lo capisco e perdona il mio slancio ma, ormai non credevo di riuscire a convincerti e… sono solo contenta.

Rimasero imbarazzate a guardarsi poi Ruth ruppe quel momento di disagio

  • Vuoi fare un giro?
  • Si volentieri.
  • Ok, andiamo.

Ruth iniziò a farle da guida conducendola nelle varie sale sparse per ogni livello.
Victoria si fermò davanti ad un affresco molto colorato che ricordava una foresta tropicale.

  • A essere sincera, sono già stata qui.
  • Sul serio? E perché non me lo hai detto?
  • Quando sono venuta o adesso?
  • Direi entrambe!

Victoria sorrise.

  • La prima perché non mi avresti risposto, sono venuta qualche giorno dopo il nostro ultimo incontro. Adesso perché… chi meglio di te può farmi vedere nella sua reale bellezza questo posto. Non avrei mai rinunciato a quest’occasione.
  • Certo che sei una strana persona. Perché sei venuta qui dopo che

Esitò e Victoria concluse la sua frase.

  • Ti ho buttata fuori casa? – Sorrise -  Non lo so, Katrin mi tormentava per come ti avevo trattata, continuava a dirmi che “non sei quel genere di persona”.
  • Che persona?
  • Ci sono due tipi di persone, quelle che mi compatiscono e quelle che fingono empatia ma poi spariscono. Le persone ti trattano in modo differente, non vedono te, la persona che sei. Ma solo la malattia. Insomma quel genere di persone che detesto. Volevo capire semplicemente se Kat aveva ragione.

Ruth la vide sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

  • Così sono venuta qui. E per quello che ho visto, una persona che è riuscita a mettere insieme tutto questo, tutta questa bellezza e dato voce all’arte rendendola accessibile a chiunque, meritava una chance.

Sorrise pronunciando le ultime parole. La donna l’aveva ascoltata incredula, la Victoria di qualche settimana prima non le avrebbe mai dato accesso ai suoi pensieri, stentava a riconoscerla, doveva ammettere che questa sua nuova versione le piaceva, e molto.
***
Dopo quell’incontro i loro rapporti cambiarono, ma in un modo che Ruth non riusciva a percepire in pieno. Victoria sentiva di non aver più niente da nascondere e quindi riusciva a comunicare le sue perplessità quando la curatrice le esponeva qualche nuova idea sull’esposizione e organizzazione della mostra.
Parlavano molto, il più delle volte si perdevano in discorsi che poco avevano a che fare con il lavoro in se ma si ritrovavano a raccontarsi il loro modo di vivere e di percepire l’arte, le loro esperienze. Riuscivano a parlare di politica, di attualità e di tante altre cose, come di un film visto la sera prima o di un articolo appena letto, e spesso si ritrovavano a constatare come le loro opinioni fossero simili, anche se entrambe trovavano più divertente discutere e confrontarsi cercando di portare l’altra ad ammettere che il proprio punto di vista fosse quello giusto.
Un altro punto di contatto era l’amore che entrambe avevano per la città in cui vivevano, ne sapevano apprezzare la bellezza e le opportunità che si potevano trovare solo lì e soffrire invece dei suoi aspetti peggiori, di quelle zone grigie e di degrado urbano e sociale che risultavano essere delle cicatrici profonde in una città che sapeva essere un cuore pulsante.
In tutto questo Katrin si era ritagliata un posto fra le due donne, si rendeva conto che tra di loro c’era un’affinità che in parte la turbava, ma allo stesso tempo era contenta di vedere da una parte la sua amica finalmente serena e pronta a riprendere in mano la propria vita, e dall’altra di iniziare a scoprire e a conoscere meglio quella donna che stava rendendo possibile tutto questo e per la quale iniziava a provare, oltre all’attrazione e la curiosità del primo momento, un sentimento che le faceva battere il cuore tutte le volte che si ritrovava a incrociare il suo sguardo o a godere del suo sorriso.
Passa da me stasera
Fu il messaggio proveniente da Victoria che Ruth lesse sul display del cellulare, sorrise e le rispose positivamente.
Così quando uscì dall’ufficio andò direttamente a casa dell’artista, non fece in tempo a citofonare che le venne aperto il portone, una volta giunta al piano trovò un biglietto attaccato alla porta con su scritto
Siamo sul tetto
A rafforzare quella richiesta fu la voce di Katrin provenire dall’alto che la chiamava sporgendosi dalla balaustra della scala per farsi vedere.
Ruth le raggiunse facendo le altre tre rampe di scale che la separavano dalla meta, per uscire finalmente sul tetto. Accolse con piacere la leggera brezza che le sfiorava il viso dopo la fatica della salita, si guardò intorno e vide una sorta di pergolato con sotto un lungo tavolo e delle larghe sedie da giardino, l’illuminazione era composta da dei filari di lampadine dalla luce calda e soffusa.

  • Però, lo avete sistemato bene qua su.

Victoria la accolse con un largo sorriso.

  • Non potendo avere un giardino ci siamo dovute arrangiare, in compenso la vista non è male.

Intervenne Katrin

  • Io veramente avrei anche un attico, e con l’aria condizionata se si vuole rientrare in casa, ma a questa donna non piace molto l’ Happer Side.
  • Devi ammettere che tutto questo ha il suo facino.
  • Avete finito di criticare casa mia?

Ruth si avvicinò ad una sedia, si tolse la giacca del completo leggero che indossava e lo posò sulla sedia, vide sul tavolo, vicino alla padrona di casa l’ormai famoso catalogo della mostra, era diventato un punto forte di discussione visto che Victoria non si decideva a restituirglielo con la bozza definitiva. La matita che l’artista teneva in mano giocherellandoci era la conferma che l’arrivo di Ruth aveva interotto l’ennesima modifica. La donna le si avvicinò togliendole di mano prima la matita che usò per legarsi i lunghi capelli in una crocchia e poi per impadronirsi del catalogo che iniziò a sfogliare per vedere che cosa fosse cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto e finalmente andò a sedersi comodamente. Victoria l’aveva guardata durante lo svolgimento di quelle azioni, la grazia e la sicurezza dei suoi moviemnti la incantavano sempre. E adesso se ne restava lì a studiare la linea del suo collo rimasto libero, quella curva sinuosa che partiva da dietro l’orecchio, con qualche ciocca di capellì che lo sfioravano appena, e finiva inoltrandosi nello scollo della camicia e che lasciva intuire la forma della spalla.

  • Venendo qui speravo fosse perché finalmente me lo restituivi, ma invece vedo che non è cambiato nulla.

Victoria trasalì, ma non le rispose.

  • Allora, perché mi trovo qui?
  • Dev’esserci per forza qualche motivo per volerti vedere?

Tanta franchezza turbò sia Ruth che Katrin.
La curatrice si girò a guardarla, in silezio, poi la vide aprirsi in un sorriso

  • Se tu prestassi un po’ più di attenzione ti renderesti conto che ho finito. Puoi finalmente portarlo via e farci ciò che vuoi.
  • Mi prendi in giro.
  • No, dico la verità
  • Ma è esattamente come la settimana scorsa!
  • Si, e con questo? Dovevo rifletterci un po’ su.

Katrin si alzò e prese delle birre messe in un fresco in un cestello pieno di ghiaccio.

  • Direi che dobbiamo festeggiare.

Dicendolo diede una bottiglia alla curatrice e l’altra alla sua amica.

  • Non credevo che sarebbe arrivato questo momento!
  • E’ vero che ti ho fatto aspettare, ma adesso non essere così drammatica.

Ruth dopo aver bevuto un sorso di birra guardò di nuovo l’oggetto della discussione che aveva abbandonato sul tavolo.

  • Manca ancora il dipinto del mistero.
  • No, non manca. O per meglio dire è giusto che non ci sia. Non sarà in vendita.
  • Ma almeno posso vederlo?
  • La risposta la conosci già.
  • Non è ancora finito. Ringrazia che l’aver ricevuto il catalogo mi da la speranza che un giorno finirai anche quello.

Il telefono di Ruth interruppe la conversazione.

  • Beth! Si hai ragione, me ne sono dimenticata. Sono da Victoria.
  • Dille di raggiungerci.

La donna la guardò perplessa. Poi in maniera incerta invitò la sua amica che accettò senza farsi pregare più di tanto. Mezzora più tardi anche lei si ritrovò a sorseggiare birra sul tetto della casa della pittrice in una tarda sera di metà agosto. Come suo solito non aveva faticato ad ambientarsi e a prendere confidenza sia con la padrona di casa che con la sua rossa amica. Con la sua esuberanza e il suo spirito sapeva mettere a proprio agio le persone e dopo qualche ora sembrava che si conoscessero da una vita.
Victoria sembrava trovarla molto divertente, e dal tono e delle battute che si scambiavano sembravano delle vecchie conoscenze. Anche Katrin aveva apprezzato il suo arrivo, la sensazione di disagio che a volte provava in presenza delle due donne la feriva, e quella sera dopo l’uscita di Victoria aveva di nuovo la percezione di essere di troppo. E non poteva ne voleva accettarlo. Voleva Ruth, desiderava avere quella scioltezza che aveva Victoria con lei, e odiava ammetterlo, ma avrebbe tanto voluto che lei la guardasse come guardava a volte la sua amica.
Ma non voleva cedere, non poteva, non questa volta.
Anche Victoria si era resa conto ormai da tempo dell’interesse che la sua amica aveva verso Ruth, e spesso aveva pensato che sarebbe stato onesto da parte sua dirle quello che c’era stato fra loro due. Poi però si diceva che l’avrebbe soltanto ferita e che in fondo non sarebbe più accaduto. Da quando Victoria l’aveva raggiunta per chiederle scusa, Ruth era stata molto chiara in merito e per quanto nel periodo che seguì molte volte entrambe avevano avvertito l’attrazione che c’era tra loro, o almeno la pittrice sentiva quella forza che la spingeva verso quella donna, la curatrice dimostrava una grande determinatezza nel fare in modo che fra di loro ci fossero solo rapporti di lavoro e di amicizia. Victoria molte volte si ritrovava a provocarla, ma l’indifferenza che Ruth le dimostrava, odiava ammetterlo, la feriva e sapeva di non averne nessun diritto visto che non poteva darle quello che una persona come lei voleva.

  • Inizio a pensare che con questo caldo siamo le uniche rimaste New York.
  • E’ molto probabile, Beth non hai in programma una vacanza?

Ruth, che in quel momento era persa nei suoi pensieri si girò ad osservare la sua amcia e Victoria intente in quella conversazione.

  • Se devo essere sincera aspetto lei che si decida a mollare il lavoro.

Victoria si rivolse a Ruth

  • Davvero ti trarriene il lavoro?
  • Già. Ma non appena ritorna Harry ho  intenzione di sparire per un po’.
  • Per dove?

Intervenne Katrin

  • Perché non venite da me. Ho una casa negli Hampton. A me farebbe piacere.

Ruth la guardò e le sorrise.

  • Grazie per l’offerta, ma ho altri programmi, mi piacerebbe andare a New Orleans. – Fece una pausa -  Voi quindi andrete lì?
  • Per quanto mi riguarda no.

Beth prese la palla al balzo.

  • Non lasci mai la città?
  • Certo, ma preferisco farlo in inverno. Odio il freddo, così ne approfitto e per andare a trovare la mia abuelita in messico.

Ruth immaginò Victoria in quel contesto, sotto un sole splendente in un cielo sconfinato e limpido. Calò il silenzio.

  • Direi che si è fatto tardi. Credo che sia il caso di andare. Che ne dici Beth?
  • Dico che hai ragione.

Scesero tutte e quattro al piano inferiore, si salutarono con promesse di ripassare presto una serata insieme e le due amiche accompagnate da Katrin iniziarono a proseguire la discesa verso l’uscita con Victoria che rimaneva a guardarle sulla soglia di casa.

  • Ruth, aspetta!

La donna rimase ferma sul primo scalino, vide la pittrice avvicinarsi a lei e portarle una mano dietro la testa, toggliendole la matita che ancora le teneva legati i capelli lasciandoli così cadere liberi lungo le spalle. Rimasero a guardarsi negli occhi, Victoria rapita come sempre dalla sua bellezza e Ruth con il cuore in gola per quel gesto inaspettato che la faceva ritrovare a così poca distanza da quella donna che turbava la sua esistenza. E il sorriso che aveva in quel momento amplificava quella sensazione.

  • Credo che questa sia mia.

Ruth, persa in quegli occhi scuri le sussurrò

  • Ti odio lo sai?

Victoria le rispose con un cenno della testa e con un sorriso, poi si voltò per rientrare in casa.
Una volta in strada Katrin fermò un Taxi.

  • Volete un passaggio?
  • No grazie, io e Ruth facciamo due passi. E’ stato un piacere conoscerti Kat, spero di rivederti presto.
  • Grazie, lo è statao anche per me.

Una volta rimaste sole Beth iniziò a parlare

  • Allora, mi dici che stai combinando?
  • A che ti riferisci?
  • A quello strano triangolo a cui ho assistino e che a quanto pare tu sei il vertice.
  • Non so di che parli?! Perché devi vedere cose che nemmeno esistono.
  • Oh no, io ho visto benissimo come ti guarda la rossa e di come ti stuzziaca la mora. La domanda è: tu da che parte stai?

Ruth si fermò a guardarla stupita.

  • Da nessuna! Non ho nessun interesse per Katrin, e Victoria poi…
  • Cosa? Victoria cosa?

La donna sospirò.

  • Beth, cosa vuoi che ti dica?
  • Che ne sei innamorata.
  • Adesso non esagerare. E poi fosse anche vero. lei ha il suo cuore altrove, e come hai detto tu gioca con me e si diverte semplicemente a provocarmi. Non ho intenzione di soffrire.
  • Cara amica, purtroppo non credo che ci riuscirai.

Camminarono ancora per un po’, poi presero un Taxi sino a casa di Ruth dove Beth decise di rimanere pe la notte.

  
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