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Autore: Tsuki5    11/05/2016    3 recensioni
Ace è morto da poco e la sua scomparsa ha sconvolto più di una vita. Ma per un'esistenza che viene spezzata ce n'è un'altra che inizia la propria avventura nel mondo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold D. Roger, Makino, Monkey D. Garp, Portuguese D. Rouge, Shanks il rosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“E’ davvero così grave?”
“Sì. Non mi rimane molto da vivere, per questo me ne devo andare.”
“E noi qui, senza di te, cosa dovremmo fare?”

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La luna era già alta; si specchiava placidamente nel mare, lasciando che la sua figura perfettamente circolare venisse amabilmente distorta dalle onde che andavano dissolvendosi in schiuma.
Se non fosse stato per quella luna, il villaggio di Foosha sarebbe stato completamente immerso nell’oscurità; tutte le luci erano spente, tutte le case addormentate, i loro abitanti si crogiolavano nel calore dei loro letti, nella tranquillità del loro villaggio, nella monotonia delle loro vite. L’unica fonte di luce era la locanda del paese, che dalle finestre proiettava flebili fasci giallognoli. La porta di legno si aprì con uno scricchiolio familiare.
“Siamo chiusi, mi dispiace. Può tornare domani se vuole,” disse la locandiera, intenta ad asciugare piatti e boccali.
“Una bella signorina come te non dovrebbe stare qui da sola a quest’ora. Almeno dovresti chiuderti dentro.”
Un forte fremito delle spalle le fece sfuggire un bicchiere che si ruppe cadendo sul pavimento. Si appoggiò al lavandino inspirando aria a fatica, poi, con un movimento meccanico, si chinò a raccogliere i pezzi.
“Makino.” La voce calma e profonda alle sue spalle la chiamava per nome.
Non sapeva che fare; il cuore le martellava nel petto con tanta furia che avrebbe potuto giurare che gli abitanti del villaggio lo potessero sentire.
Dunque era tornato davvero. Dopo tutto quel tempo era tornato; non aveva aspettato altro per anni, eppure in quel momento il suo ritorno significava solo una cosa. Era combattuta tra un sentimento di felicità travolgente e la più cupa disperazione. Un dolore breve ma acuto la riportò alla realtà; il suo dito era segnato da un taglio che lasciava fuoriuscire del sangue…che fosse un brutto presagio?  Si alzò piano fissando la ferita. Si tolse il fazzoletto colorato che era solita portare sul capo e la premette forte sulla mano. Erano passati già un paio di minuti ma la ragazza non aveva avuto ancora il coraggio di guardare l’uomo in faccia.
“Ti sei fatta male?” Scosse lievemente la testa in risposta, continuando a fissare la mano ferita. Il suo modo di preoccuparsi per lei non era cambiato affatto. Quanti anni erano passati dall’ultima volta? Dieci? Più di dieci interminabili anni.
“Mi aspettavo un’accoglienza più calorosa; sono un po’ dispiaciuto, devo dire la verità.” Il suono della sua voce era un po’ cambiato, più profondo, ora apparteneva ad un uomo che aveva accresciuto di molto il numero delle sue avventure. Era strano non percepire minimamente il tono ironico e divertito che lo aveva sempre contraddistinto.
Makino non avrebbe voluto che fosse così; diamine, proprio no. Quante volte si era immaginata quel momento? Quante volte aveva sognato di riabbracciarlo? Doveva essere un momento felice, uno di quelli da ricordare per tutta la vita, pieno di lacrime sì, ma di gioia sfrenata. Ora le lacrime c’erano…ma erano amare, miste di contentezza, emozione…abbattimento, mancata rassegnazione. Non aveva superato la morte di Ace. Erano passati sei mesi e no, non lo aveva superato. Troppo vivide nella sua testa le immagini che tutto il mondo aveva visto.
 
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Tentava senza troppo successo di trattenere le lacrime, mentre versava del whisky in un grosso boccale. Si asciugò il viso con la manica cercando di farsi coraggio; bisognava essere forti, era inutile versare altre lacrime.
“Ecco qui, Garp”, disse porgendo il bicchiere al marine che aveva preso posto ad un tavolo. Erano entrati nella locanda in silenzio, Makino aveva dovuto sorreggerlo visto i colpi che Dadan gli aveva scagliato addosso; tutti coloro che avevano avuto la sfortuna di assistere alla scena si erano ritrovati il cuore spaccato in due. Dadan urlava sconvolta, piangeva, imprecava contro Garp che non reagiva, non avrebbe potuto farlo. La giovane locandiera si era messa in mezzo, le lacrime le rigavano il volto mentre diceva di pensare a Luffy, colui che in quel momento soffriva di più; non c’era bisogno che litigassero tra loro.
Makino si era seduta accanto all’uomo che continuava a stringere il bicchiere e a fissare un punto indefinito sul tavolo.
“Dadan ha ragione,” disse all’improvviso. “E’ tutta colpa mia…avrei dovuto fare qualcosa fin dall’inizio. Se lo avessi fermato non sarebbe diventato un pirata. Ho lasciato che lo uccidessero. Non sono stato in grado di proteggerlo come avrei dovuto, come avevo promesso a suo padre e a sua madre. Ho perso mio nipote…il mio ragazzo non c’è più…” Si mise le mani tra i capelli. Makino, che gli sedeva accanto, poteva vedere i suoi denti digrignarsi, gli occhi stringersi, grosse lacrime affiorare ai suoi occhi.
“Garp…” Non credeva che l’avrebbe mai visto così, quell’uomo forte, che per lei era come un padre. “Non è stata colpa tua.” Lo aveva abbracciato posando la guancia contro la sua spalla, proprio come faceva quand’era bambina e il marine la faceva sedere sulle sue ginocchia per raccontarle qualche storia dai suoi innumerevoli viaggi in mare. Al suo tocco il marine sembrava essersi quietato un poco, aveva sospirato e si posato pesantemente contro lo schienale.
“Sua madre me l’aveva affidato, Makino. Non avrebbe dovuto morire…non a vent’anni.” Strinse più forte la mano della ragazza. “Luffy sarà disperato e io non sono con lui.”
Erano rimasti lì in silenzio per molto tempo. “I pirati, Makino... la Marina…stanne fuori, non ti rovinare la vita; sei una brava ragazza e per me sei come una figlia.” Aveva parlato stringendole la mano. “Trova un brav’uomo che non faccia questa vita. Dimenticati di lui, non può darti nulla.” Detto ciò le aveva accarezzato la guancia e se n’era andato.

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Ora lui era lì, alle sue spalle, ed era venuto per confermare quella brutta notizia. Aveva sperato fino a quel momento che la situazione si sarebbe risolta, che Ace in realtà era sopravvissuto ma non se ne parlava per fa sì che la marina non lo venisse a sapere; in fondo lui era un ragazzo speciale, aveva quel potere, Shanks era arrivato con la sua ciurma a fermare la guerra, forse avevano potuto fare qualcosa per lui.
Ora si sentiva così stupida.
 
“Non potevo lasciare che vivessi tutto questo da sola.”
A quelle parole le ginocchia non ressero più. Makino si ritrovò inginocchiata al suolo, le mani portate al viso a coprire gli occhi che versavano lacrime per l’ennesima volta. Ace era morto e non si poteva fare nulla. Lo aveva visto crescere e per lei era come un fratello minore, proprio come Luffy; ricordava esattamente i loro visi sorridenti e tutti graffiati mentre correvano giù per la collina per raggiungere il locale. Ricordava tutto, anche quando era passato a salutarla prima di partire; “ciao Makino, prenditi cura di Luffy mentre sarò via!” Si era inchinato e le aveva baciato la mano, proprio come un gentiluomo. Quella era stata l’ultima volta in cui lo aveva visto.
Si sentì stringere da dietro; Shanks si era chinato vicino a lei e l’aveva abbracciata. Non dissero nulla per quella che sembrò un’eternità, poi lui parlò:” so che non potrò in nessun modo alleviare il tuo dolore ma ci tenevo a dirti che ho provveduto a dargli un’adeguata sepoltura. Inoltre voglio che tu sappia che Luffy sta bene ed è al sicuro.”
“Grazie”, sussurrò lei, “sono contenta che tu sia tornato”.
 
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“Anne se fosse stata femmina, Ace per un maschio. Li aveva decisi lui… Gol D. Ace, nostro figlio.”
 
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Era passato un anno da quando era arrivato a Foosha. Ed erano passati due mesi da quando il loro bambino era nato. Makino lo sapeva; quella felicità non poteva durare per sempre.
“Partiremo dopodomani,” disse Shanks accarezzandole una guancia.
Makino stava seduta sul letto e allattava il bambino; sorrise quando si rese conto di quanto i capelli radi del piccolo stessero assumendo lo stesso rosso acceso del padre.
“Sorridi…non sei triste?”, chiese Shanks alzandosi sul gomito che gli era rimasto per osservare meglio la scena.
“Che domande m fai? Certo che sono triste! Ma che cosa cambierebbe se mi mettessi a piangere e ad implorarti di rimanere con noi? Non ho mai preteso nulla, ci mancherebbe…tu appartieni al mare. Sarebbe come se ti chiedessi di non avere altre donne, mi rendo conto che è impossibile.”
“Oh Makino! Non mi piace quando fai questo discorsi, “il suo tono giocoso non era cambiato affatto, “lo sai, sei da sempre la mia ragazza preferita; non avrei voluto questo da nessun’altra…a nessun’altra ho mai detto ‘ti amo’.
Makino sorrise; non aveva bisogno di dimostrazioni o di altre parole, qualcosa dentro di lei le diceva che era tutto vero… le disse per la prima volta di amarla dieci anni prima e da quel momento non aveva mai messo in discussione quelle parole.
“Non sai quanto mi dispiaccia perdere tutti i momenti che verranno…Non è mai stato così difficile riprendere il mare; te lo posso giurare, al solo pensiero mi si spezza il cuore.”
La ragazza osservava il pirata mentre parlava; questi si era avvicinato quel tanto che bastava per baciare teneramente il capo del piccolo ancora attaccato al suo seno.
“Non posso rischiare di mettervi in pericolo, sono stato qui per troppo tempo.”
“Devi stare tranquillo, qui tutti ci vogliono bene e in più c’è Garp, non permetterà che ci succeda qualcosa. Tu piuttosto”, Makino scrutava attentamente la schiena dell’uomo, tutte le cicatrici che formavano dei disegni più scuri sulla sua pelle chiara e il grosso moncone al posto del braccio sinistro, “vedi di tornare sano e salvo, vorrei che nostro figlio conoscesse suo padre.”
Shanks si levò a sedere e afferrò con delicatezza il viso di Makino per poi baciarla con trasporto.
Dei piccoli vagiti distrassero gli amanti uno dall’altra.
“Qualcuno ha finito di mangiare”, disse Makino guardando il bimbo che sbadigliava placidamente.
Shanks si alzò dal letto recuperando un paio di pantaloni; “lo porto di là e lo faccio addormentare,” disse prendendo il figlio dalle braccia della madre. “Bene piccolo, per ora la pacchia è finita, è arrivato il mio turno.”
 
Il profumo del mare era intenso e il vento soffiava forte; Makino si assicurò che le orecchie del piccolo fossero ben coperte.
“Crescerà grande e forte”, disse la donna guardando bimbo che il compagno teneva imbraccio. “E soprattutto bello.”
“Bhè, questo è certo…suo padre non è forse il più affascinante pirata che abbia mai solcato i mari?”, sghignazzò Shanks baciando la giovane sulla fronte. “Sarò di ritorno prima che vi rendiate conto della mia assenza.”
“Ne dubito ma faccio finta di crederci.”
Il sorriso di Shanks era ben visibile sul suo volto, ma era triste.
“Ti amo Makino, non dimenticarlo mai. E Tu piccolo Roger, prenditi cura della mamma mentre io non ci sarò.” Detto ciò pose delicatamente il figlio tra le braccia di Makino e strinse entrambi prima di salire sulla Red Force.

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“Non devi essere triste, Rouge, io sarò sempre qui con voi.”
“Lo so Roger… sempre qui”, disse lei portandosi la mano al cuore.
  
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