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Autore: Kiki Daikiri    09/04/2009    3 recensioni
Sulle note di Gost men on third, i pensieri di una ragazza... morta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco una OneShot molto particolare che ho scritto un po’ di tempo fa =] spero che possa piacere a qualcuno anche se non è proprio la comune OneShot d’amore… anzi, a dirla tutta è proprio stranissima n_n
Attendo in ogni caso le vostre recensioni, positive o negative che siano, se doveste avere voglia di dedicare due minuti a lasciarmi un commento!
P.S. sembra lunghissima, in realtà bastano pochi minuti per leggerla ;-*
Baci, Kiki
 
 
 
One Shot
This is what living like this does.
 
Raccolgo le gambe al petto.
Ghost man on third.
Trattengo il respiro per non svegliarti.
Se sarai fortunato, dormirai così per sempre.
Ghost man on third.
Amo questa canzone.
Risuona in me ed ovunque.
Risuona in eterno.
Perché sei qui?
Cosa ti hanno fatto?
Cosa ti sei fatto…
Tra tutti i posti in cui avrei potuto rivederti, proprio qui.
È ovvio, era destino.
Le ginocchia tra le braccia.
La testa tra le ginocchia.
La testa vuota di tutto e ricoperta di sangue.
Di musica.
Non basta mai, la musica.
In questo luogo no.
Senza musica non c’è più nulla.
Il tuo corpo, svuotato come il mio, giace a pochi metri da me.
Solo qui potevo incontrarti di nuovo.
Solo qui trovare la perfezione.
La tua imperfezione assoluta.
Tu, i tuoi occhi, labbra, respiro vuoto.
Il tuo corpo.
Così inutile.
Così morto.
Dormi ancora, ma ho motivo di credere che non sarà per sempre.
Ma se io mi sono svegliata, non vedo perché non dovrebbe accadere lo stesso anche a te.
Non siamo molto diversi, in fondo.
La musica si è attenuata.
Il suono del suo respiro e i miei pensieri.
Sento tutto chiaramente.
Ma senza musica si rischia di tornare in vita.
Se finisce l’anestesia finisce la morte. O inizia?
Forse inizia la morte reale.
No, meglio stare qui, in un angolino buio.
Con le gambe al petto e la testa china.
Mr Wilson in braccio e gli occhi puntati su di lui.
Lui che dorme.
Spero per sempre.
Mr Wilson è la mia bambola di pezza.
È un maschio, ma forse solo perché lo chiamo Mr.
E l’inglese non è un’opinione.
Sembra una mummia, ma è troppo pulito per esserlo.
A me piace Mr Wilson, anche se è brutto.
In effetti, se è brutto è solo colpa mia.
L’ho fatto io.
Non gliene si può fare una colpa.
E poi ha le zampe belle grosse, così abbraccia meglio.
Ha le unghie molto lunghe come un animale feroce, ma la cosa bella di Mr Wilson è che anche se mi sono dimenticata di fargli le orecchie sa ascoltare.
Meglio degli altri.
Non gli ho fatto nemmeno la bocca.
Peccato, perché a volte vorrei che potesse rispondermi.
E darmi consigli.
Errore mio.
Mi accontento di raccontargli cose che poi custodirà per sempre.
Abbraccio la bambola.
Oh, il tuo corpo steso a terra si sveglia.
No, non svegliarti, fidati.
Dormire è la cosa più bella che ti possa capitare.
Nei sogni puoi essere felice con chi vuoi.
Puoi essere chi vuoi.
Mentre l’anestesia e la vita sono entrambe terribili, la morte non esiste.
Ma sono cose che uno scopre con il tempo.
Tu ne hai ancora tanto a disposizione, tesoro.
Nemmeno ti immagini quanto…
Apre gli occhi e scorgo lo stupore in lui.
Credevi di non riaprirli più, eh?
Ne so qualcosa.
Va bhe dai, poteva andare peggio, a te soprattutto! Potevi scoprire che esistevano inferno e paradiso.
Per non parlare di continuare a vivere! Meglio quest’anestesia.
Non riesco ancora a definire il tuo sguardo.
Sei deluso, sei arrabbiato?
Hai almeno un po’ di paura?
Io ne ho avuta, in un primo momento, tanta, ma poi ci si fa l’abitudine.
Io almeno non ero sola: c’era Wilson con me.
Lui mi ascoltava piangere l’aria.
Tu hai sia me che Mr Wilson, ma ancora non lo sai.
Te lo potrei prestare…
Ma me stessa no, non credo di volermi dare di nuovo a te.
Non voglio prestarmi di nuovo a te, non credo.
Sbatti freneticamente le palpebre.
Gli occhi ci mettono un po’ ad abituarsi al buio.
Ma lo sai che fuori di qui splende il sole?
Noi non lo vedremo mai più.
E non possiamo nemmeno lamentarci, perché abbiamo scelto noi di rinunciarci.
Perché non ci sembrava mai abbastanza luminoso.
Ora sai cos’è il vero buio.
A me piace il buio, di solito.
Se non c’è luce nessuno può vederti.
Non importa che tu sia diverso o no, amico o no. Non ti vedono.
Puoi anche mangiarti le unghie e nessuno se ne accorgerà.
Se piangi non devi fingere di avere la febbre per giustificare gli occhi lucidi e la pelle rossa.
La febbre qui non esiste.
Io mi sento fredda come prima.
Forse ero morta già prima.
Aiutami a ricordare, ero poi così bianca come mi immagino?
A me non dispiacerebbe esserlo, almeno qui.
Tu non sembri poi tanto bianco, anzi, sei quasi leggermente più colorito sulle guance.
Forse è passato troppo poco tempo, forse è perché ancora non ti sei reso conto di dove ti trovi.
Staremo a vedere.
Mentre ti inginocchi massaggiandoti la testa, mi rannicchio di più contro la parete.
Non chiudo gli occhi per non far rumore.
Non voglio spaventarti.
Prima o poi sarai costretto a vedermi, se io vedo te.
Ma in quel caso potrò dire che era inevitabile, che non è successo per mio volere.
Non farei mai nulla che possa danneggiarti.
Non l’avrei mai fatto.
La persona che più ti ha ferito in assoluto non credo di essere stata io.
Se così fosse mi dispiace.
Ma credo che sia stato tu.
Non posso fare a meno di pensare che, in fondo, non sono io la causa di tutto.
Non ti avrei mai abbandonato se tu non avessi abbandonato me.
Per fortuna c’era tuo fratello.
Lui è la persona più speciale del mondo.
Non andavamo d’accordo all’inizio, ricordi?
Ma un giorno abbiamo cominciato a capire che avevamo in comune la cosa più grande in assoluto.
L’amore per te.
Lui c’è stato sempre.
Anche più di te.
Tu pensavi che fosse perché il mio è pur sempre un corpo di donna.
E che un abbraccio è pur sempre un abbraccio.
No, lo sottovalutavi.
Sottovalutavi tuo fratello, è una persona migliore di quanto tu non creda.
Uno può anche giocare a fare il senza cuore, ma quando uno è buono è buono.
Lui è buono.
Non c’è niente da fare.
C’era sempre quando tu non c’eri.
C’era sempre, perché tu non c’eri mai.
Rabbrividisci, ma so che non puoi sentire i miei pensieri, altrimenti io sentirei i tuoi.
Chissà cosa stai pensando.
Starai pensando che non è giusto?
Che non doveva andare così?
Anche io lo pensavo all’inizio.
Poi mi ci sono abituata, come al freddo.
Hai freddo in maniche corte, vero?
Come mai non ti sei portato la giacca di pelle?
Credevi non ne avresti avuto bisogno, credevi di morire e basta?
Eh no, troppo facile.
Oh tesoro, fai tenerezza quando piangi, me ne hai sempre fatta.
Non che tu piangessi spesso davanti a me, s’intende.
Ma tuo fratello mi raccontava tutto, sai?
Lui ti sentiva.
Ti sentiva anche quando tu eri piccolo ed io ancora non facevo parte della tua vita.
Nella notte.
Piangevi nella notte, come fai ora.
Ma qui la notte dura per sempre, non puoi piangere in eterno.
Non sei mai stato male a causa mia, immagino.
Soffrivi già da tempo quando ti ho conosciuto, quindi non è stato a causa mia.
Ne sono contenta, davvero.
Ma io non soffrivo prima.
No, io stavo bene.
Poi sei arrivato tu.
Ed è cambiato tutto.
Ora io so perché sono qui, per causa tua.
Ma allora mi viene da domandarmi come mai tu sia qui.
Hai forse litigato con tuo fratello?
Spero di no.
Ora lui è solo.
Come hai potuto abbandonarlo?
Non te lo perdonerà mai.
Come non perdonerà mai me.
Forse lo incontreremo di nuovo entrambi, qui.
Sarebbe egoistico esserne rallegrati, è un pensiero troppo triste.
Ti prendi la testa tra le mani e la scuoti con veemenza.
Come si fa per negare a sé stessi qualcosa di orribile.
Ci hai messo meno di quanto ci misi io a capire dove ti trovi.
Non è così?
Poggi la fronte a terra e gridi il tuo “NO” al mondo.
Ironia della sorte.
Non c’è più nessun mondo a cui gridare.
Ci siamo solo io e te.
Come quando eravamo felici, insieme, come quando respiravamo.
Non so se ti ricordi quei giorni meravigliosi.
Giocavamo a fare i turisti nella nostra città, con naturalezza.
Perché per noi anche ciò che conoscevamo così bene era tutto da scoprire.
Da curiosi a morti. In questo modo.
Quanta strada abbiamo percorso.
Ti volti, con lentezza. Sforzi gli occhi, provi a vedere.
Non è più così buio, quando passa del tempo.
Ci si abitua ad ogni cosa a lungo andare.
È ciò che più in assoluto mi faceva impazzire, in vita.
La monotonia, il bisogno di mutare.
Inconsistente visita dei ricordi. Così futili se non hai un presente.
Necessaria ricerca di un futuro.
Come cercare di costruire un grattacielo senza aver prima gettato le fondamenta.
Oh, mi hai vista.
Abbasso lo sguardo, improvvisamente mi sento in imbarazzo di fronte alla tua paura.
Al tuo stupore.
Mi osservi.
Ho sempre odiato il tuo sguardo quando sbarri gli occhi.
Diventa cattivo, odio le persone cattive.
Mi ha sempre fatto paura la natura umana.
Forse perché ero troppo buona, forse perché non credevo nella cattiveria.
E non riuscivo a spiegarmi.
A spiegarmi come potessero accadere certe cose.
Ed anche nella mia sofferenza non ti ho mai incolpato di nulla.
Vorrei che tu lo sapessi, perché in questo momento nei tuoi occhi leggo il riaprirsi di una ferita.
Credevi che saresti riuscito a rimarginarla chiudendo gli occhi per sempre.
E invece mi hai ritrovata.
Mi farebbe soffrire pensare che tu ti senti in colpa.
Se solo potessi provare dolore.
Ma è stato il mio ultimo desiderio, prima di smettere di respirare.
Ho chiesto di non provare più dolore.
Tu cosa hai chiesto?
Tutti chiedono qualcosa.
A sé stessi.
Ti avvicini, strisciando.
Quante volte ti ho visto scendere a compromessi, strisciare ai piedi di persone che non ti amavano.
Per me non l’hai mai fatto.
Mi hai sempre data per scontata.
Io ero lì per te, sempre.
E tu mi amavi senza aver bisogno di dimostrarmi nulla.
Mi amavi e mi ignoravi. Forse non mi hai mai amata affatto.
Eppure sei qui.
Sei qui solo con me.
Forse so cosa hai desiderato nell’ultimo istante della tua vita.
I tuoi occhi sono colmi di lacrime, quelle stesse che prima sfogavi nel cuscino di tuo fratello.
Ora che tipo di lacrime sono?
Non c’è più paura nel tuo sguardo.
Chiedesti di rivedermi un’ultima volta, di tornare da me, vero?
Sei sempre più vicino, sempre più meravigliosamente morto.
Allunghi una mano verso il mio volto.
Lo sfiori.
Sento il tuo calore come lo sentivo prima.
Distante.
Ma importante.
Sento un enorme silenzio nella tua cassa toracica, ma una forte presenza nel nostro contatto.
E credo ci rendiamo conto nello stesso instante di ciò che abbiamo abbandonato tempo fa.
Muovi le labbra ma non emetti suono.
Ti sono mancata?
Ti sei pentito?
Non importa, non ha più importanza ora.
Penso a tuo fratello. Un’immagine improvvisa che leggo sul tuo volto.
Ci amava entrambi, più della sua stessa vita.
Quante volte ce lo ha detto? Quante volte nei suoi occhi.
Sta per arrivare, lo so.
Tu ancora no, altrimenti non saresti qui, non vorresti mai che gli accadesse questo.
Eppure.
Eccolo. Proprio in questo istante.
Lo vedi?
È sdraiato scompostamente, dietro di te.
Nella stessa stanza nera in cui ci troviamo.
È arrivato esattamente come sei arrivato tu.
Ci amava entrambi, ci ha perso entrambi.
Come abbiamo potuto fargli questo?
È stata colpa nostra, solo nostra.
Vero, tesoro?
Gli abbiamo fatto del male, credendo di farne solo a noi stessi.
Gli abbiamo lasciato in eredità la nostra infelicità.
Credo che il suo ultimo desiderio prima di uccidersi sia stato di poterci rivedere.
Tesoro.
Lo abbiamo ucciso noi.
Il suicidio non nasce e finisce in un attimo, il suicidio non ha distrutto solo noi due.
 
 
Fine.
   
 
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