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Autore: Francine    12/05/2016    3 recensioni
Toutes les grandes personnes ont d'abord été des enfants. (Mais peu d'entre elles s'en souviennent.)
(Antoine de Saint-Exupéry,
Le Petit Prince, dedica a Léon Werth, 1943)
[Note:Baby!Saint]
Genere: Avventura, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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XIII.
Ungi e frega, ogni male si dilegua.
(Gemini Saga, Gemini Kanon)


13 Maggio 1964


«Tutto bene, Bilis?»
«Sì», mente, sapendo di mentire, ché no, non va tutto bene. Non va bene per niente. Gli è entrata un po’ d’acqua di mare nell’orecchio – sempre il solito, il destro – e adesso gli fa male. Tanto male. Colpa di quello sciagurato di suo fratello, e delle sue nuotate fuori programma. Ma Vasilios non si azzarda a dirlo a Fotinê, , non per la sgridata che si beccherà, nemmeno arrivato a metà della spiegazione – della confessione – quanto perché Fotinê conosce un unico sistema per curare le otiti: un tampone d’ovatta imbevuto d’olio extravergine d’oliva tiepido.
Fosse per Fotinê, lei risolverebbe tutto con l’olio d’oliva, scottature e febbre alta incluse. Vasilios deve ammettere che, almeno per il mal d’orecchie, l’olio tiepido funziona a meraviglia. Una panacea. Però, c’è un però: Vasilios odia quel sistema. L’ovatta nell’orecchio è come una coccola piacevole, come un abbraccio di Fotinê quando lui si sveglia, in piena notte, reduce da un incubo – sempre lo stesso: il mare rapisce Viktoras.
Il problema dove sta? Nell’olio. Che cola, lungo il collo e sulle spalle. Ed è unto. «Certo, è olio!», ribatte Fotinê alle sue rimostranze, ma Vasilios proprio lo odia, quel rimedio. Ed è disposto a stringere i denti ancora un po’, piuttosto che sottoporsi a quella tortura. Passerà, si dice. Basterà asciugarsi bene l’orecchio e prenderci un po’ di sole, domani. Ma sa di starsi raccontando una bugia, e nemmeno tanto pietosa, ché l’orecchio destro gli fa un male cane e lo costringe a tenere la mascella serrata ed il collo rigido. Come se avesse ingoiato un palo della luce.
Fotinê torna a pelare le patate poco convinta.
Vasilios trattiene un sospiro, stornando lo sguardo ed incontrando gli occhi azzurri di suo fratello Viktoras. Che sta sorridendo. E questo no, non è un buon segno. Affatto.
Viktoras ha capito, eccome, e Viktoras sa quanto faccia schifo a Vasilios sentirsi unto ed appiccicaticcio perché anche lui odia quella sensazione. Però, qual è la cosa che Viktoras ama di più a questo mondo – dopo il mare, s’intende – ? La risposta è facile: mettere in croce suo fratello. Si diverte a tormentarlo, a ficcarlo nei guai dopo essersi fatto passare per lui. Così, Vasilios sa già cosa sta per fare il suo gemello, carne della sua carne e sangue del suo sangue: vuotare il sacco con Fotinê. Sputtanarlo, per dirla con Ioannis – e questo linguaggio Fotinê no, non lo gradirebbe affatto.
No. Non farlo. Non. Farlo.
Ma Viktoras sorride, il ghigno dell’aguzzino pronto a calare la mannaia sulla schiena della sua vittima, e dice: «Bilis ha male all’orecchio.».
«Non è vero!»
«Sì che è vero! Gli è entrata dell’acqua di mare, e adesso gli fa male.»
Fotinê posa il coltello sul tagliere, si asciuga le mani sul grembiule a fiori e si volta. Gli scocca uno sguardo che non lascia scampo, poi gli domanda: «È vero, quello che dice tuo fratello, Bilis?».
E Vasilios sa che è troppo tardi. Perché Fotinê sa. Ma vuole sentirlo dalla sua voce. Così, stringendo i denti e i pugni, Vasilios sputa fuori un arrabbiatissimo: «Sì!».
Fotinê mormora un «L’immaginavo», poi abbandona le patate sul tagliere e inizia ad armeggiare con un piccolo bricco di ceramica. Accende il fornello e mette a scaldare una lacrima d’olio extravergine d’oliva.
«Vik, vammi a prendere l’ovatta», dice. E Viktoras esegue, uscendo dalla cucina con un ghigno di quelli che chiamano i pugni come i fiori le api. E Vasilios vorrebbe tanto tanto tanto fargli saltare anche l’incisivo – quello che deve ancora cadere – così da cancellare quel sorriso odioso. Ma Vasilios ha paura che quella cosa succeda di nuovo. E non vuole che Fotinê si spaventi o si faccia male. Quando quello scoglio in spiaggia è esploso – e suo fratello è rimasto a bocca aperta – si sono così spaventati da farsela sotto. E hanno concordato, Viktoras e lui, di non parlarne mai. Con nessuno. Fotinê inclusa. «Sarà il nostro segreto», gli ha detto Viktoras, e lui non è come il suo gemello. Lui non sputtana gli altri.
Quando suo fratello rientra, l’ovatta tra le mani, quel sorriso è ancora più indisponente.
«Ecco qui», dice, passando la scatola a Fotinê, che la prende senza degnarlo di uno sguardo. Gongola, l’infame, perché suo fratello passerà le pene dell’inferno, e lui no. Ma ha fatto i conti senza l’oste, Viktoras, ché domani mattina, in spiaggia, Vasilios gliele suonerà di santa ragione. Oh, se lo farà. Certo che lo farà. Sicuro. Come il sole sorge ad est.
Fotinê intinge un batuffolo d’ovatta nell’olio tiepido, ne saggia il calore sull’avambraccio, e poi lo chiama. «Bilis, vieni qui.»
E lui obbedisce.
E l’olio fa schifo.
È come avere i vestiti bagnati incollati addosso, solo che i vestiti, di solito, non sono unti. Non colano. E vedere suo fratello ridere di lui non aiuta. Anzi.
Viktoras lo indica, come si fa con le cose bizzarre o coi pazzi, ride e sghignazza, una mano sulla pancia e il trionfo negli occhi, fino a quando Fotinê non infila un altro batuffolo d’ovatta imbevuto d’olio nel suo orecchio.
Viktoras s’immobilizza, come se l’avessero centrato in pieno con una secchiata d’acqua ghiacciata.
«Perché?», chiede, lo sguardo spaesato che ti lascia uno schiaffo a mano aperta sulla guancia.
«La nuotata l’avete fatta in due. Vero?»
«Sì, ma…»
«Tieni, metti a posto. E non azzardarti a togliere quel batuffolo», gli intima Fotinê, mettendo il bricco nel lavandino e riprendendo a tagliare le patate.
Viktoras ringhia. Puzza di revolverate lontano un miglio, ed esce dalla cucina scalciando, con la scatola dell’ovatta tra le dita e qualche insulto tra i denti, ché Fotinê sarebbe capace di lavargli la lingua col sapone.
Vasiolos lo vede andarsene, fosco come un temporale, e rivolge a Fotinê un sincero: «Anche a lui?».
«Prevenire è meglio che curare. Lo dice anche la pubblicità.»
«E?»
«E così tuo fratello imparerà che fare la spia non è una bella cosa.»
Vasilios sorride. All’improvviso, l’olio d’oliva nell’orecchio non fa più così schifo come prima.

 



Saint Seiya, ® Masami Kurumada, Toei Animation, 1986. Disegno: Korin2b. Grafica ® Francine.

Note:
Ammetto che il tema giallo mi ha fatto penare non poco.
Il titolo del capitolo è un proverbio marchigiano.
Bilis è il diminutivo di Vasilios - che è il nome che ho affibbiato a Saga - mentre Vik è il diminutivo di Viktoras - alias Kanon.
Non so cosa direbbe un otorinolaringoiatra circa l'uso dell'olio tiepido per curare l'otite. Io posso dire che funziona. E che mia nonna paterna era un po' come Fotinê.
Alla prossima!
   
 
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