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Autore: Blue Eich    12/05/2016    4 recensioni
Poteva essere uno degli innumerevoli cadaveri senza nome che non era difficile trovare e contribuivano ad appestare l'aria, come le guardie che lui stesso eliminava dall'ombra, all'occorrenza. Ma c'era anche una bambina, molto piccola, coi pugnetti stretti e gli occhi fissi sulla madre.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu vaux mieux que ça

 

Era una mattina di novembre come un'altra. S'udivano spesso i nitriti dei cavalli al galoppo e i loro zoccoli che pestavano ritmicamente il terreno, accompagnando le carrozze. Arno si trascinava per le strade parigine, soffuse da una leggera foschia che s'insinuava anche nei vicoli più reconditi. Rivolgeva lo sguardo al basso, senza una meta, stringendo il freddo collo della bottiglia che si portava gelosamente appresso, reduce da una brutta sbronza. Tutti lo guardavano di sbieco, con disprezzo, tenendosi a distanza: ormai aveva di nuovo la fama di beone e la gente non voleva guai. Sapeva di essere patetico, ecco a cos'era dovuto il sorriso amaro sulle sue labbra, mentre arrancava con la testa pulsante – come se all'interno avesse un perfido omino che, ogni tanto, si divertiva a dargli colpi col martello.

Sei migliore di così.

Si arrestò barcollando, per poi estraniarsi dal chiacchierio sommesso proveniente dalla calca di persone che andavano e venivano. Rimase immobile, a bocca serrata, a riflettere sulle parole che Élise gli aveva rivolto l'ultima volta che si era buttato giù in quel modo, affogando nel vino il suo dolore intangibile, una ferita scavata in profondità che gli bruciava terribilmente dentro. Strinse i denti, sopportando una nuova scarica d'emicrania. Gli annebbiava un po' la mente, allo stesso modo in cui quell'insidiosa cortina madreperlacea avvolgeva le vie della capitale francese.

Udì d'improvviso un urlo di donna, uno di quegli inconfondibili urli di puro terrore, mozzati da un affondo fatale. Svoltò all'angolo con una breve corsa, trovandosi ad assistere a una scena che gli fece sgranare gli occhi e allentare la presa sulla bottiglia, che lasciò placidamente cadere al suolo.

Una signora esangue giaceva per terra, con la bocca aperta e le pupille focalizzate sull'ultimo istante che avevano visto. Era difficile intuire la sua età, ma non era che una semplice borghese, dall'umiltà degli abiti. Non aveva nulla con sé, perciò era probabile che dei banditi l'avessero derubata. Era stata uccisa in pochi secondi, infatti una chiazza scura ancora si allargava sul suo petto, macchiando la stoffa di poca qualità. Poteva essere uno degli innumerevoli cadaveri senza nome che non era difficile trovare e contribuivano ad appestare l'aria, come le guardie che lui stesso eliminava dall'ombra, all'occorrenza. Ma c'era anche una bambina, molto piccola, coi pugnetti stretti e gli occhi fissi sulla madre. Cosa fai, maman? Perché non ti alzi più? Voglio andare a casa. Ecco cosa esprimeva l'anima innocente di quella creatura a cui la morte era ignota, perciò si limitava a osservare il corpo in paziente attesa – un'attesa senza fine.

Arno, a quella vista, sentì una fitta al cuore. Ripercorse lo scenario dell'uccisione di suo padre: tutti i nobili nella sala che proferivano commenti di sdegno, il suo smarrimento da ragazzino che non voleva accettare subito quella verità mostruosa, poi la mano del signor de la Serre che gli si posava sulla spalla, rassicurandolo.

Trascorse alcuni istanti assorto nei ricordi, mentre una schiera di gendarmi in divisa blu passava correndo. Uno di loro urtò bruscamente la bimba, che perse l'equilibrio e cadde su una pozzanghera vicina, sporcandosi il vestito. Restò lì, con le mani minute a sfiorare l'acqua fangosa e le gambe divaricate, prendendo a piangere disperatamente per sfogarsi.

Sei migliore di così, Arno.

Di nuovo la voce del suo amore, che gli diede la forza di camminare in quella direzione, di cambiare una vita condannata. Ignorando il pianto che si protraeva, si chinò accanto alla piccola. Si tolse il classico cappuccio da assassino, in modo da sembrare meno losco. Poi abbozzò un sorriso sotto la barba incolta, dando inevitabilmente sfoggio dei suoi denti ingialliti dall'alcol. Di sicuro non appariva molto affidabile. «Bonjour, petite» salutò, con voce involutamente gutturale, ma dolce.

La bambina stette a fissarlo, singhiozzando più piano. Arno, a quel punto, le accarezzò i capelli di un candido rosso rubino, mossi come onde del mare, identici a quelli della sua Élise. Che fosse un segno? Era indifesa, alta poco più di settanta centimetri e non in grado di parlare. Aveva bisogno di un padre, di una guida, di affetto. Le posò un bacio sulla fronte, delicato e intriso di solennità, come per ribattezzarla. «Da oggi, il tuo nome sarà Élise Dorian» sussurrò, prendendola tra le braccia. «Mi occuperò io di te.»

La piccola, ancora col terrore nelle iridi d'un vivace azzurro, si aggrappò alla veste elegante seppur sciupata di quel signore dall'aspetto fiero come un leone e pervaso di un odore asprigno. Appoggiò il viso rigato di stille al suo torace mascolino. Il ragazzo stava sentendo crescere in sé la voglia di vivere. Adesso aveva di nuovo una ragione per farlo.

Questo è l'Arno che conosco.

Si sentì risuonare quella frase nella mente, beandosi del suono di quella voce limpida come il più cristallino dei ruscelli. L'abbozzo di un sorriso gli comparve sul volto. “Ti amerò sempre, Élise.

 

 

 

Angolo Autrice
Salve!
Ho cominciato ad appassionarmi alla saga da Unity, perciò ho voluto tributare la mia coppia preferita. Volevo dare ad Arno una ragione per vivere senza Élise, dandogli la possibilità di crescere un orfano – che, non a caso, somiglia molto alla sua amata – come ha fatto con lui la famiglia de la Serre. Spero sia un esperimento ben riuscito :)
Alla prossima.
-H.H.-
P.S. Non sono sicura sul titolo, il mio francese è molto scarso: se è sbagliato, vi prego di correggermi.

 

   
 
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