Questa storia si
è classificata
PRIMA al Contest "Dal
Pennello alla Tastiera" , indetto da Hotaru sul Forum di EFP, e ottava al "Multifandom Contest II - AU - Storie edite e non, indetto da ro-chan ed Emiko92.
Dovevamo scrivere una fanfiction che
s'ispirasse ad un dipinto presente nella lista fornitaci dalla giudice.
Il quadro a cui mi si ispirata è questo:
L'Impero della Luce, di René Magritte.
Che dire... sono troppo felice!
Ringrazio Hotaru e le altre partecipanti, con tanti complimenti a
tutte, e soprattutto alle mie compagne di podio. ^^
Vi auguro buona lettura!
~ ~ ~
Egli
abitava in quel luogo, era stata Sakura a dirglielo.
In
quella casa al di là del lago, dove la luce del sole non
giungeva mai.
Solo
una finestra illuminata e un lampione sulla riva, che proiettava la
propria immagine nell'acqua limpida.
Non
capiva esattamente perché, eppure avrebbe voluto riflettersi
in quel meraviglioso specchio naturale; osservare la sua figura
danzare stretta a quella di colui che, con un solo sguardo, l'aveva
rapita...
...e mai più lasciata andare.
Quella casa sulla riva del lago ~
<
Ehi, Ino, a che stai pensando? > domandò Sakura, accortasi
che l'amica, negli ultimi tempi, era oltremodo strana; aveva quasi
costantemente la testa fra le nuvole, e il suo sguardo era spesso e
volentieri rivolto alla casa sul lago.
Quel
posto era tabù. I genitori avevano ordinato loro di non
avvicinarsi mai a quella villa dall'aspetto inquietante nella quale,
secondo le voci che giravano, abitava un uomo pericoloso.
Le
due ragazze l'avevano
visto,
pochi giorni prima, quando si erano trasferite lì vicino con
le proprie famiglie, e
prese dalla curiosità si erano avvicinate alla casa
;
in effetti, quel tizio aveva un'aria strana. Sì, quella era
la
parola giusta per definire il suo aspetto inquietante ed affascinante
allo stesso tempo. Possedeva capelli corvini ed occhi di smeraldo, e
pelle olivastra; diverse cicatrici caratterizzavano il suo volto, e
spesso Ino si era chiesta come se le fosse procurate. Nonostante
ciò,
pero', non riusciva a non trovarlo attraente.
<
Devi lasciar perdere quello lì... è un poco di
buono,
ed inoltre è un vecchietto... > tentò di
persuaderla, ridacchiando sotto i baffi.
Da
un lato era quasi felice dell'interessamento della bionda verso
quello sconosciuto, in quel modo lei avrebbe potuto avere campo
libero con Sasuke, il ragazzo più desiderato del paese;
dall'altro, pero', un po' preoccupata lo era sul serio, anche se
cercava di non darlo a vedere.
Lei
ed Ino erano amiche d'infanzia, anche se spesso e volentieri si
ritrovavano a litigare per i motivi più disparati;
soprattutto, Sakura non sopportava quando si sentiva chiamare col
fastidioso epiteto di “ fronte spaziosa ”.
<
Dì un po', che ti salta in mente, fronte spaziosa? Non
potrei
mai interessarmi ad uno come quello! Ho gusti decisamente migliori...
> si vantò, sistemandosi la lunga coda di cavallo.
<
Sasuke? >
<
A-ha. La cosa ti crea problemi? > domandò,
punzecchiandola.
L'altra
sbuffò in risposta, dopodiché si
rattristò. Si
rattristò perché sapeva bene, che Ino stava
mentendo.
Agli altri e a sé stessa.
Era
come se quella casa la stesse chiamando; ricordò d'aver
visto,
durante una gita scolastica, un quadro che pareva quasi raffigurare
quella stessa abitazione, in un museo di cui non rimembrava il nome.
Era rimasta affascinata da quell'immagine così evocativa, e
non l'aveva mai dimenticata. Adesso se la ritrovava davanti agli
occhi, con un'unica differenza: spesso e volentieri, a quella
finestra, si affacciava qualcuno.
Ino
era testarda, e un giorno decise di farlo; si
recò
dall'altra parte del lago, attraversando la foresta che circondava la
grande casa, dove pochi nel corso degli anni si erano avventurati. Si
narrava di spiriti che, secondo i vecchi abitanti del posto, vi
vivevano, e di strano urla che si potevano udire di notte. Ma lei era
sprezzante del pericolo, e non credeva nell'esistenza di creature
sovrannaturali. La vita le aveva insegnato che, anche se a volte non
lo si vorrebbe, la cruda realtà comanda ogni cosa. Se n'era
resa conto quando aveva trovato il coraggio di dichiararsi a Sasuke;
non tutto andava come nei sogni. Non tutto poteva essere perfetto.
Ma, quella sera, decise comunque di regalarsi un brivido.
La
foresta era silenziosa, si udiva solamente il fruscio delle foglie
mosse dal leggero venticello; la fitta vegetazione affascinò
la ragazza, dal momento che lei stessa, assieme ai suoi genitori,
gestiva un piccolo negozio di fiori e piante. Si guardò
attorno rapita, con gli occhi spalancati: perché mai quel
Paradiso avrebbe dovuto essere pericoloso?
Continuò
a camminare, finché non scorse le mura della villa; da
vicino
era ancora più imponente. Rimase per un po' a fissarla, e
dopo
poco accorse che qualcuno, affacciato alla grande finestra, stava
facendo lo stesso con lei, senza proferire parola. Era lui? Si
trattava dell'uomo misterioso che tanto la attraeva? Oppure oltre a
lui ci abitava qualcun altro, in quella casa?
Si
strinse nel pullover che indossava, indecisa sul da farsi.
Pensò
che forse avrebbe dato fastidio, che sarebbe stato meglio se non si
fosse mai recata lì, ma ormai non poteva tornare indietro.
Si
avvicinò, lasciandosi coccolare dalla tenue luce del
lampione
che illuminava una delle pareti dell'abitazione, e due finestre
costantemente chiuse.
<
Che ci fai qui? > tuonò una voce che la fece
sussultare.
Alzò
lo sguardo e lui era lì, con occhi severi, e la stava
osservando. La ragazza, impaurita, indietreggiò di qualche
passo, rischiando quasi di cadere in acqua.
Che
cosa poteva dirgli? La verità era che si sentiva
dannatamente
attratta da lui, ma non poteva certo urlarglielo in tutta
tranquillità.
<
Io... >
Aveva
appena iniziato a parlare, quando si accorse che affacciato alla
finestra non c'era più nessuno. Fu colta dal panico,
constatando che, evidentemente, il tizio stava scendendo e andando da
lei; ebbe l'impulso di fuggire, ma venne immediatamente bloccata.
L'uomo era già dietro di lei, e le aveva posato la mano su
una
spalla, fissandola con sguardo torvo.
<
Mi dispiace! Me ne vado subito, ma non fatemi del male! > lo
supplicò, terrorizzata.
Forse
era vero, quello che aveva detto Sakura. Forse era un poco di buono,
e lei era stata maledettamente ingenua.
Tentò
di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di bagnarle le
belle guance, scostando gli occhi da quelli smeraldini dell'altro.
<
Aspetta... > sussurrò lui, < ...tu non sei
pericolosa...
puoi restare. >
Ino
strabuzzò gli occhi. Cos'è che aveva detto? Non
ci
stava capendo più nulla.
<
Come...? >
<
Pensavo fossi una di loro... ma evidentemente sei
mortale. >
<
Loro... chi? > domandò, incuriosita.
<
E' una lunga storia... > rispose lui.
La
sua voce era profonda e sensuale, tanto che un brivido percorse la
schiena di Ino, a quelle parole; si rendeva conto che quella passione
era totalmente sbagliata, che non sapeva nulla di lui... eppure non
riusciva a fare a meno di desiderarlo. Voleva sentire quella storia,
voleva sapere tutto del suo passato.
<
Come vi chiamate? >
Tuttavia
riuscì a chiedere solo questo, con tono profondo rispetto;
sentiva che in lui c'era qualcosa di strano, non sapeva cosa ma
c'era... pero', si convinse che non poteva essere malvagio.
<
Kakuzu. >
“ Caspita,
che tipo loquace! ” pensò lei,
trattenendo una risata.
<
Io sono Ino. Ino Yamanaka, piacere. >
<
Ti ho vista altre volte. > asserì l'uomo, e lei
annuì,
sorridendo. < Allora, vuoi dirmi perché sei venuta
qui? >
domandò di nuovo.
<
Io... ero curiosa di vedere questa casa da vicino! Questo posto mi ha
sempre affascinata! > mentì, mantenendo il sorriso
sulle
rosee labbra.
<
Uhm... sai quel che rischi, restando qui? >
A
quella domanda la ragazza trasalì. Cosa intendeva, con
quelle
parole? Oltretutto, pronunciate con la massima calma, quasi come se
fossero prive di significato.
<
Che cosa... intendete dire? >
La
voce tremava. Non riusciva a sondare quell'individuo, mai prima
d'allora aveva incontrato qualcuno come lui.
<
Io sono un figlio della notte. Io potrei tenerti al mio fianco per
l'eternità, se lo volessi. Riesci a capire? >
No
che non capiva. Che cosa diavolo stava blaterando?
<
In verità, no... >
<
Seguimi... > le ordinò, guardandola nelle grandi
pozze blu
ancora lucide, attraverso le quali poteva leggere senza
difficoltà
alcuna il suo stato d'animo; terrore, misto ad attrazione.
Era
così semplice, per quelli come lui, capire cosa gli umani
pensassero. Essi non erano altro che libri aperti, completamente alla
loro mercé.
La
ragazza non disse nulla, si limitò a seguirlo, voltandosi
più
volte indietro, come a voler chiedere aiuto a chi, purtroppo,
lì
non c'era. Pero' c'era qualcosa che la spingeva a dare ascolto a
Kakuzu, lo stesso istinto che l'aveva guidata fin lì. Ecco
la
parola giusta: istinto. Quello primordiale, che ci
fa
commettere azioni spesso sbagliate, ma inevitabili.
L'uomo
la strinse fra le braccia, e lei sussultò, arrossendo in
viso;
che intenzioni aveva? Dunque era veramente un maniaco?
<
Stai calma, non ti farò del male. > la
tranquillizzò,
un attimo prima di librarsi nell'aria, con la giovane aggrappata a
lui spasmodicamente per la paura di cadere.
<
Che sta succedendo? Com'è possibile? >
urlò Ino,
quando i suoi piedi si ritrovarono a qualche metro dal suolo.
“ Gli
esseri umani non sono in grado di fare una cosa simile... ”
pensò,
“ ...le ipotesi sono due: o sto sognando, o questo tizio non
è
affatto umano! ” constatò poi, ripensando a
ciò che
lui le aveva detto pochi minuti prima.
“ Pensavo
fossi una di loro... ma evidentemente sei mortale. ”
Loro.
Rimaneva da capire chi fossero loro. E,
soprattutto, perché
mai tutto ciò stesse accadendo a lei; proprio a lei, che mai
aveva creduto nella magia o nelle credenze popolari.
Giunsero
di fronte alla grande finestra e Kakuzu la aprì, entrando,
lasciando poi andare la ragazza; ella si guardò attorno,
ammirando l'enorme camera in cui si trovava. V'erano un letto
matrimoniale a baldacchino, un armadio, un comodino, e perfino un
divano. Con la bocca spalancata per lo stupore, squadrò ogni
angolo della stanza, strabiliata.
<
E' bellissimo... > commentò, mentre l'uomo si sedeva
sul
divano color cremisi, senza staccare gli occhi da lei.
<
Quando ti trovi qui, costretto a rimanere nascosto per non rischiare
la tua vita... non è più tanto bello. >
disse lui,
con la solita calma, ma anche con rabbia.
<
Cosa vuoi dire? >
<
Voglio dire che odio, stare rinchiuso qui. In questo posto assurdo,
che tutto cela, che tutto rapisce. Anche tu sei stata tentata e
rapita dalla luce, giusto? >
<
Io non sono stata rapita da niente e nessuno. Io sono venuta qui
perché volevo conoscerti meglio! >
esclamò,
maledicendosi subito dopo.
Aveva
urlato ai quattro venti quel che realmente pensava, proprio di fronte
al diretto interessato. Questi, pero', non parve sorpreso dalla
rivelazione
<
Io lo sapevo, per questo ti ho detto che è pericoloso
restare
qui. Ma ormai, è troppo tardi. >
sentenziò,
alzandosi in piedi, avvicinandosi al mortale corpo che gli aveva
rivolto quelle rischiose attenzioni.
La
guardò. Era bella, dannatamente bella. I suoi capelli
avevano
il colore dell'oro più puro; quell'oro che, quand'era ancora
mortale, aveva amato più di qualsiasi cosa. Quel bene che lo
aveva portato alla distruzione, attraverso una lenta agonia.
Gli
occhi erano di cielo, quello più azzurro privo di nuvole,
che
non gli era più concesso ammirare, da quel maledetto giorno
d'estate.
La
bocca di rosa, sicuramente morbida, era socchiusa e tremava un poco;
la più affascinante visione.
Il
suo corpo era formoso e praticamente perfetto, le gambe erano lunghe
e slanciate, la schiena sinuosa e il seno prosperoso. Un angelo. Un
angelo che stava per essere corrotto da una forza oscura, impossibile
da controllare. Un angelo caduto, le cui ali stavano per essere
irrimediabilmente spezzate.
La
strinse, ne sentì il profumo; odorava di fiori. La sua pelle
era nivea e soffice, le accarezzò le braccia lentamente,
mentre lei si abbandonava a quei tocchi tanto dolci quanto sbagliati.
Si era cacciata in un guaio, e se ne rendeva perfettamente conto; ma,
come lo stesso Kakuzu aveva detto, ormai era troppo tardi.
<
Sono il cacciatore, e tu la mia preda... >
Ino
ebbe paura. Non aveva capito cosa egli avesse in mente, ma sapeva di
essere in pericolo di vita.
<
...o la mia regina. >
La
bionda strabuzzò gli occhi, incredula. Regina?
<
Che... significa? >
<
Se mi lascerai bere il tuo sangue... potrei far di te un mio simile.
Ti alletta l'idea di vivere in eterno? >
L'eternità,
effimero sogno di molte creature viventi. L'eternità, un
dono
che le si era presentato così, inaspettatamente. Un dono che
attendeva soltanto lei, riservato a lei.
Lasciarsi
alle spalle l'umile attività di famiglia, un bastardo di
nome
Sasuke, un paese che odiava, Sakura. Già, Sakura... e dire
che
l'aveva avvertita, le aveva chiaramente detto che non era il caso di
recarsi in quel luogo.
Ma,
forse, il suo destino non era quello che i suoi genitori volevano
costruire per lei. Si dice spesso che l'uomo ne sia l'artefice, ma il
fato bussa alla tua porta quando meno te l'aspetti. E poi è
come una tempesta, non puoi aggirarla, non puoi salvarti. Devi
rassegnarti, e basta.
Baciò
quelle labbra, con dolcezza, nutrendosi del suo respiro, che si era
fatto un poco più affannoso; erano ruvide, ma lei se le era
immaginate proprio così. E per questo le piacevano;
perché
erano vere, non come quelle dei dipinti che raffiguravano creature
come lui. Quelle erano perfette, inumane, troppo belle per essere
reali. Kakuzu invece era reale eccome, e nonostante il suo cuore non
battesse, era vivo; lo sentiva, era vivo grazie a lei.
<
Portami con te... >
Solo
questo riuscì a dire, prima che le sue palpebre si
chiudessero
sulla cruda realtà che la circondava.
Plic.
Plic.
Rumore
di gocce che cadono.
Che
cadono, sulla riva del lago.
<
Un pianta non potrà mai germogliare. Un fiore non
potrà
mai sbocciare, in questo luogo. >
<
E allora perché annaffi quella radice ormai morta? >
<
Perché il sole, qui, non penetra mai? >
<
Ha importanza, per te? >
<
No. >
Ino
sorrideva, anche se non avrebbe mai più potuto vedere la
luce
del sole. Avvolta in un candido abito bianco, sorrideva. Kakuzu
l'osservava rapito, mentre ella danzava sotto la luce del lampione, e
guardava la propria immagine riflessa nel lago. La abbracciò
poi.
La
abbracciò, e realizzò il desiderio d'un angelo.
~ ~ ~
<
Sasuke-kun, tu credi nell'esistenza dei fantasmi? O, che so... degli
angeli. > domandò Sakura, malinconica. La sparizione
improvvisa della sua migliore amica l'aveva spinta a credere in
qualcosa che forse, a dispetto di quel che gli altri dicevano,
esisteva davvero.
<
Stai scherzando? Sono tutte ignobili stupidaggini! >
<
Tu dici? >
Eppure
era convinta d'aver visto un angelo biondo danzare felice fra le
braccia del suo amato...
...sulla riva del lago.
Fine ~
Il titolo si rifà a diversi classici del cinema horror ( vedi: “ Quel Motel vicino alla Palude ” o
“ L'ultima Casa sulla Sinistra ”, per fare qualche esempio ), l'ho trovato evocativo e adatto a questo genere di storia.
Sono consapevole del fatto che la storia presenta un po' di OOC, ma spero che la caratterizzazione dei personaggi risulti comunque gradevole.
Detto questo... commentino piccolo piccolo? *-*