~ Cet Amour ~
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Cet amour qui
faisait peur aux autres
Qui les faisait parler
Qui les faisait blêmir
Cet amour guetté
Parce que nous les guettions
Traqué blessé piétiné achevé nié oublié
Parce que nous l'avons traqué blessé piétiné achevé nié oublié
Cet amour tout entier
Si vivant encore -
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Questo
amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perché noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo -
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“Cet
Amour”
Jacques Prévert -
Prologo
Azkaban, dicembre 1981.
“Chi
è?” Domandò, flebilmente. Serrò le dita
attorno alle sbarre, stringendo il metallo gelido. “Chi è
che è arrivato per farsi una vacanza?” La sua voce
conservava una nota beffarda, ma quasi due mesi di prigionia
l'avevano affievolita fino a farla quasi scomparire.
Dalle altre
celle si levò un mormorio concitato, spezzato da urla e
lamenti: chi non si era ancora arreso alla legge di Azkaban cercava
di informarsi sull'identità dei nuovi prigionieri.
Volevano,
dovevano
sapere.
Sentire un nome famoso, riconoscere un volto impaurito era
l'unico modo per mantenere un contatto con il mondo esterno.
“Chi
è?” Ripeté, con meno convinzione. Ogni gesto lo
stancava, ogni parola che pronunciava lo faceva sprofondare in un
torpore a tinte cupe.
“Forse... Forse è il mio amico
Ministro!” Gridò una donna. “Quel figlio di
puttana... Quel figlio di puttana...” Presto anche la sua voce
si spense, inghiottita dal buio.
Li
vide passare dopo qualche minuto, un corteo silenzioso fra due
Dissennatori. Tre uomini e una donna, tutti sotto i quarant'anni.
Camminavano senza fretta, con un orgoglio ostentato che si faceva
somigliare a soldatini schierati su una mensola.
Death
Eaters.
Sapeva riconoscerli, poteva quasi fiutare il tanfo di
sangue che li circondava come un sudario. Chissà quante
persone hanno ucciso, pensò amaramente.
Lei era l'ultima
della fila, e la più altera. Aveva il cappuccio abbassato, e
capelli neri che le arrivavano a metà schiena. I suoi occhi
brillavano di una luce folle, violenta, di una passione che aveva
letto in un solo sguardo prima di allora.
Quando passarono davanti
alla sua cella la giovane si voltò, come guidata da una forza
invisibile, e puntò quegli occhi arroventati sul suo viso.
Sirius
sentì un conato di vomito assalirlo, e si accasciò sul
pavimento sudicio, raccogliendo le ginocchia al petto.
Non si era
fermata, incalzata dal Dissennatore alle sue spalle, ma l'espressione
che per un istante si era dipinta su quel volto era un misto di
sorpresa, crudele soddisfazione e rimpianto.
Rimpianto.
Non
era riuscita a nasconderlo.
Cercò di controllare l'angoscia
che lo attanagliava, e chiuse gli occhi.
Dopo cinque anni, si rese conto di non essere riuscito nemmeno a scalfire il ricordo di Bellatrix.
* * * * *
Grimmauld Place, agosto 1995.
“Tu
sei scappato di casa?”
Di fronte all'espressione stupita di
Harry dovette trattenere una risata divertita: a quindici anni aveva
affrontato più vicissitudini di molti maghi adulti, eppure
aveva conservato un'ingenuità disarmante. “Avevo quasi
sedici anni” Spiegò. “Non ne potevo più”
“Dove
sei andato?”
“Da tuo padre” Rispose, lo sguardo
velato di malinconia.
Harry gli posò una mano sul braccio e
rimase in silenzio per alcuni minuti, come se non volesse
intromettersi fra i suoi ricordi.
Era
fuggito perché, recluso nella sua stessa casa, aveva
finalmente capito che un legame di sangue, solo
un legame di sangue, non sarebbe mai stato sufficiente per fargli
amare la sua famiglia. Ma il senso di estraneità che lo
assaliva ogni volta che entrava in una delle ville dei Black, o
quando si sforzava di apprezzare le poche righe sterili che i suoi
genitori gli scrivevano, era solo la punta dell'iceberg.
Il motivo
principale che l'aveva spinto a bussare a casa Potter, quella mattina
di fine agosto, era un altro, nascosto solo la superficie liscia e
scura delle acque.
Un segreto custodito a fatica per quasi
vent'anni, che, suo malgrado, ancora lo legava a persone che avrebbe
voluto cancellare per sempre dalla sua vita.
“Non
mi hai mai detto che è tua...”
“E' importante
che sia mia cugina? Per quanto mi riguarda, non è la mia
famiglia. Lei di
sicuro non fa parte della mia famiglia” Lui stesso si stupì
del suo tono brusco, di tutto il rancore che ancora trapelava da
quelle parole. Harry gli rivolse uno sguardo allarmato, consapevole
di aver sollevato un argomento delicato. “Non la vedo da quando
avevo la tua età, tranne che di sfuggita quando è
arrivata ad Azkaban. Credi che sia orgoglioso di avere una parente
come lei?”
No, non lo era. Eppure c'era stato un periodo,
quando era piccolo, in cui Bellatrix gli sembrava una dea. Era di
nove anni più grande, usava la bacchetta con un'abilità
sorprendente, frequentava Hogwarts con profitto.
La ammirava e la
temeva, limitandosi ad osservarla da lontano per paura di rovinare
l'aura che la circondava.
“Scusa. Non volevo... Ero solo
sorpreso, tutto qui...” Harry si passò una mano fra i
capelli, imbarazzato.
“Non importa, non scusarti”
Rispose, cercando di sorridere e di ignorare la fitta che gli
attanagliava il petto.
* * * * *
Spinner's End, luglio 1996.
“Il
mio unico figlio... Il mio unico figlio...” Narcissa continuava
a piangere, le dita tremanti a coprire il volto.
“Dovresti
esserne fiera! Se avessi dei figli, sarei lieta di offrirli al
Signore Oscuro!” Bellatrix le lanciò uno sguardo colmo
di rimprovero, e lei iniziò a singhiozzare ancora più
intensamente.
Camminavano
a passo sostenuto, gli occhi puntati a terra.
“Bella?”
“Cosa
c'è? Hai ottenuto quello che volevi, dovresti essere
contenta”
“Ti sei mai pentita?” Domandò,
incerta.
Bellatrix si fermò, voltandosi per guardare la
donna che le stava di fianco. “Cosa vuoi dire?”
“Lo
sai benissimo”
“Non mi sono mai pentita, non fare
domande stupide” Riprese a camminare, ancora più in
fretta.
Narcissa rimase immobile ad osservare la sagoma vestita di
scuro della sorella, e sospirò.
* * * * *
NOTE
Ok,
sono impazzita del tutto. Tentare di scrivere una storia a capitoli,
dopo non so quante flash e drabbles, è decisamente una follia.
E la trama stessa è assurda, ma del resto questo è da
mettere in conto quando si parla del mio cervello bacato e della
famiglia Black XD
L'idea mi è venuta pochi giorni fa, in un
pomeriggio che avrei dovuto passare sui libri e non a buttare giù
qualche foglio con gli avvenimenti principali della fic. Non so se
riuscirò a finirla, non so se gli aggiornamenti saranno
regolari, ma non ho resistito... Almeno il prologo dovevo postarlo
^^'
I dialoghi tra Sirius ed Harry sono degli estratti dal quinto libro, e le poche righe tra Narcissa e Bellatrix sono prese dal sesto (mentre sono a casa di Snape)
Che
dire, spero di avervi almeno incuriosito... Alla prossima!
_ Flea
_
PS. Un paio di capitoli sono già scritti, quindi per le prossime due settimane l'aggiornamento è praticamente sicuro ;)