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Autore: Eliessa    14/05/2016    3 recensioni
Boston. Hoyt, il tagliatore di gole era tornato.
Il suo obiettivo era la detective della omicidi di Boston Jane Rizzoli, l’unica donna che non era riuscito ad uccidere.
Riuscirà Jane a prendere Hoyt prima che lui l’uccida?
Riusciranno la sua famiglia, i suoi amici e soprattutto Maura a starle accanto?
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Jane Rizzoli, Maura Isles, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 2


Hoyt era tornato. Riusciva a perseguitare Jane, sapeva come farle avere paura. Aveva capito come fare per tenerla in pugno, per toglierle il sonno. Era riuscito a diventare l’unico pensiero fisso della sua amata ed allo stesso tempo tanto odiata Jane.
Era passato un mese. Un mese pieno di ansia, paura, indagini che non portavano a niente… Era passato un mese eppure sembrava una vita.
I detective della polizia di Boston stavano dando la caccia ad un fantasma.
Erano le otto di una fredda sera di novembre quando Korsak e Frost convinsero Jane a staccarsi dalla sua scrivania.
-Tra cinque minuti vado via, giuro!- esclamò Jane.
-Questi cinque minuti non ti servono a niente. Non troverai Hoyt. Puoi continuare domani mattina. Va a casa.- continuò Korsak.
-Ha ragione.- replicò Frost. –Dai ti offro un passaggio fino a casa.-
-Prenderò un taxi, non c’è bisogno della scorta.-
-Il mio era solo un semplice passaggio, poi se vuoi fartela a piedi fino a casa con questo freddo, beh…-
-Ok, ok. Grazie.-
aggiunse dopo qualche secondo sorridendogli. In fondo aveva ragione, gli aveva soltanto offerto gentilmente un passaggio fino a casa.
-Scommetto che se al posto nostro ci fosse stata Maura non avesti fatto tante storie. Tu che dici Korsak?-
-Ma Maura ora non c’è. A quest’ora sarà in viaggio di ritorno dal convegno.-
finì di dire Jane.
-Dai andiamo.- suggerì Frost. –Korsak, vieni anche tu?-
-Arrivo.-
-Ora le guardie sono due?-
-Ehi signorina, ho la macchina rotta, lo hai dimenticato?-
-Nossignore, andiamo su. Ah e per tua informazione stavo scherzando. Lo so volete essere solo gentili con me, ma non ci sono abituata.-
-E ti abituerai allora, andiamo.-
I tre poliziotti uscirono dalla centrale ed entrarono nel parcheggio sotterraneo dove Frost teneva l’auto. Mentre stavano raggiungendo l’appartamento di Jane a lei venne l’idea di improvvisare una cena a casa sua.
-Ragazzi stavo pensando che nel frigo ho qualche birra, che dite se prendiamo le pizze e mi aiutate a finirle?-
-Io ci sto.-
disse Frost.
-Beh, non rinuncerei mai ad una birra ed una pizza.-
-Allora Frost, al prossimo incrocio gira a sinistra, ci fermiamo da “Mario”.-
E così Frost si fermò da Mario. Jane andò a prendere tre pizze una ai funghi, una al salame e una ai wurstel mente i due uomini l’aspettarono un macchina. Una decina di minuti e la donna era già di ritorno e in meno di cinque erano già sotto casa di Jane.  I tre salirono insieme nell’appartamento e una volta arrivati li Korsak e Frost erano già a loro agio, era come se fossero a casa loro. Iniziarono a togliersi le giacche e mentre Frost sistemava le pizze sul tavolino in soggiorno davanti la tv, Korsark prese le birre dal frigorifero. Jane invece iniziò a sigillare la porta d’ingresso con le sue serrature a prova di scasso.
-Paura?!- chiese Frost seduto sul divano tranquillo mentre Jane aveva  appena finito di mettere l’ultimo sigillo alla porta.
-C’è un uomo li fuori che mi vuole morta. Un uomo che da un mese mi toglie il sonno, che mi fa sussultare ad ogni piccolo rumore. Un uomo che sta pensando a come recidermi la carotide e farmi morire in una pozza di sangue di notte da sola. Credo che almeno qui in casa un po’ di attenzione in più non faccia male Frost.-
-Però non hai risposto alla mia domanda.-
continuò Frost. –Hai paura?-
-Si, me la faccio sotto dalla paura. Credo che sia più che normale.-
-Finalmente lo hai ammesso. Jane non sei un robot, anche tu provi dei sentimenti.-
-Ma sono una poliziotta.-
rispose a Frost riponendo la pistola e il distintivo in un cassetto di un basso mobiletto color legno nel salotto alle spalle del divano. -E non dovrei averne se voglio prenderlo.-
-Lo prenderemo.-
disse Korsak. –Dovrà commettere un errore, si dovrà rifare vivo in qualche modo.-
-Magari uccidendomi. Comunque ora non parliamo di lui. Ho fame quindi passatemi una fetta di pizza.-
Erano tutti in salone intenti a guardare una partita in tv, ma Jane era assente con la mente, pensava ad Hoyt. Da quando era evaso dall’ospedale era sparito nel nulla, ma qualcosa, una sensazione le diceva che era vicino a lei. Un killer vuole studiare la sua preda per trovare il momento propizio per attaccarla. Si sentiva osservata anche quando con lei non c’era nessuno ed era sicura di essere da sola. L’ossessione per quell’uomo era forte e la stava facendo impazzire e forse Hoyt voleva proprio questo: vederla crollare per poi darle il colpo finale, quello mortale.
Verso le 11 p.m. i due uomini uscirono da casa di Jane ma Frost prima di salire in auto mandò un messaggio alla dottoressa Isles con scritto “Va da Jane ora, solo tu puoi starle accanto”. Poi si rivolse a Korsak.
-Credo che nessuno la capisca come Maura. E’ l’unica persona che può farla ragionare e soprattutto starle vicino ora.-
-Da quanto sei innamorato di Jane, Frost?-
Il poliziotto rimase un po’ spiazzato dalla domanda del collega.
-Saresti un ottimo detective, sai?- Frost rise e salì insieme a Vince in auto. Avrebbero dovuto fare dieci minuti di viaggio insieme e per quanti pochi minuti fossero sapeva che Korsak non gli avrebbe dato tregua, doveva dargli una risposa, così fece un respiro profondo e gli confessò la verità. –Beh, da tanto… molto. E’ successo così all’improvviso. La vicinanza, il lavorare insieme, i suoi modi di fare così forti ma che in fondo nascondono una donna molto più sensibile di quello che in realtà è. Non ho mai fatto nulla per dimostrargli i miei sentimenti.-
-E perché? Sei un bel ragazzo, un ottimo poliziotto, non ti manca nulla. Non ci sarebbe nulla di così strano.-

-Perché quando ho preso coraggio ho capito che non avrei mai avuto una possibilità. È innamorata di un’altra persona.-
-Di chi? Non frequenta nessuno, io lo saprei. Secondo me ti sbagli.-
-Ancora non ci arrivi eh? E’ innamorata di lei.-
aggiunse Frost dopo qualche attimo di silenzio indicando Maura appena scena dalla sua Jaguar nera.
-Jane e Maura stanno insieme?-
-No, ancora no e non capisco cosa aspettino.-
-Forse ti sei sbagliato e non è come credi.-
-No, so quello che dico, fidati presto scatterà la scintilla vera tra loro. Ora andiamo.-
Frost mise in moto l’auto e partì; intanto Maura arrivò davanti la pota di casa dell’amica, bussò e aspettò che Jane le aprisse.  Lei  era sdraiata sul divano, caduta quasi tra le braccia di Morfeo ma appena sentì bussare senza far rumore si alzò, andò a prendere la pistola e si avvicinò alla porta. Solo quando vide Maura dallo spioncino emise un sospiro di sollievo, abbassò la pistola, tolse i catenacci e aprì la porta.
-Dormivi?- chiese Maura sfoggiando uno dei suoi più bei sorrisi.
-Si, cioè no; ero sul divano. Sto cercando di togliermi dalla testa le urla di Frost e Korsak.-
-Si, li ho visti sotto mentre andavano via.-
disse Maura mentre Jane richiuse tranquillamene la porta a chiave.
-Piuttosto, tu che ci fai qui?-
-Pensavo ti facesse piacere. Appena finito il convegno mi sono diretta qui da te. Non voglio che rimani sola, lo sai come la penso. E poi avevo voglia di un bicchiere di vino, e quale migliore compagnia se non la tua?-
-Non hai reclutato nessuno bel medico al convegno con cui condividere un bicchiere di vino?-
-Preferivo un’amica a un estraneo.-
-Uhm, comunque io prendo la birra.-
-Non avevo dubbi.-
Le due donne si scambiarono un sorriso, poi andarono in cucina a prendere il vino e un calice per Maura e una birra dal frigo per Jane e si diressero in camera da letto. Era notte. Tra 7 ore la sveglia di Jane avrebbe suonato per annunciare una nuova giornata con tutto quello che si sarebbe portato dietro.
-Allora com’è andato il convegno? Rracconta!- disse Jane riponendo la pistola sul comodino per poi mettersi a letto con Maura.
 -A te non interessano queste cose Jane.-
-Però mi interesso di te, che è un po’ diverso.-
-Era solo un convegno annuale per anatomi patologi. Ti lascio immaginare il dottor Popof quello che ha fatto non appena è finito.-
-Oddio! Popof!-
-Invece qui com’è andata in mia assenza?-
-Come sempre. Ho passato la giornata a capire se qualcuno mi spiasse, a morire di paura, e per concludere non ho trovato Hoyt. Tutto sommato sono ancora viva quindi non è andata male, ma neanche bene.-
-Dovresti prenderti una pausa.-
-Dovrei… ma dovrei anche prendere Hoyt.-
-Lo prenderai , ti serve solo un po’ di tempo.-
-E a me manca proprio questo, il tempo. Voglio Hoyt è chiedere troppo?-
-Dormici su, questa notte resto a farti compagnia.-
-Si, ora ho proprio bisogno di una bella dormita.-
Le due donne finirono i loro bicchieri di vino e birra.
-Grazie Maura, notte.-
-Notte Jane.-
  In poco tempo Maura si addormentò mentre Jane la guardava dormire, meravigliata dalla bellezza che aveva accanto e se avesse avuto il coraggio di ammettere i suoi reali sentimenti sarebbe stata sua, forse.
Era troppo tempo che guardava Maura con occhi diversi, ma da lì ad ammettere di essere innamorata della sua migliore amica era troppo anche se era la verità.
Era l’unica persona che la conosceva davvero, che sapeva cosa desiderava, ma Maura non sapeva che volesse lei.
Jane era distesa accanto alla donna bionda e pensava al momento in cui le avrebbe confessato la verità ovvero i suoi sentimenti per lei. Il loro rapporto sarebbe finito la oppure sarebbe evoluto, sarebbero state insieme come una coppia innamorata e felice?
Finché non glielo avrebbe confessato non lo avrebbe mai saputo, ciononostante Jane non aveva ancora preso in considerazione la cosa più importante: Maura provava per lei i suoi stessi sentimenti?
 Il mattino seguente Jane si svegliò presto, qualche minuto prima della sveglia e quelle ore di sonno furono ore passate in tranquillità, accanto a Maura si sentiva sicura, protetta. Lei la faceva stare bene.
Prima di alzarsi dal letto, rimase a guardare la sua amica dormirle accanto come un angelo, ma la sua tranquillità si fermò quando un rumore proveniente dalla cucina la fece sobbalzare dal letto: era Angela, la madre. Era entrata in casa senza far rumore, vista l’ora, per preparare la colazione ma due piatti di ceramica le scivolarono dalle mani finendo in tanti pezzi sul pavimento.
Jane si alzò subito dal letto e Maura, svegliandosi di soprassalto, si alzò con lei.
-Vengo con te.- sussurrò Maura.
-No, tu resti qui.- rispose determinata Jane ma in fondo aveva paura. Non poteva essere Hoyt pensò. Lui entra di notte nelle case e soprattutto senza far rumore così che le sue vittime non si accorgano di quello che sta per succedere.  Prese la pistola e adagio andò verso la cucina e li trovò la madre. –Mamma! Accidenti, vuoi farmi morire di paura? Come se già lì fuori non c’è un serial killer che mi vuole sgozzare.-
-Ehi calma. Abbassa la pistola. Ero solo venuta a prepararti la colazione.-
-Si, grazie ma. Scusa.-
Poi con un tone di voce un po’ più alto chiamò Maura. –Puoi venire Maura, falso allarme. E’ solo mia madre.- Finì di dire quando la donna era già arrivata.
-Buongiorno.- disse Maura con un sorriso.
-E tu che ci fai qui così presto?- chiese Angela.
-O così tardi.- Rispose Maura. –Dopo il convegno sono venuta direttamente qui.-
-Allora la questione è davvero seria se Maura si precipita qui in piena notte.-
-Solo ora l’hai capito mamma?-
-Pensavo che tendessi ad esagerare per non avermi tra i piedi.-

-Mamma, lì fuori c’è un serial killer che uccide delle donne tagliandole la gola e il suo unico obiettivo ora sono io. E’ riuscito solo a lasciarmi questo ricordo perenne.- disse Jane alzando le sue mani per mostrare le cicatrici che Hoyt le aveva fatto quando l’aveva inchiodata per terra. –Non è riuscito ad uccidermi perché Korsak e Frost sono arrivati in tempo ed ora vuole terminare quello che ha iniziato con me.-
-Oh mio dio, Jane!-
La madre strinse la figlia in un forte abbraccio materno, quello di cui Jane aveva bisogno anche se non lo dimostrava. –Perché non resti a casa allora? Prenditi del tempo.-
-Mamma, sono una poliziotta e il mio compito è catturare gli assassini. E poi in una centrale di polizia sono molto più che al sicuro. Non mi succederà nulla.-
-Ma per andare in centrale dovrai pur uscire di casa.-
-Senti, non posso parlare delle indagini ma per ora Hoyt non si è fatto vivo, quindi tranquilla.-
-Non so se è più un bene o un male.-
continuò Angela.
-E’ una certezza. Ora vado a cambiarmi, poi accompagno Maura a casa e vado in centrale.-
-Sta attenta.-
finì di dire Angela e Jane le fece l’occhialino per poi andare a cambiarsi in camera. –Maura, dimmi la verità: quanto sta rischiando Jane?-
-Jane ha la testa sulle spalle. E’ in gamba, un ottima poliziotta, la migliore che conosca, lo prenderà. Prima o poi lo prenderà.-
-E per allora Jane sarà già distrutta. Distrutta psicologicamente. E’ troppo orgogliosa per chiedere aiuto.-
-Jane chiede aiuto a modo suo. E’ difficile starle accanto ma non impossibile per chi la conosce ed io per lei ci sarò sempre anche se la situazione fosse dieci volte peggiore di questa.-
-Peggio di così non c’è niente.-
disse Angela mentre Jane ritornò dalla sua stanza vestita con il suo solito tailleur nero, con una maglia bianca al posto di una camicia.
-Noi andiamo mà.-
-E la colazione?-
-Prendo un pancake, lo mangio in macchina. Andiamo?-
chiese rivolta a Maura.
-Andiamo. Ciao Angela.- Le due donne uscirono dall’appartamento mentre Angela rimase in cucina con la colazione pronta ed a malapena toccata da Jane e Maura ma a finirla ci pensò Frankie. La madre sapeva che stava per smontare dal turno di notte così si fece raggiungere a casa della figlia.
Intanto le due amiche dopo una decina di minuti di viaggio arrivarono a casa di Maura e mentre lei andò a cambiarsi per una nuova giornata lavorativa Jane preparo del caffè istantaneo, quello che a casa sua non aveva preso e che a Maura non piaceva ma lo beveva lo stesso. Mentre sorseggiava il suo caffè aprì il televisore per sentire il notiziario della mattina: informazioni sul traffico in tempo reale, sul meteo, la partita imminente dei Red Soxs, e la notizie di attualità: la popolazione era ancora spaventata per Charles Hoyt che ancora vagava indisturbato per la città di Boston e la polizia, e quindi Jane, ancora non aveva idea di dove si nascondesse.
-Sentito Maura?- Disse Jane con la sua tazza di caffè in mano, gli occhi fissi sul televisore che passavano le foto di Hoyt e l’amica accanto. –La popolazione è stanca, ha paura ed io non l’ho ancora preso. Avrei voglia di mollare tutto.-
-So che non lo faresti mai, non è da te. La Jane che conosco io non mollerebbe mai.-
-Non so più neanche chi sono, insomma…-
-Sei Jane Rizzoli, l’indistruttibile…-
-Non direi indistruttibile. E’ già riuscito a fami a pezzi una volta. Mi ha quasi distrutto.-
-Appunto, quasi. Nessuno riesce a fermarti. Nessuno neanche un pazzo come lui. La poliziotta che è in te non ti permetterebbe mai di arrenderti, di lasciarlo libero dopo quello che ha fatto… che ti fatto. Ci ha fatto.-
aggiunse Maura dopo un attimo di silenzio. Jane la guardò fissa negli occhi. “Ci ha fatto”, perché aveva detto proprio in quel modo?
-Ci ha fatto?-
-Ho sofferto quando te. Quando sei arrivata in ospedale i medici erano sicuri che non avresti potuto più recuperare la manualità.-
disse Maura prendendole dalle mani la sua tazza di caffè per posarla sul bancone e poi stringerle le mani. –E’ come se avessero detto a me che non avrei più potuto usare le mani. Jane, non sopporterei di nuovo l’idea che ti succedesse qualcosa di brutto.-
-Ma non è successo, guardale. Ho di nuovo il pieno possesso delle mani, riesco a tenere la pistola nelle mani e continuo a suonare il piano di nascosto ma non dirlo a mia madre.-
-Jane, promettimi che lo prenderai, fallo per noi.-
disse Maura stringendo le mani dell’amica ancora di più nelle sue.
-Si, per noi. Te lo prometto.-
Maura era una donna che non riusciva ad esprimere i suoi sentimenti, era una donna che si basava sulla logica e cercava di prevedere quando avrebbe provato un sentimento più che provarlo in quel preciso momento.
Ora che Hoyt era in libertà provava rabbia e paura, ma sapeva anche che quando sarebbe stato catturato, vivo o morto, avrebbe provato sollievo. Era così difficile per lei esprimere i suoi sentimenti che non si era accorta di provarne uno molto grande e profondo: l’amore.
L’amore per Jane, la sua migliore amica.
Il confine tra amicizia e amore era diviso da una linea sottilissima, confine facile da superare ma difficile da ammetterlo, riconoscerlo.
Il bisogno di proteggere Jane, la voglia di starle accanto, la paura di perderla era rinchiusa in una sola parola: “Amore”.
Le due donne erano ancora in casa quando un attimo prima di uscire Jane si sentì afferrata: era Maura che la strinse in un lungo, forte e caloroso abbraccio.
Jane fu sorpresa nel riceve quell’abbraccio così all’improvviso che per un attimo non capì quello che le stava accadendo, ma quando realizzò ricambiò l’abbraccio. Un abbraccio dove si sentì protetta, capita, ricambiata… amata!
-Andiamo o  faremo tardi.- disse Jane uscendo di casa seguita da Maura.
Durante il viaggio in auto verso la centrale non parlarono. Pensavano a tutto quello era successo  in quel periodo,  a cosa sarebbe successo in futuro e soprattutto quando sarebbe successo, impossibile da prevedere.
Arrivati in centrale le sue donne presero due ascensori, Maura scese nel suo ufficio, mentre Jane salì nel suo e arrivata alla sua scrivania trovò l’agente Gabriel Dean dell’FBI ad aspettarla.
-L’FBI qui in centrale. E’ successo qualcosa?- chiese Jane.
-Buongiorno anche a te Jane. Sono qui in appoggio alle indagini.-
-O per fregarci l’indagine?-
-Dai Jane.-
disse Korsak. –L’agente Dean è qui solo per aiuto.-
-Farò finta di crederci.-
-Poso offrirti un caffè così mi aggiorni?-
-No grazie, l’ho appena preso.-
-Ok, allora...-
-Allora sediamoci e ti dico tutto.-
Jane aggiornò Gabriel. Non c’era molto da dire, i fantasmi non hanno vita e da un mese Hoyt era diventato quello. Ora l’unica speranza che avevano tutti era quello che Hoyt commettesse anche un piccolissimo errore, qualcosa con cui poter continuare le indagini, qualcosa su cui concentrarsi invece di girare a vuoto.
-Devo dire che è molto abile a far perdere le sue tracce.- disse Dean dopo aver ascoltato la storia.
-Si, è abile ma io di più perché ti giuro che lo prenderò.-
-Non devi dimostrare niente a nessuno, non è meglio una pausa? Ci pensiamo noi ad Hoyt, io, i tuoi colleghi, il dipartimento.-
-Ma che avete tutti che mi dite di prendermi una pausa? Sono una poliziotta e non ci penso proprio. E poi l’FBI vuole soffiarci il caso? Avevo ragione allora!-
-Nessuno vuole portarti via nulla, né a te, né al dipartimento ed io non sono qui per rappresentare l’FBI, ma sono solo una persona che vuole aiutarti a catturare un serial killer. Che dici, possiamo lavorare insieme esaminando tutto quello che abbiamo su Hoyt?-
Jane annuì.
I due si chiusero in una delle sale interrogatori libera per poter lavorare tranquillamente. Riesaminarono in modo dettagliato tutti i fascicoli del caso, scavarono per l’ennesima volta a fondo nella vita di Hoyt, rilessero testimonianze e andarono avanti con il lavoro fino a quando alle due del pomeriggio Maura portò il pranzo agli agenti.
-Pensavo che una pausa pranzo vi faccia bene. Siete chiusi qui dentro da troppe ore.-
-Si, ci voleva proprio.-
-Senti, ma i tuoi appunti personali dove sono?
Magari ne ricaviamo qualcosa, lo conosci meglio di tutti noi.-
-Si… li ho dimenticati a casa. Ho avuto un risveglio complicato e volevo andare via il prima possibile. Vado a prenderli ora.-
-Ti accompagno!-
esclamò Gabriel.
-No, vado io, tranquillo.- rispose Maura.
-Faccio venire Korsak, così pranza anche lui e ti dirà quello che pensa lui di Hoyt, un altro punto di vista forse è quello che ci vuole. Ci vediamo tra mezz’ora.-
-A dopo.-
salutò Gabriel. Jane e Maura uscirono dalla sala interrogatori, passarono da Korsak per avvertirlo e poi uscirono dalla centrale. Sembrava una giornata come tante altre e invece no. Jane uscì per prima dalla centrale e aspettò Maura in auto mentre andava a prendere la sua borsa in ufficio. Arrivati davanti casa della detective notarono una busta per terra, infilata per un quarto sotto la porta. Maura le passò un paio di guanti di lattice presi sua borsa e Jane raccolse la busta. Una busta anonima, senza indirizzo o mittente e quando l’aprì dentro trovò una polaroid, una foto fatta una decina di minuti prima, quando Jane uscì da sola dalla centrale. Dietro la foto c’era scritto “Da parte di un ammiratore.”
-E’ Hoyt. Mi sta seguendo, si è rifatto vivo. Finalmente!- aggiunse Jane dopo qualche secondo stringendo con rabbia la foto tra le mani.
   
 
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