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Autore: SerenaTheGentle    14/05/2016    2 recensioni
Amanda è una ragazza semplice e riservata, che concede difficilmente qualcosa a se stessa, ma convinta dalla sua migliore amica decide di fare un viaggio e di andare a trovare sua zia in montagna.
Proprio lì, nel posto più improbabile del mondo e nel modo più strano possibile incontra la persona che mai si sarebbe aspettata di trovare e che mai si sarebbe aspettata di imparare ad amare.
Edmund è un ragazzo di origini nobili e di famiglia molto ricca. Se ne frega dei suoi genitori e grazie ai soldi che i suoi nonni gli elargiscono fa spesso come gli pare. Ma arriva un punto in cui la vita lo mette di fronte a fatto compiuto e il signorino dovrà imparare a sostenersi con le proprie gambe. Lassù in una piccola casa sperduta in mezzo alle montagne avrà ciò di cui ha davvero bisogno e scoprirà di non sapere quanto una cosa sia importante quando non ce l'hai più.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 35

Pov Edmund

Li avevamo aspettati per giorni da quando se ne erano andati e dal momento in cui li avevo rivisti entrare da quella porta, una rabbia omicida si impossessò del mio corpo. Non appena vidi il vecchio lo colpii con un pugno sulla guancia, facendo trasalire Lucille dalla paura.

-Dove siete stati?- urlai. Travis mi guardava sorridendo debolmente.

-Vacci piano, mon ami.- sussurrò Clotaire e io gli diedi una spinta, così forte da farlo sbattere contro il muro. Lucille mi aveva messo le mani, coperte da due paia di guanti, sul petto. Mi guardava supplicante e fiduciosa del fatto che non avrei continuato. Clotaire si stava pulendo il sangue che usciva dal naso con un fazzoletto. I due guardarono il loro rifugio come se non lo avessero mai visto, in effetti era cambiato qualcosa da quando se ne erano andati, ma la cosa che colpì di più i due fu la quantità di lenzuola accatastate da una parte nella stanza e piene di sangue. Loro si aspettavano che Travis sarebbe venuto a cercarli, ma avevano lasciato noi a prendere il loro posto.

Loro sapevano.

La rabbia non mi abbandonava, così decisi di mollarli lì e di andare da Amy.

-Cosa è successo? Cos’erano quei rumori?- mi chiese vedendomi. Era sempre debole e sempre più bella nonostante tutto.

-Sono tornati...- sussurrai appena sperando che non mi sentisse.

-Clotaire? Lucille?- mi chiese alzandosi appena, così le misi un altro cuscino sotto la testa e lei mi accarezzò una guancia.

-Si, loro.- la guardai con ardore e lei mi sorrise, prima di dirmi “Grazie”. Lo faceva ogni volta che ero gentile con lei. Non potei resistere e la baciai. Amy rispose al mio bacio con meno fervore, ma allo stesso tempo mi accarezzò la leggera barba che mi era cresciuta in quei giorni. Le baciai i palmi delle mani e poi le diedi un ultimo bacio sulla guancia. Lei si mosse un po’ e spostandomi notai la smorfia che aveva messo su.

-Che c’è?- le chiesi sorridendole.

-La tua barba pizzica!- mi rispose con semplicità, come se non fosse ovvio. Le sorrisi prima di tuffarmi su di lei e senza farle male iniziare a baciarle il collo, pizzicandoglielo con la mia leggera ricrescita. Amanda iniziò a ridere convulsamente tenendosi la pancia.

Il nostro momento di pace e tranquillità fu però interrotto da Lucille che, bussando, spezzò l’intimità che avevamo creato.
Amanda guardò Lucille con diffidenza e prima che aprisse bocca, Amy la bloccò dicendole qualcosa in francese. Vedevo dai suoi occhi che le costava molto dire quello che stava dicendo e non sapevo se avrebbe condiviso con me i suoi pensieri. Ci fu un veloce scambio di battute e la signora francese si ritirò con le lacrime agli occhi.
Guardai Amanda interrogativamente, ma lei guardava ancora la porta da dove era uscita Lucille.

-Non ho voluto sentire cosa avesse da dirci, non riesco a fidarmi di loro. Sapevano che Travis sarebbe venuto per loro, ma hanno fatto trovare noi.- Amy mi guardò e io le accarezzai il dorso della mano. Mi sorrise e, con gli occhi, mi chiese di avvicinarmi un po’ di più .
Oramai eravamo arrivati al famoso punto di non ritorno. Io sapevo quello che passava nella sua testa o almeno credevo e lei sicuramente sapeva quello che passava nella mia.
Sono sicuro che come tutte le donne si starà facendo pippe mentali assurde.

-A cosa stai pensando?- mi chiese.

-Che sicuramente, come tutte le donne, anche tu ti farai le pippe mentali!- le sorrisi beffardo e il suo viso si accese di rosso.


Sembrava il semaforo quando scatta il rosso.

Che finezza che hai nel fare paragoni.

Grazie.


-Brutto deficiente!- mi diede uno schiaffo sulla spalla, ma non provai il dolore che speravo. Questo significava che era davvero molto indebolita per non rifilarmi una schiaffo degno di nota.

-Però penso anche che il tuo cervello parte per la tangente ogni volta che le nostre labbra si incontrano, come il mio...- mi avvicinai un po’ di più, la sentivo sospirare pesantemente e nel momento in cui stavo per baciarla un'altra volta, un colpo ci fece trasalire.

Quello era un colpo di pistola.

-Resta qui.- sussurrai ad Amy cercando di calmarla e prendendo il fucile nascosto sotto il letto della nostra camera.

-Edmund...- mi richiamò lei e guardandola negli occhi lessi tutta la sua paura al solo pensiero di perdermi.

Mi baciò. Fu un bacio veloce, ma carico di tutta la forza di cui avevo bisogno.
Prima di uscire da quella camera mi voltai a guardarla un ultima volta e poi la aprii impugnando bene il fucile.

Travis era steso per terra, ancora legato alla sedia. Sembrava morto, ma avanzando ne ebbi la conferma. Un foro di proiettile era ben visibile sulla sua fronte.  Tutto il mio odio per lui si dissipò.
Mi sentii vuoto e incredibilmente in colpa. Per quanti errori avesse commesso non meritava la morte. Meritava di pagarla, ma non in quel modo. Era stata un vera e propria esecuzione.

Lucille impugnava la pistola con fragilità e le lacrime uscivano copiose dai suoi occhi. Clotaire guardava la moglie con paura mista a liberazione. Uccidere Travis per loro era stato liberatorio, ma per me era stato un vero e proprio massacro. Non appena mi vide, Lucille puntò la pistola contro di me e io alzai le braccia.

-Tu ha visto...- disse Clotaire.

-Non dirò una parola.- proposi io. L’idea di morire non mi allettava molto. Avrei preferito posticipare il mio incontro con la signora Morte almeno di cinquant’anni.

-Non puoi, tu sei un avocat!- Clotaire fece segno alla moglie di passargli la pistola e approfittai di quel millesimo di secondo per puntare il fucile contro di lei.

-Fermo e nessuno si farà male.-

-Il grilletto è molto sensibile, dovresti fare attenzione, mon ami.- Clotaire si avvicinò ed io cercai di mantenere la calma e la lucidità. Mi volevano fare fuori solo perché avevo assistito ad un omicidio. A volte il mondo è proprio strano.

-Non fare un altro passo!- la pressione si faceva via via più pesante e la cosa che mi creava tensione era la via d’uscita che non vedevo.

Clotaire puntò l’arma su di me ed io sparai sopra la sua testa. Avevo una buona mira, infatti presi il cappello di Lucille, poco dietro di lui. La donna di abbassò dalla paura e rimase lì tremante.

Non mi ero reso conto che anche Clotaire avesse sparato, ma sbagliando la mira, il colpo aveva oltrepassato la porta della mia camera, che avevo lasciato aperta. Sentii qualcosa cadere e prima di rendermi conto di quello che stavo facendo sparai ancora una volta, ma mirai al ginocchio dell’uomo. Il medico francese urlò dal dolore ed io presi la sua pistola, gettandola nel fuoco dopo aver tolto i proiettili rimasti.

Entrai in camera e vidi Amanda stesa per terra con il sangue che usciva dal fianco destro.

Merda.

Provai a chiamarla. Non mi rispondeva. Agii d’istinto e bloccai la fuoriuscita del sangue con pezzi di lenzuolo. Le misi una di quelle pellicce dentro l’armadio e poi uscii. Amanda era ancora incosciente, così le misi un po’ di neve fresca sui polsi e sulle tempie. Si riprese dopo mezz’ora di marcia e potei riposarmi un po’ prima di aiutarla a continuare.

-Amanda resisti ti prego! Un ultimo sforzo!- la pregai con delle lacrime agli occhi che cercavano di non uscire. Purtroppo però cadde. Del sangue uscì copiosamente e si riversò sulla neve.

-Cazzo!- esclamai a denti stretti. La sollevai e constatai che era dimagrita un po’ in quelle settimane, ma decisi di prenderla in giro, anche per farla rimanere cosciente.

-Porca miseria! Sei davvero pesante!- sussurrai sperando che abboccasse.

-Non sono pesante, sono le tue braccia che non sono abituate a portare certi pesi!- ridacchiai un po’.

-Vedo che hai conservato la tua lingua lunga! Non dovrei nemmeno portarti allora!- la rimproverai cercando di risollevarle un po’ il morale.

-Ma tu sei tanto gentile e non vuoi certo lasciare una signora a morire di stenti...- la sua voce perse per un secondo quella vitalità che ero riuscito a tirarle fuori, anche se per un istante.

-Ovvio che no, sono pur sempre un gentiluomo inglese!-

-Tu non sei né gentiluomo né inglese!- mi guardò stranita.

-Touché!- le risposi sorridendo, poi mi fermai un attimo per riprendere fiato. La appoggiai ad un albero e le controllai la ferita, aveva perso molto sangue. Le diedi un po’ di acqua ed ebbe un mancamento momentaneo.

-Non mi mollare eh?!- la scossi cercando di tirare la parte combattiva dentro di lei. Doveva lottare ancora per un po’. Anche se non ne ero certo al 100%.
Incominciai a sentire dei rumori familiari e incitai Amanda ad andare più veloce. Le luci della volante della polizia non mi erano mai mancate quanto oggi e stranamente pensai ad un miraggio.

Amanda mollò la presa e cadde. Stava perdendo i sensi e io incominciai ad urlare “Aiuto”. Le voci di alcuni uomini si stavano avvicinando sempre di più, ma mi stavo preoccupando sempre di più.

-Amanda! Che cazzo stai facendo?- lei mi passò una mano sulla guancia.

-Ti amo.- mi sussurrò appena e poi alzò lo sguardo verso il cielo. Per un momento i suoi occhi mi apparirono spenti e la sua mano abbandonò la mia presa. 

-Amanda!- la scossi urlando il suo nome.

Dentro di me tutto stava andando a pezzi e volevo solo urlare al mondo di andarsene a fanculo.
Mi abbassai su di lei e lei mie lacrime scesero liberamente bagnando il suo viso privo di ogni colore.
Vidi portare il suo corpo privo di vita lontano da me e crollai definitivamente.



Pov Amanda

Ero rimasta nel limbo per qualche ora.

Prima di rendermi conto che fuori faceva freddo e che io ero fuori, mi ricordai perfettamente il tocco dolce ed apprensivo di Edmund su di me. Lui non era come Matteo o come Travis, lui era semplicemente Edmund.

Prima di addormentarmi ho creduto di aver sentito un “Ti amo” uscire dalle sue labbra, ma ovviamente è stato tutto frutto della mia mente contorta. Pretendere che lui provi qualcosa per me come provo io qualcosa per lui era impossibile e molto ingenuo, però sentivo ancora l’aria che era uscita dalla sua bocca nel pronunciare quelle due paroline sulla mia pelle. Forse era solo un sogno tremendamente realistico, come quelli che avevo avuto nelle ultime ventiquattro ore.

Edmund mi stava tenendo saldamente mentre attraversavamo la foresta. Non riuscivo a ricordare come mai fossimo lì e perché lui sembrava aver visto un fantasma. La neve fresca ci faceva sprofondare spesso ed Edmund doveva sforzarsi molto per tirarmi su visto che da parte mia c’era poca partecipazione. Stranamente non ero ancora padrona del mio corpo e mi sentivo debole.

-Amanda resisti ti prego! Un ultimo sforzo!- Edmund mi pregò con delle lacrime agli occhi che cercavano di non uscire,  ed io non potei non chiedermi perché. Ad un certo punto caddi e nel rialzarmi vidi una macchia di colore rosso spargersi sulla neve e un imprecazione sussurrata da Edmund. Mi sentii sollevare. Avrei tanto voluto essere abbastanza forte per dirgli qualcosa e per sentirmi incredibilmente rossa ed euforica, ma non ebbi nemmeno il tempo di pensare che mi abbandonai sulle sue braccia.

-Porca miseria! Sei davvero pesante!- Edmund sussurrò quelle parole con il solo intento di tenermi sveglia e io decisi di accettare la sua provocazione.

-Non sono pesante, sono le tue braccia che non sono abituate a portare certi pesi!- sapevamo tutti e due che non era vero, ma me la passò. Riuscii a sorridere per un po’.

-Vedo che hai conservato la tua lingua lunga! Non dovrei nemmeno portarti allora!- mi rimproverò scioccamente.

-Ma tu sei tanto gentile e non vuoi certo lasciare una signora a morire di stenti...- mi sentivo sempre più debole e nonostante pochi attimi prima avessi tirato fuori la me combattiva, in quel momento realizzai che avevo dato fondo a molte delle mie energie per non far preoccupare Edmund.

-Ovvio che no, sono pur sempre un gentiluomo inglese!-

-Tu non sei né gentiluomo né inglese!- mi chiedevo come facesse a parlare e portarmi allo stesso tempo. Ma poi, dove eravamo diretti?

-Touché!- mi fece vincere e si fermò un attimo per riprendere fiato. Mi appoggiò ad un albero e mi controllò quella che presumo fosse una ferita, poi mi diede un po’ di acqua e io capii che stavo per crollare definitivamente. Dovevo però resistere almeno un altro po’. Dovevo farlo per poter sopravvivere e vivere. Chissà, magari proprio con Edmund.

-Non mi mollare eh?!- mi scosse Edmund prima di riprendere a camminare. Mi ero ripresa un po’ e avevo voglia di camminare per sconfiggere il freddo dentro di me.  Ad ogni passo sentivo una fitta alla pancia e spesso mi bloccavo, ma Edmund era sempre lì con me. Mi incitava sempre e non mi lasciava mai. Mi fidavo di lui ciecamente, talmente tanto da non guardare nemmeno dove mettevo i piedi. Sentivo le sue mani avvolgermi completamente e in quel momento di sogno misto alla realtà mi persi ad immaginare noi due in un futuro lontano.


Non sperarci troppo.

Ah ma tu guarda! Ci sei anche tu?

Non scappo mica!

Vedo che nonostante io sia da buttar via, tu funzioni benissimo.

Anche i tuoi pensieri se è per questo.

Non sono mai stata così felice di sentirti!

Questa me la segno...

Tecnicamente non potresti…

Io posso tutto!

Ma se sei una fifona!

Basta, me ne vado, non posso farmi umiliare così!


Se riuscivo a conversare con la mia coscienza in quelle condizioni dovevo stare abbastanza bene oppure davvero male...
L’immagine di me ed Edmund felici e sorridenti al centro commerciale mi fece sentire strana. Forse ci speravo troppo.

Come io ti ho già detto... Ma la vera domanda è: perché al centro commerciale?
Beh, perché è originale...
Ma non potevi sparare un cliché qualsiasi? Tipo al chiaro di luna, sul mare, al lago...
No, il centro commerciale mi piace. Si possono osservare tante persone e capire che tipo di persona sei tu. Mi fa sentire bene vedere tutte quelle persone felici o infelici che parlano, discutono, ridono o semplicemente esistono. Mi fa sentire parte di qualcosa di grande e immensamente complicato. L’importante è saper vivere e non solo esistere. Per questo, nonostante tutto, io credo in un futuro con Ed.

-Manca poco!- erano minuti che continuava a ripeterlo. Ma questa volta mancava poco davvero. Dei rumori confusi mi riportarono velocemente alla realtà. Quella realtà che avevo abbandonato per molto tempo e non sapevo quanto. E se fosse stato tutto un sogno? Avevo paura di scoprire quello che era successo e non riuscire a superarlo. Non volevo che fosse tutto un sogno. Non volevo che il tempo passato insieme fosse stato solamente frutto della mia immaginazione. Mi convinsi che non poteva essere così.
Avevo quasi perso conoscenza. Mi ero lasciata andare. Ora eravamo salvi. Vedevo a stento le luci blu e rosse di un’autovettura, forse un ambulanza. Sentivo le urla di qualcuno che squarciarono il mio petto. Sentivo la presa di Edmund farsi più profonda, fino a quando non sentii più niente e mi abbandonai all’oscurità. Le mie palpebre si abbassarono lentamente e prima di lasciare quel mondo che tanto mi era piaciuto sussurrai un ultima cosa ad Edmund. Mi costò molta fatica e molto dolore.

-Amanda! Che cazzo stai facendo?- era chiaramente allarmato e io passai una mia mano sulla sua guancia. Pizzicava a causa della barba. Devo dire che era molto più bello senza, ma anche così non si poteva dire che non avrebbe fatto battere il mio cuore.

-Ti amo.- lo sussurrai appena e poi potei alzare lo sguardo verso il cielo. Quel cielo che mi stava accogliendo e dal quale avrei potuto vigilare sul mio amore. Avevo da sempre creduto negli angeli e forse se non siamo morti in quel dirupo non lo dobbiamo solo ad una botta di fortuna.

Io però non riuscivo a capire il perché, nonostante mi sentissi pronta per lasciare quello che avevo di più caro e desiderassi solo smettere di soffrire, qualcosa mi teneva ancora sulla Terra.
Quel qualcosa era l’amore. L’amore per Edmund.

Angolo Autrice
Buonasera a tutti!
Allora? Come ve la passate? So che questa storia è iniziata con una nota allegra e gioiosa, spensierata e che questa piega non era minimamente programmata, ma mi sono lasciata trasportare dalle emozioni e dalla penna che scorre da sè quando scrivo. Spero che continuerete a seguire la mia storia e che alla fine ne rimarrete sorpresi.
Vi auguro un buon proseguimento di serata!
Un bacio, 
Serena.

 
 
 
   
 
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