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Autore: rossella0806    15/05/2016    2 recensioni
Il commissario Alessandro Terenzi è ormai alla sua terza indagine letteraria: un lunedì mattina di inizio novembre, viene ritrovato cadavere il noto imprenditore delle ceramiche torinesi Giorgio Appiani Uzia, ucciso nell'ufficio della sua fabbrica e, così, per il poliziotto, si apre un nuovo rompicapo da risolvere il prima possibile.
Ghirodelli, il fedele collega ed ispettore, sarà sempre al suo fianco, così come Ginevra, la simpatica ed impicciona archeologa ormai diventata la fidanzata ufficiale del commissario, la cui unica compagnia, fino ad allora, era stata Miss Marple, la tartaruga di terra.
Tra malanni di stagione, ex mogli, segretarie eccentriche, vecchiette diffidenti e figli ambigui, accompagneremo Terenzi in questa nuova avventura dai risvolti, man mano, sempre più oscuri.
Genere: Comico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lunedì 17 novembre, ore 8.30, Torino, commissariato “L’Aquila”


Dopo tre giorni di malattia, in cui aveva dovuto sopportare gli infusi speziati di Ginevra, le repliche delle repliche trasmesse in TV, l'unica nota positiva era stata rappresentata dalla conclusione della lettura del romanzo rocambolesco su un gruppo di spie francesi della Seconda guerra mondiale, finalmente Terenzi era tornato al lavoro più arzillo che mai.
Adesso la squadra si poteva considerare di nuovo al gran completo: il commissariato aveva di nuovo l’aspetto di una seria e impeccabile stazione di Polizia, e non più di un lazzaretto seicentesco.
Anche il tempo stava migliorando: aveva smesso di piovere già da due giorni, il vento si era notevolmente attenuato e quella mattina era persino spuntato un sole tiepido di fine autunno.
Appena varcata la soglia dell’ufficio, Terenzi si era tracannato il primo caffè delle macchinette dopo quasi una settimana: in dieci anni che lavorava lì, non lo aveva mai trovato più buono e galvanizzante come in quel momento, sebbene una parte del suo cervello gli suggerisse che era sempre la solita brodaglia ma, in quei precisi istanti, la soddisfazione di essere guarito da quella sordida influenza gli faceva apparire le cose sotto una luce diversa. Semplicemente migliore.
Aveva avuto anche, inutile dirlo, un’infinità di tempo per riflettere e, tutte quelle ore trascorse al chiuso in casa, lo avevano indotto a prendere una decisione che quasi lo stordiva: riguardava la sua fidanzata, aveva necessità di parlarle, sospinto da una sorta di bramosia crescente, ma doveva trovare l’occasione adatta.
E quella, decisamente, non lo era.
Perciò, gettato il bicchierino di plastica del caffè, si decise a convocare Ghirodelli e il resto dei colleghi che si stavano occupando delle indagini sul caso Appiani e su quello parallelo degli strozzini.
-Buongiorno, ragazzi. Prego, venite-
Qualche attimo dopo, il superiore indicò le sedie all’altro lato della scrivania di formica e, invitando i presenti ad accomodarsi, prese posto sulla poltrona girevole, la finestra alle spalle, mentre un timidissimo riverbero di sole mattutino cercava di invadere la stanza.
L’uomo fissò per un breve istante l’ispettore, l’aspetto finalmente in buona salute dopo il lungo raffreddore che lo aveva colpito nei giorni precedenti.
Lanciò un’occhiata soddisfatta anche al vice ispettore Rossi – magro, i capelli castani tagliati a spazzola-, il brigadiere Di Biase – con i suoi immancabili capelli scuri arruffati e gli occhi chiari-, le agenti Finotti e Maffei –praticamente gemelle, lo sguardo acquoso da cerbiatta e la chioma mora tagliata a caschetto-, quindi, la voce squillante e perfettamente normale, priva di strascichi febbrili, esordì:
-Vi ho riuniti per fare il punto della situazione sui due casi di cui ci stiamo occupando. L’ispettore Ghirodelli mi ha tenuto costantemente informato in questi giorni di assenza: so da lui che tutti voi state facendo un ottimo lavoro, per questo permettetemi di comunicarvi la mia stima e i miei più sinceri complimenti-
Terenzi scrutò i volti dei presenti: non c’è che dire, sono davvero professionali, non tradiscono un briciolo di emozione, constatò soddisfatto il poliziotto, notando in particolare i volti delle giovani agenti trentenni.
-Purtroppo- riprese il commissario, assumendo una smorfia di disappunto e agitandosi leggermente sulla poltrona –l’ispettore mi ha anche messo al corrente che le indagini ristagnano ad un punto pressoché morto. Per favore, facci un rapido riassunto, Ghirodelli-
Il collega annuì, le sopracciglia rosse aggrottate, quindi si mise sulla punta della sedia e, il busto ruotato in modo da poter vedere in faccia tutti i presenti, cominciò a spiegare più per dovizia di particolari che per reale esigenza.
-Dunque, gli appostamenti al parco della Pellerina non sono stati prorogati: il magistrato, infatti, ha ritenuto inutile la prosecuzione delle indagini in tale direzione. Allo stesso modo, Carlo Della Robbia è, da oggi, sprovvisto di scorta notturna: anche in questo caso, la Del Fiore ha ribadito che non ci sono gli estremi per continuare ad investire tempo e risorse nella protezione dell’imprenditore, a cui la decisione dovrebbe essere stata comunicata già questa mattina. Per quanto riguarda Katiuscia Ivanovna Zacharova, o Svetlana Brekovska come adesso si fa chiamare, in mano abbiamo solo la vaga e per nulla ufficializzata testimonianza della fioraia di Corso Italia, la via parallela al parco della Pellerina: la donna sostiene di aver visto la ricercata tre o quattro volte in un arco di tempo pari ad un mese circa, quando sembrerebbe che la ragazza si recasse con relativa frequenza nel negozio della signora per comprare bulbi e piante da giardino per l’appartamento che aveva appena acquistato-
-Non ha specificato se si trattasse di un attico, una mansarda, un monolocale … ?- lo interruppe Terenzi, grattandosi distrattamente il mento sporcato dalla solita barba incolta.
-Direi che non siamo stati fortunati neppure su questo fronte: la commerciante non si ricorda se abbia mai accennato al tipo di abitazione in cui si stava trasferendo Svetlana. Sono passati quasi tre mesi, commissario, e i clienti vanno e vengono: è già un miracolo che conservi un vago ricordo ... -
L’altro dovette riconoscere la veridicità delle sue affermazioni e gli intimò di continuare, aggiungendo che, se il resto della squadra aveva qualcosa da aggiungere o da precisare, poteva intervenire in qualsiasi momento.
-Venerdì pomeriggio abbiamo contattato Agnese Rampi per chiederle spiegazioni sull’assegno risalente a fine ottobre in favore del figlio: anche da questo punto di vista, purtroppo, non abbiamo ricavato nessuna informazione utile. Sembra, infatti, che il denaro sia servito per pagare la prima rata universitaria dell’anno accademico a Francesco, residente a Padova, dove frequenta il secondo anno di Biologia-
Poi, ammiccando con quel suo modo di fare irriproducibile, il poliziotto fece intuire le sue reali intenzioni al superiore:
-Quando ce lo dirà lei, capo, saremo pronti per convocarla e interrogarla nuovamente sul bonifico destinato ad Appiani. Detto per inciso, gli esami del sangue che abbiamo visionato sono tutti assolutamente nella norma e di routine: ce lo ha confermato anche il dottor Bertani-
Ghirodelli concluse la prima parte del verbale con una smorfia amara, ma subito si riprese.
Sembrava, infatti, fiducioso nel seguire questa pista, quella di pressare la signora Rampi: glielo si leggeva negli occhi neri come la pece, sfavillanti e speranzosi, e nel ticchettio ritmico delle dita sui calzoni di velluto, tipico gesto che utilizzava quando era impaziente.
-Ne parliamo più tardi. Ascolta, abbiamo novità sulla banda degli strozzini? Cosa ha deciso di fare il magistrato?-
-I due figli con le mogli hanno ottenuto gli arresti domiciliari: il magistrato è convinto che non ci sia reiterazione del reato o inquinamento delle prove, in quanto il loro ruolo nella truffa è stato relativamente marginale. Sul padre, però, pendono altre accuse più pesanti: ricettazione di gioielli rubati, riciclo di denaro sporco, circonvenzione d’incapace e molto altro; insomma, non ha propriamente una fedina penale che si possa definire pulita-
-Però c’è la nuova pista della Scientifica: Rossi, me ne vuoi parlare? So dall’ispettore che hai ricevuto tu il fax di Meliconi … - domandò retorico Terenzi.
Lui e l’ispettore si erano scambiati un’occhiata d’intesa, così Ghirodelli ne aveva approfittato per riprendere fiato.
-Sì, commissario- rispose composto il sottoposto, sbattendo le palpebre un paio di volte: era stato preso piacevolmente in contropiede, ma si era ripreso senza dare forfait.
-Il tenente Meliconi ha confermato che non sono stati rinvenuti indizi particolari in casa o nell’ufficio di Giorgio Appiani, a parte una scheggia di oro bianco, probabilmente parte di un ciondolo piuttosto prezioso, riconducibile ad esempio ad un braccialetto o a una collana. Ecco, qui c’è il referto della Scientifica … -
Il vice ispettore aprì la giacca di fustagno grigio tortora ed estrasse un foglio piegato in due, a cui era stata pinzata una fotografia con un frammento irregolare ingrandito in primo piano.
-Sei stato previdente, Rossi, bravo …-
E cominciò a leggere:



A dodici centimetri dal ritrovamento del cadavere di Appiani Uzia Giorgio, coperta da una gamba della scrivania, è stata rinvenuta una scheggia di metallo prezioso, contenente una percentuale pari al 100% di oro bianco, dalle dimensioni di 1 cm x 1 cm. E’ probabile che il suddetto ritrovamento sia un componente di un gioiello o di altro oggetto di valore non pervenuto. Dai rilievi effettuati, non sono rintracciabili impronte digitali o tracce organiche.  


-La solita dose di fortuna … - non riuscì a trattenersi dal pronunciare Terenzi, restituendo al collega il fax, e continuando impensierito:
-Questo nuovo indizio farebbe presupporre che, chi ha perso il ciondolo, possa essere stata una donna, ma nessuno degli interrogati ha fatto menzione di una compagna nella vita di Appiani. A parte ovviamente Agnese Rampi che, da quanto ci ha detto, ultimamente lei e la vittima erano legati solo da una semplice amicizia, non abbiamo altre idee su chi potesse frequentare l’imprenditore. Grazie, Rossi-
L’apostrofato annuì, accennando ad un sorriso, quindi il commissario si fece riconfermare da Ghirodelli se il funerale di Appiani, fissato per quel pomeriggio, fosse alle tre.
-L’ispettore ed io andremo a dare un’occhiata: ne approfitteremo per controllare la presenza di qualche donna di cui fino adesso non sapevamo l’esistenza. Ah, Di Biase, per domani mattina alle nove convoca la signora Rampi. Grazie, potete andare-
Terenzi si alzò dalla poltrona e, ringraziando anche con un cenno del capo i presenti, li congedò.


Ore 15.55

Il funerale era appena finito: vi aveva partecipato la Torino bene, la chiesa era gremita e Terenzi non aveva notato nulla di sospetto o di utile ai fini dell’indagine, complice la bolgia di gente che gli aveva ostruito la visuale per la maggior parte della cerimonia.
Sul sagrato della costruzione barocca, la signora Camoletti e i figli avevano passato quasi tutto il tempo a stringere mani e a baciare qualche conoscente particolarmente stretto.
Di fianco a loro, pallido, i capelli non molto folti e biondo scuro, gli occhi chiari acquosi, Carlo Della Robbia sembrava stordito e affranto ancora più del solito.
Indossava un impermeabile catrame, da cui spuntava una sciarpa a fantasia scozzese e un paio di pantaloni blu scuro.
A qualche metro di distanza, dopo la cerchia dei quattro soci di maggioranza dell’azienda, s’intravedevano il capannello di operai della fabbrica di ceramiche, una dozzina tra donne e uomini vestiti a lutto e con i volti di mezza età increduli, e la testolina di Sabrina Pellini, la trentenne e puerile segretaria del defunto.
Rispetto al loro primo incontro in commissariato, la ragazza era fasciata da un castigato tailleur nero, il giubbotto lungo e marrone fino al ginocchio lasciato aperto.
I poliziotti notarono, in disparte rispetto alla famiglia, anche Agnese Rampi, i capelli neri tagliati corti e gli occhi chiari: non immaginavo avesse il coraggio di presentarsi.
La cinquantenne, copricapo nero e pantaloni di velluto della medesima tonalità, non riusciva proprio di apparirgli come un’assassina, ma Terenzi sapeva fin troppo bene che, la maggior parte delle volte, l’apparenza inganna.
Naturalmente era al corrente che Di Biase l’aveva già contattata per presentarsi il mattino successivo, ed era quasi tentato di avvicinarsi di soppiatto, così, giusto per scambiare due parole informali, quando si sentì chiamare da dietro le spalle.
Lui e Ghirodelli si voltarono, le mani in tasca per il freddo pungente, trovandosi faccia a faccia con il braccio destro della vittima.
-Commissario, ispettore, buona sera. Vi ho intravisti prima, in chiesa, quando siamo usciti-
I due apostrofati ricambiarono il saluto, che non venne accompagnato da una formale ed educata stretta di palmi, quindi Terenzi s’informò sullo stato emotivo dell’uomo.
-Come si sente, signor Della Robbia? Ho saputo della decisione del magistrato … -
Sebbene sapesse che non era affatto colpa sua, il poliziotto non riusciva a non sentirsi in difetto per la revoca della scorta all’uomo.
-Preferirei evitare l’argomento: diciamo che mi aspettavo maggiore protezione da parte vostra, ma voglio sperare che quella donna sia lontana chilometri, che non abbia saputo della mia denuncia e che non la riveda mai più-
L’altro annuì e, cercando di cambiare argomento, gli domandò cosa ne pensasse della cerimonia appena conclusa.
-E’ stata un’ora molto triste per me- confermò, deviando lo sguardo verso l’alto e, a sua volta, infilandosi le mani nel cappotto.
-Fino a quando non ho visto Giorgio lì dentro, voglio dire nella bara, quasi speravo ancora che fosse vivo. Lo so che è stupido da dire, perché sono stato io a ritrovarlo, ma non riesco a crederci … è tutto assurdo ed ingiusto-
-Ha ragione e le prometto, ancora una volta, che faremo chiarezza sull’omicidio del suo amico. Abbia fiducia-
Terenzi gli strinse istintivamente il braccio sinistro, in un impeto di compartecipazione empatica.
-Le rubo solo qualche minuto, poi la faccio riaccompagnare a casa. Volevo chiederle una cosa: mi ricordo che lei, fin dal nostro primo incontro, ha negato la possibilità che la vittima frequentasse una donna, anzi ha ventilato addirittura l’ipotesi che l’uomo fosse ancora segretamente innamorato della moglie, però rifletta un attimo sull’eventualità che nell’ultimo periodo il signor Appiani frequentasse qualcuno-
Della Robbia tornò a concentrarsi sul suo interlocutore:
-Oltre a quella donna di cui mi avete domandato notizie, Agnese Rampi, non so dirle altro. Giorgio era molto preso dal lavoro, dall’affare che dovevamo concludere con i clienti francesi, e di questo aspetto della sua vita privata, dopo la separazione da Clelia, non ne ha mai parlato volentieri-
-D’accordo, non la disturberemo ancora-
I tre si lasciarono con una vaga e stretta di mano formale.
Poi, finalmente, dopo che la folla che gravitava attorno alla vedova e ai figli per far loro le condoglianze se ne andò, i poliziotti poterono avvicinarsi alla signora Camoletti, sempre più bionda e sempre più elegante nel suo completo di Versace griglio perla, su cui si apriva una pelliccia ecologica bianca e nera.
Nonostante la separazione formale, la donna continuava a ricoprire il ruolo di premiere dame, ruolo ipocrita che le calzava a pennello.
Terenzi lanciò un’occhiata in direzione di Anita e Gabriele Appiani: lei era la solita bellissima dea che si ricordava, i lunghi capelli ricci castani raccolti da un fermaglio e gli occhi verdi, a differenziarli da quelli color ambra del fratello.
Entrambi erano vestiti di nero, ma l’uomo non riuscì a non notare un beffeggiante fazzoletto da tasca rosso a pois bianchi.
Il galletto mi sembra meno aizzato, perlomeno rispetto all’altra volta.   
Lo lasciò perdere e si avvicinò ancora di più alla proprietaria dell’atelier di abiti nuziali.
-Buona sera, signora, volevamo rinnovarle le nostre condoglianze- esordì sinceramente, stringendole la mano e facendo lo stesso con i figli.
Anita cercò di abbozzare un sorriso, riuscendole più che altro una smorfia di dolore: si calò gli occhiali da sole sul capo, indossati per nascondere le conseguenze di un pianto recente, ed annuì mestamente.
Gabriele, invece, si limitò a ricambiare il gesto, senza troppa convinzione.
-Grazie, commissario, è stato molto gentile a venire. Avete delle novità?-
-La Scientifica ha ritrovato nell’ufficio del suo ex marito una scheggia di oro bianco, probabilmente parte di un ciondolo. Lei ha idea a chi potesse appartenere?-
Le mostrò la foto del reperto che il tenente Meliconi aveva allegato al fax.
-Sarà stato di una delle sue numerose amanti. E comunque preferirei non parlarne, la prego, almeno per oggi … -
Con la coda dell’occhio, Terenzi notò che il galletto era già pronto per difendere a spada tratta la madre, ma evitò di accettare la provocazione, e continuò:
-Ha ragione, signora, e mi perdoni per la franchezza e la circostanza, ma le devo fare ancora una domanda: lei è a conoscenza della possibilità che il suo ex marito, nell’ultimo periodo, frequentasse qualcuno?-
Gli occhi della donna si abbassarono per un momento, e sbuffò impaziente.
-No, che io sappia no. Qualche giorno fa non mi aveva parlato di una certa Adele? L’avete già scartata dalla rosa dei sospettati?-
-Si chiama Agnese Rampi, però io mi riferivo ad altre conoscenze femminili … -
-Commissario, la vuole smettere di importunare mia madre?!-
Gabriele Appiani non resistette più all’ennesima insinuazione, gridandogli di lasciarla stare, altrimenti non avrebbe esitato a denunciarlo per molestie, abuso d'ufficio e altre accuse simili.
Clelia Camoletti gli disse di stare tranquillo, che era tutto sotto controllo, e tornò a concentrarsi sui poliziotti.
-Lo sa anche lei che il mio ex marito ed io eravamo separati da cinque anni: la sua vita privata non era più una mia esclusiva, anzi, forse non lo è mai stata … -
Terenzi capì che aveva raggiunto il limite, quindi annuì remissivo.
-Certo, la capisco. Mi scusi ancora se le ho fatto questa domanda. Arrivederci-
Lui e l’ispettore le strinsero la mano, facendo lo stesso con la figlia: quando toccò al galletto, il ragazzo esitò un istante prima di ricambiare il gesto, come a sfidare i poliziotti.
Alla fine, però, cedette e, con una smorfia di disgusto, si allontanò.
   
 
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