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Autore: yachan    15/05/2016    3 recensioni
Cosa significa "essere se stessi"?
Da bambino non me ne preoccupavo.
Se qualcosa mi infastidiva, mi arrabbiavo. Se qualcosa mi piaceva, lo dicevo.
Ma tutti noi cambiamo nel tempo.
Così come le cose che vogliamo proteggere...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doraemon, Hidetoshi Dekisugi, Nobita Nobi, Shizuka Minamoto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uhm, due parole su questo capitolo. Ci ho impiegato giorni? Mesi? Anni? Ahaha, no, non così tanto (ma chi mi conosce sa che ci impiego anni per le altre fic, ehm).
Avrei una lista di cose che mi ha impedito di portarmi avanti, ma non mi dilungherò. Voglio solo precisare una cosa prima che si inizi a leggere questo capitolo: ho aggiunto un piccolo paragrafo alla fine del capitolo precedente. La verità è che quando l'ho pubblicato, ho dimenticato di aggiungerlo e... bè, il tempo è passato e non ho avuto modo di rimediare subito. Lo faccio ora e quindi invito ai lettori a darci una veloce rilettura prima di iniziare questo.
Mi scuso se ogni tanto mi sfuggono errori, ma quando rileggo di fretta i capitoli, mi sfuggono dalla vista ^_^' Poi però me ne accorgo e vorrei sotterrarmi, ahaha.
Quindi, ahm, vi lascio alla lettura, sperando che il capitolo sia di vostro gradimento.

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Personaggi: Doraemon - Nobita Nobi - Shizuka Minamoto - Takeshi Goda (Gian) - Suneo Honekawa - Dekisugi Hidetoshi - Jaiko Goda - Hiro Kuroyama - Chika Tanaka - Aki Sasaki - Yoshino Saotome


DORAEMON AND NOBITA PRESENT:

JUST LIKE YOU
Che significa “essere se stessi”?
Cap.4

  • Complimenti Shizuka, sei stata accettata alla Scuola Femminile Nakamura- fece un moro applaudendo ad una ragazzina con due codini.
Lei annuì appena, mentre si passava per le mani la lettera di accettazione del liceo Nakamura.
Era stata la sua prima opzione, e non era così sicura di venire accettata con i requisiti che richiedevano. Però era lì, nero su bianco, la risposta. Shizuka Minamoto avrebbe frequentato il liceo femminile Nakamura. Un evento da festeggiare con amici e famiglia. Però...
Il suo sguardo passò al ragazzino che gli sedeva vicino e gli sorrideva ignaro dei suoi pensieri.
  • Anche tu dovresti essere felice, ti hanno accettato in ben due licei a cui hai fatto domanda.
  • Sì hai ragione, è una bella soddisfazione- fece lui alzando lo sguardo- Ciononostante, non andrò in nessuno dei due.
  • Eh? E perché?- chiese sorpresa appoggiando la lettera sul tavolino della stanza.
  • Ci ho pensato a lungo, e il liceo Mawashi è la scelta più corretta. A causa del lavoro mio padre è spesso in viaggio, mi dispiacerebbe lasciare mia madre sola proprio ora, perché gli altri licei si trovano molto distanti da casa. Per questo ho preferito scegliere un liceo vicino- guardò l'espressione triste dell'amica e si apprestò ad aggiungere- Ma non è stata una rinuncia per me. Mi sono informato sul liceo, e non potrei essere più soddisfatto della mia scelta. Pensa che solo quest'anno hanno rinnovato l'aula di scienza e hanno comprato nuovi strumenti per i laboratori.
  • Oh- lei sembrò tranquillizzarsi e si soffermò a guardare il tappeto sotto di loro- Quindi frequenterai lo stesso liceo di Gian. Di Suneo qualche novità?
  • Non ancora. Suneo continua a dire che non è preoccupato, e che sicuramente lo accetteranno al liceo a cui ha fatto domanda.
  • Capisco- poi alzò lo sguardo su delle foto incorniciate vicino alla sua scrivania che ritraevano dei bambini- Sai anche degli altri... ?
Il moro seguì lo sguardo della ragazzina e esitò per qualche istante prima di rispondere.
  • Intendi Nobita? Lui ha scelto prima di noi il liceo Mawashi. Pensavo che te lo avesse già raccontato.
La ragazzina non si voltò a guardarlo, non voleva che la sua espressione rispondesse alla sua domanda, e rimase malinconica a fissare le foto in lontananza. Non voleva darlo a vedere, ma sentiva uno strano sentimento di solitudine. Non avevano ancora iniziato il liceo e lei già sentiva nostalgia dei suoi amici. Però era stata accettata alla Nakamura, un liceo per cui si era preparata un anno prima. Non ricordava neanche perché aveva scelto quella scuola tra le sue opzioni. Forse perché alcune sue compagne lo avrebbero frequentato? O forse perché era stata una decisione di sua madre? O forse perché era una scuola rinomata per brave studentesse?
Poi allungò la mano per riprendere il foglio ricevuto dal liceo Nakamura.
Ora che aveva la possibilità di andarci... era davvero convinta della sua scelta?


Era davvero convinta della sua scelta?
Aveva rinunciato a frequentare il liceo femminile... per cosa poi? Poter continuare studiare con i suoi amici? Per non sentirsi l'unica a fare un percorso diverso?
Si alzò in piedi e si sistemò la gonna della divisa. Era di un colore blu notte come la giacchetta, e la camicia aveva annodato un laccio rosa al colletto. Una divisa simile alla maggior parte delle scuole pubbliche. Si guardò allo specchio mentre sistemava i due codini. I capelli le erano ormai arrivati oltre la spalla. Forse doveva legarseli in un unica coda alta? Ci avrebbe pensato in un altro momento. Sistemò anche quel poco di ciuffi che aveva come frangetta e si riguardò nello specchio.
Non era pentita della sua scelta, anzi. Le piacevano i suoi compagni di classe, gli insegnanti e le lezioni di musica. No, non era pentita di aver rifiutato il liceo Nakamura per il liceo Mawashi.
Solo si chiedeva... perché? Cosa realmente le aveva fatto cambiare idea?
Prese la sua cartella, la custodia del violino e uscì dalla stanza. Come ogni mattina salutò la madre, indossò le scarpe della divisa e uscì di casa. Non doveva neanche partire tanto presto, poteva raggiungere la scuola dopo quindici minuti di cammino. Ed era un vantaggio in confronto ai studenti che dovevano prendere dei bus o treno per raggiungere la scuola.
Forse era stato questo a farle cambiare idea?
Si unì al gruppo di studenti che camminava in direzione della scuola. Immersa nei suoi pensieri, si accorse solo dopo di avere qualche metro in avanti Nobita e un biondino camminando in mezzo alla piccola folla di alunni, ma non fece niente per farsi notare o per raggiungerli. Neanche i due sembravano essersi accorti della sua presenza presi com'erano a parlare.
Era buffo come il moro si trovasse davanti a lei in perfetto orario, mentre anni prima era l'ultimo ad arrivare a scuola. Lui che non sopportava restare un minuto in più in classe e che si svegliava sempre in ritardo, ora era lui a trattenersi a scuola e ad arrivare puntuale alle lezioni.
E si ricordò delle tante volte alle elementari che facevano la strada insieme di ritorno a casa. Un abitudine che si era man mano persa con l'arrivo delle medie. Ma almeno continuavano a vedersi in classe. Poi alla fine delle medie Nobita aveva scelto il liceo che avrebbe frequentato, ma lei era stata l'ultima a saperlo. E questo le dimostrava che i loro rapporti erano già cambiati. Perché il Nobita di dieci anni sarebbe andato per prima da lei a informarla e chiederle di venire con lui. Perché il Nobita di dieci anni avrebbe condiviso con lei i suoi pensieri sul futuro.
Forse era stato proprio questo a farle cambiare idea qualche anno prima e scegliere il liceo Mawashi. Il suo timore non era la separazione con i suoi amici, ma la distanza che si stava creando sempre più con il ragazzo. Però anziché accorciarla, in quei anni era aumentata, rendendoli dei semplici conoscenti all'interno della scuola. E lei non sapeva più come comportarsi. Tutte le volte che credeva di fare un passo verso lui, in realtà stava retrocedendo. Perché per lei Nobita era diventato un mistero.

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  • La prima partita è stata un successo- fece Nobita guardando fuori dalla finestra la squadra di baseball che si allenava.
  • Non so perché tutto questo entusiasmo- fece Hiro appoggiandosi al bordo della finestra.
  • Perché è bello vedere la tua squadra dare il meglio e vincere.
  • Bah, non lo capisco-sbuffò- È meglio essere sul campo che guardare altri giocare.
  • Non posso darti torto, però anche il tifo ha la sua importanza, sai? L'emozione che si prova nel sostenere la squadra in cui riponi le tue speranze, esultare insieme in caso di vincita o rattristarsi per le sconfitte, e seguirne il percorso di crescita. Anche la squadra ne trae beneficio dal tifo.
  • Non lo capisco ugualmente. Quando uno gioca, è concentrato solo nel vincere. Perché uno vorrebbe caricarsi delle aspettative del tifo? Sarebbe solo uno stress inutile.
Nobita alzò lo sguardo, ma lasciò perdere il discorso. In quel momento vide arrivare Sasaki. Come al solito era di buon umore, ma in quel momento sembrava particolarmente felice quando andò incontro ai due ragazzi.
  • Non mi dire che sei così per la partita- disse Hiro scocciato.
  • Quale partita?- fece presa alla sprovvista- Oh, già. Baseball, lo avevo sentito dire. Hanno vinto la prima partita, vero?- Nobita annuì.
  • Se non era la partita, per cosa sei così di buon umore?- chiese Hiro.
Sasaki non fece in tempo a rispondere che arrivò Chika con dei libri sotto mano.
  • Ecco, questi dovrebbero servirci per gli esercizi di oggi.
  • Tu sei pazza se pensi che io mi metta a leggere quei libroni- fece il biondino contrariato.
  • Mi spiace ma i libri illustrati delle elementari erano terminati- commentò Chika.
  • Che spiritosa- Hiro fece una smorfia, mentre Chika si rivolgeva alla ragazza.
  • Ho preso anche dei libri che ti potrebbero servire.
  • Oh, ti ringrazio!- fece Sasaki allegra, per poi aggiungere sinceramente dispiaciuta- Ma oggi non potrò fermarmi a fare i compiti con voi, anche se mi sarebbe piaciuto.
  • Non preoccuparti, se hai un impegno...- fece Nobita, ma Sasaki sorrise un po' imbarazzata.
  • A dire il vero, oggi esco con Saotome.
I tre la guardarono un po' sorpresi. Soprattutto Nobita che ricordava il periodo di quando era stata lasciata dal ragazzo e come ci aveva sofferto.
  • Siamo tornati insieme- spiegò lei allegra, ignorando i pensieri dei suoi amici- Non so come sia successo, credevo che non ne volesse sapere di me, ma una settimana dopo San Valentino mi ha chiesto di tornare insieme- congiunse le mani- Non è meraviglioso?
  • Be', sì, siamo contenti per te- fece Nobita con un sorriso improvvisato, anche se non poteva nascondere la sua perplessità di quel repentino cambio d'opinione di Saotome. Però se questo rendeva felice Sasaki, non poteva certo fare il guastafeste.
  • Vado a casa a prepararmi, ci vediamo domani!- salutò agitando la mano, per poi andarsene via saltellando.
  • Lo penso solo io che è stata una pessima decisione?- commentò Hiro guardando Nobita, ma lui stava ancora guardando dove se n'era andata Sasaki.
  • Da quando te ne intendi tu?- fece Chika scettica passandogli tra le mani la pila di libri- Non sono affari che ci riguardano, è libera di fare quello che vuole.
  • Sì...- disse Nobita con un tono incerto, per poi guardare i due amici- Se questo la rende felice, meglio così.
Forse stava esagerando con i suoi dubbi. Saotome si era semplicemente pentito di averla lasciata, cosa c'era di strano? Non era la prima volta che cambiava idea dal giorno alla notte.
E se Sasaki si trovava bene con Saotome, chi era lui per mettersi in mezzo?
Poi i tre ragazzi rientrarono nell'aula svuotata di studenti e si misero a studiare. Nessuno di loro tornò sull'argomento.

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  • Tutte queste attività extra-scolastiche sono una vera scocciatura- commentò Saotome, rigirandosi dei fogli tra le mani. Nobita si fermò nel scrivere e lo guardò. A volte nel modo di brontolare gli ricordava Hiro, ma per il resto erano totalmente differenti- Come pretendono che uno studente ottenga i massimi voti se deve perdere tempo per queste festività?
  • Forse non tutti sono ossessionati dallo studio e dagli elogi come te- commentò Nobita riprendendo a scrivere.
  • In questa società non c'è spazio per chi non ottiene il massimo- rispose l'altro- È una guerra da quando si nasce, vince solo il più forte.
  • Non credi di esagerare?- fece Nobita alzando lo sguardo dal foglio- Siamo solo dei studenti, mica dobbiamo andare in guerra.
  • È qui la differenza tra un vincente e un perdente- disse segnalandolo con la penna- Solo i perdenti parlano così. Non sarai nessuno per la società se non sconfiggi i tuoi avversari fin da adesso.
  • E con questo ti riferisci alla tua assurda competizione con Dekisugi per il primato della scuola?
Saotome fece una smorfia al sentire quel nome, però poi la mascherò con un sorriso arrogante.
  • Hidetoshi non mi spaventa. Cosa ha in più di me? Niente. Ma è logico che tu la pensi così, è un tuo amico, no?- ridacchiò con malizia- Buffo come un ragazzo che chiami amico, riesca con tanta facilità metterti in ombra. Ha tutto quello che tu non hai e non avrai mai. Al suo fianco, vali meno di zero. E scommetto che lui non ti ritenga neanche degno della sua attenzione. Del resto, che avresti tu che potrebbe essere una minaccia per lui?
  • Si vede che non lo conosci. Dekisugi non è te- disse il moro indifferente.
Non era la prima volta che Saotome tentava di farlo arrabbiare con provocazioni, ma i suoi tentativi cadevano sempre nel vuoto. Saotome non era cresciuto con Nobita nel quartiere, non sapeva che di quelle provocazioni ne aveva sentito in continuazione, e che ormai non gli facevano effetto.
  • Sasaki dovrebbe smetterla di vedersi con persone come te- commentò Saotome acido- Le rovinano l'immagine.
  • Buffo, ho pensato la stessa cosa di te- commentò il moro con lo stesso tono.
Per un istante i due si fissarono senza dire niente, per poi entrambi riprendere a scrivere come se niente fosse. Trascorsero così altri quindici minuti compilando moduli, nella tranquillità di una classe svuotata, finché non si udì un suono simile a una sveglia provenire dal braccio di Saotome.
  • Oh- fece il gesto di guardare l'orologio da polso- Devo andare. Sasaki mi starà aspettando fuori- si alzò dalla sedia e iniziò a mettere via i fogli all'interno di fascicoli. Nobita lo imitò- A domani- disse prima uscire dall'aula.
Nobita lo salutò velocemente sistemando con calma le sue cose all'interno della cartella. Poi si soffermò a guardare fuori dalla finestra. Vide Satoshi uscire dalla scuola e raggiungere una ragazza infreddolita per l'attesa. La vide sorridere come una bambina e mettersi al fianco del ragazzo mentre si allontanavano.
Sospirò, mentre tornava alla sua cartella lasciata sul banco.
Ha tutto quello che tu non hai e non avrai mai.
Per quanto fosse abituato a Saotome, quella frase aveva finito per girare nella sua testa. Forse perché Saotome non era tanto lontano dalla verità. Non c'era stato momento da bambino che non avesse desiderato essere Dekisugi. Avere quei pregi che tutti gli ammiravano e lo lodavano.
Ma Nobita era Nobita. E non sarebbe mai diventato Dekisugi.
Chiuse la cartella e uscì dall'aula. Camminando per i corridoi, passò vicino a un'aula da cui proveniva il suono di uno strumento musicale. Rallentò il passo e si soffermò davanti alla porta semichiusa dell'aula. Riconobbe la silhouette della ragazza in piedi che stava suonando il violino con gli occhi socchiusi concentrata nelle note e nel movimento dell'archetto.
Rimase lì con la schiena appoggiata sulla porta ad ascoltare in silenzio. Shizuka era migliorata molto nei ultimi anni. E non solo come musicista, ma anche come ragazza. I suoi lunghi capelli castani raccolti in due codini risplendevano di luce propria, così come tutta la sua figura elegante e aggraziata. Anche il più insignificante vestito non avrebbe potuto nascondere l'incanto che emanava con la sua semplice presenza.
Ha tutto quello che tu non hai e non avrai mai.
E aveva completamente ragione. Tutto ciò che aveva desiderato da bambino, per cui aveva lottato... non l'avrebbe mai ottenuto.
Sorrise malinconico, prima di staccarsi dalla porta e andarsene. Ma nel girarsi vide una testolina sbucare da dietro la porta. Sussultò dallo spavento. Altrettanto fece l'altra persona.
  • N-Nobita-san?- fece la voce di lei quasi incredule.
  • Io... io... non volevo disturbarti...- disse agitato dall'imprevista apparizione di lei.
  • N-non l'hai fatto...- scosse la testa ancora agitata dallo spavento- S-sei qui da tanto?
  • Eh, no- ammise lui. Poi i due abbassarono lo sguardo restando in silenzio- … Be', vado- disse infine Nobita sbrigativo, rompendo quel momento di disagio tra i due.
Ma ancora nel tentativo di andarsene, qualcosa glielo impedì, più precisamente una mano che lo tratteneva per la manica della giacchetta. Si girò e guardò sorpreso la ragazza. Lei non lo stava guardando, ma aveva lo sguardo abbassato sulla sua mano afferrata alla manica di Nobita.
  • … Ti va di fare la strada con me?- chiese con voce bassa e timida.
Lui la continuò a guardare, come incerto di aver ascoltato bene e insicuro su cosa rispondere. Non gli sembrò da subito una buona idea accettare, ma sarebbe sembrato scortese rifiutare senza motivo.
Annuì senza parlare.
  • Aspetta qui, metto via il violino- disse lei lasciandolo andare e rientrando in fretta nell'aula.
Dal corridoio la vide trafficare con gli spartiti, chiudere il violino nella sua custodia e prendere la cartella scolastica. Lo raggiunse subito fuori dall'aula. Nobita non si era mosso di lì.
I due uscirono dalla scuola passando per il campo di baseball. Sentirono in lontananza la voce di Gian e qualche pallina volare nel cielo. Ma nessuno dei due commentò, né si fermò. Camminarono con il venticello che spettinava i loro capelli e trasportava foglie. Il cielo era di un arancione tendente al blu e non c'era molta gente in giro a quell'ora.
Ancora nessuno aprì bocca, neanche la stessa Shizuka che aveva proposto di fare ritorno insieme, entrambi con lo sguardo sul percorso da fare. Camminare affianco a lui, le ricordò la volta che l'aveva avvolta con la sua sciarpa gialla mentre tornavano a casa. Anche in quell'occasione era stato di poche parole.
Eppure... eppure anche il solo camminare insieme... le riportava alla mente i ricordi legati alla loro infanzia... il periodo dove ogni giorno era un'avventura e una meravigliosa scoperta. Dove un bambino di dieci anni si presentava sotto casa sua con un enorme sorriso.
I due si fermarono davanti al cancello di casa dei Minamoto.
  • Ci vediamo- disse Nobita salutando velocemente, come se avesse fretta di allontanarsi.
Però per la terza volta si sentì frenare. Si voltò guardando la mano di Shizuka trattenerlo nuovamente per la giacchetta. Lui rimase in silenzio, come aspettandosi una spiegazione da lei. Ma la ragazza ci impiegò qualche minuto prima di alzare lo sguardo su di lui e parlare.
  • Possiamo tornare insieme anche domani dopo scuola?- chiese Shizuka, spiazzando il ragazzo che non seppe rispondere subito. Lui socchiuse le palpebre per poi guardarla negli occhi.
  • Credo che... sia meglio di no- rispose Nobita, lasciando ora lei spiazzata dalla risposta, che cercò nel suo sguardo la conferma delle parole. Ma i suoi occhi privi del brillo del bambino che conosceva, mostravano solo serietà e convinzione. Lentamente lui si staccò dalla sua presa facendo un passo indietro- Non sarebbe corretto nei suoi confronti- aggiunse con un cenno di sorriso.
Shizuka lo guardò senza comprendere. Lui però non diede altre spiegazioni e si limitò a salutarla mentre se ne andava, lasciando la ragazza senza parole e molto confusa.
Nobita proseguì il suo cammino verso casa. Una volta dentro, si tolse le scarpe e si diresse in stanza ancora prima di salutare la madre. Si sdraiò sul tatami e guardò il soffitto.
Ha tutto quello che tu non hai e non avrai mai.
Prese il cuscino gettato in un angolo e se lo strinse in faccia cacciando un grido di frustrazione soffocato dall'imbottitura. Perché era l'unico modo per cacciare via quella pesantezza dal suo cuore. Perché andare avanti ad ogni costo non era mai stato facile.

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  • Dimmi che è un incubo- fece il biondino guardando il cancello d'ingresso di una casa.
  • No, è la pura realtà- disse il moro con un sospiro rassegnato al guardare la scritta "Tanaka". Poi lo afferrò per il braccio prima di varcare il cancello- Non tentare di scappare.
  • Perché no? Non si accorgeranno della mia assenza- disse lui innocente con il corpo rivolto verso l'uscita.
  • Pensi che a Chika farebbe piacere sapere che sei scappato senza mantenere la promessa?
  • Figurati, ne sarebbe felice. Perché non ci siete andati tu e Sasaki?
  • Ci sarebbe venuta volentieri, ma era impegnata. E neanche per me è una passeggiata, non so che tipi saranno i suoi genitori. Quindi calmati e andiamo insieme.
  • Oh dai, non è normale questo pranzo, lo sai anche tu. In che epoca siamo se veniamo invitati a pranzo dai genitori di una nostra compagna di classe? E se poi si rivelano essere dei spietati assassini in cerca di sangue?
  • In quel caso sarò contento di averti trascinato con me- commentò l'altro con un sorriso sarcastico.
Il biondino sbuffò mettendosi le mani in tasca, mentre Nobita suonava al campanello della casa. Furono ricevuti questa volta dalla madre di Chika. Indossava un kimono floreale e i capelli erano nuovamente raccolti in un chignon.
  • Benvenuti- la donna li accolse con il suo solito atteggiamento pacato simile a Chika- Prego, il pranzo è già in tavola- senza aspettarsi una parola dai due li condusse alla cucina, dove c'erano ad attenderli il resto della famiglia.
Il capofamiglia era un uomo di media statura dallo sguardo serio e poco amichevole. Quando i due ragazzi entrarono in cucina, lui fece un cenno di saluto con la testa emergendo dal giornale. Lanciò solo una veloce occhiata ai due che si sentirono presi di mira, per poi piegare il giornale e metterlo da parte. Ad un lato del tavolo c'erano le due sorelle Aoi e Kaori, che i due avevano già conosciuto in precedenza, con indosso dei vestiti eleganti ma alla moda mentre stavano bisbigliando tra di loro divertite e indicando i ragazzi. Affianco a loro, una ragazza più grande, che doveva essere la primogenita, vestiva in modo più sobrio rispetto alle altre sorelle e doveva aver preso i lineamenti fini del padre. Li scrutò con altrettanta curiosità, però con più discrezione. C'era anche una signora anziana, forse la nonna, che in silenzio attendeva di mangiare e che accennò ad un sorriso quando li vide arrivare.
I due ragazzi individuarono la loro compagna di classe che si alzò per fargli posto a tavola. Per un istante la guardarono increduli, così come il giorno al tempio quando indossava un grazioso kimono, ora però indossava un vestito rosso nel suo genere semplice che accentuava la sua carnagione chiara, i capelli neri raccolti come sua madre e le guance colorate da un po' di fard. Prima che potessero commentare qualcosa, lei li fulminò con lo sguardo in evidente imbarazzo per essere stata conciata così e che loro la stessero guardando. Serrarono le labbra, anche se ugualmente non riuscirono a scambiarsi parola perché avevano gli sguardi della famiglia su di loro. Chika il giorno prima aveva accennato che erano i primi compagni di scuola a venire a pranzo da lei, e i due non si sorpresero tanto. Con facce così serie, dovevano intimidire gli ospiti. A parte Aoi e Kaori, era come avere quattro versioni di Chika nei suoi momenti no.
Quando finalmente si sistemarono a tavola, poterono iniziare a mangiare, ma nessuno fiatò e questo rese più difficile starsene fermi. Una volta finito, si diressero tutti nel salotto che si affacciava al giardino. Nobita e Hiro si guardarono un po' a disagio seduti educatamente su dei cuscinetti, sperando che la situazione si sarebbe allentata dopo il pranzo, ma poi vedendo che la famiglia continuava a osservarli in silenzio, dubitavano che le cose potevano migliorare. Chika era altrettanto silenziosa e seduta vicino a sua nonna, con uno sguardo che sembrava temere l'arrivo di qualcosa di tremendo. Non l'avevano mai vista così tesa, a parte il giorno che l'avevano incontrata davanti a casa sua.
Nobita si chiese se non fosse il caso di rompere il silenzio lui per prima, ma richiuse subito la bocca quando vide l'uomo parlare con la moglie che portò qualcosa per stuzzicare agli ospiti.
  • E così voi siete Nobi e Kuroyama, gli amici di mia figlia- disse infine il padre di Chika. La sua voce al contrario della sua espressione seria e quel portamento rigido, era gentile e affabile- Mia moglie vi ha invitati perché era nostro interesse conoscere le persone che frequenta nostra figlia- Nobita e Hiro annuirono, quasi aspettandosi una sorta di interrogatorio. Però lui sorrise e d'improvviso l'atmosfera era meno opprimente- Non vi dispiace parlarci un po' di voi?

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  • Shizuka lo hai trovato?- fece una voce proveniente alla sua destra.
Lei alzò lo sguardo dal libro che stava sfogliando e si girò verso un moro della sua stessa età. Annuì, mentre richiudeva delicatamente il libro che aveva in mano.
  • Sì, grazie. Era da tempo che lo cercavo- disse contenta e si guardò intorno- Non conoscevo questa libreria.
  • L'ho trovata per caso girando per la città- spiegò Dekisugi mentre prendeva un libro- Ci vengo quando cerco dei libri introvabili.
I due si spostarono alla cassa e pagarono il loro acquisto.
  • Ci rimane ancora mezz'ora prima di tornare, ti va di fare qualcosa?- propose il ragazzo.
Shizuka notò un grazioso locale al di là della strada.
  • Che ne dici di prenderci qualcosa?
Dekisugi annuì e si diressero al locale, dove cercarono un tavolino libero e si sedettero. La ragazza prese a sfogliare la lista dei prodotti. C'era molto da scegliere, tra quale i succhi di frutta con tanta varietà di gusti. Il moro si soffermò a guardarla, mentre lei ignara di essere osservata girava le pagine con le immagini.
  • ... Shizuka.
  • Hai già scelto cosa prendere?- chiese lei senza averlo sentito e alzando lo sguardo dal menù- Credo che prenderò un Butterfly Cream- Poi però notò lo sguardo pensieroso di Dekisugi- Cosa? Pensi che sia esagerato?
  • No, non lo credo- negò con la testa e abbassò lo sguardo sul menù senza aggiungere altro. Shizuka rimase a fissarlo poco convinta. Poi chiamarono per l'ordinazione e rimasero in attesa- Pensi che settimana prossima sarai libera da impegni?
  • Perché?
  • Suneo ha proposto di andare a casa sua per le finali di baseball. Ha da poco comprato un televisore di nuova generazione e non vede l'ora di mostrarlo. A me piacerebbe seguire in diretta l'incontro, vorresti venire con noi a fare il tifo a Gian?
  • Sì, certo- disse allegra nel momento che arrivarono le loro ordinazioni. Non fecero in tempo a fare qualche commento che una voce li distrasse.
  • Ehi, che coincidenza, Hidetoshi-kun e Minamoto- fece la voce. Quando i due ragazzi si voltarono videro arrivare due loro conoscenze. Erano i compagni di classe di Nobita.
  • Saotome-kun- disse Dekisugi limitandosi a un sorriso cordiale al ragazzo.
  • Ciao Minamoto!- fece la ragazza allegra che accompagnava Saotome. Il suo abbigliamento era accurato e impreziosito da accessori. I capelli erano raccolti in una treccia e indossava dei tacchetti che la slanciavano di più. Vista da fuori sembrava proprio una Idol.
  • C-ciao Sasaki- la salutò Shizuka, un po' sorpresa di trovarsi proprio lei in quel posto.
Non poté evitare di ricordare quel bacio che aveva dato a Nobita e di come lui l'avesse difesa il giorno di Natale. Era storia passata, le due ragazze si erano chiarite per il fatto di Natale, ma d'improvviso le erano riaffiorati quei ricordi. Sentì un groppo in gola, ma cercò di mascherarlo con un sorriso. Però poi notò che lei era a braccetto con Saotome. Le sembrò strano, che tipo di rapporto avevano i due? Non che le interessasse, ma non le piaceva molto quel ragazzo, e la sua presenza lì certamente non la metteva a suo agio.
  • E così anche tu esci ogni tanto- commentò Saotome e diede un'occhiata a Shizuka che non lo guardava-... in compagnia.
  • Sì, dovevamo prendere dei libri- spiegò brevemente il moro, ignorando il tono malizioso che aveva usato l'altro- E cosa porta te da queste parti?
  • Fosse stato per me sarei rimasto a casa- alzò le spalle disinteressato- ma Sasaki insisteva tanto per venire qui.
  • Perché qui fanno dei ottimi frullati- spiegò Sasaki allegra e si rivolse a Shizuka- Vero?
  • Per noi è la prima volta qui- ammise Shizuka.
  • Davvero?- l'altra ragazza si staccò da Saotome e le aprì il menù sedendosi al suo fianco- Oh, allora dovete provare il Green Apple! Hai visto poi la lista dei dolci?- iniziò a parlare a raffica, mentre Shizuka annuiva appena, quasi sommersa dalla vivacità dell'altra. Saotome sospirò infastidito e si sedette rassegnato al loro tavolo.
  • Be', ormai che siamo qui...- guardò Dekisugi- Non disturbiamo, no?- chiese con tono malizioso- Non vorrei aver disturbato la vostra prima uscita...
  • Non disturbi affatto- disse subito Dekisugi interrompendolo bruscamente, ma mantenendosi cordiale. L'altro sorrise con aria furba, mentre il chiacchiericcio di Sasaki sovrastava la sua voce.
  • Sono sorpreso, sai?- Saotome prese un menù e lo sfogliò con poco interesse- Avere il tempo per uscire con la propria ragazza e riuscire lo stesso a trovare il tempo per lo studio e le attività extra-scolastiche. Io stesso faccio fatica a conciliare le cose.
Il chiacchiericcio di Sasaki frenò bruscamente e guardò arrossita sia Shizuka che Dekisugi.
  • Oh... io... non lo sapevo! Che maleducata che sono!- guardò Shizuka che non aveva prestato ascolto ai discorsi dei ragazzi- Mi dispiace, non mi sarei dovuta intromettere nell'uscita con il tuo ragazzo!- disse imbarazzata chinando la testa a modo di scusa.
  • Alla buon ora. Sei lenta- commentò Saotome sempre guardando disinteressato il menù.
  • C-come?- fece Shizuka guardando prima Sasaki poi Saotome, e poi Dekisugi che scuoteva la testa spazientito, quasi aspettandosi una situazione del genere causata da Saotome. Poi ripensò alle parole della ragazza e diventò rossa per l'equivoco- No!- negò quasi esclamando- Non è come pensate! Mi serviva un libro, tutto qui. E Dekisugi non è il mio ragazzo.
  • Ah sì?- fece incuriosito Saotome guardando Dekisugi, mentre Sasaki tirava un sospiro di sollievo per non aver fatto una figuraccia.
  • Esattamente come ha detto lei- disse Dekisugi lanciando uno sguardo deciso a Saotome.
  • Curioso però, mezza scuola dice in contrario- continuò Saotome con il suo solito tono provocatorio. Atteggiamento che sia Dekisugi e Nobita conoscevano bene.
  • Le voci si sbagliano, tutto qui- rispose Dekisugi guardandolo serio. Shizuka annuì, sperando che il discorso si chiudesse lì, ma lei non conosceva abbastanza Saotome che continuò a osservarli divertito quasi attendesse il momento giusto per attaccare.
  • Uh, parlando di libri, mi domando come sarà andata a Nobita e Kuroyama- disse sovrappensiero Sasaki non prestando attenzione ai sguardi dei due ragazzi e senza accorgersi di aver attirato l'attenzione di Shizuka- Quasi mi dispiace non essere andata con loro.
  • P-perché, cosa dovevano fare?- chiese Shizuka cercando di non sembrare troppo curiosa.
  • Avevano un pranzo con i genitori di Tanaka, una nostra compagna di classe- spiegò Sasaki.
Shizuka si chiese se fosse la stessa ragazza taciturna che vedeva insieme a Nobita. La conosceva solo di vista e ricordò di averla incrociata il giorno che era andata a casa di Nobita.
Perché ora era andato lui da lei? Ad un pranzo con i suoi genitori, per giunta.
Abbassò lo sguardo, incerta se era il caso di chiedere altre informazioni senza sembrare sospetta.
Saotome nel frattempo aveva preso a giocherellare con dei stuzzicadenti a forma di ombrello lasciati sul tavolo.
  • Eh, ora che mi ricordo quella ragazza frequentava le medie con me, ma non ha mai stretto amicizia con nessuno- i tre ragazzi lo ascoltarono- A nessuno piaceva stare con lei, un problema persino dover lavorare a un progetto scolastico, era solo un fastidio. Non mi sorprende che abbia fatto amicizia con Nobi. Lo stesso vale per quel teppista di Kuroyama che lo segue come un ombra, ma la verità è che Nobi è solo troppo codardo per mandarlo via- Shizuka strinse le mani nel libro che teneva in grembo e guardando con fastidio il ragazzo che parlava. Captò lo stesso sguardo irritato in Dekisugi- Mi fa quasi pena Nobi, quel suo modo di fare nel circondarsi di nullità, non farà che essergli d'intralcio un giorno- ridacchiò sfogliando il menù senza accorgersi di come Shizuka stringeva le labbra come per trattenersi dal scoppiare in un esclamazione- Come si dice, i perdenti si attirano a vicenda.
Shizuka era al colmo della pazienza e fece per ribattere mandando al diavolo le buone maniere. Lo stesso stava per farlo Dekisugi, ma qualcun altro li anticipò.
Con uno sbattere di mani sul tavolo zittì Saotome che sussultò e guardò sorpreso la ragazza che si era alzata in piedi appoggiando le mani sul tavolo.
  • Nobita non è un perdente!- esclamò Sasaki arrabbiata- Non parlare male di lui se non provi a conoscerlo meglio! E mai lui considererebbe i suoi amici una nullità!
Shizuka e Dekisugi si guardarono entrambi sorpresi dalla ragazza che li aveva preceduti. Tanto meno si sarebbero aspettati che fosse lei a prendere le difese del ragazzo.
  • Tsk, e chi vuole conoscerlo meglio? Perderei solo il mio tempo- fece Saotome ripresosi dalla sorpresa di essere rimproverato proprio da Sasaki e di fronte ai due ragazzi. Non poté nascondere che il fatto lo infastidì.
  • Già, sarebbe tempo perso anche per Nobita- commentò Dekisugi mostrandosi calmo e soddisfatto- Qualsiasi cosa tenterebbe, non potrebbe mai renderti una persona migliore.
  • E Nobita non caccerebbe mai via una persona, solo perché non rientra tra i vincenti- disse Shizuka guardando dritto su Saotome- Chi gli sta vicino lo fa proprio perché gli piace il suo modo di essere, imperfetto ma pieno d'entusiasmo. Sminuire le qualità delle persone, sono solo atti di persone deboli e spregevoli.
Saotome fece una smorfia infastidita. Ora ci si mettevano anche loro due a fargli la predica. Era in minoranza, ma non perse la sua spavalderia. E non avrebbe mai perso contro Hidetoshi. Sorrise beffardo.
  • Oh, ma quanto cuore ci mettete per difendere il povero Nobi- guardò i tre, poi solo Dekisugi e Shizuka- Dimenticavo, logico che la pensiate così. Siete amici d'infanzia del perdente.
Sasaki guardò sorpresa Dekisugi e Shizuka, non sapeva che erano amici di Nobita prima delle superiori. Ma del resto Nobita non si soffermava a parlare del suo passato o dei amici d'infanzia.
  • Sì, esatto- disse Dekisugi con orgoglio- Se essere suoi amici ci fa dei perdenti ai tuoi occhi, sono fiero di esserlo.
  • Certo, certo- annuì sempre con quel suo sorriso sicuro- Amici, eh? Del genere che si fa di tutto per aiutarsi a vicenda- cambiò l'espressione allegra con una smorfia seria- Mi disgustate, voi e Nobi. Tanti discorsi sulla vostra amicizia eppure vi ostinate a mentire su ciò che provate davvero. Bisogna davvero essere proprio stupidi per non accorgersene. Macché amici d'infanzia, non venitemi a raccontare balle- si alzò in piedi di scatto. Sasaki guardò confusa Saotome, aveva perso il filo del discorso, non sapeva più a cosa stava riferendosi. Tanto meno l'aveva visto parlare in quel modo- Volete mettere in atto questa messinscena solo per proteggervi, solo per non ferirvi a vicenda, da bravi amici che dite di essere. Ma sapete, non siete più bambini delle elementari, e prima o poi uno di voi tre si stancherà di tutto questo teatrino e tirerà fuori l'egoismo che ha dentro. Non siete certo migliori degli altri.
Poi il ragazzo fece un cenno a Sasaki che sembrò ancora confusa dalla situazione.
  • Andiamocene. Questa ipocrisia mi da suoi nervi- disse sgarbato e si avviò senza di lei. La ragazza si alzò subito agitata e guardò dispiaciuta i due ragazzi che erano rimasti in uno strano silenzio.
  • S-scusatelo... fa così a volte, ma non è cattivo- disse lei chinandosi più volte- Mi dispiace- e corse dietro il ragazzo che era già uscito dal bar.
I ragazzi rimasero seduti per qualche altro minuto fissando i frappè sul tavolo, prima che qualcuno dei due aprisse bocca.
  • Torniamo a casa.

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  • Be', non è andata così male, no?- fece Nobita ai due ragazzi che erano seduti vicino a lui sul bordo del pavimento del salotto ad ammirare il giardino.
Gli altri della famiglia se n'erano andati in altre stanze, lasciandoli da soli e questo aveva permesso a loro di tirare un sospiro di sollievo e parlare tra di loro.
Il biondino si limitò ad alzare le spalle poco interessato e sdraiarsi sul pavimento di legno. Chika invece aveva la faccia sprofondata tra le mani.
  • Che dici? È stato imbarazzante- rispose lei scuotendo la testa.
Nobita ridacchiò ricordando come la situazione si era capovolta dopo il pranzo.
Il padre di Chika aveva chiesto di parlare di loro per conoscerli. Nobita era stato il primo a iniziare, perché sapeva che a Hiro non gli piaceva molto parlare di sé e comunque duravano poco le sue conversazioni.
Ciò che non si aspettavano però, che al di là delle premesse e apparenze che davano i loro atteggiamenti seriosi e la loro casa, la famiglia di Chika era tutt'altro che severa e priva di umorismo. Anzi, era un gruppetto molto vivace e allegro, a cui piaceva scherzare e ridere. Il capofamiglia a vederlo meglio, era un burlone e un uomo simpatico, a cui piaceva ascoltare episodi dell'infanzia di Nobita. Lo stesso valeva per il resto della famiglia, le tre sorelle ridevano apertamente come lui, mentre la signora anziana e la madre che rimanevano composte nelle loro posizioni alternavano sorsi di thè caldo a qualche risata.
Hiro per fortuna non si sentiva così a disagio come all'inizio, però tendeva anche lui a sorprendersi del cambio di apparenza della famiglia.
Nobita si soffermò a guardare Chika. Era l'unica ad avere un colorito rossore sulle guance come volendosi sotterrare quando la famiglia rideva rumorosamente o dicevano qualcosa di troppo su di lei mettendola in imbarazzo, che era poi l'argomento principale dei racconti della famiglia Tanaka. A turno tiravano fuori qualche episodio sfortunato o qualche pasticcio che aveva combinato e ci ridevano su, senza fare caso allo sguardo amareggiato della ragazza. Pensavano forse che era divertente raccontarlo ai suoi amici, che anche lei ci avrebbe riso su, però le si leggeva in faccia che avrebbe fatto a meno di far conoscere quei lati imbarazzanti di lei ai suoi amici.
Avevano fatto molte domande anche ai due ragazzi, sì, ma cercando di limitarsi. Soprattutto le domande erano per sapere sulla vita scolastica di Chika, le sue amicizie e come se la cavasse al di fuori di casa.
Nobita comprese in quel momento di quanto poco la ragazza si confidasse con la sua famiglia. Loro quanto sapevano realmente di lei? Non sapevano quanto le fosse stato difficile rapportarsi con gli altri a scuola, non conoscevano i suoi sogni, non sapevano quanto il suo modo di essere la facesse soffrire. Ogni componente aveva mostrato un allegria e umorismo che in Chika era raro vedere. A quello si riferiva quando diceva che la sua famiglia la considerava sbagliata. Perché lei non era come loro. E questo sicuramente l'aveva fatta sentire più volte fuori posto e non compresa anche dalla sua famiglia.
  • È per questo che non volevo invitarvi- continuò lei- I miei tendono a... burlarsi di me- sospirò e guardò il giardinetto- Sono abituata a essere considerata strana dai miei perché sono una guastafeste e per niente divertente. Però non volevo che veniste coinvolti con le loro domande. È per questo che ho evitato di parlare di voi a loro. So che posso risultare assillanti e alquanto irritanti quando ci si mettono- poi guardò Hiro che si stava rotolando nel pavimento- Hiro-kun, ti sembra il momento?- ma il biondino non era il solo- Nobi-kun, non imitarlo!
Di risposta i due risero, mentre l'altra sospirava arrendevole e si sdraiò anche lei sul pavimento un po' meno triste.
  • Aaah! Ti preoccupi troppo- disse Hiro sbuffando- La tua famiglia non è così terribile.
  • Già, dovresti vedere mia madre quando si arrabbia- disse Nobita guardando il soffitto- Diventa una furia e non c'era modo di calmarla.
  • E poi, essere diversi dalla propria famiglia... è davvero così terribile?- il biondino guardò anche lui il soffitto, da cui scendeva il lampadario- Non siamo stati noi a sceglierci il nostro carattere, ci siamo nati così, ecco tutto. Non possono incolparci per non essere a loro somiglianza.
Nobita lo guardò per qualche istante quasi sorpreso dalle parole di Hiro e intuendo poi il perché della sua frase. Anche Chika sembrò sorpresa perché non fiatò.
Il moro poi rivolse nuovamente lo sguardo al soffitto.
Ha tutto quello che tu non hai e non avrai mai.
Già, che importava se non era il perfetto e desiderato Dekisugi, se le cose gli andavano storte già da bambino, se finiva per deludere le aspettative su di sé, se nonostante gli sforzi non avrebbe mai raggiunto ciò che tanto amava... lui era fatto così. Era ciò che lo rendevano Nobita.
Così come Hiro era Hiro e Chika era Chika. Sorrise, frugò all'interno della giacchetta e si girò sul fianco guardando Chika.
  • Comunque... - le porse un pacchettino- Felice White day.
  • Eh?- lei guardò sorpresa il moro.
  • È il ringraziamento mio e di Hiro per il cioccolato di San Valentino. Abbiamo deciso di farti un regalo insieme.
  • Oh...- lei prese il pacchettino ancora sorpresa. Non si ricordava che era il white day e tanto meno si aspettava un regalo di ringraziamento. Si mise seduta e aprì il pacchettino. Guardò il regalo ancora sorpresa, era un immagine incorniciata. Li guardò- Come avete fatto a... ?
  • Ricordi quando siamo andati con la scuola a quel museo d'arte?- spiegò Nobita mentre tornava a sdraiarsi sulla schiena incrociando le braccia dietro la testa. Riportò alla mente il ricordo di quel momento- Mentre tutti stavano ascoltando la guida e osservando dei quadri, tu ti eri separata dal gruppo e ti eri soffermata davanti a un quadro che nessuno aveva notato. Lo fissavi con tanta intensità e con un espressione nel viso diversa dal solito che, be' ho pensato che chissà... ti piacesse. Ma in quella occasione non ho potuto chiedertelo perché ti sei subito allontanata. Ma poi ho saputo da Saotome che alle medie eri solita occuparti dei fiori del cortile, prima che ti togliessero quell'incarico. Quindi non poteva solo essere una coincidenza.
Chika lo guardò senza parole. Ricordava di quel giorno al museo e del quadro che tanto l'aveva attirata, al contrario del resto della classe che era concentrata da autori più famosi. Ma era accaduto al primo anno delle superiori, prima ancora che i due diventassero amici, prima ancora di rivolgere la parola ai suoi compagni di classe.
Credeva di non essere stata notata da nessuno, credeva che a nessuno importasse se si allontanava, non sapeva che invece Nobita la stava osservando già da allora. E che ricordasse dopo anni quel episodio, tanto bene da ricordarsi quel quadro che le era piaciuto. Non ricordava neanche di aver commentato con lui che le piacevano i fiori. Non era una cosa che voleva parlarne.
  • So che è solo una piccola riproduzione di quel quadro, io e Hiro ci siamo messi a cercare in giro ma quel quadro non è così famoso come gli altri. Quella cartolina è l'unica che abbia trovato.
  • Non mi ci far pensare- borbottò Hiro- Mi hai fatto cercare come idiota solo perché non ricordavi il nome del quadro.     
  • Mi saresti stato più d'aiuto se non ci avessi fatto cacciare dalla biblioteca- commentò il moro.
  • Eh, quella bibliotecaria era odiosa- si difese il biondino. 
Chika tornò a guardare la cartolina incorniciata, mentre i due alle sue spalle continuavano a bisticciare. Sorrise quasi commossa a quell'immagine. Quel campo di girasoli un po' inclinati, illuminati dalla luce del mattino con quei colori vivaci e le gocce di pioggia tra i petali che cadevano sul terreno, sembravano mandarle un messaggio di speranza. Quei fiori avevano resistito alla pioggia e al vento, erano sopravvissuti alle difficoltà della vita e nonostante si fossero indeboliti, sembravano sorridere a quel cielo rasserenato. Il quadro l'aveva colpita da subito, non solo perché rappresentavano dei fiori ma anche la tenacia di esseri viventi così fragili. Doveva aver pensato la stessa cosa l'autore dipingendo quel quadro.
E lei... lei si sentiva rappresentata in tutto quel quadro.
  • Chika?- sentì che la chiamavano e si voltò a vedere i due amici che la guardavano preoccupati per il suo silenzio.
Lei li rassicurò con un sorriso.
  • Grazie, mi piace molto.
Nobita e Hiro si guardarono più tranquilli e poi diedero uno sguardo fuori sul giardinetto, si stava facendo scuro il cielo, era tempo di tornare a casa per i due.
Dopo aver salutato tutta la famiglia intera di Chika, con la promessa di tornare a trovarli, i tre finalmente riuscirono a raggiungere il portone d'ingresso con un sospiro di sollievo.
  • Bene, noi andiamo. Ci vediamo domani- salutarono i ragazzi. Chika annuì.
I due fecero per voltarsi e andarsene, ma dopo due passi Nobita si fermò e si girò da lei.
  • Avrei una curiosità Chika- disse lui, mentre Hiro era già qualche passo avanti. Chika attese- Perché hai scelto quella forma per il cioccolato?
Lei lo guardò pensierosa, per poi rispondere.
  • Ho notato che più volte ti giravi quando si sentiva il sonaglio di qualche gatto di passaggio e rimanevi a osservarlo come assorbito dal suono. E anche se facevi finta di niente, la tua espressione cambiava per pochi secondi. Ho supposto che il sonaglio doveva riportarti alla mente qualche ricordo importante.
Nobita sbattè più volte le palpebre, per poi ridacchiare sorpreso. Non era l'unico che si soffermava a osservare. Tantomeno avrebbe pensato che qualcuno avrebbe fatto caso a quel suo piccolo comportamento, nè di aver fatto trasparire qualche sua emozione.
Senza aggiungere altro, salutò la ragazza e raggiunse l'amico.

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  • Siamo arrivati- disse la voce di Dekisugi rompendo il silenzio che si erano portati dietro dal locale. Shizuka che aveva tenuto lo sguardo in basso, alzò la testa riconoscendo l'ingresso di casa sua. Le luci erano accese all'interno, i suoi genitori la stavano sicuramente aspettando per la cena- Mi spiace per oggi- aggiunse poi il ragazzo, facendo voltare Shizuka per guardarlo. Lei negò con la testa.
  • E di cosa? Non è colpa tua. E poi tu sei stato gentile ad accompagnarmi fin lì, ti ringrazio.
  • Speravo che un uscita ti avrebbe distratta un po', ma le cose non sono andate come avevo pianificato- Shizuka lo guardò senza capire. Il ragazzo abbassò un po' lo sguardo- Da qualche giorno sei tornata giù di corda. Non so perché, ma visto che non ne volevi parlare, ho pensato di provare a risollevarti il morale- sorrise dispiaciuto- Mi sa che non sono così bravo come pensavo. Non sono Nobita.
Lei sbatté le palpebre con un piccolo sussulto per le parole del ragazzo.
Era così che appariva ai suoi occhi e agli altri? Però a lei non sembrava di comportarsi in modo diverso dal solito. Anche se...
Credo che... sia meglio di no
Non poteva negare che quelle parole avevano risuonato nella sua mente per diversi giorni. E la confusione nel suo cuore aveva fatto il resto.
  • C-che stai dicendo? Che centra ora Nobita?- cercò di riderci sopra per non darci peso e mascherare i suoi pensieri- Forse ti ho dato l'impressione sbagliata, ma sto bene.
Non le piaceva mentire, però non le sembrava il caso di coinvolgere Dekisugi, aveva già per conto suo altri grattacapi. Anche se, non sarebbe stato male parlarne con qualcuno, anche solo per togliersi quell'amarezza che stava provando. Ma in questo caso, Dekisugi non avrebbe potuta aiutarla.
Il moro la osservò, ma non aggiunse altro. Probabilmente aveva intuito che gli aveva mentito, però non voleva insistere.
  • Per quello che ha detto Saotome...- disse prima di voltarsi per andarsene- Non darci peso, è tipico di lui uscirsene con frasi del genere.
Shizuka annuì e lo salutò, per poi rientrare in casa. Lasciò le sue cose in stanza e andò a farsi un bagno. Sdraiata nella vasca e sommersa dall'acqua calda che le arrivava alle spalle, alzò lo sguardo al soffitto.
Non sarebbe corretto nei suoi confronti
A cosa si stava riferendo? Ancora adesso non lo capiva.
Ma faceva male, molto. Era come se l'avesse rifiutata apertamente, come volendo tagliare gli ultimi legami che ancora li legava. Come se ormai la loro amicizia fosse un capitolo chiuso.
Ma poi, perché? Cosa aveva fatto per meritarsi questo trattamento proprio da lui che riteneva un amico di cui fidarsi?
Mi disgustate, voi e Nobi. Tanti discorsi sulla vostra amicizia eppure vi ostinate a mentire su ciò che provate davvero.
Non poteva negare di aver sentito una fitta al cuore quando aveva sentito del pranzo o vedere il modo che era intervenuta Sasaki. Non ci capiva molto. Conosceva poco i legami che si erano formati con queste due compagne di classe e Nobita. E provava invidia, cose se questi nuovi legami fossero la causa del distacco di Nobita nei suoi confronti.
Volete mettere in atto questa messinscena solo per proteggervi, solo per non ferirvi a vicenda, da bravi amici che dite di essere. Ma sapete, non siete più bambini delle elementari, e prima o poi uno di voi tre si stancherà di tutto questo teatrino e tirerà fuori l'egoismo che ha dentro.
Che Saotome, in fondo, avesse ragione? Che tutti loro stessero recitando inconsciamente? Che la verità era ben diversa da quella che credevano?
Ma allora, qual'era la verità? Chi sarebbe stato il primo a cedere e mostrarsi?
Lei per prima temeva di confrontarsi con quei sentimenti che man mano la stavano tormentando. Perché sapeva che una volta compreso, non ci sarebbe stato modo di tornare indietro.

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Non c'era modo di tornare indietro. Questo lo sapeva. Era quest'anno il suo momento. Non poteva deludere se stesso e chi riponeva fiducia in lui. L'allenatore, i compagni di squadra, i suoi amici, l'intera scuola.
Al solo pensiero sentì appesantirsi le spalle e un oppressione al cuore, come se il fiato mancasse. Scrollò la testa cacciando quelle sensazioni fastidiose e si concentrò.
Strinse la pallina nella mano, chinò la schiena alzando appena la gamba e con uno slancio indietreggiò il braccio destro per poi lanciarlo in avanti con tutte le sue forze. La pallina schizzò in avanti e andò a colpire una barra di legno con disegnati dei cerchi neri. Qua e là c'erano i segni lasciati dai precedenti colpi inferti. La pallina cadde per terra sotto lo sguardo del lanciatore.
Aggrottò le sopracciglia con frustrazione e si pulì il sudore dalla fronte, non era stato un lancio soddisfacente. Cioè, non uno degno del grande Gian e del Koshien.
Perché continuava a sentire quella oppressione?
  • Oh Gian, non hai ancora finito?- fece una voce annoiata alla sua destra. Il lanciatore si girò fulminando con lo sguardo il ragazzo seduto sull'erba che sbadigliava nella sua direzione. Aveva indosso uno dei suoi abiti appena comprati in negozi di lusso e non era tanto contento di sporcarseli sedendosi sul prato erboso, tanto meno perdendo tempo in quel modo- Sei qui da ore. Gli altri se ne sono andati da un pezzo e io devo ancora terminare un progetto per domani.
  • Zitto tu!- grugnì Gian indicandolo con il braccio. Era già nervoso che i suoi compagni di squadra se n'erano andati a casa e non aveva nessuno con cui confrontarsi- È colpa tua se mi distraggo, non mi sei di nessuna utilità! Perché non ti metti qui davanti e mi fai da bersaglio?
  • Che?? Tu sei pazzo!- agitò la mano rifiutandosi. Non ci teneva a venire bersagliato dai lanci di Gian, soprattutto ora che era diventato così bravo.
  • Suneo!- disse Gian in tono minaccioso. L'altro rabbrividì aspettandosi la sua reazione furiosa al rifiuto e quasi optò per una ritirata veloce, ma poi sentì dei passi alle sue spalle.
  • Ehi, ancora allenandoti?- Suneo si voltò alzando la testa e riconobbe il moro con le lenti rotonde.
  • Nobita, che fai da queste parti?- chiese Suneo dimenticandosi di Gian.
  • Ero in giro... - alzò le spalle e si soffermò a guardare il campo dove si stava allenando Gian.
Era il vecchio campetto vicino al fiume dove da bambini organizzavano tornei di baseball. Poco era cambiato il posto, a parte il terreno che era più consumato. Altri bambini avevano preso il loro posto quando avevano smesso di andarci una volta entrati alle medie.
  • Oyy, non ti ci mettere anche tu, ho bisogno di concentrazione!- si lamentò Gian dalla pedana di lancio, sfregandosi frustrato i corti capelli- Accidenti!
  • È così da un po'- commentò Suneo alzando le spalle con uno sbuffo- Continua a lamentarsi di non riuscire a lanciare bene. Eppure i suoi lanci sono sempre potenti, non capisco di che si lamenta.
Nobita osservò pensieroso Gian, per poi sorridere e avanzare scendendo lungo la discesa erbosa. Suneo lo seguì con lo sguardo, mentre l'altro entrava nel campetto da baseball. Il moro si chinò e prese una mazza lasciata per terra, per poi posizionarsi qualche metro davanti a Gian al posto della barra di legno. I due ragazzi lo guardarono curiosi.
  • Avanti, prova a lanciarmi uno dei tuoi famosi tiri.
  • Come? Vuoi farmi da avversario?- fece Gian tra lo sorpreso e il divertito.
  • Ma dai, starai scherzando- ridacchiò Suneo- Come se tu potessi anche solo sfiorare la pallina.
  • Sono serio. E comunque, è sempre meglio che lanciare a un bersaglio immobile, no?- replicò Nobita facendo roteare la mazza e ignorando le loro risate- Immagina che siamo alle finali...
  • Che ridicolo... come se tu riuscissi davvero a battere il mio lancio!- si portò le mani sui fianchi- Non ci sei riuscito in passato, figurati ora.
  • Chi lo sa... la fortuna potrebbe girare dalla mia parte- si posizionò con la mazza in attesa di battere.
Gian sbatté le palpebre sorpreso, dallo sguardo del moro intuì che non stava scherzando. Lanciò uno sguardo a Suneo che si limitò ad alzare le spalle senza sapere cosa commentare. Entrambi non sapevano cosa stesse frullando nella testa del ragazzo, né della sua convinzione.
  • Avanti, sto aspettando- insistette Nobita flettendo le ginocchia.
  • Così sicuro di te, eh? Interessante.
Gian fece una smorfia per poi sorridere con una luce negli occhi. Cosa che non passò inosservata a Nobita, che lo guardò con diffidenza nel momento che Gian si preparò a lanciare la pallina. Seguendo il suo istinto, con uno slancio veloce, Nobita si buttò letteralmente a terra con la mazza, mentre la pallina sfrecciò veloce oltre lui sfiorandolo per poco, per andare a colpire la rete poco distante.
  • Gian, sei impazzito! Hai mirato a me, l'hai fatto apposta!- si lamentò Nobita con il corpo steso sulla terra, mentre Gian e Suneo se la ridevano. Sbuffò pulendosi la faccia sporca di terra. Non erano per niente cambiati Gian e Suneo.
  • Sei il solito codardo, ma i tuoi riflessi sono migliorati, lo devo ammettere- commentò Gian, mentre Suneo si alzava in piedi e li raggiungeva.
Nobita fece una smorfia poco grata. Se non avesse conosciuto così bene Gian, sicuro l'altro avrebbe finito per colpirlo solo per fargli un dispetto con quel lancio sbagliato. Ma questo non bastò a demoralizzarlo.
  • Oh certo...- fece Nobita sorridendo mentre si rialzava e si spolverava i pantaloni- La verità è che hai timore che possa batterti, eh?- gli puntò la mazza con un po' di spavalderia- È per questo che hai paura di affrontarmi seriamente?
Il commento non sembrò piacere al ragazzo sulla pedana, che fece una smorfia irritata. Suneo solo commentò con un ovazione di sorpresa. Era una chiara dichiarazione di sfida. E se c'era una cosa che sapevano di Gian, è che lui non si tirava indietro.
  • Io non ho paura di nessuno, tanto meno di te! E se vuoi te lo dimostro subito.
  • Sapete...- intervenne Suneo guardando i due e scendendo giù dal prato- vedervi mi ha fatto venire in mente quando giocavamo da bambini- disse raccogliendo lì vicino un guanto consumato. Lo indossò e si diresse dalla parte di Nobita- Mi è venuta voglia di partecipare. Farò da ricevitore- Gian e Nobita sorrisero annuendo, mentre l'altro si chinava con il guanto aperto dietro a Nobita- Avanti, iniziate!- proclamò infine.
  • Bene, non dire che non ti avevo avvertito- fece Gian rivolgendosi al battitore- Lancerò con tutta la mia forza!
  • Sto aspettando- disse Nobita chinandosi con la mazza in attesa.
Gian inspirò e guardò l'avversario. Anche se era Nobita, avrebbe provato con lui il suo migliore tiro, così veloce che non l'avrebbe vista. Lanciò con forza.
Nel momento stesso lo sguardo di Nobita fu attirato da qualcosa in lontananza e il suo corpo si mosse girandosi per inerzia. Un suono secco e una pallina in aria.
Gian e Suneo alzarono la testa con la bocca spalancata. Altrettanto fece Nobita tornando a guardare la situazione, rendendosi conto che la mazza gli era scivolata di mano dopo aver colpito la pallina e quest'ultima era schizzata in alto.
Non credeva ai suoi occhi... aveva appena fatto un fuori campo?
  • Non è possibile!- esclamarono Gian e Suneo increduli.
Nobita si grattò dietro la testa ridacchiando a disagio. Quando aveva sfidato Gian non aveva realmente pensato di riuscire a colpirla. Non sapeva se considerarsi bravo o estremamente fortunato.
Gian deglutì allibito, come aveva fatto a colpire uno dei suoi migliori lanci? Era così prevedibile e debole che persino una persona come Nobita era riuscito a pararla? Questo sarebbe stato catastrofico trovandosi nel pieno del campionato! E un gran smacco per il suo ego!
Afferrò una pallina vicino ai suoi piedi e serrò le mani con frustrazione.
  • Hai barato! Me la pagherai!- lo accusò, indicandolo con la pallina.
  • Vero, vero!- annuì Suneo- Fortuna del principiante.
  • Che??- esclamò Nobita agitando le mani- È stata solo una coincidenza... perché te la prendi tanto?
  • Coincidenza un corno! Ora subirai la mia ira!- esclamò con la fiamma dentro di lui. Doveva a tutti i costi constatare che i suoi lanci non fossero davvero così pessimi o avrebbe dovuto dire addio al Koshien- Questa volta farò davvero sul serio! Preparati!
  • Gian, aspetta...- ma non fece in tempo a terminare che l'altro gli lanciò una raffica di palline con furia. Non ebbe neanche modo di muovere la mazza che una dopo l'altra finirono nel guantone di Suneo a una velocità impressionante- Wow, incredibile- commentò tra lo sorpreso e spaventato. Era la prima volta che vedeva i suoi lanci da così vicino. Anche con lui in mezzo, i lanci lo avevano solo sfiorato senza interrompere la traiettoria.
  • Quinto Strike! Battitore eliminato!- esclamò Suneo alzando la mano. Gian con il fiatone si rimise dritto in piedi e guardò Nobita.
  • Hai visto? Eh, sì che sono incredibile! Puoi dirlo forte!- si pavoneggiò con fierezza e con il morale risollevato. Sì, si era trattata di pura fortuna il lancio di prima.
  • Bravo Gian! Straccerai tutti gli avversari!- si congratulò Suneo battendo le mani.
Nobita si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso e sorrise guardando Gian. Quest'ultimo si lasciò scivolare per terra, rimanendo seduto curvo. Nobita e Suneo accorsero da lui.
  • Stai bene?- chiesero loro, vedendo l'altro respirare a grande boccate come se avesse appena corso una maratona.
Gian si guardò la mano piena di calli, conseguenza di un allenamento frenetico e senza sosta. E neanche la tuta che stava indossando stava in condizioni migliori. Però d'improvviso la pesantezza che aveva sentito da un po' di tempo, si era dissolta lasciando spazio a una sensazione di sollievo. Non se lo spiegava, ma era come se avesse ritrovato la fiducia in sé e la prospettiva del Koshien non lo spaventasse più. Poteva farcela.
Sorrise e alzò lo sguardo verso i suoi amici che attendevano una sua risposta.
  • Sì, tutto bene- si alzò in piedi tutto arzillo mostrando un gran sorriso- Sto così bene che canterò!
  • Che?!- esclamarono i due ragazzi per niente contenti del risvolto della situazione- Non c'è bisogno...!
  • Lo so che sentite la mancanza delle mie canzoni!- disse lui allegro acchiappandoli prima che scappassero e stringendoli in un abbraccio. I due cercarono subito di tapparsi le orecchie- Sono Gigante... sono Gigante... e sono il migliore! Il primo premio è... il mio rimedio... e sono il migliore! Sono Gigante... sono Gigante... lalalalalà! E...- si fermò e guardò i due ragazzi apparentemente incoscienti- Oyy, che vi prende? Troppa emozione?- li lasciò andare e questi si accasciarono nel terreno sfiniti.
  • G-già... troppa emozione...- mentì Suneo sbiancato. Nobita annuì, mentre Gian li guardava senza capire.
Poi i tre si guardarono e non poterono evitare di ridere. Ne erano trascorsi di anni dall'ultima volta che avevano passato del tempo insieme come lo facevano da bambini. Il cielo sopra di loro si era tinto di un color rosso, presto avrebbe fatto buio. Era ora di tornare a casa. I tre raccolsero le loro cose e fecero per risalire la discesa erbosa.
  • Mh? Avete notato quel ragazzo?- disse d'un tratto Suneo indicando una figura poco distante dal campo. Gian e Nobita si girarono a controllare e videro un ragazzo seduto sull'erba che in precedenza non avevano notato. Lo sconosciuto aveva lo sguardo rivolto nella loro direzione- Sembra che ci stesse osservando da prima.
  • Forse è un mio fans, sarà stato attratto dalla mia canzone- disse Gian allegro.
  • Ne dubito fortemente, semmai sarebbe scappato- commentò Suneo con troppa sincerità, che gli costò un occhiataccia da Gian.
  • Che vorresti dire, né?!
Nobita osservò il ragazzo, a parti i lunghi capelli castani che arrivavano alle spalle e un espressione tranquilla sul suo viso, non riusciva a distinguere altro con la poca luce.
Poco prima di battere la pallina di Gian, aveva visto una figura in lontananza... che si trattasse di lui?
E si chiedeva da quanto li stava osservando? E perché? A occhio e croce doveva avere più o meno la loro età, ma non ricordava di averlo visto in zona. Poteva anche essere uno di passaggio e per casualità si era fermato lì. Ma non sembrava che stesse facendo qualcosa di strano a parte osservarli.
  • Ehi, tu!- gridò Gian allo sconosciuto, mentre gli si avvicinava- Chi sei? Perché ci stavi guardando? Non sarai mica una spia di qualche squadra di baseball!
L'altro si alzò in piedi e invece di rispondere, rimase fermo in silenzio. Nel frattempo Suneo e Nobita raggiunsero Gian.
  • Oyy, ti ho fatto una domanda! Non ti avranno cucito la bocca. Parla!
Ma l'altro non fece cenno di averlo ascoltato e neanche sembrava intimidito dal tono di voce del ragazzo. Poi sorrise e gli lanciò in mano una pallina. Forse quella colpita da Nobita.
  • Uh? Grazie- fece Gian sorpreso, ma poi si accorse che lo sconosciuto si era voltato- Aspetta! Non mi hai risposto- incrociò le braccia mentre l'altro se ne andava senza fargli caso- Che maleducato!
  • Lascialo perdere- disse Suneo toccandogli la spalla- Sarò solo uno passato per caso. Magari gli manca qualche rotella. Ignoralo e andiamocene.
Gian sbuffò innervosito, odiava quando qualcuno non gli dava retta, ma fece come detto da Suneo e lasciò stare. Perché guastare l'umore ora che si sentiva ricaricato?
I tre si voltarono e si diressero verso casa parlando d'altro. Poi al bivio di una stradina si fermarono.
  • Dacci dentro Gian- disse Nobita riferendosi alla partita.
Gian alzò il pollice in su con un sorriso spavaldo. Poi Nobita prese un'altra direzione salutando gli altri due che proseguirono il cammino. Le luci dei lampioni si accesero illuminando la stradina. Suneo si voltò a guardare l'amico mentre questo camminava fischiettando e trasportava gli attrezzi nello zaino, con la mazza appoggiata sulla spalla.
  • Vedo che sei di buon umore ora- disse d'un tratto Suneo. Gian smise di fischiettare e lo guardò perplesso- È tutto il giorno che sembravi un vulcano pronto ad esplodere.
  • Mh, in effetti mi sento meglio ora...- si grattò dietro la testa- Come dire... mi sento più fiducioso ora.
  • Immagino, con tutta questa pressione di questi giorni...
  • Mi sento uno sciocco a essermi sentito così frustrato e aver scaricato il mio umore sui miei compagni. È vero che i miei avversari di adesso sono più forti, però sono pronto, sono sempre stato pronto... - serrò la mano davanti a lui- Non ho niente da pentirmi, mi sono allenato con tutto me stesso. Non ho paura.
Suneo sorrise e alzò lo sguardo al cielo.
  • Stavo pensando... quanto tempo sarà passato dall'ultima volta che ci siamo riuniti con Nobita come oggi?
Gian lo guardò sorpreso e alzò anche lui lo sguardo al cielo.
  • Non ci ho fatto caso...- ammise, per poi ricordare loro tre da bambini in quello stesso campo a giocare e lì vicino una figura blu e bianca che faceva il tifo. Poi ricordò loro tre e Shizuka al diploma delle elementari. La figura di Nobita di spalle che gli parlava e poi voltandosi esibiva un sorriso, quando invece si aspettavano un viso in lacrime- Credo in prima media, ma...
  • … non era più la stessa cosa senza di lui, Doraemon- terminò Suneo- E i nostri incontri si sono fatti sempre più rari.
Gian tornò a guardare la stradina. Non poté evitare di sentire nostalgia di quei tempi dove tutto era più semplice e fantastico, dove qualsiasi problema poteva essere risolto grazie a qualche ciuski, dove un litigio si trasformava in una risata, dove bastava bussare a una porta per trovare un aiuto.
Già, senza Doraemon le cose era andate man mano cambiando. Credeva che fosse un momento transitorio, non ci aveva dato tanto peso, e si era concentrato solo sullo sport. Però tornare anche solo a scherzare per poco tempo loro tre, gli aveva fatto ricordare quelle vecchie sensazioni da bambini.
  • È solo una mia impressione, ma credo che Nobita avesse intuito il tuo stato d'animo- commentò Suneo attirando l'attenzione dell'altro- È bastato che ti sfidasse per farti sentire meglio.
  • Tu credi che... lo abbia fatto apposta?
Suneo alzò le spalle e sorrise.
  • L'ho solo constatato dal tuo cambio di umore. E anch'io non ho potuto che rallegrarmi nel rivivere quei momenti del passato.
Gian si toccò la nuca pensieroso. Era stupido, ma essersi confrontati, anche solo per gioco, lo aveva in qualche modo distratto dai pensieri del Koshien.
Ripensò a quando erano bambini. Nobita era uno dei suoi bersagli preferiti quando si trattava di scaricare la sua frustrazione o rabbia. E tante erano le volte che lo faceva piangere, eppure... eppure lui era lì, sempre, anche quando meno se lo aspettava. E con un sorriso che mostrava di non serbare rancore, lui era pronto a dargli una mano. Anche se entrambi sapevano che il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima. Perché... perché Nobita era fatto così.
Chinò la testa e si fermò. Suneo si voltò a guardarlo preoccupato mentre l'altro sembrava tremare.
  • Dritto al Koshien!- gridò all'improvviso alzando il braccio e puntando al cielo. Suneo indietreggiò in un sussulto- Potete contarci! Non perderò!- e scoppiò in una risata.
   
 
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