Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _marty    16/05/2016    2 recensioni
Eric e Claire si incontrano dopo tre anni. Hanno tanto da dirsi, da raccontarsi ma si parlano sempre allo stesso modo con parole strozzate, omesse, mai dette a fare da sfondo. Tre anni passati a dimenticarsi, a non parlarsi, a superare tutto quel tempo in cui si erano amati ed appartenuti in silenzio. Tre anni passati ma senza che qualcosa fosse realmente cambiata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 20
3 anni prima



*I protagonisti del capitolo sono Eric e Claire, i loro POV si alterneranno.
Il nome in grassetto all’inizio del paragrafo cambia il punto di vista.*


Eric, dopo aver cenato, si era messo a guardare passivamente la televisione con un bel sorriso stampato sulle labbra. In realtà non aveva smesso di sorridere un attimo da quando aveva salutato Martin, si sentiva come su una nuvoletta ben solida e aveva difficoltà a scendere. Continuava a girare i canali senza prestare attenzione al programma in onda e ripensava a quella discussione e a come fosse andato tutto bene. Si sentiva più sicuro di sé e in qualche modo felice che potesse interessare a qualcuno; con Martin non c’erano intoppi ed era tutto così dannatamente esplicito da non lasciare spazio ad ipotesi ed interpretazioni. Le sensazioni che provava con Claire erano completamente diverse, non si era mai sentito così leggero perché sapeva che da un momento all’altro si sarebbe pentita di qualcosa o avrebbe cambiato idea. Posò il telecomando sulla pancia e recuperò dalla tasca la locandina che Martin gli aveva dato, il nome della loro band era scritto in rosso e con un carattere che non gli fece nemmeno capire cosa volesse dire quella parola, ma a lui bastava sapere che in qualche modo sarebbe riuscito ad evadere da quella situazione assurda. Martin era aria pura e lui quasi si era stupito che sarebbe stato così semplice respirare ancora con qualcuno che non fosse Claire. Si rese conto che in realtà con lei non avesse mai respirato, era sempre stata una continua agonia ed adesso che erano ancora in bilico era quasi impossibile respirare. Non poteva continuare a vivere con la speranza di toccare ancora le labbra di Claire o con la possibilità che lei potesse decidere di stare insieme. Sentì il cellulare vibrare sopra al tavolo, sbuffò e poi si alzò, svogliatamente. Nel frattempo che il suo telefono obsoleto apriva il messaggio, provò ad interessarsi alla televisione per poi spostare l’attenzione sulle righe davanti ai suoi occhi.
Eric, domani devo parlarti.
Lesse il mittente e rimase incredulo davanti a ciò che aveva tra le mani. Sentì una fitta allo stomaco ed odiò se stesso per quell’ansia che aveva cominciato a scorrergli nelle vene. Ancora una volta, Claire gli aveva capovolto la giornata ed ogni tipo di pensiero logico che avesse elaborato fino a quel momento: odiava che lei capovolgesse sempre tutto. Lanciò il telefono sulla poltrona e poi si buttò a letto, ne aveva abbastanza di tutte quelle stronzate e voleva solo sentire un minimo di quell’appagamento che Martin gli aveva donato qualche ora prima. Provò a sentirsi per un attimo in quel modo ma si rese conto che quella nuvola su cui stava seduto era sparita con quel messaggio e lui era precipitato a terra. In fondo lo sapeva che quelle sensazioni provocategli da un estraneo non sarebbero mai bastate e non lo avrebbero mai appagato come tutte quelle volte che Claire lo aveva riconosciuto. Riconosceva di essersi sentito bene con Martin ma quelle ore insieme erano solo il modo più veloce per distrarsi e mettere tra parentesi quel pezzo enorme della sua vita che si chiamava Claire.
 

***
 

Eric si era rigirato a letto per tutta la notte, aveva preso sonno solo alle prime luci dell’alba e si era svegliato solo all’ora di pranzo. Ancora assonnato e, soprattutto, ansioso aveva mangiato un po’ di pasta al volo e poi si era precipitato a scuola per arrivare qualche minuto prima delle tre per parlare da solo con Claire. Aveva posato il motorino davanti al cancello rosso e appena sceso aveva iniziato a sentire le gambe tremare. Attendeva quella conversazione da fin troppo tempo e non poteva fare altro che essere nervoso, le parole di Claire gli avrebbero cambiato la vita e lui non immaginava nemmeno come. Si tolse il casco, inserì l’antifurto al motorino e poi cominciò a sentire la suoneria del suo cellulare.
Era un po’ stranito da quella telefonata perché non aveva la minima idea di chi potesse essere, quando prese il telefono in mano e non riconobbe il numero divenne ancora più titubante perché il suo numero di cellulare lo aveva sempre dato solo alle persone che conosceva. A volte gli era capitato di ricevere telefonate dai suoi compagni di classe con i numeri dei genitori, ma sapendo che erano tutti lì a vedere i risultati non aveva idea di chi potesse essere. Osservò ancora un attimo quel cellulare, pensò che forse era una di quelle telefonate che gli regalava una crociera e poi si decise a rispondere.
“Pronto?”
“Sono Martin.”
Aveva perso dieci anni di vita, era completamente allibito e sapeva di essersi lasciato sfuggire un sospiro di sorpresa.
“E come hai fatto ad avere il mio numero, scusa?”
Stupito sì, ma allo stesso tempo si sentiva di nuovo su quella nuvoletta.
“Ti ho fregato il cellulare in libreria.”
Non si era accorto di niente e Marti ridacchiava pure.
“Se avessi rifiutato il caffè probabilmente non ci saremmo più rivisti e non potevo rischiare di non rivederti.”
Era fin troppo esplicito.
“Martin, se non avessi una buona opinione di te credo che avrei già riattaccato.”
“E’ la prima volta che ti sbilanci.”
Eric rise, di cuore, ed in fondo era pure vero.
“Forse mi sono sbilanciato troppo, allora.”
Sorrise come il giorno precedente e come se lo avesse davanti a sé.
“Hai deciso per stasera?”
“E’ complicato.”
Ed era vero.
“Cosa c’è di complicato nel prendere una decisione?”
Avrebbe voluto fare la stessa identica domanda ad un’altra persona.
“Sto per scoprire i risultati del diploma.”
“Ancora meglio. Se vanno bene, ti aspetto per festeggiare.”
Non riusciva a spiegarsi il motivo per cui lo facesse sentire così leggero.
“Non lo so.”
“Io sono lì, fai tu Eric.”
Continuava ad avere un tono allegro nonostante Eric non gli stesse dando nessuna garanzia.
“Va bene.”
“Allora spero di vederti stasera.”
Sapeva che le sue non fossero parole vuote e che ognuna di esse volesse davvero significare ciò che stava dicendo.
“Ciao, Martin.”
Non poteva dirgli che una piccola parte di se stesso, quella libera dall’amore per Claire, sperasse di andare lì.
“A presto.”
Chiuse lo sportellino del telefono e sorrise, aveva davvero bisogno che qualcuno lo facesse sentire così.
 
 
Claire lo aveva visto ridere al telefono e le sue sinapsi erano diventate irregolari. Eric aveva quell’espressione ogni volta che parlava con lei e non riusciva ad immaginare che lui potesse dedicare la stessa risata a qualcun altro. Durante la notte aveva riformulato e ricostruito quel discorso mille volte, ma adesso era come se tutto fosse privo di senso perché forse lei non era così speciale come pensava. Cominciò ad insinuarsi nella sua testa un’idea folle ma che in qualche modo aveva senso, forse Eric aveva dato per spacciato il loro rapporto ed aveva conosciuto qualcun altro durante quei due giorni. Era quella l’unica spiegazione che avrebbe giustificato del tutto il rifiuto del ragazzo dentro la stanzetta il giorno prima e il motivo per cui non voleva più parlare con lei. Sentì un brivido di freddo, nonostante il caldo asfissiante, e capì che tutti quei discorsi erano inesistenti e non avevano nessun senso. Non poteva trarre un delirio del genere da una semplice risata, ma per la prima volta si rese conto che lei non sarebbe mai riuscita a gestire il loro rapporto a distanza. Lei aveva bisogno di possedere un minimo di controllo che sapeva non avrebbe mai potuto avere. Lo vide chiudere il telefono, osservare ancora lo schermo con un sorriso stampato in faccia, e poi posarlo dentro alla tasca. Capì subito che l’aveva riconosciuta perché aveva accelerato il passo e lei aveva deciso di andare incontro a lui, giusto per affrontare subito quel discorso.
“Ciao.”
Gli aveva sorriso, piuttosto che salutarlo e lui si era tolto gli occhiali da sole.
“Dimmi tutto.”
Aveva il casco in mano ed aveva posato gli occhiali dentro ad esso.
“Volevo solo dirti che ho deciso di andare in Inghilterra.”
Non sarebbe mai riuscita a sostenere la lontananza.
“Quindi parto dieci giorni dopo il mio compleanno.”
Non sarebbe riuscita a non farsi mangiare dalla gelosia a chilometri di distanza.
“Sai è meglio per me.”
In realtà non sarebbe mai riuscita a resistere a tutti i baci che avrebbe trattenuto e a tutte le volte che avrebbe avuto voglia di fare l’amore con lui.
“Capisco.”
Lo aveva detto con un tono poco convinto, ma lei era troppo intenta a pensare ai suoi sentimenti piuttosto che immaginare cosa Eric stesse davvero pensando.
“Quindi finisce così, Claire?”
Vide la sua espressione cambiare.
“Non vuoi nemmeno provare a vedere cosa succede a stare insieme?”
Non disse niente e sentiva la fitta allo stomaco trasformarsi in un singhiozzo. Lo vide girarsi attorno, forse per controllare che nessuno li stesse guardando, e le prese la mano conducendola nella stessa stanza dove poco meno di 24 ore prima stavano parlando. Eric accese l’interruttore e chiuse la porta alle sue spalle.
“Noi ci siamo baciati, Claire.”
La guardava dritto negli occhi e lei di rimando faceva lo stesso, sperando che sarebbe riuscita a rispondergli.
“Lo so che ci siamo baciati.”
“Fino a ieri volevi che ti guardassi.”
“Lo so.”
Lo vide acquisire la consapevolezza che lei non gli avrebbe dato nessuna delle risposte che lui sperava di sentire. Lo vide posare il casco per terra, porre la mano sinistra sul fianco e muovere i capelli con la mano sinistra.
“Io sto impazzendo, Claire.”
Lo aveva detto piano, quasi sibilando e per la prima volta Claire si rese conto di quanto stesse soffrendo, forse lo stato d’animo di Eric non era minimamente paragonabile al suo.
“Mi devi dire cosa cazzo vuoi da me.”
Aveva fatto una pausa, aspettando che lei le rispondesse.
“Niente, Eric. Da te non voglio niente.”
“Quindi mi hai baciato, abbiamo quasi scopato-“
Aveva sentito la voce di Eric incrinarsi su quell’ultima parola e le sembrò di capire che avesse usato quella connotazione solo perché si era sentito usato.
“E tu non vuoi niente da me?”
Avrebbe voluto tutta la vita con lui, ma non sapeva nemmeno come dirglielo.
“Renditi conto che noi non sapremo mai come sarà stare insieme.”
 
 
Eric glielo aveva detto piano, come se lo sussurrasse più a se stesso che a lei.
“Non ci hai dato nemmeno la possibilità di vedere se funzioniamo o meno.”
Non riusciva ad essere arrabbiato per la decisione che lei aveva preso perché tanto Claire continuava a non motivare niente di tutto ciò. Pensò che era stanco che lei lo trattasse in quel modo e che effettivamente aveva ormai perso ogni tipo di dignità con lei. Si girò a guardarla, osservò il modo in cui lo stava guardando e non riusciva a pensare a niente se non al fatto che avevano rovinato tutto, con i sentimenti di mezzo era andato tutto a rotoli.
“Ci stiamo facendo solo del male, Claire.”
Sospirò, rassegnato.
“E io volevo solo amarti con tutto me stesso.”
La guardò un’altra volta e notò sorpresa dentro ai suoi occhi, come se non fosse evidente il fatto che lui la amava. Si fermò a guardarla, la vide ancora sorpresa ma anche spaventata dal risvolto della loro discussione e poi si precipitò a baciarla, forse davvero per l’ultima volta. Non era un bacio casto, nemmeno un bacio lento. Le labbra di Claire lo avevano accolto subito, senza esitare nemmeno un attimo e le loro mani erano ormai su ogni parte del loro corpo. Sentiva le mani della ragazza sulle guance, le proprie mani sui suoi fianchi e i loro corpi ormai avvinghiati. Sentiva i jeans fin troppo stretti e pensò che Claire dovesse pur sentirlo quanto voglia avesse di lei. Eric la baciò con maggiore foga, erano entrambi in apnea ma nessuno dei due sembrava volersi staccare da quel bacio. Le proprie mani avevano cominciato ad esplorare la pelle di Claire sotto la maglietta a maniche corte, fino ad afferrare un suo seno ancora coperto dalla stoffa. Sentì il respiro di Claire farsi più affannoso, vide il suo corpo trasalire e decise di sganciarle il reggiseno per baciarla più facilmente. Sapeva di essere nella posizione più scomoda del mondo ma sulla sua pelle sentiva un profumo delicato di mandorle e l’odore di Claire lo faceva impazzire. Passò a baciarle la pancia con le mani di Claire tra i suoi capelli, sfiorò l’ombelico con la lingua ed ebbe l’impulso di sbottonarle i pantaloni e continuare a baciarla dove sperava da fin troppo tempo. Si fermò un attimo, poggiò il mento sulla sua pancia e la guardò, notò i suoi occhi socchiusi e come si stesse godendo quella situazione, nonostante dicesse di non volere avere niente a che fare con lui. Continuò a baciarle la pancia, poi il ventre e pian piano le tolse i pantaloni, per poi iniziare a torturare con la lingua la sua intimità, che aveva già fin troppa voglia di lui. Era sicuro che entrambi si fossero dimenticati di essere ancora a scuola e dentro ad un sgabuzzino perché lui non riusciva a fermarsi dal dare piacere a Claire e lei gemeva in maniera sempre più insistente. Spostò la propria mano destra dai glutei della ragazza e inserì, piano piano, le sue dita dentro di lei, la vide trasalire con quell’azione, ma non aveva intenzione di fermarsi. La sua lingua continuava a muoversi come a formare dei cerchi regolari e concentrici e la sua mano si muoveva piano, riuscendo a sentire il corpo di Claire contrarsi attorno ai suoi polpastrelli. Si staccò da Claire qualche istante dopo e, prima di continuare a baciarla, si asciugò con la maglietta le labbra, ormai fi tropo umide. Le sue dita erano ancora dentro di lei ed era sicuro che Claire era completamente inerme ed abbandonata al suo tocco. Lei riusciva a dire tanto con le parole, ma poi il suo corpo diceva tutto l’opposto e ciò che stava succedendo ne era la prova concreta. Continuò a baciarla ma questa volta più lentamente, succhiandole le labbra per suscitare in lei altra sorpresa e notò come lei continuasse a ricercare il contatto tra loro, anche quando lui andò a stuzzicarle il collo. Quella, per Claire, era una zona erogena fin troppo sensibile e la sentì gemere ancora, con un tono più basso ma deciso. Spostò di nuovo le sue labbra su quelle di Claire, continuando a muovere le sue dita dentro di lei, e con le loro labbra ancora attaccate, la sentì aggrapparsi a lui e contorcersi dal piacere. Respirava irregolarmente, sentiva il calore delle sue guance attraverso le proprie ed aveva ancora gli occhi chiusi, come se volesse in qualche modo godersi quel momento. Forse quella di Claire era solo una semplice reazione fisiologica, ma quando riaprì gli occhi Eric si rese conto che il sorriso che aveva stampato sulla faccia era fin troppo simile a quello di Martin. Per la prima volta, pensò che forse poteva davvero avere un qualche tipo di effetto su di lei. La vide riprendere a respirare in maniera regolare e poi si decise a sganciare una bomba.
“Vuoi tutto questo da me, Claire.”
Aveva poggiato la sua fronte su quella della ragazza.
“E lo vuoi per ogni giorno della tua vita.”
Le sorrideva ed aveva alzato l’angolo destro della sua bocca, mostrando le sue fossette fin troppo evidenti.
“Vorrei, Eric, vorrei tutto questo.”
Si era allontanata e adesso si stava alzando e riabbottonando i pantaloni davanti ai suoi occhi.
“Ma tutti questi chilometri finiranno per distruggerci completamente.”
“Non è vero, proveremo a far funzionare tutto quanto.”
Lei gli stava sorridendo.
“Non siamo dei robot senza emozioni, Eric.”
La vide scuotere la testa.
“Non potrei mai partire con una voragine dentro al petto e la voglia di ritornare a casa ogni fine settimana.”
Forse non sarebbero mai riusciti a resistere.
“Allora preferisci fare così?”
“Non so cosa preferisco fare, Eric.”
Andò a baciarla di nuovo, respirando affannosamente sulle sue labbra e sentì le mani di Claire sul suo petto, lei avrebbe voluto allontanarlo e mantenere le distanze tra i loro corpi, ma le loro labbra erano ancora appiccicate e non accennavano minimamente a staccarsi. Come poteva pensare che stare insieme a distanza potesse distruggerli? Quel modo di appartenersi non era sufficiente a sopperire ogni tipo di mancanza? Continuò a baciarla, con Claire che spostava le mani sulla sua nuca e con i loro corpi di nuovo perfettamente incastrati tra di loro, come se gli spazi tra le loro gambe fossero in qualche modo complementari. Le prese il viso con le mani continuando a baciarla e poi la accarezzò debolmente con i pollici. Si staccò da lei e da quel bacio lentamente e nel frattempo cercò di raccogliere le forze per accettare quella situazione. Posizionò le braccia parallelamente alle sue gambe e poi le diede un ultimo bacio sulla fronte.
“Spera solo che non prenda cento.”
Il ragazzo sbarrò gli occhi.
“Non vuoi trasferirti?”
Era la prima volta che intuiva che potesse essere così.
“I miei genitori mi stanno offrendo questa opportunità, non posso rifiutarla.”
Eric annuì e pensò alle parole che le aveva detto il mese precedente, nonostante tutto continuava a pensare che lei dovesse fare il meglio per se stessa.
“Non puoi, Claire.”
Le sorrise un’ultima volta e poi le diede le spalle, aprì la porta e si girò a guardarla di nuovo.
L’aveva lasciata andare perché voleva pensare ad una Claire realizzata in qualche parte del mondo. Aveva sempre pensato che lei meritasse il meglio e sapeva di dover mettere da parte la sua felicità per farla diventare la persona che aveva sempre sognato di essere. Non era un segreto che Claire amasse la pediatria e lui non voleva che lei si trattenesse nella loro città per stare con lui.
“Avremo dovuto pensarci prima.”
La vide annuire, sconsolata.
“Forse sarebbe stato tutto diverso, Eric.”
Le sorrise con poco entusiasmo e poi uscì del tutto dalla stanza.
“Andiamo a vedere i risultati?”
“Sì, andiamo.”
Erano due semplici amici.


Claire ed Eric camminavo paralleli verso la bacheca con i loro risultati. Avrebbe voluto afferrargli la mano e fargli capire che per loro era ancora tutto possibile e che fino a quando non avrebbe letto quel risultato potevano ancora essere le stesse persone di pochi minuti prima dentro quella stanza, ma si limitò a farsi bastare il calore del corpo di Eric. Vide un gruppo dei suoi compagni di classe davanti a quella bacheca di legno e scorse, per lo più, facce sorprese non sapendone indicare il tipo. Si girò a guardare Eric e notò che anche lui aveva colto quella sorpresa, tanto che entrambi iniziarono a camminare più velocemente. Tra la folla riuscì a riconoscere Mel, non comprendendo nemmeno la sua di faccia e tutti non facevano altro che parlare tra di loro, senza che lei riuscisse a distinguere le parole. Vide Mel riconoscerli e dirigersi verso di loro.
“Cosa succede, Mel?”
La ragazza aveva iniziato a sorridere.
“Solo vedendolo potete capirlo.”
Eric e lei si guardarono ancora e poi lo vide farsi spazio tra la folla. Claire era immobile, non riusciva nemmeno a mettere un piede dietro l’altro perché sapeva che con quel voto sarebbe cambiata, inevitabilmente, la sua vita. Non c’erano più supposizioni o immaginari aperti su come sarebbe stato il suo futuro negli anni successivi perché un numero avrebbe determinato la sua vita e lei non era pronta, forse non lo sarebbe mai stata. Osservò Eric e come i suoi lineamenti fossero cambiati nel vedere il suo voto, dal sorriso sulle sue labbra capì che doveva aver preso un voto alto. Si decise ad avvicinarsi alla bacheca, ma ad ogni passo sentiva che lei in fondo non voleva nemmeno andarci in Inghilterra, non era mai stato il suo sogno perché lei aveva sempre voluto mettere radici in un unico posto. Non voleva che l’università fosse una parentesi in un’altra parte del mondo, ma che gettasse le basi per creare reti e contatti nella città in cui avrebbe passato il resto della sua vita. Avrebbe dovuto ricominciare da zero altrove e lei sapeva di non avere la forza di costruire tutto alle basi, in fondo al suo cuore c’era quella consapevolezza che non sapeva nemmeno di avere, ma che sicuramente sarebbe stata spazzata via da quel dannato voto.
Anni prima aveva comprato il libro delle risposte, ricordava ancora la copertina nera, la scritta in oro e come avesse passato un intero pomeriggio a domandarsi se fosse giusto dire ad Eric ciò che provava. Aveva avuto diciannove risposte diverse, tutte quante che la invitavano ad aspettare e solo alla fine, quando aveva bisogno del no definitivo, aveva aperto la pagina con su scritto un semplice . Claire, però, sapeva che solo un sì in mezzo a tutti quei no fosse insignificante e ricordava ancora le parole di Vicki, che non credeva né alla fortuna e nemmeno a quei libri. Claire, questi libri funzionano come con le monete e il testa o croce. E’ ciò che speri durante il lancio della moneta che coincide con ciò che vuoi veramente.
E lei lo sapeva che ciò che desiderava veramente non fosse prendere cento. Si forzò a mettere un piede dietro l’altro, sapendo che ogni passo la allontanava inevitabilmente da Eric. Sospirò, sperando che quel respiro così lungo l’avesse sentito solo lei, e poi iniziò a cercare il suo nome tra quello dei suoi compagni di classe. Agganciò con gli occhi il suo rigo e poi spostò lo sguardo verso destra. Se si era già preparata ad avere cento, adesso aveva anche la lode e quasi la certezza automatica che l’avrebbero presa. Non sapeva nemmeno cosa avesse fatto per prendere quel voto e rimase incredula ad osservare la scritta della lode accanto al cento. Sentì della mani circondarla e notò che fossero proprio di Mel.
“Congratulazione, Claire.”
Sciolse quell’abbraccio e guardò la sua migliore amica negli occhi. Vedeva gioia, felicità per lei, ma Claire non riusciva a riflettere dentro di sé quelle emozioni.
“E tu?”
“Un bel novanta.”
“Te l’hanno fatto tondo tondo, Mel.”
E le sorrise nel modo più sincero che ricordava. Notò Eric allontanarsi da quel gruppo e si girò a guardare quanto avesse preso; anche nel voto era identici ed era sicura che almeno lui potesse godersi quel momento senza iniziare a pensare ai rimpianti. Guardò ancora la bacheca rendendosi conto che c’erano stati voti parecchio alti, Robert nonostante avesse detto che la terza prova era andata male era riuscito a raggiungere qualche voto in meno rispetto a Melanie ed Amy aveva preso più di quanto sperasse. Si spiegò in quel modo la sorpresa dei suoi compagni e si rese conto, ancora una volta, di essere troppo presa dai propri stati d’animo per vedere le loro espressioni.
Afferrò il cellulare, spostando gli occhi sullo schermo e iniziò a digitare il numero di casa; posò il dito sul tasto verde della telefonata, ma non ebbe il coraggio di schiacciarlo. Fare quella chiamata voleva solamente dire che in Inghilterra ci sarebbe davvero andata e lei voleva ancora coccolare l’idea che forse Eric e lei avrebbero potuto stare insieme. Si girò a cercare Eric, lo vide con il casco in mano in procinto di andare via, così si decise e iniziò a correre verso di lui. Doveva abbracciarlo per l’ultima volta, doveva sentire il suo odore ancora per qualche minuto prima di dirgli addio. Non era mai stata brava nella resistenza e non riusciva nemmeno a correre decentemente senza affaticarsi, ma riuscì a raggiungerlo velocemente. Si fermò e poi chiamò il suo nome.
“Eric?”
Lo vide fermarsi e rimanere immobile.
“Eric!”
Si girò verso di lei, visibilmente confuso, e Claire andò a circondare con le proprie braccia il suo busto. Lo strinse forte a sé, sapendo quanto gli sarebbe mancato nei prossimi mesi e quanto avrebbe rimpianto forse per tutta la vita la scelta di andare via. Sentì il casco del ragazzo cadere a terra e le braccia di Eric accarezzarle la schiena. Investita da tutto quell’affetto iniziò a piangere, quasi senza capirne il motivo; con quelle lacrime stava liberando ogni sentimento che sentiva intrappolato dentro di sé e sentiva che il nodo, che perennemente sentiva dentro alla gola, si stava sciogliendo. Eric spostò la mano destra sui capelli di Claire, stringendola più forte e poi le posò un leggero bacio sulla nuca.
“Va tutto bene, Claire.”
Glielo aveva detto sussurrando e lei a quelle parole riuscì solo a singhiozzare più forte. Non andava tutto bene perché sapeva che lo avrebbe perso e non voleva che lui accettasse quella situazione, voleva che Eric per una volta fosse egoista.
“Andrà tutto bene, non preoccuparti.”
Era evidente che lui volesse che lei perseguisse la sua felicità.
“Sei solo spaventata, ma non hai idea di quanto riuscirai a brillare lì.”
Avrebbe voluto dirgli che non le importava di brillare perché per splendere avrebbe dovuto rinunciare al suo cuore, ma non ebbe nemmeno la forza di dirgli ciò perché sentì il corpo di Eric allontanarsi dal suo.
“E’ meglio se per un periodo ci allontaniamo, Claire.”
Si asciugò le lacrime con pochi risultati, recuperò un fazzoletto dalle sue tasche, ma non riuscì a dirgli niente.
“Sarà doloroso per entrambi, ma è meglio così.”
Le sorrise con poco entusiasmo, forse per farle capire che lui era davvero convinto di ciò che diceva e, dato che per lei parlare era impossibile, si limitò ad annuire. Lo vide recuperare il casco e poi darle le spalle.
Finiva così per loro ed era tutta colpa sua.


spazio autrice
Benvenuti in questo nuovo capitolo :) Credo ci sia poco da commentare e spero di leggere i vostri pensieri su ciò che leggete. E' stato difficile da scrivere perchè ancora una volta Eric e Claire si sono sfiorati, ma adesso sono di nuovo lontani chilometri. In fondo fanno così da sempre e per capire il presente era necessario fare luce sul passato e su ciò che non si sono mai detti( non a caso la storia si chiama "Unspoken words"). Spero davvero di leggere i vostri pareri, ma in ogni caso ringrazio chi legge, chi inserisce la storia nella propria lista delle letture e grazie per essere ancora qui.
Alla prossima <3

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _marty