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Autore: Clockwise    17/05/2016    4 recensioni
Chiudono gli occhi, entrambi, uniti e lontani ad un tempo. Lo stesso sospiro – tornare a casa.
[...]
«Mi dispiace, John.»
Scosse la testa.
«Di esserti innamorato di me?»
Sherlock non rispose; lo fecero i suoi occhi, trasparenti come acqua.

Amanda ha diciannove anni quando va a Londra per la prima volta in cerca di suo padre, in cerca di risposte, costringendo John e Sherlock, ormai estranei, a fare i conti con loro stessi.
"Nostos": in greco, "viaggio di ritorno", "ritorno a casa".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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London Calling
 
London calling, yes, I was there, too
An' you know what they said? Well, some of it was true!
London calling at the top of the dial
And after all this, won't you give me a smile?
The Clash, London Calling
 
 
«Sono occupato.»
«Anche per me è un piacere sen-sen…»
Un accesso di tosse lo interrompe bruscamente.
«Sentirti.»
«Sono. Occupato. Hai il mal di gola?»
«E dire che speravo che gli anni ti avrebbero addolcito.»
Un altro attacco di tosse, più lungo del precedente. Si schiarisce la gola un paio di volte, prima di riprendere a parlare. La sua voce è roca, ora.
«Un principio di influenza, temo.»
«O di bronchite. Sei a casa?»
«Sì» soffia, cercando di soffocare un altro attacco di tosse.
«Cosa ti serve?»
Sospiro. Riacquisire compostezza.
«Lei è da John.»
Pugno stretto.
«Bene.»
Silenzio.
«Hai intenzione di farti vivo?»
«È richiesta la mia presenza?»
«Sarebbe preferibile.»
«No, non credo.»
«Sherlock...»
«Mycroft, francamente, hai sempre lasciato a desiderare in quanto a rapporti umani. Il tuo parere in questo campo non gode della mia migliore stima.»
Altro sospiro.
«Come vuoi.»
Pausa.
«Non sei nemmeno curioso?»
Esitazione.
«Non hai nemmeno un po' di nostalgia?»
Respiro spezzato. Beccato.
«Buona giornata, Mycroft.»
«A te, fratellino caro.»
Cellulare scagliato via, rimbalza sul divano.
 
 
Amanda ha sempre ritenuto di avere una buona qualità: la tenacia. Merry dice che è solo cocciuta come un mulo, ma Amanda scrolla le spalle e continua a chiamarla determinazione. Perciò, dopo una nottata in bianco in preda di dubbi e domande, non perde altro tempo in vaneggiamenti: è venuta a Londra per un motivo, e John sta ponendo troppi silenzi fra lei e il suo obbiettivo.
Attende in strada per un po', prima che il portone si apra. Chissà perché non ha un citofono, si chiede distrattamente.
John è evidentemente sorpreso di vederla.
«Cosa ci fai qui?»
Amanda nota che si appoggia ad un bastone, occhiaie più profonde del giorno prima ed evidenti segni di stanchezza, ma anche capelli pettinati e camicia stirata – anche se intravede, sul pollice, una sottile striatura rossa. John non ha riposato a dovere, qualcosa lo turba profondamente – ma qualcosa lo spinge anche a pettinarsi e stirarsi le camicie – senza troppa attenzione, però, tant’è che si è ustionato.
«Le propongo un patto.»
«Un patto?»
John solleva un sopracciglio, cercando di resistere al sorrisetto divertito che gli sta nascendo sulle labbra – credeva che non l’avrebbe mai più rivista.
«Sì. Lei mi fa da guida turistica per Londra e mi dà una mano a rintracciare Sherlock Holmes.»
John solleva anche l’altro sopracciglio.
«E dove sarebbe la mia parte vantaggiosa del patto?»
Amanda scrolla le spalle.
«A parte divertirsi e passare del tempo con una ragazza fantastica con me?» scherza, strappando a John un risolino.
«Beh, se riesco a mettermi in contatto con Holmes, posso provare ad aiutarvi a ricostruire un rapporto.»
La postura di John si fa subito più rigida, sull’attenti; un’ombra passa sul suo viso – Amanda teme di aver osato troppo.
«Cosa ti fa credere che ne abbia bisogno?»
«Nessuno è fatto per vivere da solo, dottor Watson.»
«Non ho bisogno di un terapeuta.»
«Lo so, è solo che… io…»
Si morde le labbra ed esita, a disagio. Ha sbagliato, doveva girarci intorno, non essere così diretta, ora le chiuderà la porta in faccia…
John sospira, alzando lo sguardo al cielo. Deglutisce, mentre sente l’ondata di delusione e risentimento che l’aveva invaso scemare e allontanarsi. In fondo, sta cercando di aiutarlo – dovrebbe essere il contrario, in effetti.
«Non sembravi tanto impertinente ieri.»
Amanda sgrana gli occhi, incredula, e sorride.
«Oh, beh...» fa spallucce, fingendo modestia. Vorrebbe esultare, il sorriso si allarga sempre di più.
«È merito della maglia» scherza, voltandosi ed abbassando la giacca di jeans abbastanza perché l'uomo possa leggere la scritta bianca sulla schiena: go Freud yourself. Si gira in tempo per cogliere il risolino divertito di John.
«Davvero impertinente.»
«Le piace? Ho intenzione di indossarla alla laurea, sotto la toga.»
«Mi pare appropriato.»
Amanda sorride felice – negli occhi di John, per quelle brevi battute, è brillato un raggio di sole.
«Il mio turno inizia fra tre ore» annuncia lui, allungando un braccio per prendere una giacca dall'attaccapanni. Amanda vorrebbe battere le mani dalla contentezza.
«Diamoci una mossa.»
John avanza di qualche passo e si chiude il portone alle spalle. Amanda tiene il labbro inferiore fra i denti, come a voler intrappolare il suo sorriso – gli ricorda lei più che mai, in questo momento.
«Da dove iniziamo?» chiede l'uomo, avviandosi verso la fermata della metropolitana.
«Ah, non so. La guida è lei.»
«Camden, allora. E dammi del tu, mi fai sentire vecchio.»
«Beh, se vuoi saperla tutta, non è che quella barba ti ringiovanisca.»
«Oh, beh, grazie
«Figurati.»
Gli sorride e John non può fare a meno di ridere.
 
 
La guarda camminare con il naso per aria, fotografando ogni dettaglio della strada con gli occhi. Non gli è difficile immaginarla bambina, con quell'espressione di spontanea meraviglia che porta in viso. Abbassa gli occhi sul bastone che accompagna il suo passo.
A Sherlock piacerebbe, si ritrova a pensare, e subito se ne pente, tenta di zittire la vocina nella sua testa. Sherlock si sarebbe mostrato freddo e distante all'inizio, ma poi l'avrebbe lasciata avvicinare, continua imperterrita.
Come hai fatto tu.
John scuote la testa e torna a guardare la ragazza al suo fianco.
«Cosa ne dici? È un quartiere particolare, non trovi?»
Lei ha gli occhi che brillano. I palazzi colorati, le insegne multiformi che balzano via dai muri, i negozietti minuscoli che stendono le braccia fin sui marciapiedi affollati di gente variopinta quanto la strada.
«È fantastico. È così... non c'è alcuna regola. Potrei mettermi a camminare sulle mani e nessuno avrebbe niente da ridire.»
John ridacchia. La ragazza non ha tutti i torti.
«Hai fame? Ricordo un posto qui dietro che faceva ottimi panini...»
Amanda sorride contenta.
«Volentieri.»
Nel locale, in una stradina secondaria affacciata su Camden Road, c'entrano giusto il bancone e due tavolini, ma il panino al tacchino ed avocado è il più buono che Amanda abbia mai mangiato.
«Non ho idea di che cosa ci sia dentro, ma cavoli se è buono...»
John annuisce, piluccando la porzione di patatine che condividono.
«Sherlock mi ci ha portato, una volta. Il proprietario era coinvolto in un giro di vendita di organi sul mercato nero.»
Amanda smette di masticare. John corruga le sopracciglia, pensoso.
«Erano quasi quindici anni fa, ormai sarà uscito di prigione. I panini sono rimasti ottimi, però. Penso sia a gestione familiare.»
Amanda manda giù a fatica, aiutandosi con un sorso di Sprite.
«È quasi più macabro degli addetti alla mensa del collegio in Germania.»
John solleva un sopracciglio in segno di interesse.
«Sono stati imputati per avvelenamento colposo e occultamento di prove da una scena del crimine.»
John sgrana gli occhi inorridito.
«In un collegio! È ridicolo!»
«Il collegio però ha chiuso.»
Si guardano per un istante, prima di scoppiare a ridere entrambi.
We can't giggle, it's a crime scene!
«Sai... Erano anni che non venivo a Camden. Dio, non so nemmeno da quanto tempo non uscivo più di casa solo per il gusto di farlo, a dire il vero...» mormora John, portandosi il suo panino alla bocca. Il sorriso di Amanda sfuma appena.
«Sherlock lo faceva sempre. Ridere quando nessuno se lo aspettava» Si ferma, pensoso. «Trovare e tirare il bandolo della matassa, che tirava via la parte di te più nascosta e segreta.»
Amanda abbassa gli occhi, poggia il panino sul piatto.
«Eravate molto uniti?»
John chiude le palpebre.
«Più di quanto due persone dovrebbero mai essere» sussurra, quasi contro la sua volontà. Amanda non osa chiedere altro, lui sembra combattere una battaglia dentro di sé. Alla fine, riemerge.
«In ogni caso. C'è Madame Tussaud's, qui vicino, ci sei mai stata?»
Amanda scuote la testa. Per un momento, ha colto un lampo negli occhi di John che non aveva mai visto prima – un raggio luminoso di nostalgia, rimpianto e, innegabilmente, amore. John continua a mangiare il suo panino. Il momento è passato, come un'onda.
 
 
•••
«Signora Watson.»
La donna si voltò, una mano sulle reni doloranti. Mancava poco, ormai. Sbuffò, sorridendo amaramente.
«Ancora per poco, purtroppo. È tutto pronto?»
L’altro annuì. Non si curò di mascherare i suoi pensieri come al solito: il suo viso lasciava trapelare tutta la sua preoccupazione e i suoi dubbi.
«C’è ancora tempo per tirarsi indietro.»
Mary scosse le spalle.
«E a che servirebbe? Renderebbe soltanto le cose peggiori.»
Indossò un cappotto nero, prese la sua borsa, si guardò intorno per l’ultima volta.
«Andiamo. Questa piccolina ha voglia di uscire» disse, con un tono allegro che stonava terribilmente con tutta la situazione. Mycroft sospirò, ma non commentò oltre: si limitò ad aprirle la porta e scortarla fuori, dentro la macchina che li avrebbe accompagnati all’ospedale.
Il viaggio trascorse per lo più in silenzio. D’un tratto, Mary gli strinse una mano.
«Spero tu sappia quanto apprezzo quello che stai facendo per me… per noi. Sarò eternamente in debito.»
Mycroft chinò appena il capo.
«Dovere.»
«Oh!»
Mycroft voltò la testa, sorpreso di vederla ridere.
«Dio, sei così uguale a Sherlock! Anche lui è tutto preso da queste galanterie, questi voti, questi doveri…»
Scosse la testa, strizzando brevemente le dita inguantate dell’altro.
«E poi ci sono quelli come me, che non fanno altro che scappare, promettere e non mantenere… Ormai non so più nemmeno fino a dove è caso e fino a dove è colpa mia.»
Mycroft ricambiò la stretta, lieve.
«Non c’è bisogno di essere così duri con sé stessi, Mrs Watson.»
La donna gli lanciò un’occhiata ammonitrice.
«Mary
Gentilmente, lasciò la mano della donna e unì le proprie in grembo, intrecciando le dita.
«Spero solo che John starà bene. So che è in buone mani» disse Mary, sorridendo con lo sguardo fuori dal finestrino.
«Nulla vieta un eventuale ritorno, un giorno, quando la situazione sia più tranquilla.»
«Oh, no.»
Scosse di nuovo il capo.
«Ho chiuso con Londra. Ho causato già abbastanza guai. Noi due ce la caveremo anche da sole» mormorò, accarezzandosi distrattamente la pancia prominente. Mycroft annuì, si chinò ed estrasse un fascio di fogli dalla sua valigetta.
«Qui, tutta la documentazione di cui avrai bisogno. Il nuovo passaporto, i certificati, le lettere…»
«Grazie.»
La donna li prese e li sistemò nella sua borsa. Mancava poco all’ospedale, ormai. Sentiva avvicinarsi aria di fine.
«Ogni tanto non ti stanchi di fare da Padreterno, Mycroft?»
L’uomo piegò appena il capo di lato, indirizzandole un’occhiata insieme d’avvertimento e di domanda. Mary scosse le spalle.
«Era tanto per chiedere.»
•••
 
 
Alla fine, hanno rinunciato a Madame Tussaud's e sono arrivati alla Tower of London, invece. Amanda sperava di vedere i corvi, ma non ne ha avvistato nemmeno uno.
«Come mai Psicologia?» chiede John, mentre passeggiano sul Tower Bridge. Amanda scuote le spalle.
«Sento che è l'unica strada che fa per me. Non so dipingere, con i numeri faccio schifo, il sangue mi fa senso. Non rimaneva molta scelta, oltre a Geologia.»
John ridacchia. Amanda si stringe nelle spalle, guardando i riflessi pallidi del sole sul Tamigi sotto di loro. Si avvicinano al parapetto.
«La mente delle persone mi ha sempre affascinato. Studiare i meccanismi dietro le nostre azioni, cercare di capire i nostri impulsi più segreti... è affascinante, anche se a volte è deludente sapere che c'è una spiegazione dietro qualunque cosa. Toglie un po' di magia al mondo.»
John sorride.
«Oddio, penserai che io sia una bambina...»
«No.»
Penso che mi è mancata mia figlia.
«In fondo, non è quello che facciamo tutti? Cercare di scoprire cosa c'è dietro a tutto quanto?»
Questo, riflette, è quello che anche loro avevano fatto: indagare le cause, risalire alle origini, svelare i misteri, guarire le ferite. E la magia, almeno per Sherlock, stava nel gioco stesso.
«Sì, ma a volte vorresti solo prendere la vita per quella che è. Accettare il mistero.»
«Hai mai pensato a Filosofia?»
Amanda ride gettando indietro la testa, mentre riprendono a camminare.
«Certo, e fra vent'anni mi ritroveresti qui, sotto il ponte. O peggio, a insegnare.»
Ora è il turno di John di ridere, mentre scendono sulla sponda Sud. Si fermano, ammirando la Torre dall'altra parte del fiume.
«Sai, una volta un uomo ci è entrato, si è seduto sul trono e si è messo in testa la corona. Ha aspettato la polizia lì, con lo scettro in mano.»
Amanda sgrana gli occhi.
«E perché mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere?»
«Per tendere una trappola a tuo padre.»
Amanda sobbalza lievemente. John corruga la fronte e scuote il capo.
«V-volevo dire... Sherlock. Sherlock, volevo dire Sherlock.»
La ragazza abbassa gli occhi, annuendo lievemente.
Spiegami questo, Amanda. Spiegami perché ho detto che lui è tuo padre.
«Sì è fatto tardi, forse è meglio andare.»
Lei annuisce. Si separano poche fermate di metro più in là. John la guarda sparire tra la folla, senza sapere cosa pensare.


 



Grazie a chi legge, segue e, sopratutto, recensisce! Siete preziosi.
A presto!
-Clock
  
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