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Autore: autopilot_    17/05/2016    1 recensioni
Ashton Irwin è il ragazzo più conosciuto in città, ogni persona ne conosce le sue abitudini ma non il motivo per il quale lui si trovi sempre seduto davanti alla piccola caffetteria, pensavano cercasse di guadagnarsi da vivere facendo elemosina, in realtà ogni qual volta riceveva delle monete ripeteva la solita frase: non sono al verde, sto aspettando una persona. Ma dopo tre mesi lui era ancora lì ad aspettare qualcuno che secondo i passanti era frutto della sua immaginazione ma la verità era ben diversa.
~Lashton.
~Ispirata alla canzone dei The script, The man who can't be moved.
~In alcuni capitoli potrebbero essere presenti contenuti espliciti, saranno segnati con un asterisco*.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Luke Hemmings, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Pioveva, ma a me non importava, oggi lui sarebbe tornato ed io lo avrei aspettato lì, davanti la caffetteria della signora Margaret che in tutto ciò era l'unica a darmi conforto. Chiusi la porta che oramai non serviva più al mio appartamento quasi del tutto spoglio, non avevo più niente se non la speranza di ritrovare l'unica persona in grado di rendermi felice.
 

Camminai a testa bassa guardando i miei piedi che calpestavano l'acqua nelle pozzanghere sentendo subito i calzini bagnati, ma non mi importava, neanche quando mi sedetti a terra davanti al solito negozio a gambe incrociate con il cielo ancora scuro e le strade poco trafficate, il mio corpo a contatto con il cemento freddo per l'ennesima volta. Anche quel giorno osservai la solita routine: uomini d'affari che mi passavano davanti, donne anziane che cercavano di offrirmi un caffè o dei soldi, ma non avevo bisogno di questo. Mi sarei alzato di li quando avevo fame e sarei andato a mangiare qualcosa, non volevo la compassione della gente, sono solo un ragazzo normale che sta aspettando una persona, cosa c'è di sbagliato? Forse il modo in cui lo sto facendo?
 

Strinsi le ginocchia al mio petto poggiando poi il mento su di esse, sospirai pesantemente sentendo la schiena a pezzi e la pioggia che neanche il piccolo portico riusciva a fermare che mi inzuppava, non avevo un ombrello, non avevo nulla. 
Erano ormai più di tre mesi che non lo vedevo più, aveva detto che ci saremo visti ma era stato un bugiardo. Nonostante ciò continuavo ad aspettarlo, forse aveva avuto qualche imprevisto e non poteva recarsi alla caffetteria, forse era impegnato con la scuola, se invece gli fosse successo qualcosa di terribile? Avevo troppi pensieri nella mia mente, la verità forse era un'altra: si era dimenticato di me.

 

«Ashton, caffè?»
 

Alzai lo sguardo verso l'anziana signora che gestiva da sola quel piccolo locale tranquillo, dove chiunque si sarebbe sentito a proprio agio.
 

Annuii alzandomi dal terreno e camminando verso l'entrata della caffetteria solo per essere fermato dalla mano di Margaret che mi indicava il tappeto posto davanti l'uscio, con un sorriso imbarazzato pulii le mie scarpe bagnate trovando subito il calore accogliente della stufa posta in un angolo; quello non era solo una caffetteria, oltre ad essere anche la casa dell'anziana era dove i miei occhi per la prima volta incontrarono la figura incantevole di un ragazzo biondo, seduto al tavolo a due posti nell'angolo, con un paio di occhiali indosso e qualche foglio dinanzi agli occhi. Il solo ricordarlo mi faceva star male, non capivo come fossi arrivato a tal punto, sentire la mancanza di un semplice essere umano fino alle ossa, il non saper più trascorrere una giornata senza pensarlo.
 

Avevo provato, inizialmente, ad andare avanti, ma come potevo farlo se ero ancora innamorato di lui? Come potevo andare via se lo stavo ancora aspettando? Questo potrebbe non avere senso, ma cosa altro potevo fare? Magari uno di questi giorni guardando una tazza di caffè avrebbe ricordato il luogo in cui aveva detto di incontrarci, sarebbe tornato e avrebbe trovato me ad aspettarlo all'angolo della strada.
 

«Chissà perché ci mette così tanto tempo a tornare a farci visita, eh? Forse dovresti muoverti un po' e non restare qui come un cane.»
 

Per quanto le parole di Margaret mi avessero fatto uno strano effetto, io non potevo muovermi, e se fosse tornato?
Scossi la testa sorseggiando piano il caffè nero bollente appena versato, non mi piace lo zucchero, ma a lui piaceva eccome, riempiva il caffè di zollette di zucchero.

 

«La gente inizia a crederti pazzo.»
 

Sbuffai poggiando il mento sopra il palmo della mia mano, non era di certo una novità questa, dovevo sembrare davvero disperato.
 

«Perché non sanno come stanno realmente le cose, poi, quando gli sbatti la realtà in faccia, ti credono ancor più pazzo.»
 

La mia voce era roca mentre prendevo a parlare con la signora, con una mano grattavo il mio mento ricoperto di un leggero strato di barba mentre con l'altra continuavo a sorseggiare il liquido caldo, sapevo che forse ero stato un po' brusco, ma più di una volta avevo sentito parlare di me in giro per il paese e non erano di certo cose belle.
 

«Capisco il motivo della tua disapprovazione, ma prometti di pensarci un attimo?»
 

«Pensare un attimo a cosa?»
 

«A quello che stai facendo, Ashton! Stai praticamente passando tutti i giorni migliori della tua vita seduto sopra un marciapiede ad aspettare un ragazzino non avendo neanche la certezza che torni davvero, di lui sapevi solo il nome!»
 

Non l'avevo mai sentita così infuriata in tutta la mia vita, neanche quando ruppi due tazzine di seguito, ma l'ultima frase non riuscivo a digerirla per nulla, anche giorni dopo continuavo ad averla per la mente. Non sapevo solo il suo nome, sapevo molto di più; avrebbe compiuto diciassette anni a luglio, pochi giorni dopo di me, aveva due fratelli maggiori, gli piaceva il caramello e ce la metteva tutta per andare bene a scuola.
 

Ma era anche un tipetto complicato.
Non gli piaceva la pioggia, diceva che lo rendeva triste e ogni cosa diventava grigia e cupa, però allo stesso tempo adorava sedersi accanto alla finestra, poggiare la testa contro il vetro ed ascoltare il suono regolare delle gocce che cadevano al suolo, lo rilassava e riusciva ad addormentarsi. Sì perché lui odiava dover dormire, era sempre iperattivo e non voleva sprecare del tempo stando steso sopra un letto a dormire. Se solo sapesse il tempo che io sto perdendo aspettandolo.

 

Gli piacevano le canzoni vecchie, anche se, a detta sua, non esiste età per la musica, diceva che la canzone acquisiva significati man mano che il tempo passava, e ogni qual volta andavi ad ascoltarla ti tornavano in mente ricordi su ricordi.
 

Il suo colore preferito? Neanche lui sapeva dire quale fosse, era indefinito, ma ricordo perfettamente il giorno in cui per la prima volta affrontò il mio sguardo e riuscì a guardarlo negli occhi per più di due secondi, disse poco dopo che il colore delle mie iridi era appena diventato il suo preferito, ed io potevo dire lo stesso del suo, che nelle giornate in cui era triste diventava di un colore blu fiordaliso, mentre di solito si aggirava attorno ad un azzurro.
 

Non sapevo solo il suo nome, dopotutto, la mia memoria è buona, soprattutto quando si parla di un certo ragazzo di nome Lucas, ma che preferisce farsi chiamare Luke, che sto aspettando. 
 

Passarono altri mesi, la stagione calda stava arrivando e il piccolo albero di ciliegio stava iniziando a far germogliare i piccoli boccioli rosa. Amo la primavera perché è come una rinascita, vedere tutti quegli alberi che in inverno sembravano secchi e spogli riprendere vita così, all'improvviso. 
Inoltre, io e Margaret, potevamo finalmente rendere migliore l'aspetto estetico della caffetteria, mettendo altri tavoli all'aria aperta perché a chi non piace passare del tempo fuori? I raggi del sole non erano ancora abbastanza caldi, ma la temperatura era mite e le pulizie di primavera stavano davvero stancando l'anziana. Io cercavo il più possibile di aiutarla, ma nello stato in cui si trovava la mia mente potevo fare ben poco, il mio costante guardarmi attorno alla ricerca del ragazzo era una continua perdita di tempo, me ne rendevo conto, però non potevo farne a meno.

 

Uno strano uomo con una fotocamera si avvicinò a me, un giorno, mentre ero seduto sopra l'asfalto con la schiena poggiata contro il muro. Cercai di ignorarlo, ma il modo in cui puntava l'obiettivo verso di me non faceva altro che innervosirmi.
 

«Uhm, serve qualcosa?»
 

«Certo! Tu sei il ragazzo che non vuole muoversi da qui, giusto? Si sente parlare di te e sono venuto a dare un'occhiata, non ti dispiace se ti faccio un video, no? Tanto sarai abituato ad avere gli occhi puntati contro, no?»
 

Il suo continuo parlare mi faceva venire il mal di testa, ma annuii senza pensarci e infatti subito dopo me ne pentì amaramente. Mi bombardò di domande, chiedendomi chi stessi aspettando, da quanto tempo e per quanto tempo avessi intenzione di aspettare, ovviamente parlai in modo generale, non spiegando che stavo aspettando un ragazzo.
 

Ad ora di pranzo restammo insieme, io, Margaret e l'uomo, il cui nome era Brendon, a parlare di varie cose, scoprii che nonostante il suo blaterare continuo era una persona simpatica e con senso dell'umorismo. Però il mio umore cambiò quando disse di voler scrivere un articolo su di me e pubblicarlo su un giornale, assolutamente no.
 

Io provai a protestare, ma i lati positivi che la cosa avrebbe portato mi fecero cambiare idea, avrei potuto attirare l'attenzione di Luke, magari mi avrebbe riconosciuto e sarebbe tornato. Ma se non fosse stato così? Se, al contrario, avrebbe smesso definitivamente di provare a tornare per la vergogna? Non è che io sia fiero di avere una mia foto sopra un giornale in cui sembro un barbone.
 

Nuovamente, mi ritrovai a discutere con Brendon riguardo all'articolo, finimmo per tenere in sospeso la cosa, avremmo deciso la prossima settimana, anche se la mia risposta sarebbe stata negativa.

==

 

CIAO.
Come ogni mia storia, il primo capitolo è sempre
brutto, storto e malefatto.

Dunque, le recensioni sono ben gradite, anche
se non necessarie per mandare avanti la storia,
ritengo EFP un po' la mia valvola di sfogo, il
luogo dove pubblico ciò che mi passa per la  mente.

Detto ciò, enjoy!

 

   
 
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