CAPITOLO UNO.
«Dannazione!»
Dean entra nel locale –
o per meglio dire, fa irruzione, - sbattendo rabbiosamente un
pesante zaino militare sul bancone. Lo seguono, a passo più calmo e
composto ma con la stessa espressione amareggiata, Castiel e Benny.
Quest'ultimo ha, come Dean, l'aria di qualcuno che avrebbe bisogno di
una doccia, di cibo e di qualche ora di sonno. Ma il massiccio
ex-Marine è bravo a mascherare le sue necessità, soprattutto per il
bene di una missione. E poi, quando le cose vanno male, dev'esserci
sempre qualcuno a mantenere la calma nel gruppo e a ricordare a
tutti, Dean per primo, che la collera non è una buona consigliera.
Da dietro il bancone,
Bobby accoglie l'entrata burrascosa dei tre senza scomporsi troppo.
«Buongiorno anche a
te, Dean,» dice, col suo solito tono burbero e un certo sarcasmo.
«Dalla tua espressione felice, deduco che l'operazione sia andata a
puttane.»
La luce bluastra dei
led getta ombre iridescenti sul volto stanco e provato del giovane.
«Oh, molto più che a
puttane... Diciamo pure che è stata un totale fallimento,» commenta
infatti il Winchester, stizzito. «Eravamo dentro, c'eravamo quasi...
Ma le guardie di Metatron ci hanno scoperti e hanno attaccato la
base. Dev'essere scattato qualche stupido allarme... Abbiamo avuto
uno scontro a fuoco con quei figli di puttana, e per fuggire siamo
stati costretti a provocare un'esplosione. Metà base è saltata in
aria, ma non siamo riusciti a recuperare i prototipi... Mi serve
qualcosa di forte,» sbraita, allungando le mani per versarsi del
whisky. Accanto a lui, Castiel siede silenzioso e pallido ma quasi
impassibile, tranne che per una leggerissima righina di
preoccupazione tra le sopracciglia.
«È vero, noi non
abbiamo i prototipi... Ma nemmeno Metatron,» aggiunge Benny, con un
sospiro. Apre e chiude lentamente la mano destra, grossa e forte -
come tutto di lui, del resto. Qualcosa scintilla, sotto la pelle
squarciata del palmo: è metallo. Il suo braccio destro, dal gomito
in giù, è stato ricostruito con una lega praticamente
indistruttibile, dopo un combattimento finito male. «Io non lo
definirei proprio un fallimento... Piuttosto, una vittoria a metà.
Possiamo sempre organizzare delle squadre per recuperare gli
esemplari perduti,» propone, calmo e ragionevole, dando una pacca
sulla spalla di Dean: un gesto familiare, pieno di quella solidarietà
che naturalmente si instaura tra commilitoni. Per anni hanno
combattuto assieme nella Marina militare - finché è esistita. Dopo
il Terzo conflitto mondiale, però, entrambi hanno lasciato
l'esercito per arruolarsi nella Resistenza, in difesa degli uomini.
Ora vivono
costantemente ricercati - sia dalla polizia che dalle guardie di
Metatron. Questo significa che devono vivere principalmente di notte,
come clandestini. Trascorrono settimane e mesi interi progettando
attacchi, combattendo e sabotando le basi nemiche. Tutti gli esseri
umani sopravvissuti al Terzo conflitto, ormai, vivono così:
sacrificando le loro vite per la libertà e accettando un'esistenza
di lotta senza pause, senza rese, senza tregua.
Bobby ascolta
scuotendo la testa - e, anche se la visiera del berretto proietta
un'indecifrabile ombra scura sui suoi occhi, Dean non ha bisogno di
guardarlo per sapere che ha le sopracciglia aggrottate.
«Sarà dura,»
commenta il più vecchio. «Quel figlio di puttana ha occhi e
orecchie dappertutto. Dovrete sbrigarvi, se volete trovarli prima di
lui.»
Soltanto ora, posando
i begli occhi azzurri sul profilo corrucciato di Dean – intento a
versarsi un secondo bicchiere, - Castiel prende finalmente parola.
«Faremo del nostro
meglio, batteremo palmo a palmo tutta la città. Abbiamo bisogno
di attivare quegli androidi... Sono stati progettati da Chuck, e
potrebbero rivelarsi fondamentali per aiutarci ad abbattere la
dittatura di Metatron. Ci servono tutti gli alleati possibili,»
spiega l'androide. È l'unico umanoide presente in quel momento, nel
bar clandestino di Bobby - scavato sottoterra e rivestito con le
spesse pareti di un bunker per sfuggire ai rilevamenti termici dei
robot di Metatron. Sia Bobby che Dean e Benny sono esseri umani in
tutto e per tutto, mentre Castiel... Castiel è un'altra cosa. Lui fa
parte di quella schiera di androidi con fattezze umane che si sono
perfettamente inseriti nella società dopo la rivoluzione
tecnologica. Esseri avanzatissimi, con una consapevolezza collettiva
– quella di essere creature robotiche, - ma con una volontà e un
carattere individuale. Ormai è quasi impossibile distinguerli dagli
esseri umani, ad occhio nudo. E anche nei comportamenti, ormai
Castiel si è umanizzato più di quanto sia disposto ad ammettere...
Ma questo, ancora oggi, non impedisce a lui e Dean di avere
saltuariamente qualche attrito.
Dean si passa una mano
sulla faccia, distrutto. Sono settimane che dorme nei ritagli di
tempo, poco e male: la tensione per la battaglia lo sta logorando.
«Dean, se per te va
bene io andrei ad organizzare le pattuglie,» chiede Castiel, cortese
e pacato come sempre. Nonostante gli sconvolgimenti degli ultimi
tempi, su di lui non vi sono tracce visibili di preoccupazione o di
stanchezza: è questo, forse, l'unico indizio evidente della sua
natura di macchina.
«Vai, vai...», lo
congeda l'uomo, più bruscamente di quanto vorrebbe. «Io ho bisogno
di dormire almeno un paio d'ore, sono stanco.»
Castiel si sofferma a
scrutarlo per un attimo, indeciso. Dovrebbe davvero andarsene, come
l'altro gli chiede? A volte, gli esseri umani dicono una cosa ma
intendono esattamente il suo contrario. Forse, con quel tono
imperioso, Dean gli sta dicendo che lo vorrebbe vicino... È così
difficile capire i sentimenti, per un androide.
«Va bene... Allora ci
vediamo più tardi.» L'umanoide quasi lo soffia, congedandosi, per
timore di disturbare l'altro con la propria presenza. Uscendo, urta
contro Sam, il fratello minore di Dean, e a malapena riesce a
guardarlo negli occhi per salutarlo.
Il più piccolo dei
Winchester conosce il fratello meglio delle proprie tasche, e già
solo guardandolo seduto di spalle riesce a percepire la spessa
coltre di tensione che lo avvolge. Bobby e Benny sono impegnati sul
retro a nascondere le armi. I due fratelli, ora, hanno tempo per
starsene seduti uno accanto all'altro e scambiare due chiacchiere.
«Ehi,
ho saputo quello che è successo. Come stai?»
«Come
devo stare?» Dean si stringe nelle spalle. Il whiskey rotea lungo le
pareti del bicchiere, mentre se lo rigira tra le dita. «La missione
è
andata uno schifo, e Castiel...»
«L'ho
incrociato, poco fa. Aveva una faccia strana... Avete litigato?» Sam
sa che c'è
qualcosa, tra l'androide e suo fratello. Un sentimento ha impiegato
anni per
svilupparsi, ma poche settimane per mandare completamente in crisi
Dean. Non tanto perché
Castiel ha le sembianze di un uomo – un bell'uomo,
- ma perché...
Be',
Dean è innamorato perso di Cas, ma teme che siano troppo differenti
per potersi amare davvero. Perché
Cas è una macchina e, in quanto tale, non possiede sentimenti suoi:
può soltanto apprenderli, così come ha appreso tutto il resto. E,
ogni volta che gli sta accanto, Dean non può fare a meno di
chiedersi se l'amore
di Cas sia autentico oppure no. È qualcosa che prova davvero o che
ha soltanto imparato a manifestare?
È spontaneo, o è un sentimento appreso? Ormai i robot si sono umanizzati così tanto che ci si
dimentica facilmente dei loro sistemi e dei loro circuiti...
Almeno
fino a quando non fanno qualcosa di indiscutibilmente sovrumano, come ad
esempio tagliarsi inavvertitamente un dito senza sanguinare,
oppure saltare giù
dal decimo piano senza farsi neanche un graffio. E allora, tornano le
classiche domande: quanto in là può spingersi la volontà
individuale di un robot?
Quanto a fondo un androide può comprendere davvero sentimenti tanto
umani come l'affetto,
il desiderio, la condivisione?
...
E soprattutto: è
possibile che un automa diventi così sofisticato da provare, in
tutto e per tutto, i sentimenti e i pensieri di un uomo?
«No...
Credo. Anche se in realtà non te lo so dire. Non capisco quasi mai
fino in fondo quello che succede tra noi,» ammette Dean,
massaggiandosi stancamente le tempie. Il bar di Bobby è
cupo, le luci dei led virano sui toni del blu, del verde e del viola
e non bastano a illuminarlo in modo allegro. Sono troppo fredde: e il
locale, nell'insieme,
sembra più
un grosso acquario che un luogo di ritrovo. «Non
riesco a mantenere sempre lo stesso atteggiamento, con lui. A volte
sono tranquillissimo e mi fa piacere quando stiamo insieme; in altri
momenti, invece, mi arrabbio per un nonnulla e me la prendo con lui,»
continua il fratello maggiore, consapevole che il minore lo sta
ascoltando. «Ma in realtà non ce l'ho con lui. Sono arrabbiato,
sì... Ma col destino o come vuoi chiamarlo, per averci fatti così
diversi... E forse incompatibili.»
L'alcol brucia, nella gola, ma è
un buon modo per ingoiare i pensieri amari.
Sam
guarda il fratello con uno strano misto di tenerezza e rammarico
negli occhi.
«Credo
che non dovresti pensarci troppo. Sarà il tempo a mostrarvi se avete
qualche possibilità oppure no. Ma non potete starvene tutti e due a farvi
il broncio come i bambini... Non vi porterà da nessuna parte.»
«Lo
so.»
Dean quasi frantuma il fondo del bicchiere vuoto, sbattendolo forte
sul bancone. «È solo che... Dio, quanto vorrei che avesse un cuore.
Sarebbe tutto più semplice, non credi? Saprei che ciò che prova lo
prova realmente, qualunque cosa sia. È
più
facile, tra esseri umani, no?--»
Un istante prima di finire la frase, Dean si rende conto della gaffe
che ha commesso, ma ormai è
troppo tardi per rimangiarsi tutto.
Sam
abbassa lo sguardo. Il ricordo di Jess ancora lo tormenta, nonostante
siano passati anni. Lei era umana, come lui, e aveva sposato la causa
della Resistenza soprattutto per stare accanto a Sam, che allora
combatteva attivamente accanto a suo fratello. Ma poi, la ragazza era
morta in battaglia; e, da allora, Sam si era rifiutato di prendere di
nuovo un'arma
in mano e si era ritirato a vivere di studio all'Istituto
di ricerca, dove sviluppava nuove armi e strumentazioni per
supportare i ribelli.
«A
volte non è
facile nemmeno così,»
mormora il fratello più piccolo, mentre la puntura conosciuta del
rammarico lo pizzica nel petto. Non ha amato più nessuno, da
allora... Quella parte di lui è
morta con lei.
«Ehi
Sam!» Benny
gli rivolge un cenno amichevole, dopo aver terminato di sistemare il
magazzino assieme a Bobby.
«Ciao
Benny,» lo saluta il Winchester, dissimulando la tristezza con un
lieve sorriso. «Che hai fatto al braccio?»
Il
corpulento ex soldato scuote la mano con noncuranza, sorridendo.
«Niente
di che, dev'essere stato un proiettile.»
«Dovresti
farti dare un'occhiata,
comunque. Passa
al centro riparazioni, più
tardi,»
gli suggerisce Sam.
«Magari dopo. Fra
poco scatta il coprifuoco e ho promesso a Balthazar di aiutarlo a
recuperare tre casse di munizioni nel Quartiere Vecchio. Fanno sempre
comodo,»
risponde Benny, infilandosi una vecchia giacca verde, ricordo del
servizio militare, consumata dall'uso e dalle battaglie.
«Sono
troppo vecchio per queste cose,» borbotta Dean, sfinito dalla
stanchezza e dall'emicrania, con la testa posata sulle braccia
conserte.
«Non
dirlo a me,» commenta
Bobby, da chissà quale angolo sperduto di quel sotterraneo infinito.