CAPITOLO DUE.
«Well,
Billy Joe told me: "Well, everything's lookin' fine"... He
got the place all secure, got the icebox full of wine... He said:
"Now hurry on all and don't be late, I got three lovely ladies
who just won't wait...»
All'alba,
Nuova Lebanon è sempre rossa
di fuoco.
Dopo
la Guerra, molte città si sono svuotate. Sono sorti nuovi centri
abitati nelle campagne, e le persone hanno ricominciato a coltivare i
campi per sostentarsi – anche grazie all'aiuto dei numerosi robot
lavoratori, che si fanno carico dei lavori più
pesanti. Tuttavia, la densità di popolazione si è
enormemente ridotta, perciò si può viaggiare per ore e ore
attraverso terreni deserti, radure incolte e lande desolate senza
incrociare anima viva. L'alba
e il tramonto sono i momenti più
favorevoli per spostarsi, poiché
le guardie armate di Metatron devono tornare alla base e fare
rapporto, prima di darsi il cambio per dare inizio al coprifuoco.
Quando quest'ultimo scatta, le strade vengono pattugliate e chiunque,
umano o robot, rischia di essere preso per un ribelle e processato –
se non, nei casi peggiori, eliminato sul posto.
Garth
ormai conosce le strade sicure come le proprie tasche. È
abituato a spostarsi rapidamente, senza dare nell'occhio e
canticchiando vecchie canzoni per farsi compagnia, per recuperare gli
androidi danneggiati o abbandonati e portarli all'Istituto di ricerca
- dove Charlie e Kevin li rimettono in sesto. Recuperare i
robot non è solo un lavoro, per Garth: è
una missione. Mingherlino e buffo com'è, l'uomo ha capito presto di non essere adatto al combattimento in prima
linea; ma, pur di aiutare i ribelli a infoltire le loro schiere e
arruolare nuovi androidi, si è gettato anima e corpo in questo ruolo.
Il
suo non è un compito facile. A volte, deve infilarsi in vecchie
costruzioni pericolanti e mettere a rischio la propria incolumità,
per recuperare gli umanoidi abbandonati o in difficoltà. Oppure,
deve gettarsi in fretta e furia in uno dei nascondigli che ha
disseminato lungo la strada, per sfuggire ai pattugliamenti a
sorpresa. Certo, non è pericoloso come quello che fanno Dean, Benny
o Castiel: ma, ehi, anche Garth Fitzgerald IV ha coraggio da vendere,
a suo modo.
«We'll
do some down south jukin', lookin' for some peace of mind...*»
Qualcosa
fuma in lontananza e Garth frena di colpo, facendo cigolare le
sospensioni del vecchio pick up. Nella sua esperienza di ricognitore,
l'uomo ha imparato a notare
ogni minima anomalia nel paesaggio - ed è
più che sicuro che, quando ha fatto quellla stessa strada
all'andata, quel fumo non ci fosse. Perciò decide di scendere a
controllare. Percorre qualche un centinaio di metri attraverso un
terreno dove la vegetazione è cresciuta in modo selvaggio, e poi
finalmente lo vede.
«Ehi,
bello,» esclama con un gran sorriso - anche se è quasi sicuro che
l'automa non possa sentirlo, viste le pessime condizioni in cui si
trova. «Hai davvero bisogno di una sistemata.»
Il
lavoro di Garth è anche faticoso, perché quasi sempre gli androidi
sono più alti e più pesanti di lui. Ma un po' alla volta, con
pazienza e molte soste per riprendere fiato, alla fine il piccolo
essere umano riesce a trascinare l'automa fino al pick up e
ripartire, canticchiando di soddisfazione, alla volta dell'Istituto.
***
«Benny,
dovresti avere più cura di questo braccio, Dico sul serio.»
Charlie
e il soldato sono seduti uno di fronte all'altra. Lui tiene
l'avambraccio disteso di fronte alla ragazza, che è
intenta a riparare la
protesi meccanica con gesti sicuri e precisi.
«È
già la terza volta in un mese,» gli fa notare la giovane dai
capelli rossi. Benny si stringe nelle spalle e un sorriso ironico gli
si allarga sul viso.
«Che
posso farci? Il pericolo è
il mio mestiere,»
scherza. Charlie lo guarda di sottecchi scuotendo la testa con aria
di lieve rimprovero.
«Fra
te e Dean non so chi è
più spericolato,»
dice. A Charlie dispiace quando i suoi amici rimangono feriti in
battaglia, ma un po' li ammira. È
grazie a loro se i ribelli sono riusciti a resistere e restare uniti
per così tanto tempo.
«Buongiorno
ragazzi. Ehi, ciao anche a te, Benny.»
Garth
fa il suo ingresso con un gran sorriso. La mimetica gli sta sempre
troppo larga, ed è sempre coperto di terra e di polvere.
«Mi servirebbe giusto una
mano a scaricare il pick up. Non è
che mi aiuteresti?»
«Certo,»
risponde il guerrigliero, mentre Charlie finisce di suturare
l'impianto. L'Istituto ha sviluppato dei laser in grado di uniformare
perfettamente i tessuti umani con quelli robotici, cosicché le
protesi diventano parte integrante del corpo e spariscono sotto la
pelle. Pensate che la tecnologia è
così avanzata, e il risultato così perfetto, che è impossibile
notare la differenza tra un bioimpianto e un arto vero, come nel caso di Benny. Che, senza fare
alcuna fatica, si carica sulle spalle il corpo esanime
dell'automa – il quale, ad occhio e croce, sembra essere sul metro e
novanta di altezza, - e lo trasporta all'interno.
«Però...
È ridotto male.» Il commento proviene da Kevin, comparso sulla
soglia del laboratorio per dare un'occhiata all'androide portato da
Garth. Quando Benny distende il robot sul lettino, il gruppo gli si
stringe attorno per osservarlo da vicino.
«Già...
È quasi un rottame. Non so se riuscirete a recuperarlo, ma credo
che
valga la pena fare un tentativo.» Garth lo osserva con una punta
di
compassione. A dispetto della maggior parte delle persone, Garth non
ha pregiudizi di alcun tipo verso gli androidi e li considera come
esseri umani. Ne conosce molti, e con alcuni
condivide persino qualcosa che somiglia molto ad un'amicizia. Sa
benissimo che c'è una grossa differenza tra umani e umanoidi: ma
chi può dire se i robot ormai non siano così evoluti da
aver sviluppato
una loro sorta di anima?
«Faremo
del nostro meglio,» assicura Charlie, anche lei impietosita. E,
prima che possa rendersene conto, allunga una mano per accarezzare il
volto del robot - con ancora impressa quell'espressione così
persa, così sofferente... Così umana.
*Down South Jukin', dei Creedence Clearwater Revival.