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Autore: Ambaraba    17/05/2016    2 recensioni
Cosa accadrebbe se i personaggi che ben conosciamo si muovessero in un mondo in cui non ci sono creature a cui dare la caccia, ma ugualmente pericolose? E se gli angeli fossero robot? E se i fratelli Winchester fossero i capi di un manipolo di esseri umani che lottano per la libertà e Metatron fosse l'artefice di una dittatura in un mondo futuristico?
E se qualcuno, caduto dal cielo per sbaglio, venisse a salvarli?
(Piccola rivisitazione fantascientifica sulla nona stagione.)
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gadreel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Capitolo 3 - il risveglio

CAPITOLO TRE.

    «Le impostazioni di base sono state ripristinate... Ora il sistema dovrebbe essere di nuovo in grado di avviarsi.»
    «Proviamo a dare energia?»
    «Vai.»


    L'attimo prima non sei, e l'attimo dopo sei di nuovo.
Il ritorno alla coscienza è come una frustata, uno schiocco forte nelle vertebre; ma nulla di più.
Non c'è pena, non c'è dolore. C'è solo...
Sollievo.


    «Ehi...»
Due paia di occhi lo scrutano, sono sopra di lui.
    Prototipo 100 si sorprende di riuscire a vederli, perché, quando il suo sistema si era arrestato, i suoi recettori visivi, uditivi e tattili erano fuori uso. Ora, invece, i suoi occhi e le sue orecchie funzionano – anche se la luce gli dà fastidio e gli sembra di udire un ronzio continuo, in sottofondo. L'umanoide, a poco a poco, realizza di essere sdraiato su una specie di lettiga in un posto che non conosce. Nel suo campo visivo ci sono un soffitto color crema e una grossa lampada da sala operatoria. Due figure in camice bianco sono chine su di lui: una ragazza dai capelli rossi, che sorride, e un ragazzo dai lineamenti asiatici che lo osserva con curiosità.
Prototipo 100 non conosce nessuno dei due. Per quanto si sforzi, non riesce ad associare i loro volti ai dati della sua memoria. E comunque, è ancora troppo intontito per provarci davvero.
    «Ben svegliato,» lo saluta il giovane asiatico. L'androide si sta ancora riattivando, a fatica. I processi del suo sistema si mettono in moto lentamente, e passa qualche minuto prima che riesca a recuperare l'uso del linguaggio e a formulare delle parole. È come se ogni singolo muscolo, ogni singola fibra del suo essere fosse ancora addormentato. Nelle condizioni in cui si trova, i dati non possono scorrere a pieno regime: è troppo debole.
    «
Cosa...» Il caricamento è persino più lento del previsto. Prototipo 100 è confuso; istintivamente vorrebbe portarsi una mano sulla tempia, ma non riesce a muoversi. I suoi centri motori sono ancora danneggiati o scollegati; il sistema invia l'ordine al corpo di muoversi ma nessun arto risponde all'appello. La scoperta riempie il robot di una rapida ondata di panico.
    «
Dove sono...? Chi siete...? ...Cosa e successo?» L'androide sbatte le palpebre, disorientato. Quel piccolo gesto è tutto ciò che riesce a fare; come ha potuto ridursi così?
Come se si fosse accorta del suo stato d'animo, è la ragazza a prendere la parola per prima tenendogli una mano sulla fronte, come per confortarlo. Il tono con cui gli parla è tranquillo e scandisce lentamente le parole, per dargli modo di processare un'informazione alla volta.   
    «Piano, piano, va tutto bene. Allora, questo è il reparto riparazioni dell'Istituto di Ricerca per l'Intelligenza artificiale. Io sono Charlie e questo è Kevin, e ci occupiamo di riparare i robot danneggiati, come te.» I due ragazzi non sembrano ostili. Dopo qualche istante di esitazione, l'androide deve arrendersi all'evidenza. Che siano amichevoli oppure no, non è in condizione di difendersi o di fuggire; perciò, può soltanto sperare che siano pacifici come sembrano.
    «
Non abbiamo ancora finito di ripristinarti,» aggiunge il ragazzo. «Ma, come avrai notato, ti abbiamo ricollegato i sensori visivi, olfattivi e uditivi... Ora, dobbiamo sistemarti gli arti inferiori e superiori e poi riparare i danni del ceppo vertebrale, oltre che quelli superficiali. Attiveremo per ultimi i recettori tattili, così non sentirai troppo male.»
Prototipo 100 vorrebbe poter tirare un sospiro di sollievo. Allora aveva ragione il suo creatore, quando gli diceva che c'erano tante brave persone nel mondo, là fuori... 
La sensazione di panico si attenua, nel giro di qualche istante, sostituita da un forte sentimento di gratitudine.
    «Non so perché lo fate...», articola il robot, vincendo l'intorpidimento generale che gli offusca i pensieri, «... Ma
grazie.»
Il giovane – Kevin – esce per un attimo dalla sua visuale.
    «Ci ringrazierai dopo, uhm--» Attimo di esitazione. «Sulla tua scheda tecnica sei registrato con due nomi:
Prototipo 100 e Gadreel. È un fatto piuttosto insolito...», commenta il ragazzo, leggendo da un piccolo schermo luminoso. «Come vuoi che ti chiami?»
    Il sistema del robot mette assieme qualche stringa di codice in più per permettergli di sorridere debolmente, anche se questo vuol dire spendere ulteriori energie - preziosissime, nelle sue condizioni. Ma la domanda lo ha rassicurato: se si interessano delle sue preferenze, probabilmente quei ragazzi lo rispetteranno e avranno cura di lui.
    «Io... Preferisco Gadreel. Il mio creatore... Mi ha... Chiamato così.» Parlare è sempre più faticoso: si sta stancando, non potrà reggere ancora per molto.
    «Il tuo creatore?», chiede Charlie, inclinando leggermente il capo. Il gesto le fa ondeggiare qualche ciocca di capelli ramata sulle spalle.
Gadreel chiama a raccolta le ultime forze per rispondere alla domanda implicita.
    «Sì... Si chiama...
Chuck...»
Il robot riconosce ancora un limitato catalogo di espressioni umane; tuttavia, indicherebbe senza dubbio come
sorpresa quella che vede dipingersi sui volti dei due scienziati, all'improvviso.
    «Oh cavolo,» esclama lei.
    «Dobbiamo dirlo a Dean,» ribatte lui.
    «Io... Non conosco--», cerca di dire Gadreel; ma si rende improvvisamente conto di aver già esaurito le energie minime per continuare a comunicare. È frustrante, pensa. Così ridotto, è poco più di un giocattolo.
    «Tranquillo, non è niente,» lo rassicura di nuovo la ragazza. «È un nostro amico. Magari potreste conoscervi, più avanti... Intanto, finisco di ripararti. Sarà una cosa lunga; sentiti libero di andare in stand-by se vuoi riposare un po', nel frattempo, ok? Quando ti sveglierai starai molto meglio, te lo prometto.»
    Gadreel non se lo fa ripetere due volte. È troppo, troppo stanco per restare con gli occhi aperti. Pensava di averli chiusi per sempre, soltanto poche ore prima, e invece ha ottenuto una seconda possibilità: ora può soltanto lasciare che i due giovani facciano il loro lavoro e lo rimettano in sesto.
Non c'è alcun bisogno che lui resti vigile, per questo.


  
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