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Autore: Bab1974    19/05/2016    1 recensioni
Serie di storie slash ispirate alle fiabe, partecipanti al contest di sango_79 '[Contest fiume] A mille ce n'è... di slash da narrar! (Originali e multifandom - Slash e yaoi)'
1- Il principe ranocchio Storia ispirata dalla favola Il principe ranocchio, ne stravolge il finale facendola diventare una favola slash. Il ranocchio Padon, dopo un anno di permanenza a palazzo, riesce a farsi baciare dalla principessa, ma non torna uomo. All'inizio sembra che non ci sia soluzione, ma ne trova una il fratello minore di lei.
2- Nome in codice: Cappuccetto Rosso (prossimamente)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest di Sango_79, indetto sia sul forum di efp che su quello di Disegni e Parole, ispirato alla seguente immagine

http://s1182.photobucket.com/user/DisegniParole/media/aihasukawa5.jpg.html?sort=3&o=990


 

 

 

 

 

Le ali della libertà

 

 

 

Daniele aprì il cassetto che teneva sempre chiuso a chiave e ne controllò il contenuto. Osservò i negativi, poi le foto che aveva stampato in maniera artigianale. Anche se non erano dei capolavori, erano state sufficienti per appropriarsi del corpo e dell'anima di quello che da due anni era il suo amante.

In quelle foto, piuttosto compromettenti, si notava Angelo che montava in maniera inequivocabile sopra l'attrezzo intimo di colui che era stato il suo avversario quando aveva tentato di diventare sindaco di Roma. Un cultore della famiglia, diceva lui.

-Uno stronzo.- pensò Daniele. Con moglie, tre figli e una sfilza di amanti maschi da fare invidia a un harem. Pensava che sarebbe stato buono e giusto metterlo alla gogna, per lui, omosessuale dichiarato, ma che non prendeva per il culo nessuno, almeno non in senso allegorico.

Però era accaduto qualcosa che aveva cambiato tutto.

Si poteva chiamare colpo di fulmine, quello che lo aveva colto nel solo osservare quel giovanotto impegnato nelle sue evoluzioni sessuali? L'unica cosa certa era che aveva fatto carte false pur di incontrarlo. Invece di minacciare il suo avversario, gli aveva chiesto di metterlo in contatto con lui, aveva rinunciato al suo incarico e costretto il ragazzo ad avere una relazione con lui. Minacciandolo di fare vedere le foto ai genitori, all'oscuro di come il figlio si manteneva.

Ora si rendeva conto che non poteva continuare così. Non poteva illudersi, doveva sapere se in questi due anni Angelo avesse continuato a stare con lui solo perché costretto, o si era innamorato, come a volte sembrava.

 

 

 

L'uomo entrò nell'appartamento che divideva con il ragazzo. Angelo gli corse incontro sorridendogli e baciandolo sulle labbra. Daniele cercò di ricambiare e lo abbracciò. Depositò nel solito angolo la valigetta, poi mangiarono ciò che il ragazzo aveva preparato: non era certo un cuoco provetto, ma si impegnava per quanto poteva e i risultati se non ottimi, erano almeno commestibili e non nuocevano alla salute.

Quella sarebbe stata l'ultima sera dell'obbligo di Angelo a compiacerlo e poteva esserlo del tutto, perciò voleva godersela fino in fondo.

Come ogni sera, dopo aver finito di riordinare, Angelo si vestì in maniera sexy. Quella sera aveva un kimono bianco dal quale spuntavano bordature rosse. Amava vestirsi con abiti etnici e Daniele non vi trovava nulla di male, anzi ogni cosa facesse lo eccitava sempre.

Lo avvolse da tergo e assieme abbracciò anche il paravento rosso che usava per cambiarsi, una pudicizia che lo rendeva più interessante. Seduto a terra cominciò a baciare il collo bianco, mentre con una mano cercava di venire a capo di quegli strati di abbigliamento. Lo amò con lentezza, come se volesse godersi ogni istante di quello che stava accadendo per stamparselo nella memoria. Ogni gemito di piacere che strappava dalle labbra di Angelo era la conferma che dal punto di vista sessuale erano anime gemelle.

-E se fingesse? E se non lo avessi mai fatto godere sul serio?- Il dubbio avvelenava anche il momento più dolce, rendendolo tossico. Alla fine, dopo aver raggiunto entrambi l'orgasmo, giacquero soddisfatti e si addormentarono.

La mattina seguente Daniele si svegliò prima del solito e si allontanò in silenzio dalle coltri calde. Raggiunse l'angolo in cui teneva la sua borsa e ne sfilò le foto con i negativi. Andò al lavoro come ogni giorno, anche se fu in ansia fino a sera. Passò la giornata attendendo una chiamata al cellulare, una sfuriata in ufficio, qualsiasi cosa che gli avrebbe permesso di capire come aveva reagito Angelo.

Al ritorno forse tutto si sarebbe aspettato, escluso quello che vide. L'appartamento era vuoto e non c'era più alcuna traccia del fatto che chiunque altro che non fosse lui, avesse abitato lì. Era come se i due anni che aveva passato assieme al compagno fossero spariti nel nulla, inghiottiti da un buco nero.

Si sedette, con la testa fra le mani e lasciò che le lacrime che aveva trattenuto nelle ultime angoscianti ore, uscissero fuori. Si sdraiò nel divano e si addormentò senza mangiare. Al risvegliò si accorse che era tardi per andare al lavoro e che non si sentiva neppure troppo bene per essersi addormentato scoperto. Chiamò l'ufficio e si prese qualche giorno di malattia, senza sapere se avesse mai avuto abbastanza forza per tornarci.

Poi... qualcuno lo chiamò al telefono. Non voleva rispondere e lasciò che la segreteria rispondesse al posto suo. La voce della madre di Angelo, che lo pregava di venire a prendere il figlio che era piombato frignante a casa sua, lo fece scattare in piedi.

“Rosita, ci sono, cos'è accaduto?” chiese scattando dal divano fino al telefono.

Lei gli spiegò che Angelo era giunto, con la macchina carica e che si era messo a piangere come una fontana. Fra le mani teneva una busta che conteneva delle foto piuttosto imbarazzanti.

Perché non le aveva distrutte?

“Mi dispiace se ti ha tradito.” continuò Rosita “Per quanto abbiamo provato a tenerlo sotto controllo, è sempre stato una testa calda. Ma si è pentito, te lo giuro. Non l'ho mai visto così disperato.”

 

 

 

Daniele non chiese altro, non salutò neppure la madre del suo ragazzo, sbattendole poco elegantemente il telefono in faccia e lasciandola con il dubbio che fosse infuriato. Corse all'auto, improvvisamente rinvigorito, e fece tutta la strada che lo separava da Angelo a tavoletta, fregandosene di limiti, passanti e altre vetture, rischiando più di una volta di avere un incidente e collezionando una serie di accidenti che gli sarebbero stati sufficienti per tutta la vita.

All'arrivo nel paese natio di Angelo, parcheggiò in un posto per gli handicappati e corse a più non posso verso la casa dei suoi genitori. La madre, che era affaccendata in cucina, gli aprì e lo guardò stupita.

“Sei già arrivato?” lo apostrofò “E io che pensavo che fossi così arrabbiato da interrompere la comunicazione!”

“Dov'è?” chiese bruscamente, senza preamboli.

“Nella sua vecchia stanza, in fondo a destra.” lo informò Rosita.

Daniele si fiondò dentro, seguendo la strada che gli era stata indicata, lasciando sulla porta una donna perplessa, ma speranzosa. Aprì la porta e la trovò aperta. Angelo era abbandonato sul letto, ancora in lacrime. Non si voltò neppure, pensando fosse la madre che tentava un'altra volta di dargli da mangiare.

“Perché te ne sei andato, se volevi rimanere?” chiese senza attendere oltre.

Quella domanda gli aveva arroventato il cervello come un chiodo infuocato ed era la prima cosa che gli era venuta in mente, una volta visto.

Angelo scattò seduto, stupito di vederlo al suo fianco. Si morse un labbro, poi lo sfidò con lo sguardo.

“E tu perché mi hai dato quelle foto, se volevi che rimanessi?” domandò a sua volta.

Daniele si sedette accanto a lui e lo abbracciò. Angelo lo lasciò fare, senza però ricambiare e l'uomo capì che gli doveva una spiegazione.

“Sono stati due anni stupendi.” esordì, sperando che così quello che avrebbe detto dopo avesse più senso “Però avevo bisogno di sapere se anche tu mi amavi, o stavi con me solo per paura che mostrassi a tuoi quelle foto. Tua madre le ha viste, pensa che ti abbia lasciato a causa di un tradimento.”

Angelo si accoccolò fra le sue braccia e appoggiò la testa sul petto del compagno.

“Credevo che ti fossi stancato di me.” piagnucolò, ricominciando a frignare.

“Non sono mai stato il tipo da avventure di una notte. Ieri sera, quando non ho più trovato traccia di te, ho pensato che non vedessi l'ora di liberarti di me. Se Rosita non mi avesse telefonato, starei ancora a piangere sul divano, come stai facendo tu.”

“Perché non mi hai semplicemente chiesto se volevo stare ancora con te?” lo accusò, picchiandolo sul petto con un pugno, che faceva male solo moralmente.

“Ora che me lo dici sembrerebbe la cosa più ovvia, ma nei giorni scorsi mi sembrava un'idea pessima.” ammise Daniele “Temevo che sarei morto se mi avessi detto in faccia che non mi amavi e che stavi con me solo per interesse.”

Non dissero nient'altro, finalmente contenti di essere chiariti. Furono disturbati solo qualche ora più tardi da Rosita, che bussò in modo discreto alla porta e avvertì il giovane deputato che gli stavano mentendo le ganasce alla macchina. La notizia non lo stupì più di tanto, gli sarebbe andata bene se fosse finita lì, da come aveva corso.

 

 

 

 

Una settimana dopo i giornali intitolavano:

SEI CONTRAVVENZIONI IN MENO DI UN'ORA: DEPUTATO XX IN MULTA PER AMORE.

 

 

 

  
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