Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: Nanamin    19/05/2016    3 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
-
“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PROTOTIPO 23

 

 

 

 

 

Chi sono io?

Aprì gli occhi: delle macchie sfocate galleggiavano in un mare di rosa. Li chiuse e li riaprì.

“Caricamento back-up della memoria al 78%.”*

Schiuse le labbra, del fluido le entrò nella bocca, facendola bere.

“Tara…?”

“Caricamento back-up della memoria al 95%.”

Portò le ginocchia al petto e le avvolse tra le braccia, avvicinando anche la fronte, mentre i capelli ondeggiavano avvolgendo il corpo.

Mosse l’indice, il medio, l’anulare, il mignolo. Ad ogni movimento, nella sua mente, riusciva a visualizzare i loro nomi, come se fossero radicati dentro di lei.

“Pollice…” mormorò muovendo il dito.

Allontanò il braccio, quando venne bloccato. Ebbe un sussulto. Qualcosa di duro le avvolgeva il polso, come l’anello di una catena.

Spostò lo sguardo sull’altra mano, ma anche questa era legata.

Mosse le gambe: entrambe le caviglie erano avvolte nella stretta. Dalla pancia spuntava un altro tubo, più grande, che andava a perdersi verso l’alto come gli altri.

Fece scorrere gli occhi lungo il loro percorso, sempre più in alto, ma si persero in una macchia nera.

“Caricamento back-up della memoria al 100%.”

S’abbandonò alla sua culla calda, chiudendo gli occhi, pronta a tornare al suo sonno.

“Manovre di preparazione completate. Distacco del cordone ombelicale artificiale.”

Un rumore, un dolore lancinante alla pancia. Urlò, ma nulla uscì in quel liquido, se non un gemito ovattato.

Il cavo si staccò e rimase a penzolare vicino a lei. Al suo posto, una cicatrice tonda, rosso vivido. Serrò la mascella, il dolore non era ancora finito. Strinse ancora di più le ginocchia al petto e vi affossò la testa.

“Controllo delle condizioni fisiche al 60%. Preparazione alla nascita.”

I polsi le vennero strattonati, così come le caviglie. Sbarrò gli occhi, mentre veniva trascinata giù, nel buio.

“No! Mamma!”

Le sue parole si persero nel buio, una lacrima sgorgò dai suoi occhi, per poi confondersi nel mare rosato.

Il suo fondoschiena sbatté contro qualcosa di duro, freddo, come le sue piante dei piedi. Ai suoi polsi fu permesso di tornare ad avvinghiarsi alle ginocchia.

“Controllo delle condizioni fisiche al 100%. Condizioni ottimali. Procedimento di nascita avviato.”

Un rombo scosse tutto intorno a lei. Affondò la testa tra le ginocchia e chiuse gli occhi, lasciando che i lunghi capelli le facessero da schermo per tutto il resto.

La sua carne venne scossa da brividi di freddo, i capelli le s’appiccicarono alla pelle e al volto, le membra tremarono.

“F-freddo…”

Le parole non si persero. Aprì gli occhi: il rosa era sparito, lasciando spazio solo al bianco. Socchiuse gli occhi per non essere accecata dalla luce. Con un rumore secco, gli anelli che le circondavano polsi e caviglie si aprirono, mentre i cavi vennero ritratti verso l’alto. 

Si liberò il viso dalle ciocche di cui finalmente riusciva a scorgere il colore: erano bionde, per tutta la loro interezza. 

“Alzatevi.”

Strinse le labbra in una fessura e appoggiò i palmi delle mani al pavimento. Spinse e s’alzò sulle sue gambe, in un movimento meccanico.

S’abituò alla luce e si guardò intorno. Era in un’enorme stanza bianca, una donna e due uomini di fronte a lei, a qualche passo. Due di loro avevano un lungo camice e scrivevano su dei taccuini. A fianco a lei, numerose ragazze, identiche. Tutte come lei.

“Fate un passo avanti.”

Il suo corpo vibrò e avanzò con la gamba. Atterrò sul suolo freddo e portò l’altra al suo fianco. Non si mosse.

“Controllo somiglianza.”

Sbatté le palpebre: dopo le parole della donna, l’uomo in camice si spostò verso la prima della fila, a sinistra. Estrasse una foto dalla tasca e la confrontò con la prima ragazza.

“Prototipo 01. Conforme.”

Passò alla seconda. L’analizzò qualche secondo

“Prototipo 02. Conforme.”

Alla terza.

“Prototipo 03. Occhi verdi. Non conforme.”

L’uomo fece un passo indietro.

“Prototipo 03. Vieni avanti.”

La ragazza spuntò dalla fila. Aveva il corpo stretto dalle braccia, il tremolio era evidente, i capelli lunghi fino alle caviglie.

“Girati e mettiti in ginocchio.”

Eseguì.

L’uomo estrasse una pistola e la poggiò sulla sua nuca. Uno sparo echeggiò nella stanza, il corpo cadde rimbombando sul pavimento.

L’uomo pulì la canna e passò oltre.

“Prototipo 04. Conforme.”

Chiuse gli occhi e si strinse il corpo tra le braccia. Una lunga ciocca scivolò coprendole metà del viso. Non riusciva a guardare, rivedeva quei corpi nella sua mente, udiva gli spari avvicinarsi. Quanti erano caduti ormai su quel pavimento bianco? Dieci? Quindici?

Si portò le mani alle tempie. Come faceva a sapere tutte quelle cose? I nomi, i conti… eppure lei era sempre stata solo in quel mare rosa, caldo, dai suoni ovattati.

“Prototipo 23.”

Sbarrò gli occhi, il viso dell’uomo era a solo un metro da lei. Prototipo 23: era quello il suo nome?

“Conforme.”

Passò avanti. 23 non riuscì a trattenere un brivido di freddo.

 

 

***

 

 

 

 

Si scostò una ciocca dal viso. Era fatta, li aveva portati all’appartamento di X. Un alone scuro si formò attorno alla serratura, che scattò, socchiudendosi.

“È questo il posto?” chiese Robin.

Terra annuì, senza trovare la forza di rispondere. Red X non l’avrebbe presa bene, per niente, soprattutto ora che ci aveva portato nientemeno che Robin.

Delle dita s’intrecciarono alle sue, calde. Si girò, Beast Boy le sorrideva sotto la benda scura, per infonderle coraggio. Strinse la mano in risposta e la stretta si sciolse.

Robin posò la mano sulla porta. Indugiò un istante, poi spinse. Una stanza rivestita solo con un divano e un tavolino s’aprì di fronte a loro. Cumuli di vestiti erano per terra, così come scartoffie. In un angolo erano addossate decine di pistole, di fianco a dei borsoni.

“Quella in fondo è la camera con i fascicoli.”

Beast Boy allargò le narici e inspirò a fondo. Terra alzò un sopracciglio.

“Sangue” mormorò Raven.

Robin scattò e spalancò la porta, bloccandosi sull’uscio.

“Jason…” 

Delle impronte insanguinate, accompagnate da delle gocce di sangue, si susseguivano, confuse. Seguì con gli occhi il loro percorso, fino al letto. Fece un passo indietro.

“X…”

Il corpo del ragazzo giaceva sul letto, dando loro le spalle. Un pugnale era conficcato nel suo fianco, la tuta e la parte del lenzuolo adiacente a lui, erano rosse. Il suo costume da Red X era completo, tranne per la maschera.

Robin corse dal ragazzo e lo afferrò per la spalla.

“Jason!” Lo scosse. “Jason, svegliati!” Alzò lo sguardo verso di loro. “Raven! Respira ancora!”

Terra scattò e raggiunse il leader, seguita dalla maga. Si scansò per farla passare e aspettò che imponesse le mani sulla ferita del ragazzo. 

“Rimuovete la lama.”

Robin rimase immobile a guardare il volto di Red X, senza reagire. Terra afferrò il pugnale per il manico e lo estrasse.

Due aloni neri comparvero e si proiettarono su di lui. A poco a poco il flusso si fermò e la lesione diminuì di superficie, lasciando al suo posto pelle rosea e senza cicatrici.

Robin era di fronte a lui, immobile, con il volto alla stessa altezza di quello del fratello.

“Ce la farà.”

Terra tirò un sospiro di sollievo, mentre il leader continuava a guardare il ragazzo steso sul letto nella pozza di sangue.

Cyborg s’avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

“Robin? Sarà meglio portarlo alla torre.” 

Terra si guardò intorno alla ricerca dello zaino, che individuò sotto alla scrivania. Aprì la zip: i fascicoli c’erano tutti.

“Ci sono tutti?”

Il ragazzo aveva caricato Red X sopra di lui, i ciuffi bianchi coprivano l’armatura dell’androide.

Terra annuì e si diresse verso l’armadio.

“Dove vai?”

Aprì un’anta e rovistò tra i panni, tirando fuori una nuova maschera di Red X. Si riavvicinò all’amico.

“Credo che preferirebbe indossarla.”

 

 

***

 

 

 

Addentò il tozzo di pane. I denti affondarono nella crosta e con le mani tirò il resto per strappare il morso e masticarlo.

Bevve un bicchiere d’acqua e s guardò intorno di sottecchi, muovendo solo gli occhi per non farsi notare.

“04, mi chiedo come finirà tutto questo…”

La ragazza alla sua destra si girò, identica a lei in tutto e per tutto.

“Non lo so, ma se in una settimana siamo rimasti in dieci, dubito le cose possano migliorare.”

“I prototipi sono pregati di presentarsi nella sala di controllo.”

23 rabbrividì, anche 04 era immobile nella sua tuta bianca. 

“Muoversi.”

Una guardia la pungolò sul fianco per farla alzare e la spintonò. La ragazza abbassò la testa e seguì il gruppo, con lo sguardo fisso e le braccia stese vicino ai fianchi.

La luce della stanza bianca le dette fastidio, facendole strizzare gli occhi e portare la mano alla fronte per farsi ombra.

Era a quello che assomigliava… il sole? Eppure sembrava così freddo… anche il suo ronzio le dava fastidio, incuneandosi nel suo cervello. Eppure… poteva vedere sua sorella passeggiare in mari verdi, per stendersi e dormire sotto quella luce. Poteva vederla sorridere nel farlo. Com’era possibile? Il lungo tubo bianco le fece contrarre il viso in una smorfia. Sorridere significava essere felici, anche quello che aveva appena fatto era un sorriso? No, era sicura non lo fosse.

“23…”

Si girò verso la ragazza.

“Ho paura.”

23 allungò la mano e prese la sua, mosse appena le dita per stringerla e sentire la pelle a contatto. Era così bello il calore…

“Ce la faremo.”

“Prototipi in riga per numero.”

Guardò di nuovo la ragazza, i suoi occhi azzurri piantati sui suoi. 04 lasciò la mano, le dita tremarono nel movimento. La seguì con lo sguardo mentre andava mettersi in fila, fino a scomparire dietro altre ragazze.

23 allacciò le mani dietro alla schiena e guardò dritto avanti a sé. Quel pomeriggio c’erano solo la Dottoressa e il Dottore, con delle cartelle sotto il braccio, accompagnati da un uomo con un fucile abbassato.

La Dottoressa aprì la prima cartella.

“Prototipo 01. Riscontro positivo del gene E. Conforme.”

23 chiuse gli occhi, mentre si torturava le dita al riparo da sguardi indiscreti. 

“Prototipo 04.”

Trattenne il respiro, tutto il suo corpo s’immobilizzò.

“Conforme.”

Sospirò. 04 ce l’aveva fatta. Erano un passo più vicine a uscire da lì. Un passo sempre più vicine.

Abbassò il volto, un accenno di sorriso comparve sul suo volto.

«Sorella… aspettami.»

“Prototipo 23.”

23 aprì gli occhi, sentì i passi della guardia armata avvicinarsi, per fermarsi proprio dietro di lei.

“Riscontro positivo. Conforme.”

L’uomo passò oltre. I muscoli della ragazza si rilassarono, mentre muoveva il collo per scrocchiamo.

“Prototipo 35. Nessun riscontro. Non conforme.”

Il rumore di un caricatore. 23 chiuse gli occhi e mosse appena le labbra, la voce uscì in un sussurro:

 

“J'ai des mains pour te toucher

J'ai des bras pour te serrer

Des pieds pour courir vers toi

Pour t'appeler j'ai ma voix

Et puis, j'ai mon coeur encore

Pour t'aimer toujours plus fort.”

 

 

 

***

 

 

 

Terra appoggiò la mano sulla spalla di Starfire, che la guardò di rimando, preoccupata.

Raven chiuse il libro che stava leggendo e diede uno spintone a Beast Boy, addormentato sul divano della main room.

Il mutaforma si riscosse e sbadigliò.

“Che mi sono perso?”

“Cyborg, sono ormai due giorni che Robin non esce dall’infermeria. Dobbiamo fare qualcosa.”

Cyborg si fermò dal suo girare in tondo nella stanza e si portò una mano alla tempia.

“Lo so, lo so. Ma cosa volete che gli dica, non dev’essere facile.”

“Sono qui.”

Tutti si voltarono in uno scatto, Robin era in piedi dietro al divano, con delle profonde occhiaie sotto agli occhi.

“Quali sono le novità Cyborg, sei riuscito a decifrare i fascicoli?”

Cyborg si grattò la nuca.

“Robin, sei sicuro di essere nelle condizioni di-“

“Sono un Teen Titan e due feroci criminali stanno torchiando questa città e delle persone a cui voglio bene senza che io sappia minimamente il motivo. Devo essere nelle condizioni.”

Cyborg sospirò e prese i fascicoli che erano appoggiati sul divano.

“In sostanza, il DNA di Terra e di questa Terra II, o Zero, combaciano alla perfezione. Red X ha detto la verità, quest’altra ragazza è un clone perfetto della nostra Terra.”

Terra venne scossa da un tremito. Un clone, una persona identica a lei, creata in laboratorio. Si rannicchiò sul divano, facendosi più piccola. Cos’altro le aveva fatto sua madre, Anne, senza che lei lo sapesse?

“Nel fascicolo di Terra non vi è scritto molto che già non sapessimo. Sono segnate delle somministrazioni di sostanze a cicli regolari.”

“Le iniezioni” mormorò lei.

Cyborg si diresse al computer e digitò sulla tastiera. Subito comparve una formula molecolare.

“La struttura chimica che sono riuscito a isolare sembra abbia il potere di ricombinarsi temporaneamente con un gene, qui chiamato gene E. Gene che non avevo mai visto prima.”

Beast Boy si grattò la nuca.

“Solo io non ho capito?”

Starfire inclinò la testa, facendo ondeggiare i capelli rossi sopra la spalla.

“A cosa serve questa cosa?”

Cyborg aprì la bocca per parlare, ma poi abbassò il volto. 

“Non ne ho idea.”

Terra s’alzò ed estrasse dalla tasca la pillola che Anne aveva tentato di darle nella clinica. 

S’avvicinò a Cyborg e gliela consegnò.

“Analizza questa.”

L’androide alzò un sopracciglio e la inserì nel computer.

“Va bene.”

Sullo schermo apparve una barra di caricamento, mentre il processore elaborava i dati.

La scritta lampeggiante “analisi in corso” si rifletté negli occhi azzurri di Terra.

Un’altra molecola prese il posto della prima, molto più grande della precedente.

Beast Boy ticchettò con l’indice sul mento.

“Scusate? Potreste spiegarlo anche a quello che non ci vede?”

Raven gli scoccò un’occhiata, muovendo appena la testa.

“È una molecola.”

“Continuo a non capire.”

“Non ne dubito.”

Cyborg indicò con il dito lo schermo.

“Questa molecola sembra una modificazione della precedente, è più complessa, ha nuovi acidi e nuovi ponti disolfuro.”

Terra alzò un sopracciglio, mentre la struttura chimica del composto ruotava in senso orario nel display.

Starfire unì i due indici delle mani.

“Scusate, ma continuo a non capire.”

Robin camminò a passo deciso verso il computer.

“Significa che è la stessa, ma perfezionata.”

Terra incrociò le braccia.

“Doveva annullare i miei poteri, ormai il mio lavoro era compiuto. Si vede che sono riusciti a trasferire le mie abilità nel clone.

“Un mistero in meno, ma la faccenda si sta aggravando.” Raven posò il libro al suo fianco e incrociò le braccia. “Oltre a non sapere per chi lavori, questa Terra II ha dei forti poteri geocinetici.”

Robin si prese il mento tra indice e pollice.

“Non possiamo sottovalutarla.”

Cyborg appoggiò l’avambraccio allo schienale della sedia.

“Non è tutto. Sul fascicolo risulta segnata un’iniezione direttamente nel midollo spinale, è un bel problema.”

L’androide sospirò.

“Non so chi sia la dottoressa in questione, ma le ha dato un fattore rigenerante.”

Beast Boy mise le mani avanti.

“Aspetta aspetta, fatemi capire. Noi dovremmo combattere contro una con i poteri di Terra, allenata da Slade e che guarisce ogni volta che la colpiamo?”

Robin mosse il collo per scrocchiarlo.

“Sembrerebbe un valido avversario. Ora bisogna scoprire per chi lavori.”

“Questo non dovrebbe essere difficile.”

Cyborg s’alzò e prese un fascicolo sul divano, lo aprì e lo sfogliò.

“Le è stato impiantato un chip alla base del collo, al livello del midollo allungato, ma le sue terminazioni raggiungono anche il cervelletto. È molto probabile che serva a prendere il controllo da remoto nel caso Terra II decida di disobbedire.”

Robin camminò avanti e indietro.

“Possiamo quindi affermare che lavori per Anne.”

Cyborg annuì.

“Nel referto che mi ha mandato Geo-Force ho riscontrato lo stesso chip, benché fosse danneggiato. Chiunque sia quella donna, l’ha impiantato in più di un clone.”

Terra spalancò gli occhi.

“P-più di un clone?”

Cyborg la guardò con aria preoccupata.

“È stato rinvenuto un altro clone a Markovia, deceduto. Non possiamo sapere quanti ce ne siano…”

“Non lo so e francamente non me ne frega un cazzo. Ridammi la mia cintura, Dickhead!”

Terra si voltò verso la fonte della voce.

“X!”

Raven, Beast Boy e Starfire scattarono vicino al leader, in assetto da combattimento.

“Oh andiamo, risparmiatemela. Alla fine non vi ho fatto mai niente di male.”

BB allargò le braccia.

“Scusa?”

“Quasi mai.”

Beast Boy grugnì.

Red X fece un passo avanti e puntò l’indice contro Robin.

“Non farmelo ripetere. Dov’è la mia cintura?”

Robin sussultò e incrociò le braccia.

“In un posto sicuro.”

“Attorno alla mia vita è un posto sicuro.”

Robin serrò i pugni.

“Non ti sei ancora ristabilito, non potevo lasciare che te ne andassi.”

“Vedo che con gli anni non sei migliorato, Robin” disse, calcando sul nome.

“Nemmeno tu, secondo Robin.

Red X puntò le mani sui fianchi.

“Mi sarei aspettato una riunione di famiglia un po’ diversa.”

Robin si paralizzò.

“Come… come hai fatto a…”

Red X sospirò, si portò le mani alla maschera e la tolse. Al suo posto, il viso che Terra già ben conosceva, gli occhi coperti da una delle maschere di Robin e dalle ciocche bianche.

"Ho fatto un giretto prima di venire qui, ne ho presa qualcuna in prestito. Carina la torre, non è cambiata molto da quando ho rubato la tuta."

Robin fece un passo indietro.

"I capelli… chi è stato?"

Red X indossò di nuovo la maschera.

"Questo non è affar tuo."

Terra s'alzò in piedi e fece un passo verso di lui.

"X… cosa ti è successo?"

Red X si voltò verso di lei.

"Guarda chi si vede. Ti avevo detto di non portare nessuno all'appartamento."

Terra incrociò le braccia.

"Se non li avessi portati lì, ora saresti morto dissanguato."

Red X ridusse gli occhi a due fessure.

"Tu questo non potevi saperlo."

"Potresti anche solo ringraziare."

"Per aver rivelato al mondo la mia posizione? Grazie tante."

Terra allargò un braccio verso i compagni.

"Loro non sono il mondo."

Red X le puntò l'indice addosso.

"Non dovevi portarli."

"Jason."

Red X tacque e lasciò che il braccio scivolasse di nuovo al suo fianco.

"Dickhead."

Terra vide Robin avvicinarsi a lei, affiancandola.

"Chi ti ha fatto quella ferita?"

Red X scrocchiò le dita della mano destra a una a una, con il pollice.

"Ho trovato Rose."

Robin alzò un sopracciglio.

“Il clone?“

Terra si portò le mani a coprire la bocca.

"Slade ti ha fatto questo?"

Red X abbassò il volto.

"È stata lei."

Terra si bloccò. Come era stata lei a fargli quello? Alla mente le tornarono tutte le parole dell'amico, tutte le volte che aveva parlato di lei, della loro alleanza per cercarla. Aveva cercato di ucciderlo. 

La ferita che aveva nel petto si riaprì, al ricordo di Amber che si toglieva la maschera, iniziando a pulsare.

“È impossibile, non può lavorare per Slade” disse Robin.

“Però mi ha infilzato come un pollo allo spiedo, Dick.”

Red X sospiro puntò gli occhi in quelli di Terra, ma lei non aveva il coraggio di sostenere quello sguardo.

Si portò una mano al fianco, tastando sul tessuto, come alla ricerca di qualcosa.

"Ti avevo dato la mia parola.”

Red X le lanciò un oggetto, la ragazza avanzò le mani e lo prese al volo. Era una pillola, rotonda, di circa un centimetro di diametro, bianca.

Il ragazzo le voltò le spalle e s’incamminò verso l’uscita, Robin lo seguì e posò una mano sulla sua spalla, trattenendolo.

“Dove vai. Non hai la tua cintura, ricordi?”

Red X si scostò, sottraendosi alla stretta.

“Non rimarrò qui un minuto di più, con o senza cintura.”

Robin rimase immobile, con la mano a mezz’aria, la bocca semi-aperta. Sembrava non sapesse cosa dire.

“Jason, smettila di fare il ragazzino. Fidati di me una buona volta, dicci cosa sai e noi ti diremo cosa sappiamo.”

Red X si girò verso di Robin.

“No, non mi fido. Mi sono rotto il cazzo di fidarmi e prenderla lì.” Puntò un indice sul petto del fratello, “Ogni” Lo colpì di nuovo con l’indice “santa” S’avvicinò con il volto a quello di lui, socchiudendo gli occhi “volta.”

Si staccò definitivamente e arretrò di un passo.

“Ed è per questo che non voglio niente a che fare con te,” indicò Robin, “con te,” indicò Terra, “o con tutti voi supereroi di questa sfigatissima città. Vi ho parato il culo anche troppo.”

Si girò e camminò verso la porta.

“Buona fortuna e a mai più rivederci. ”

Robin serrò i pugni.

“Jason!”

Red X si girò.

“Dick, ti ho detto che -”

Il ragazzo, rimase immobile, con la cintura allo Xenothium tra le mani. Robin era tornato dai compagni, dall’altra parte della main room.

“Vattene, abbiamo da fare qui. Non possiamo perdere tempo con chi non vuole aiutare.”

Terra fece un passo verso Red X e tese una mano verso di lui.

“X, cosa stai facendo? Da che parte stai?”

Red X la guardò, abbassando un po’ il volto.

“Dalla mia.”

Indossò la cintura e avvicinò l’indice al pulsante per il teletrasporto. Terra e Red X si guardarono, lui rimase immobile.

Terra scorse lo sguardo sui contorni spigolosi del ragazzo di fronte a lei, per poi arrivare alla sua maschera. Non poteva essere davvero l'ultima volta che si sarebbero visti, non poteva abbandonarli così. Non poteva abbandonarla così, non dopo quello che avevano passato. Alla fine, gli aveva salvato la vita. Schiuse le labbra per parlare, ma le parole le si annodarono in gola. Non uscì nulla.

I secondi passarono, dilatati nel tempo, finché Red X abbassò lo sguardo e sospirò. Premette il pulsante.

“Addio, Terra.”

La ragazza scosse la testa.

La figura di Red X svanì nel nulla.

 

 

***

 

 

 

“04… 04, svegliati.”

La ragazza aprì gli occhi, guardandola a vuoto. Sbadigliò. Nell’oscurità della stanza riusciva a vedere solo i suoi due grandi occhi azzurri.

“23…” mormorò, stropicciandosi gli occhi, “cosa stai facendo? Non ci è permesso essere sveglie in piena notte…”

23 appoggiò l’indice sulle labbra e si tirò su in piedi. Passò i polpastrelli sulle pareti, tracciando i bordi delle mattonelle con indice e medio. Arrivò alla porta di metallo massiccio e la tastò: di lì non sarebbero potute uscire.

Appoggiò la testa al muro, doveva trovare una soluzione. In quelle due ultime settimane erano passati da cinquanta a cinque e non aveva intenzione di essere la prossima. Si girò a guardare la ragazza seduta sul letto e fece una smorfia. Né avrebbe mai voluto che fosse lei la prossima.

S’avvicinò e posò le mani sui fianchi.

“Sbrigati a vestirti” bisbigliò.

La ragazza obbedì, prendendo la sua tuta con il grosso numero 04 stampato sulla schiena.

23 sospirò e gettò la testa all’indietro, aggrottò la fronte: cos’era quello? Un quadrato metallico era proprio sopra di lei. Si mordicchiò il labbro. Probabilmente due persone minute come loro sarebbero riuscite a passarci senza troppa fatica.

“04…togli un lenzuolo dal letto e vieni qui. Lascia che ti salga sulla schiena.”

“Cosa vuoi fare?”

23 sbuffò.

“Voglio uscire di qui. Fidati!” 

04 gonfiò le guance, come esasperata, e fece quello che aveva detto. In pochi secondi 23 era in piedi sulla sua schiena e con le mani sulla grata metallica. 

Spinse con entrambe le braccia e la griglia cedette, alzandosi. Con un colpo secco, la fece scorrere di lato, rivelando il buco nel soffitto. 

“Sh!”

“Scusa tanto!”

23 afferrò i bordi dell’apertura e s’issò con entrambe le braccia. Serrò la mascella mentre si tirava su ed entrava nel condotto.

S’affacciò e vide 04 in piedi a guardarla, con le braccia incrociate.

“E ora?”

“Tirami un’estremità del lenzuolo.”

La ragazza prese ciò che le aveva chiesto e glielo lanciò. Una volta afferrato, 23 arretrò di qualche centimetro con il sedere e puntò i piedi sui lati del cunicolo. Si tirò indietro con la schiena e tese i muscoli.

“Arrampicati.”

Gemette al peso di 04, ma strinse i denti finché anche lei non si trovò nel condotto d’areazione, poi sospirò e lasciò andare il lenzuolo, che cadde nella stanza.

La ragazza prese la griglia e la rimise al suo posto.

“Da che parte andiamo?”

23 si strinse nelle spalle, poi indicò alla sua sinistra.

“Là c’è il cortile, potremmo provare.”

04 annuì. Entrambe s’avviarono a gattoni.

 

 

***

 

 

 

Anne Markov scese le scalette dell’aereo, facendo scorrere il palmo sul corrimano.

Si tolse gli occhiali da sole e osservò l’edificio di fronte a lei. Sorrise.

 

AÉROPORT DE MARKOVIA

 

Sorrise e prese il telefono dalla borsetta per effettuare una chiamata. Si portò il ricevitore all’orecchio.

“Sono a casa.”

 

 

 

 

 

 

* Si riferisce alla memoria umana: quella basata sulla percezione, sui movimenti, sulle esperienze; non si riferisce alla memoria propria di Terra.

 



 

Angolo dell’autrice

Sembra che Zero non si sia sempre chiamata Zero, alla fine. Chissà a cosa sarà dovuto questo nome…

Scusate, volevo fare un po’ la misteriosa, ora posso tornare a parlare di cose serie.

Prima di tutto vorrei ringraziare tutte le persone che nonostante i miei ritardi e tutto il resto, sono sempre rimaste a recensire e a darmi loro pareri, grazie.

La filastrocca che canticchia 23 (o Zero) è una filastrocca per bambini realmente esistente, che parla della mamma.

Pensavo che questo capitolo fosse più facile da scrivere, ma l’assenza di un allenamento continuo mi ha dato non pochi problemi a gestire pov e stile. Lo ammetto anch’io, non sono soddisfatta in pieno. Non tanto per il contenuto, quanto per la tecnica, che devo recuperare. Tenterò di rimettermi in riga.

Credo che si sia capito il perché dello sclero di Red X, soprattutto con gli ultimi tre capitoli, ma se non è abbastanza chiaro lo approfondirò di più nei prossimi. Insomma, non ha un carattere facile e tutte e due le persone per cui ha messo da parte l’orgoglio l’hanno non proprio accolto a braccia aperte.

Sicuramente però non smetterò di caratterizzarlo, quindi niente paura. Così come Robin, non lascerò in sospeso nemmeno lui con questa faccenda.

Argomento serio: il prossimo capitolo mi è molto caro ed è già scritto a metà. Vi chiedo di sforzarvi di leggerlo tutto anche se potrà risultare noioso. Io spero che non vi risulti tale, ma non si sa mai.



In ultima cosa, tutto mi sarei aspettato quando ho iniziato a scrivere Amnesia, tranne di ricevere fan art su Amber e James. Ringrazio infinitamente LadyDelora per i disegni.
 

Amber VS Sophie

Sophie

Nella fan art ritrae uno scontro tra Amber e Sophie, una sua OC, mentre quest'ultima sta tentando di salvare James, subito dopo che è stato rapito da Slade.

James

James in un AU in divisa da assassino, addestrato da Sophie.
 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: Nanamin