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Autore: Nanamin    20/06/2016    4 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
-
“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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QUALCUNO DA PROTEGGERE

 

 

 

 

 

“La legittimazione è stata fissata. È tutto pronto?”

“Tutto sta andando come pattuito.”

“Come sapete che ci sarà fedele?”

La donna s’avvicinò alla scrivania e appoggiò le mani sulla superficie lignea.

“Abbiamo preso le dovute precauzioni.”

“Abbiamo studiato ogni tecnica già utilizzata da Slade. Il chip potrebbe non essere abbastanza: la ragazzina si è ribellata una volta a un controllo neurale, cosa vi fa pensare che il clone non possa fare lo stesso?”

“Con tutto il rispetto,” si sistemò la montatura sul naso “il chip è una mera precauzione tecnica, sebbene di fattura molto più pregiata di quella della tuta neurale di Terra.  In ogni caso, io e il dottor Hale ci siamo basati su qualcosa di più forte di una piastrina metallica.”

“Avete la mia attenzione.”

“Zero starà dalla nostra parte perché è solo stando con noi che otterrà quello che più vuole.”

L’uomo giunse le mani e la squadrò.

“Ovvero?”

“Il prototipo 04.”

L’uomo aprì una scatola di sigari argentata che aveva davanti e ne prese uno.

“Volete favorire?”

La donna negò con un cenno della mano e l’uomo avvicinò un accendino al sigaro. Un filo di fumo si alzò e l’estremità s’accese come un tizzone ardente.

“Il prototipo 04 è servito come casus belli,” continuò.

La dottoressa si toccò la montatura degli occhiali.

“Questo Zero non lo sa.”

 

 

***

 

 

 

“Uno…due…tre!”

Tirò un calcio alla grata verticale di fronte a lei, che cadde in avanti in un cigolio.

“Ce l’abbiamo fatta?”

“Sh…”

23 si girò verso 04 e si portò l’indice alla bocca, per poi tornare a guardare avanti a sé. A gattoni uscì all’esterno, l’aria fredda le fece venire la pelle d’oca. Appoggiò le mani sull’erba e si tirò su in piedi.

L’edificio rimase alle sue spalle, scuro. Niente si muoveva, né faceva rumore.

“23… ho paura…”

Si voltò verso l’amica e le porse la mano; 04 la strinse, con forza.

“Presto saremo lontane da qui, non preoccuparti.”

Avanzò nel cortile, unita alla ragazza. Non parlarono, proseguivano a testa bassa, limitando anche i respiri.

S’addentrarono in una macchia d’alberi, muovendosi sempre di più nel fitto del bosco, appoggiandosi ai tronchi e ai rami più bassi.

“Ehi! Voi!”

23 stritolò la mano di 04. Nel buio si levarono dei latrati, acuti, squarciarono il silenzio come coltelli.

“Eccole! Sono là!”

04 si fermò e tremò, una lacrima solcò il suo viso e le bagnò l’angolo della bocca.

“I cani…”

23 scattò e strattonò l’amica.

“Corri!”

L’aria le entrava nei polmoni dalla bocca, allargandoli al massimo e usciva raspandole la gola, i tronchi degli alberi sfrecciavano a fianco a lei. 23 gemeva dal dolore a ogni taglio delle fronde sulle gambe, la tuta si squarciò frustata dai rami, permettendo al sangue di colare.

Si bloccò.

“23…”

La ragazza annaspò.

“No…”

23 sbatté i pugni sulla rete di fronte a lei, le nocche si spellarono, l’abbaio dei segugi s’avvicinava, rimbombandole nelle orecchie.

“No…” ripeté, “ce la possiamo fare. Ce la possiamo fare.”

Saltò e s’agganciò con le dita al metallo, per issarsi con le braccia. Uno sparo. Urlò di dolore mentre una ferita si apriva sul suo bicipite, grondando sangue. Sentì l’arto andare in fiamme, arso vivo. Lasciò la presa.

Ruzzolò nella terra, il terriccio che entrava nelle ferite e le sporcava la faccia, le foglie che s’appiccicavano al suo sudore.

“Stanno arrivando…”

23 spalancò gli occhi: 04 era rannicchiata addosso alla grata, con le mani sul viso.

“Che abbiamo fatto… ci uccideranno…”

“No…” 

23 affondò il palmo nel terriccio e strisciò in avanti. Si mise carponi e gemette, per raggiungerla.

“No no no no no…” Le prese il viso tra le mani, le pupille si piantarono nelle sue. “Noi usciremo di qui.”

04 tirò su con il naso, mentre gli occhi non si staccavano dai suoi, 23 la sentiva tremare sotto i polpastrelli.

“Saremo… libere?”

“Certo, non ci avranno.” Portò le dita sulle sue. “Libere fuori di qui.”

04 annuì con il capo e strinse le sue mani, fredde.

Due braccia la presero da sotto le ascelle e la strattonarono. 23 spalancò gli occhi, le dita scivolarono sulla pelle dell’amica. Sui palmi le rimase solo il sudore.

“Sta’ ferma!”

23 scalciò in avanti e agitò le braccia, le scarpe non facevano presa sulle foglie macerate.

“No! Lasciatemi!”

“Ah!”

23 s’immobilizzò. 04 era ancora seduta, davanti a lei un soldato le indirizzava sulla fronte il fucile. Il suo corpo era scosso, mentre aveva le mani in grembo e fissava l’oggetto appoggiato su di sé.

“No! Lasciatela in pace!”

23 puntò i piedi e si slanciò in avanti, divincolandosi dalla stretta. Con le sue mani afferrò il metallo freddo e lo spinse via, buttandosi con tutto il suo peso. Un colpo partì, perdendosi nel bosco.

Strattonò l’arma e se ne impossessò. L’afferrò per il manico e la sbatté sul tronco vicino a lei, spezzandola in due.

Urlò per lo sforzo e si fermò a riprendere aria. Di fronte a lei tre uomini, uno con un fucile puntato contro di lei, uno disarmato e uno con un grosso cane nero. L’animale sbavava e ringhiava, tendendo il guinzaglio e issandosi sulle zampe posteriori.

23 rantolò. Il petto si alzava e si abbassava, la tuta sulle gambe era lacera, i capelli raggrumati a ciocche, il viso e le mani cosparsi di terra.

Gemette e si portò una mano a sorreggere il braccio colpito con la pallottola: il sangue le sporcò le dita e colò striando di rosso il tessuto. Digrignò i denti e osservò i tre: non avrebbe mai permesso a nessuno di loro di prendere 04, per nessun motivo.

“Cosa sta succedendo qui?”

Il cane s’ammutolì, i due soldati si fecero indietro di un passo. 

La Dottoressa comparve dall’ombra, con le mani nelle tasche del camice.

“I prototipi 04 e 23 hanno tentato di fuggire.”

La donna la guardò da dietro la montatura nera.

“Il prototipo 04 è troppo vicino all’originale, preservatelo. Uccidete il 23.”

Una lacrima scese sul volto della ragazza, allargò le braccia per fare a 04 più da scudo possibile.

Un soldato caricò l’arma.

Click.

Un’altra lacrima scese, 23 chiuse gli occhi.

 

“J'ai des mains pour te toucher

J'ai des bras pour te serrer

Des pieds pour courir vers toi

Pour t'appeler j'ai ma voix

Et puis, j'ai mon coeur encore

Pour t'aimer toujours plus fort.”

 

“Fermi.”

23 aprì gli occhi, la Dottoressa aveva il braccio teso verso gli uomini. S’avvicinò e la squadrò, tirandole su il mento con la mano.

“Cos’hai detto, 23?”

La ragazza serrò la macella, per poi liberarsi dalla stretta.

“N-non lo so, mi calma quando sono agitata.”

“Dove l’hai sentita?  Questo è francese, nessuno qui lo parla.”

23 la guardò.

“Cos’è “francese”?”

“Come sai questa filastrocca?”

“Mia mamma la cantava a me e a mia sorella quando ero piccola.”

La Dottoressa si allontanò di qualche passo, nel frattempo erano arrivati altri tre uomini armati.

“Separatele. Voglio 23 nel mio ufficio domani mattina alle otto in punto. 04, pronta per l’operazione. Uccidete le altre.” Si girò a guardare 23 e sorrise. “Le abbiamo trovate.”

“No!”

23 si buttò sull’amica e la cinse tra le braccia, nascondendo la sua testa nel suo petto.

“23…ho paura…”

“Sono qui… sono qui…”

“Ce la faremo, vero?”

Due paia di mani strapparono la ragazza dalla stretta, le braccia agitate in aria, le gambe che scalciavano. Dall’altra parte, 04 le tendeva il braccio con la mano aperta, il volto ricoperto di lacrime.

 

 

***

 

 

 

“Sei pronto?”

Beast Boy annuì. Inspirò a fondo e portò la mano alla bocca. La pillola era amara. Deglutì.

Portò le dita al nodo della benda. I polpastrelli tremarono a contatto con il tessuto. Afferrò un lembo tra indice e pollice, tirò.

La sentì scivolare sul naso e abbandonarlo con un fruscio.

Nero.

Serrò i pugni e strinse ancora di più le palpebre. Aveva atteso da settimane quel momento, poter vedere di nuovo i volti dei compagni, di Terra, del mondo intorno a lui. Avrebbe potuto ritornare a pieno titolo nella squadra, senza sentirsi un peso e metterli in pericolo.

Trattenne il fiato. Le mani rimasero vicino alla sua testa, ogni muscolo si paralizzò.

Una mano si posò sulla sua spalla.

“B, ho analizzato la pillola più volte: è tutto in ordine.”

Sospirò.

“Lo so, Cy. Ma, è uno che prima ti tira una bomba addosso e poi ti dà la cura,” si portò l’indice alla tempia e lo roteò, “non ci sta tutto!”

Rise, ma la voce uscì troppo acuta e smise subito.

“Amico BB, siamo qui, andrà bene.”

Sorrise.

Aprì gli occhi. Un’ondata di bianco l’investì, facendolo gemere e portarsi la mano alla fronte, per limitare la luce.

Sbatté le palpebre e se le strofinò con le dita, per poi riaprirle, piano. Chiazze di colore erano di fronte a lui, confuse nel grigio dello sfondo.

Chiuse e riaprì.

I contorni si delinearono. Riuscì distendere di nuovo il braccio vicino al fianco e a rilassare i muscoli facciali. I capelli rossi di Star, il cappuccio blu di Raven, le parti metalliche di Cyborg, gli occhi azzurri di Terra. 

Erano lì, poteva vederli.

“Sì!” Saltò con le braccia al cielo. “Sì! Sì! Sì! Ci vedo!”

Rise rovesciando la testa all’indietro e si lanciò sui compagni, mentre il suo corpo cambiava forma e diventava un gorilla. Li afferrò tutti con le braccia e li strinse a sé, spingendoli verso il petto.

“Ehi, amico, piano!”

“BB, sto soffocando!”

Gridò e li mollò, per saltare verso Starfire e trasformarsi in una scimmietta. Le passò sulle spalle e atterrò sulla sua testa, scompigliandole i capelli e agitando la coda. Si diede la spinta e raggiunse il divano. 

Una capriola, due capriole, tre capriole e balzò di nuovo, per poi aggrapparsi al tessuto di una maglia con le zampe. Alzò il muso: Terra gli sorrideva mentre lo teneva fra le braccia.

Emise un grido strozzato, mentre i suoi occhi si spalancavano e balzava giù, per ritornare in forma umana.

Le guance gli andarono a fuoco, lo stomaco s’annodò come fosse un fazzoletto. Si portò la mano alla nuca e aprì la bocca per dire qualcosa, quando gettò lo sguardo su tutti i compagni. Uno, due, tre, quattro, includendo Terra. Cinque con lui.

“Dov’è Robin?”

Fu Cyborg a rispondere.

“Ha ricevuto una chiamata importante, dovrebbe essere di ritorno fra poco.”

Raven fece apparire un alone nero sulla sua mano destra e avvolse la benda sul pavimento, per alzarla a mezz’aria.

Beast Boy si fiondò da lei e le diede dei colpetti con il gomito sul fianco, sorridendo.

“Che c’è? Vuoi avere un ricordo del me potente e con i sensi sviluppati? Se vuoi te l’autografo.”

Lei gli scoccò un’occhiata e alzò un sopracciglio.

“Certo, la mia più grande aspirazione è quella di avere una benda logora in una teca della mia stanza. Oh, la guarderò tutte le sere prima di dormire” disse con voce atona.

BB fece una smorfia.

“Non sei mai divertente.”

Un varco grande quanto un piatto si aprì vicino alla ragazza e la benda vi scomparve dentro.

“Che fai? Perché?”

“Ho appena salvato il mondo. Ho pensato che nessuna discarica avrebbe mai potuto essere abbastanza sicura per un’arma chimica di tale entità.”

Beast Boy sbuffò e incrociò le braccia.

“Ho appena ricevuto una chiamata dall’ospedale.”

Si girò: Robin aveva ancora il trasmettitore in mano e si era portato in mezzo a loro.

“L’apprendista è stato ucciso.”

Cyborg si massaggiò il collo.

“Pensi sia stato Slade?”

“Perché uccidere un suo stesso alleato?”

“Magari era deluso.”

Raven si tolse il cappuccio.

“Forse è stata Anne Markov.”

Robin si massaggiò il mento.

“O qualcuno per lei.”

Raven annuì.

“Non è da escludere.”

BB si girò verso Terra. Il suo sguardo era fisso, non traspariva alcuna emozione; aveva le braccia distese lungo i fianchi e le labbra strette.

Robin mise il ricevitore in tasca.

“Scopriremo l’artefice di tutto questo.” S’avvicinò al bancone e ci si appoggiò con le mani. “Domani, verso le undici, c’è il funerale di James. Me l’ha detto l’infermiera con cui ho parlato.”

Terra annuì.

“Io andrò.”

Robin le sorrise.

“Andremo tutti. Siamo una squadra.”

 

 

 

***

 

 

 

“Siediti pure, cara.”

23 si guardò intorno. Da una stanza bianca a un’altra. La scrivania marroncina al centro spezzava quella monotonia.

S’avvicinò alla sedia e la spostò, si sedette.

“Spero che non ti abbiano fatto troppo male con le analisi.”

La ragazza si massaggiò il braccio fasciato dopo gli spari. Davvero le stava chiedendo se avesse sofferto per un ago che aveva già visto decine di volte?

La donna prese un fascicolo e inforcò gli occhiali, lo aprì.

“Qui risulta che tu sia una persona speciale.”

23 appoggiò le mani sulle ginocchia e se le strofinò sulle cosce.

“Non capisco.”

“C’è qualcosa che ti rende diversa dalle altre, una piccola cosa dentro la tua pelle, nel tuo DNA.”

“Di enne a?”

“Sì, 23. È come un filo che permette al tuo corpo di funzionare.”

Come poteva un filo far funzionare il suo corpo? Era forse fatto di spago? O di gomma, come quelli che aveva visto spesso vicino alle luci bianche? Si mordicchiò l’interno della guancia, la donna la stava guardando ora. Abbassò gli occhi.

“E perché sono diversa?”

“Raccontami di tua madre e tua sorella.”

23 si portò una ciocca di capelli dietro all’orecchio e serrò le mani attorno alle ginocchia.

“Ho come delle visioni. Sento quella canzone nella mia testa e mi calma, così me la ripeto tutte le volte che ho paura.”

La donna si rigirò una penna tra le mani.

“E tua sorella?”

“Non l’ho mai vista.”

La dottoressa alzò un sopracciglio e posò la penna sulla scrivania, allineandola con la cartella di fronte a lei.

“Come mai allora credi di avere una sorella?”

“La ricordo.” Distolse lo sguardo e lo mirò sul muro bianco dietro alla donna. “Ricordo la sua voce, il suo nome, le sue parole.”

“Come si chiama?”

“Tara.”

“Cosa ricordi?”

“A volte quando devo far una cosa nuova, la ricordo e imparo come fare. Mi ricordo di due fratelli, ma sono… non so. Non vedo le facce, so che ci sono. Sono…”

“Sbiaditi.”

“Sbi-a-diti…”

“Secondo te, perché riesci a vedere tua sorella meglio di loro?”

23 abbassò il volto e si ticchettò le ginocchia con le dita.

“Non lo so. Siamo… non so dirlo.” 

La donna la fissava, in silenzio. 23 unì i palmi delle mani: le dita combaciavano, era come se tutto fosse… uno.

“Intime?”

“Cosa?”

La donna si massaggiò il mento.

“Come te e 04?”

Le dita affondarono nella pelle delle gambe, le braccia tremarono. Alzò il volto e serrò la mascella.

“Dov’è 04?”

La dottoressa sorrise e abbandonò la schiena alla sedia.

“Straordinario.”

Toc toc. Un cigolio.

“Dottor Hale, che piacere.”

“La sala operatoria è pronta per l’innesto del chip.”

La donna annuì.

Un cigolio. La porta si era chiusa.

“Dov’è 04?”

“Anche 04 ha questi ricordi?”

“No.”

“Che tu sappia, qualche altro prototipo li ha?”

“No.”

La dottoressa s’alzò e fece il giro della scrivania.

“Da questo momento, io sarò una madre per te. Ogni volta che ti parleranno di me, ti rivolgerai a me con questo appellativo.”

“Ma tu non sei mia madre. Posso vedere 04?”

La donna sorrise, alando solo un lato della bocca.

“Tesoro… se voglio posso essere tua madre. E lo sarò.” Le accarezzò la guancia. “Senza di me non saresti viva, non saresti nulla e così nemmeno la tua amata 04.” 

“Non parlarle in questo modo!”

23 fece un passo indietro e mostrò i pugni.

La donna scoppiò a ridere e si portò una mano alla bocca per coprirsi.

“04 è stata scelta per una missione importante e così succederà a te se farai la brava. Senza di me non potrai mai rivederla. Fa’ quello che ti dico e ti prometto che ti porterò da lei. Forse potresti vedere anche tua sorella, se le condizioni non sono avverse.”

“Non voglio obbedire. La… la posso cercare.”

“Dove?”

23 strinse i pugni.

“Io… io… non lo so.”

“Sai almeno cosa potresti trovare oltre le recinzioni?”

23 aprì la bocca, ma nulla uscì dalla sua gola. La richiuse. Le spalle s’arcuarono e abbassò le mani, fino a sfiorare con i polpastrelli le cosce.

“Brava, Zero.”

“Zero?”

“Zero significa ‘niente’”.

“Non capisco.”

“Da ora sarai chiamata Zero,” allungò una mano e le sfiorò una ciocca di capelli, “in modo da non dimenticarti mai che senza di me non sei niente.”

Zero abbassò il volto.

 

 

***

 

 

 

Le foglie avevano già iniziato a cadere, tappezzando il suolo e tingendolo di colori caldi: rosso, arancione, giallo.

Il sole era ancora alto, ma i suoi raggi cominciavano a intiepidirsi e a non scottare più la pelle. 

Una leggera brezza le scosse i capelli, mentre la bara d’ebano veniva calata nella fossa da quattro cavi d’acciaio.

“Potete dire addio al defunto.”

Tara s’avvicinò al sepolcro e si strinse nelle braccia, afferrando con le dita le maniche della sua camicia scura, come a volervisi aggrappare.

Si piegò sulle gambe e raccolse un pugno di terriccio. Lo guardò sporcare il palmo della sua mano, sentì l’umido tra le dita.

S’alzò e stese il braccio di fronte a sé, per poi lasciare che la terra cadesse e imbrattasse la bara con un rumore ovattato.

“Addio.”

Portò il braccio al suo fianco e fece un passo indietro, guardandola ancora un istante. 

“Tara…”

Si girò, Dionne era lì, in abito scuro. Tara allargò le braccia e la cinse, respirando a fondo e abbandonando la testa sul suo petto. L’amica l’avvolse e le posò le dita sulla nuca, avvicinandola a sé e appoggiando il suo mento sulla sua spalla.

“Non dimenticarti che ci sono.”

Tara annuì e la strinse ancora più forte.

“Grazie” mormorò.

Si staccarono, Dionne le prese le mani tra le sue.

“Ogni volta che hai bisogno di me, sai dove trovarmi.”

Tara annuì di nuovo, con il volto basso. Dionne accennò un sorriso.

“Quindi sembra che il mostriciattolo verde fosse davvero tuo amico.”

La ragazza alzò la testa, confusa, poi le tornò in mente quella mattina in cui Beast Boy era andato a cercarla. Gettò uno sguardo ai Teen Titans, in abiti eleganti poco distante.

BB era a fianco a Robin, che aveva le mani in tasca e la guardava, senza sorridere, con espressione preoccupata.

Dionne le strinse appena le mani, facendola voltare.

“Vai.”

Tara annuì e l’abbracciò ancora.

“Grazie.”

Dionne le sorrise e lasciò che le sue dita scivolassero e l’abbandonassero. Tara si girò e s’avvicinò al gruppo d’amici, che le si strinsero attorno, in silenzio, poi Robin parlò.

“Terra, mi dispiace. Non avremmo dovuto sottovalutare il pericolo, avremmo dovuto portarlo fuori dall’ospedale quella volta.”

Abbassò il capo, con le mani ancora in tasca, mentre Starfire gli poggiava una mano sul braccio e lo guardava preoccupata.

Tara inclinò la testa. Non era arrabbiata con l’amico, sapeva che aveva fatto e stava facendo tutto il possibile in quelle settimane.

“Robin, credo che James sapesse a cosa stava andando incontro” mormorò in un filo di voce.

Il leader guardò Starfire, poi gli altri, uno ad uno. Beast Boy annuì, serio. Tirò fuori una lettera e la consegnò alla ragazza.

Tara la prese tra le mani e passò i polpastrelli sulla carta. Se la rigirò tra le dita e passò l’indice sulle lettere scritte in calligrafia nera.

 

Per Tara Markov

 

Scoccò un’occhiata agli altri, mordicchiandosi l’internò della guancia. Robin abbassò un po’ il capo.

“L’infermiera con cui ho parlato al telefono ieri è stata qui al funerale fino a pochi minuti fa. Sembra che James ci avesse fatto amicizia nel suo periodo d’ospedale e le avesse consegnato questa lettera la sera successiva alla nostra visita.”

Strinse la lettera tra le dita. Era di James quindi? Le mani le tremarono appena, al pensiero di avere con sé l’ultima cosa che rimaneva di lui.

Starfire si era staccata da Robin e le stava accennando un sorriso.

Tara annuì e abbozzò un sorriso in risposta, per poi allontanarsi di qualche passo e sedersi su una panchina. I ragazzi tornarono a parlare tra loro, mentre Beast Boy le gettò un’occhiata preoccupata. Cyborg gli posò una mano sulla spalla e lo fece girare verso di loro.

Tara inspirò a fondo e buttò fuori l’aria con la bocca. Posò la seconda lettera al suo fianco, sul granito freddo e scartò la prima, liberandola dalla busta lattea.

 

 

Cara Tara,

Vorrei tanto non iniziare con queste parole da cliché di un film americano, ma ne sono obbligato. Se stai leggendo questa lettera, probabilmente sarò morto e l’infermiera Sophie ti avrà trovato o avrà trovato i tuoi amici.

Ho tante cose da dirti, ma ho paura che non mi sia rimasto tanto tempo ormai. Sono consapevole che mi verranno a prendere, che mi verrà a prendere e che mi userà per arrivare a te e per farti soffrire. Sembrano parole vane adesso, vero?

In questa lettera non ti chiederò di perdonarmi, probabilmente te l’avrò già chiesto io in ginocchio più e più volte, al momento del nostro ultimo incontro, per essermi fatto usare come un allocco e gettare via, facendo male ad altre persone.

In questa lettera vorrei solo ringraziarti. Ti ringrazio per aver tolto la solitudine dalla mia vita, quando io volevo solamente portarla nella tua, per avermi affiancato quando volevo lasciarti sola, per avermi dato calore umano quando credevo di non volerlo sentire.

Non sei sola.

Me ne sono finalmente accorto quando sono venuti a trovarmi qui, nella mia camera d'ospedale. Non sei sola, non lo sei mai stata. Qualunque cosa accadrà so che avrai qualcuno pronto a raccogliere i cocci e ad aiutarti, anche se non potrò mai essere io ad espiare il mio debito.

Addio Tara, ora che so che sei in buone mani penso che finalmente potrò riposare adesso.

Grazie per essere stata la mia unica, vera amica.

Sempre al tuo fianco

 

James

 

 

 

 

 

Rimase a guardare la carta con sguardo perso, nella sua testa riusciva a vedere solo delle scritte nere e confuse.

Chiuse gli occhi e inspirò, per poi appoggiarla al suo fianco e buttare la schiena all’indietro.

Il suo palmo destro era diviso dal contatto con la porosità della carta e con il freddo della panchina di pietra.

Lasciò che la brezza l’accarezzasse, facendole provare un brivido lungo la colonna vertebrale.

“Come stai?”

Tara aprì un occhio: Beast Boy era seduto vicino a lei, le labbra contratte in una smorfia.

Il ragazzo appoggiò una mano sulla sua e la strinse appena con le dita.

Tara chiuse nuovamente gli occhi e lasciò scorrere qualche secondo, in silenzio, poi si girò verso di lui.

“Slade e Anne stanno facendo del male a troppe persone per causa mia.”

L’espressione di BB mutò, facendosi decisa.

“Li batteremo, Terra. Non ci fermeremo finché non li avremo sconfitti.”

 

 

James, Brion, Gregor, Dionne, Red X, i Teen Titans. Troppe erano le persone che erano rimaste coinvolte da quella storia e che avevano sacrificato qualcosa per lei. Non sarebbe rimasta a guardare mentre tutti si adoperavano.

S’alzò, tenendole strette a sé. I Titans erano a una decina di metri, a parlare, sotto l’ombra di un albero.

“Beast Boy.”

Il ragazzo si portò a fianco a lei e accennò un sorriso, in attesa.

“Li batteremo, è una promessa.” concluse la ragazza, cercando con l’indice la mano del compagno.

Lui sorrise e allacciò la sua mano con quella di lei.

“È una promessa.”

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

Altre vicende vengono svelate in questo capitolo. Lo scontro finale è vicino, dovrò concentrarmi per bene per renderlo epico.

Allora… la scorsa volta avevo detto che avrei tenuto moltissimo a questo capitolo. E così è. Il colpo di scena finale mi sta agitando forse più del dovuto. La mia testa si sta chiedendo “sarà andato bene?”, “era fuori luogo?” “l’ho scritto bene?”, “cosa ne penseranno i lettori?”.

È strano essere così dubbiosi su un OC, per il quale di solito si ha un margine di movimento molto più grande, ma così è. Spero che mi direte bene nelle recensioni, ovviamente accetto anche le critiche negative se con cognizione di causa.

Abbiamo finito i flashback di Zero, almeno dal punto di vista temporale. Dopo l’ultima scena la ragazza incontrerà Red X, il resto lo sapete! Sono molto affezionata a lei, sono stata in pena anch’io quando ho descritto il suo passato…

Non credo di avere altro da dire, se non che il lessico dei capitoli di Zero è volutamente più semplice, perché la ragazza ha un vocabolario limitato e non conosce molte cose di utilizzo comune.

Un'ultima cosa, nell'ultimo paraggrafo, Terra è indicata come "Tara". L'ho fatto perché in quel momento la protagonista è la ragazza normale, la studentessa. Il funerale, Dionne e le lettere la toccano in quanto Tara, più che come Terra. In questo momento la vita da supereroina e quella "in borghese" s'incrociano e lei diventa finalmente "unica". È come se facesse pace con entrambe le sue metà.
Beh, non ho altro da dire… ci vediamo nelle recensioni! Io incrocio le dita e spero che vi sia piaciuto, nel frattempo corro a recensire le storie lasciate indietro!

A prestissimo,
 

X Carlotta

   
 
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