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Autore: Yehet_9400    19/05/2016    2 recensioni
"Ero inevitabilmente legato a quella vita fatta di risse,fumo,alcool e droga.
Era la mia gabbia. Una gabbia da cui non potevo uscire.
E lui era all'esterno di essa.
Era come se le nostre mani fossero intrecciate e lui cercasse di tirarmi fuori da quella prigione: senza risultati.
E allora le possibilità erano due: o lasciarlo andare, o trascinarlo in quella morsa con me."
"E quale scelta volevi per lui?"
"La libertà ma lui non era d'accordo."
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 

L’aria di ottobre era pungente e penetrava sotto il cappotto dell’uomo, provocandogli brividi lungo il corpo e gelandogli le ossa.
Vi era il più totale silenzio e s’udivano solo i flebili singhiozzi di un ragazzo, soffocati parzialmente dalla giacca del giovane vicino a lui che lo abbracciava, cercando consolarlo.
Altri due ragazzi stavano in piedi a guardare la bara di legno scendere lentamente nella fossa.
L’uomo non credeva ancora di essere lì, gli sembrava tutto così irreale e sbagliato; i suoi occhi erano lucidi, si disse che era colpa del vento, che quel giorno soffiava particolarmente forte, ma sapeva che non era così.
Poco meno di dieci minuti dopo, davanti a loro vi era solo un mucchietto di terra e ghiaia ed una piccola lapide.
Stentava a riconoscere il ragazzo della foto: le sue labbra erano curvate in un sorriso e mostravano i denti perfettamente bianchi, i suoi occhi erano ridotti a due luminose mezze lune ed emanava una sensazione bellissima di pace e felicità.
Totalmente diverso da come lo aveva visto lui.
Il ragazzo biondo più basso s’avvicinò alla tomba, s’inginocchiò ed accarezzò con le dita la piccola immagine, mentre con una mano si copriva la bocca: le lacrime cadevano inesorabili dai suoi occhi ed infrangevano il loro percorso a contatto con le sue piccole dita. Gli altri due giovani presenti, che finora non avevano proferito parola, se ne andarono silenziosamente come erano arrivati. 
Li guardò allontanarsi: il ragazzo più alto dalla pelle abbronzata che abbracciava il più basso.
Erano rimasti solo loro tre.
“Perché…” sussurrò il ragazzo biondo “… perché…”
Il moro gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, per poi dargli un bacio sulla guancia per tranquillizzarlo.
“Era una brava persona… Nessuno lo conosceva meglio di me e posso assicurare che era fantastico. Non si meritava tutto questo.”
“Lo so… Avrei tanto voluto conoscerlo.”
Rimasero in silenzio, il vento continuava imperterrito ad insinuarsi tra i loro vestiti e si faceva sempre più freddo.
“Baek, dovremmo andare” sussurrò il ragazzo all' altro che tremava per i freddo.
“Chanyeol…”
“Dai, si sta facendo buio” il più alto prese la mano del fidanzato e questo, a malincuore, lo seguì allontanandosi dalla vista dell’uomo.
Quest’ultimo rimase un po’ in silenzio, per poi iniziare a parlare.
“Non ce l’hai proprio fatta, eh? Vivere era diventato così difficile che hai deciso di ucciderti… Mossa astuta quella dell’arsenico, devo dartene atto. Ti avevo promesso che ti avrei raccontato la mia storia, ma non me ne hai dato tempo, comunque sia ora vorrei dirti qualcosa su di me.
Mi chiamo Kim Joonmyeon e ho ventisei anni, anche se forse ne dimostro di più. Su di me non c’è molto da dire… Tu mi avresti sicuramente chiamato ‘figlio di papà’ ed in effetti provengo da una famiglia benestante. Cosa potrei raccontarti di me? Beh… al nostro primo incontro hai indovinato una cosa: sono padre, eh già, da pochi mesi, ma non sono sposato, infatti il bambino l’ho adottato con il mio ragazzo.”
Joonmyeon s’avvicinò alla tomba e s’accovacciò davanti ad essa.
“Sai, anche io ho perso la persona che amavo, circa un anno fa.
A differenza tua, non mi ricordo il nostro primo incontro, ma so per certo che lo amavo e lo amo ancora. Siamo stati insieme quattro anni e saranno per sempre i migliori della mia vita.
Eravamo gli antipodi, un po’ come te e Lu Han… ma noi non negavamo il nostro amore; sai, volevamo sposarci… Tengo ancora il nostro anello di fidanzamento-” l’uomo giocherellò con l’anello che portava all’anulare, sorridendo a quei ricordi.
“Avevamo grandi progetti… Stavamo firmando le carte per l’adozione di un bambino e a breve saremmo andati a vivere insieme, peccato che le cose non siano andate come previsto.
Lui faticava a staccarsi dal suo gruppo di amici, diceva che erano la sua famiglia, io non volevo che li abbandonasse, ma speravo almeno che lui decidesse di continuare la nostra relazione e poi… 
Avvenne il peggio.
Non capirò mai il perché di quel gesto, ancora oggi non posso credere che si sia ucciso così.
Sai… overdose d’eroina.
Rimasi sconvolto per diversi giorni, per un mese non uscii di casa… Non andai neanche al suo funerale.
La cosa che mi deluse di più era il fatto che sapevo, oh sì che lo sapevo, che non aveva detto a nessuno di noi: pensai di non essere importante per lui… Se fossi stato in qualche modo rilevante nella sua vita, non avrebbe nascosto ogni nostro incontro con una squallida scusa e non avrebbe mentito sulla mia identità.
Ero furioso con lui, ma quando arrivai davanti alla sua lapide, tutte quelle parole dure e cariche di rabbia che volevo dirgli si dissolsero in un pianto disperato. Lo amavo, non potevo farci nulla.
Non ebbi la forza d’annullare l’adozione… Quel bambino stava per avere qualcuno che si prendesse cura di lui e non potevo negarglielo. Così, esattamente cinque mesi fa è arrivato nella mia vita un adorabile bimbo di quattro anni… il piccolo Yixing.”
L’uomo guardò la foto del giovane ed inevitabilmente sorrise, per poi ritornare serio ed alzarsi.
“Ti capisco… Quando hai detto di aver ucciso Lu Han credevi che fosse colpa tua; se lo avessi respinto forse non ti avrebbe seguito e tutto avrebbe preso una piega diversa. Ma come puoi incolparti di esserti innamorato? Come puoi incolparti dello sconfinato amore che lui provava per te? Dimmi, come puoi?”
Il vento smise di soffiare per un secondo, per poi tornare ad infuriare più forte ancora.
“Ora devo andare… Devo consegnare una lettera.”
Tirò fuori dalla tasca un foglietto ripiegato e lo mostrò alla foto, mentre oscillava al vento.
“Ci vedremo ancora, Oh Sehun” sussurrò sorridendo, per poi allontanarsi, addentrandosi di più nel campo santo.
Si fermò dopo dieci minuti circa, davanti alla lapide di un bel ragazzo dagli occhi dolcissimi ed un sorriso non da meno.
“Era davvero stupendo” pensò Joonmyeon posando una foto - che aveva trovato sotto il cuscino nella cella di Sehun- e la lettera vicino al blocco di marmo.
“Mi dispiace per come sono andate le cose.”
Se ne andò ripensando alle parole che Sehun aveva scritto su quel foglio di carta, le aveva imparate a memoria. Continuò a camminare, il viso nascosto per metà sotto la sciarpa blu scuro e gli occhi che vagavano sui nomi… in cerca di qualcosa.
Quando lo trovò si fermò e guardò la foto di un bel ragazzo dal volto serio, ma che accennava ad un sorriso… la tipica fossetta quasi invisibile.
Joonmyeon lo guardò, una fitta al petto lo invase ed una lacrima scivolò sul suo viso asciugata subito dal vento.
“È tutto così sbagliato...”
E se ne andò in silenzio mentre il vento faceva svolazzare nell’aria la piccola polaroid, i sorrisi dei due giovani ritratti non si sarebbero mai spenti.
Sul retro della foto una piccola scritta diceva: “Ti aspetterò.”
 
“Lulù…
Se mi conosci davvero sai che non sono bravo con le parole, e, benché non leggerai mai questa lettera, per me rimane difficile esprimere ciò che provo, ma, innanzitutto…
Mi dispiace, ho sbagliato.
Sono un coglione ed un vigliacco: mi odio a morte.
Tutto ciò è successo per colpa mia, mia e di nessun altro.
Col senno di poi, non mi pento di averti amato… Avrei solo dovuto dirtelo prima ed avrei dovuto lottare per continuare a farlo.
Ma avevo paura, dannatamente paura.
Mi chiamavi ‘Ice Prince’… tutte le volte a cercare di indovinarne il significato non le dimenticherò mai.
Ero il tuo piccolo principe dal cuore di ghiaccio, coraggioso e senza paura… Era sottinteso che fossi anche apatico.
Eppure tu mi facevi sorridere per ogni minima cosa.
Per quando guardavamo la città dalla torre di Namsan, per quando giocavi con i bambini sulla riva del fiume Han, per quando m’indicavi le stelle la sera, mostrandomi tutte le costellazioni, che ormai so a memoria. Per quando suonavi il piano e mi costringevi a cantare con te, anche se sai benissimo che sono stonato come una campana. Non c’era giorno che passavo senza sorriso con te.
Ti ricordi tutte le volte che ti dicevo ‘Non mi piaci neanche un po’ e tu ti arrabbiavi e mettevi il broncio? Beh… avrei solo voluto urlarti ‘No, che non mi piaci… Ti amo’, ma come ho detto, sono un coglione.
Volevo per te solo il meglio, ma non credo d’avertelo dato. Con te è iniziata la mia vita, mi hai fatto sorridere e mi hai insegnato ad amare.
Avevi ragione, questo mondo è stato troppo crudele… magari per una volta la vita non farà la stronza e ci sorriderà.
Se davvero avremo un’altra possibilità, stai tranquillo che ti troverò, non importa cosa: io ci sarò e sta volta per sempre.
Ti amo, piccolo cerbiatto.
Aspettami ancora un attimo, sto arrivando.”

 
   
 
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