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Autore: callingonsatellites    20/05/2016    1 recensioni
L'aria fresca sulle braccia. Il sole che brucia negli occhi. Le gambe leggermente indolenzite, e una melodia sconosciuta che girava nella sua mente. Poi un forte dolore alla testa. E ora fissava quegli occhi color nocciola, e ogni domanda veniva annullata come se quei due pozzi scuri fossero l'unica cosa importante ed esistente, l'inizio e la fine di tutto.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Arghhhh!
 
-Ok, io non ci vengo più sul palco. Non mi va di avere addosso gli occhi tutta quella gente, che vorrebbe solo essere al mio posto.
 
-Maddaiiiiiiii … almeno hai visto quanto siamo bravi da vicino!
 
In effetti non era una bugia, erano proprio bravini. Panico iniziale a parte, non avevano sbagliato una nota. Conclusione? Nel caffè c’era qualche doping.
 
-Bene … adesso meglio che ce ne andiamo. Dov’è Chris? …
 
-NONONONONO voi non andate da nessuna parte. Adesso si va tutti a casa Kaulitz, ve ne siete già dimenticate?
 
-Ah. Giusto. Hai ragione.
 
-Coraggio miei prodi! Tutti alla Tokiomobile!- ululò Bill per poi trascinare ragazze e compari fuori dal backstage e direttamente nel camioncino hippie scassato che li attendeva fuori.
 
-Ah … e questa sarebbe la vostra Tokiomobile?
 
-Per il momento quella ufficiale è in riparazione. È colpa di Gustav, parla con lui.
 
-IO?!
 
-Beh, non credo che Bill avrebbe potuto correre come un carro armato buttandosi nei sedili posteriori con quindici pacchi di patatine aperti; con la conseguenza di far esplodere le povere cuciture dei rivestimenti e mandare a puttane gli ammortizzatori.
 
-Perché, la vostra auto aveva gli ammortizzatori?!
 
-Certo. Scherzi? Perché non dovrebbe averceli?
 
-Beh … non dovete andare in un gran canyon …
 
-Ma abbiamo Gustav. Vorrei vedere io un’auto normale in balia di quel coso grosso e saltellante.
 
-BENE, DISCORSO CHIUSO!
 
Ci volle il suo tempo, ma alla fine l’eroico Volkswagen a fiorellini riuscì a portare i suoi passeggeri sani e salvi a destinazione.
C’era già una bella folla ad attenderli in giardino … alla faccia dei pochi eletti.
 
-Signore e signori … scendete e divertitevi!
 
#
 
Erano passate circa due ore da quando erano arrivati a casa: Joey era già brilla, e stava sfidando Tom a chi suonava meglio le canzoni dei Guns ‘N’ Roses; Bill stava dirigendo un coro  sulle note di Bob Marley; Georg ci stava provando con ogni essere femminile presente in quella festa e nel frattempo Kim stava ancora vagando alla ricerca di Christina.
 
-Oh, eccoti qui- la trovò finalmente, impegnata a discutere con altri darkettoni su quanto dovessero essere alte le platform in fondo agli stivali delle ragazze rispetto a quelle dei ragazzi.
 
-Ah, buonasera. Non vai a divertirti?
 
Kim trattenne a stento un sorriso. –Rifarò un giro più tardi.
La gara a chi divorava più velocemente un pacco di bastoncini piccanti con Gustav era finita in modo abbastanza esilarante. Diciamo che da una parte, squadra Bill-tizia x, c’erano stati più lamenti che altro (da parte di Bill. La tizia era messicana, e mangiava tranquillamente un bicchiere di bastoncini alla volta come se fossero marshmallow), mentre dall’altra parte del ring, squadra Gustav-Kim, erano volati bastoncini messicani ovunque, da quanto velocemente quelle due specie di animali li stavano divorando. Alla fine Bill era finito per terra agonizzante, abbracciando spasmodicamente una bottiglia d’acqua minerale; la tizia aveva continuato a mangiare bastoncini ridendo; mentre Kim e Gustav si erano fatti un giro sulla folla da buoni vincitori, interamente coperti di polverina rossa non identificata.
 
-Tu resti qui?
 
Chris ci pensò un attimo prima di rispondere. Nel frattempo i darkettoni avevano iniziato a fumare sigarette di dubbia origine come i turchi.
 
-Vengo con te- disse Chris senza smettere di fissarli.
 
#
 
Passò un’altra ora. La musica assordante pompava a tutta birra, tanto che tremavano i muri: metà dei partecipanti era già fatta completa (ne erano una dimostrazione Joey e Georg, che da buoni amici fattoni stavano vagando per la sala sorreggendosi a vicenda e ridendo come due vecchie comari, lanciando commenti poco educati alternati a perle di saggezza al primo che gli capitava a tiro), l’altra metà o stava pomiciando da qualche parte o stava provvedendo a sbronzarsi.
Kim aveva perso di vista gli altri della band. A naso, Tom stava di sicuro pomiciando; Gustav stava di sicuro mangiando … Bill non si sapeva. Era imprevedibile.
Decise di non pensarci, e di uscire a prendere un po’ di aria fresca.
La porta d’ingresso era aperta, ma la folata d’aria fredda della notte tedesca la investì comunque senza pietà. Strettasi nelle spalle, fece qualche passo verso l’esterno. I cori che dentro casa intonavano le tracce di Scream, senza una guida o un’intonazione precisa si sentivano fin da fuori: non poté fare a meno di sorridere. Se Bill avesse sentito come stavano storpiando le sue canzoni si sarebbe strappato tutti i capelli uno ad uno.
Bill.
Bella idea. Non sapeva che fare. Meglio mettersi a cercarlo
 
Nel frattempo, Kim non era l’unica che aveva deciso di uscire all’aria aperta stufa del bordello che stavano combinando dentro: una certa albina stava in piedi appoggiata al muro della casa, braccia incrociate e schiena gobba, china a fissarsi le cinghie degli stivali imprecando su chi l’aveva trascinata in quella festa per … persone che hanno voglia di far casino e socializzare.
Per giunta ci vedeva doppio se non triplo per tutto quello schifo superalcolico che le avevano fatto bere. Era ubriaca marcia, sarebbe stato meglio tornare a casa …
 
-Ehi, Miss Asocialità.
 
Chi cavolo aveva parlato? Alzò la testa molto lentamente nel tentativo di non cadere per terra in modo umiliante, ma l’unica cosa che riuscì a intravedere attraverso il caleidoscopio che le occupavano la visuale fu una figura abbastanza alta e grossa, probabilmente appoggiata al muro della casa con un gomito. Probabilmente indossava qualche sorta di cappello.
 
-Chi … chi cazzo è?
 
-Wow, sei ubriaca marcia tesoro! Vuoi un passaggio a casa?…-  adesso stava ridendo. Aveva già l’aria del bastardo, non poteva anche ridere di lei.
Si staccò dalla parete con uno slancio e si buttò addosso alla figura con un pugno in carica, sperando di beccare qualche punto sensibile.
 
-AH! Ma che cazzo hai bevuto?! …
 
Ha. Haha. Hahahahahh. L’aveva preso.
Un paio di mani le afferrarono i polsi. Oh no.
Adesso avrebbe iniziato a darle i peggiori epiteti mai inventati dall’uomo, poi probabilmente a menarla.
 
-Cavolo, sei grave. Non ti sbronzi molto spesso, eh?...- no, cosa? Quel coglione stava ancora ridendo. –Vieni dai. Ti porto dentro, che se ti trova qualcuno qua fuori non so che fine fai.
 
Aspetta … si stava comportando da persona gentile? Gentile? Nessuno era gentile. Non con lei.
 
-Met … mettimi giù.
 
-No cara, mi dispiace.
 
-Te … lo dico per … per l’ultima volta.
 
-Tranquilla, ho già avuto a che fare con ragazze ubriache. Non sono un granché a letto.
 
Un altro pugno volò in direzione dell’individuo.
 
-AH! Ma che cazzo hai di male?!- urlò quello, mollandola di colpo. Lei cadde per terra ai suoi piedi, ma almeno adesso erano vicino ad una luce e poteva vederlo –più o meno- in faccia.
Aveva un bel viso. Gli occhi vagamente a mandorla, le labbra grosse e i capelli … lunghi, tipo. Boh. Si mise a ridere.
 
Anche lui iniziò a ridere. Si sedette per terra accanto a lei. Probabilmente era anche lui ubriaco fradicio.  Peccato, era bravo a nasconderlo.
 
-Allora … come ti è sembrato il concerto?- chiese il tipo.
 
-Mah … odio la vostra musica. Mi ci hanno trascinato delle amiche.
 
Quello si mise a ridere come un matto.
 
-Ma non ti offendi?
 
-Ah, cara, sono più ubriaco di una botte millenaria e più fatto di un giamaicano convinto … che me ne frega di quanto ti piace la nostra musica.
 
Strano. Ubriaco ma cosciente.
 
-Molta gente considera la nostra una musica di merda. Ma non ci cambia la vita; anzi, ci rende ancora più motivati ad andare avanti, a rompere sempre di più le palle al mondo- fece una pausa.
-È un po’ il lato oscuro dei Tokio Hotel. Urla perché lo senti. Urla perché lo credi …
 
-…e se inizia a far male, urla più forte- concluse Christina sovrappensiero.
 
-Ecco, vedi che te la ricordi?- constatò il ragazzo ridendo. Non finiva di ridere.
 
-Beh, mi piace come la pensi.
 
-Anche tu. Non credo che quegli idioti del liceo ti sbavino dietro per come ti vesti. Eppure … vuoi mettere la soddisfazione di farti detestare? Di fare casino con il tuo disturbante modo di essere? E più loro ti odiano, più si sforzano tentando di non vederti e non sentirti, più vanno giù, e giù sotto di te, scavandosi la fossa con le proprie mani, inconsapevolmente. È malvagio.
 
-Sì.
 
-Però è figo.
 
-Sì. Ed è divertente.
 
-Farsela a carico degli haters. Per questo conviene molto di più unirsi alla parte urlante.
 
-E chi non ci riesce …
 
-O non vuole. Spesso ci sono gli indifferenti. Sono gli unici che si salvano.
 
-Ma nel frattempo il resto … viene sopraffatto comunque.
 
-Beh, è vero. Noi sui giornali ci siamo comunque. Tu, e quelli come te, nel mondo esistete comunque. L’odio non può fermarvi.
 
-Può renderci solo più forti.
 
-Esatto. Madonna, che bravo predicatore che sono.
 
Restarono distesi sull’erba per un tempo indefinito, uno accanto all’altra a godersi la sbornia.
 
-Sei una che pensa. Posso portarti a letto?
 
-No.
 
-Tanto riesco a portatrici lo stesso.
 
-Mah. Come ti pare. Tanto siamo ubriachi fradici, e tutte le gran cazzate che stiamo dicendo e facendo in questo momento finiranno in qualche remoto buco della nostra fottuta coscienza.
 
-L’ho detto io che sei una che pensa.
 
-A differenza tua.
 
-Eh. Già.
 
#
 
Bill era seduto sul tetto di casa, solo, e osservava il nulla ascoltando le pulsazioni della musica attraverso il tetto. Pareva non accorgersi del trambusto che stava facendo qualcuno arrampicandosi sulla grondaia.
 
-Ah! Ti ho trovato, finalmente.
 
Il moro si voltò di scatto. Una ragazza si stava avvicinando, barcollando in equilibro sulle tegole. Sorrideva.
 
-Allora? Che ci fai quassù tutto solo?
 
Bah. Per il momento si perdeva nelle spirali mentali provocate da quella roba verde che gli avevano fatto bere. Sperava solo non fosse detersivo.
 
-Ubriaco?
 
-Uhm … sì. Tu no?
 
Lei scosse la testa. Sorrideva ancora. Non sembrava per nulla fatta. Chissà che aspetto orribile doveva avere lui in quel momento.
 
-Infatti mi sembravi … un po’ perso. Stanco di stare là sotto?
 
Annuì. –Dopo un po’ le canzoni house a palla stancano. Tu dove sei stata fin’adesso?
 
-Beh, dove vuoi che fossi stata? Ero di sotto. Poi sono venuta a cercarti.
 
-Sul serio? … e come mi hai trovato? … pensavo fosse un posto sicuro questo.
 
-Non volevi compagnia? …
 
-Non quella di un certo tipo.
 
-E … di che ‘tipo’ parli?
 
-Boh … prendi le ragazze che c’erano prima nel backstage. Ecco, la maggior parte degli invitati è gente del genere. Ci conoscono a malapena di persona, e non fanno altro che stressarti con cose stupide. Del tipo … Bill, facciamo una foto? Bill, vieni a ballare? Bill, hai assaggiato questo cocktail? È buono? … e roba del genere.
 
-Capisco. Vuoi che me ne vada?
 
-NO!- il moro si lanciò verso di lei e si appese al suo braccio con tutta la sua forza. –Ti prego resta qui. Mi piace la tua compagnia.
 
-Oh … ok.
 
-Una coriosità ... a cosa serviva il caffè di prima? ...- chiese lei dopo un po'.
 
-A non farti crollare addormentata nel bel mezzo del mio salotto. Noi lo facciamo sempre-r rispose Bill. Se avesse cosa c'era lì dentro oltre al caffè ...
 
Rimasero in silenzio. Ma non era come il silenzio della notte, dove nessuno dice niente, nessuno è realmente presente. Era come il silenzio nelle verifiche: denso di pensieri, ragionamenti astrusi, paura di sbagliare.
Dopo un po’ si ritrovarono abbracciati.
Diavolo, se ne aveva, Bill, di paura di sbagliare. Lei non si ricordava niente. Non si ricordava di quando erano a Parigi. Non si ricordava di lui.
E lui non voleva azzardare.
Si limitò a stringere l’abbraccio, quasi sull’orlo delle lacrime.
Venne tradito da un singhiozzo.
 
-Che c’è?- scattò su lei.
 
-Niente!! Niente … io sono stanco. Sai, mi capita quando sono stanco … io piango.
 
Come giustificazione faceva pena. Ma forse poteva tenere. Strinse le labbra, nel tentativo di essere convincente.
 
-Ti rovinerai il trucco- constatò lei sorridendo. Aveva riappoggiato la testa sulle sue gambe, e adesso guardava il giardino sottostante. Sembrava una bambina.
 
-Oh … hai … hai ragione- era rimasto … più che stupito. Di solito nessuno credeva alle sue scuse. Lei ci si era buttata subito. E poi … era così tranquilla. Non poteva essere totalmente lucida. Aveva bevuto almeno un pochino.
Adesso sembrava che dormisse.
Bill iniziò a giocare con i suoi capelli, come faceva con i baffi dei gatti. E nel frattempo pensava.
Ma forse era solo ubriaco.
Si addormentò stretto a lei. Potevano cadere.  
 
 
…sul tetto. Comodo, vero?! Chi non adora dormire sui tetti … molto sicuri soprattutto. Si ha la certezza di essere al sicuro, soprattutto.
NO, vabbé, a parte le mie cazzate … avvertitemi se lascio sterischi (****, per intenderci) in giro, eh. Che può darsi.
Adesso vado, belle e belli!!! Ciaoooo :D          
Baci, gentaglia :******     Lisa^^
   
 
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