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Autore: formerly_known_as_A    21/05/2016    1 recensioni

Sta migliorando.
È estremamente facile lasciar fare tutto il lavoro al ragazzo che non smette mai di parlare, commentando anche la minima cosa che gli accade intorno, raccontando nei minimi dettagli la propria giornata, eppure Takanobu non vuole.
Non è nemmeno uno sforzo così grande, è il rispondere ad un nuovo e sorprendente bisogno, quello di parlare a Hinata della propria giornata.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Takanobu Aone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sai? Sono felice di averti chiesto di uscire la prima volta.”

C'è qualcosa di estremamente delicato, nel modo in cui Hinata ha pronunciato quelle parole, a qualche passo di distanza da Takanobu, le spalle strette come se volesse rendersi il più piccolo possibile, la voce bassa, così diversa dal tono entusiasta e rumoroso a cui è abituato.

Ha il peso di un segreto, una frase di cui il ragazzo dai capelli rossi, sempre sincero, sempre troppo diretto, sembra aver soppesato il significato.

Takanobu non sa rispondere. È felice. Felice come non lo è stato mai, sembra, da quando le sue giornate sono piene di mail la cui punteggiatura è costituita da faccine entusiaste, telefonate e Hinata.

Alla sera si butta a letto senza energie, come dopo un allenamento pesante, ma c'è un messaggio ad aspettarlo, anche dopo quarantacinque minuti trascorsi al telefono in cui Hinata parla e lui si accontenta di ascoltare, fare qualche verso di assenso, inserire poche parole per farlo andare avanti.

Sta migliorando.

È estremamente facile lasciar fare tutto il lavoro al ragazzo che non smette mai di parlare, commentando anche la minima cosa che gli accade intorno, raccontando nei minimi dettagli la propria giornata, eppure Takanobu non vuole.

Non è nemmeno uno sforzo così grande, è il rispondere ad un nuovo e sorprendente bisogno, quello di parlare a Hinata della propria giornata. Si scopre sempre più spesso ad assistere a scene che gli fanno pensare subito a lui.

Questo devo raccontarlo a Hinata, pensa, le mani che già, sovrappensiero, hanno preso il cellulare e stanno leggendo i cinque, sei messaggi che il ragazzo gli ha scritto nel frattempo.

Ci sono altre cose, invece, che evita di dirgli. Le pensa, con un'intensità tale da fargli tremare le gambe e gli sembra, a volte, di aver bisogno di gridarle.

Come potrebbe dirgli che ogni messaggio è un tuffo al cuore? Come potrebbe spiegargli il bisogno violento di far sparire una delle sue mani tra le sue che sembra attanagliargli le viscere? Il calore che dal petto sembra fiorire fino alla punta delle dita, fino alle orecchie che diventano rosse e bollenti, impedendogli di pensare razionalmente?

Uhm.” riesce a rispondere, prima che il ragazzo possa girarsi. C'è un'espressione che non gli ha mai visto fare, sul suo viso, un sorriso tirato che non gli piace, che non gli fa sentire il bisogno di nasconderlo sul petto come un uccellino caduto dal nido.

Lo fa arrabbiare, anche se non con Hinata. Le sopracciglia corrucciate non gli donano per niente, ma Takanobu non può che prendersela con se stesso e la propria incapacità di reprimere quei sentimenti.

Devo andare a casa, ora.” sussurra l'uccellino, facendosi più piccolo, più rannicchiato, l'esatto opposto della personalità esplosiva a cui è abituato.

Smettila.

Annuisce soltanto, mettendo un piede davanti all'altro per pura abitudine, lasciando quei due, tre passi di distanza dalla piccola schiena di Hinata finché resiste. Poco, pochissimo e lo raggiunge in una falcata quasi disperata, affiancandoglisi e sperando che quella brutta espressione se ne sia andata.

Il centrale della Karasuno sembra, se possibile, essersi corrucciato più di prima, tanto che, accorgendosi di essere osservato, volta la testa di lato.

Manda... Manda un messaggio quando arrivi.” riesce a dire Takanobu, prima di inoltrarsi nel sottopassaggio della stazione.

Per la prima volta in quella che sembra un'eternità, a Takanobu non importa se nessuno gli si siede accanto sul treno verso casa.


Sono a casa. (๑•́ ω •̀)

Ok.

Ci rivedremo ancora? Mamma dice che forse ti ho messo in imbarazzo. Mi dispiace. (。•́︿•̀)

Non è così. Non sono bravo con le persone. Non scusarti.

Ok...( •́ ∧ •̀ )


Anche io sono felice che tu me l'abbia chiesto.


Takanobu non sa per quanto rimane fermo nel cortile della scuola, lo zaino in spalla e lo sguardo fisso al cancello. Forse un'ora o un giorno intero, perché non sente nessuno chiamarlo finché non riceve una gomitata nel fianco.

Tenta di voltarsi e guardare male la persona che l'ha distratto, ma Futakuchi fa un passo all'indietro non per la paura, ma per lasciarsi sfuggire una fragorosa risata.

Non credevo fosse possibile! Hai gli occhi di un cerbiatto davanti ai fari di un'auto, Aone!” esclama, senza respiro.

Takanobu si sente arrossire e volta rigidamente la testa verso il cancello, sperando di essere vittima di un'allucinazione.

Ciao!” esclama invece Hinata, saltellandogli incontro e salutandolo con la mano. “...sorpresa??” azzarda, davanti all'assoluta immobilità del ragazzo, forse rendendosi conto della mossa azzardata.

Cos'è successo? Cos'ha fatto per meritarsi quella visita? L'ha persino trattato male!

Woah, la vostra scuola è davvero immensa!” esclama, agitando le braccia e attirando l'attenzione delle persone che, per miracolo, ancora non avevano notato la sua presenza nel cortile. “Eh? Ma non ci sono ragazze?!” aggiunge il rosso, facendo un giro su se stesso e tornando a guardare Takanobu.

Takanobu che vorrebbe essere più basso di Hinata, in questo momento, per poter sparire nella folla. È incredibile come qualcuno di tanto piccolo riesca ad attirare tutta quell'attenzione.

Scuote la testa, afferrando le cinghie dello zaino e tirandole appena per occupare le mani.

Una scuola maschile? E fate tanti sport? Aaaaah! Avrai mica allenamento, ora?” chiede il rosso, agitando le mani davanti alla faccia.

Fa una risata soffocata, di gola ed allunga una mano per posarla tra i capelli morbidi.

No. Ma devo fare i compiti, ancora, quindi...” inizia, incerto, cercando di non notare come le spalle del ragazzo crollino in segno di sconfitta.

Di nuovo quell'espressione che non gli piace. Gli sembra che si alzi il vento all'improvviso, un vento gelido che lo fa rabbrividire.

Ho dei DVD di vecchie partite della Dateko, a casa. Se ti va di aspettarmi...” azzarda, tirando le cinghie dello zaino fino a fermarsi la circolazione delle braccia. Riesce a distrarsi dagli sguardi che si sente addosso, almeno.

Sì! Assolutamente sì!” esclama Hinata, saltellandogli davanti. Ha un sorriso radioso sul volto e Takanobu non può che rivolgergliene uno a propria volta, seppure somigli soltanto ad uno spasmo dei muscoli facciali, allentando la presa sulle cinghie per infilarsi le mani in tasca e prevenire incidenti.

Mentre camminano verso la stazione non può fare a meno di notare come la mano del ragazzo sembri penzolare inerte sul suo fianco, l'altra che regge lo zaino su una spalla sola. Nonostante la posa tesa, Hinata riempe il silenzio con il cinguettare allegro del racconto della sua giornata, tra le espressioni buffe degli insegnanti e le figuracce.

Se Takanobu riesce ad ignorare quella mano che sembra chiamarlo, infilando la propria talmente in fondo alla tasca da sentire la cucitura allentarsi, è per pura forza di volontà.

Chissà come reagirebbe, Hinata, se gliela prendesse? Socchiuderebbe gli occhi come ha fatto prima, quando gli ha toccato la testa? Scapperebbe gridando?

Aone?”

Sobbalza e si volta di scatto verso il centrale della Karasuno, in piedi sotto al tabellone degli orari. Gli orari? Il treno!

Un'occhiata rapida gli annuncia che il treno che prende di solito è già al binario quattro ed è senza pensare che afferra il polso del ragazzo per trascinarlo di corsa fino ad esso. È senza pensare che lo prende per la vita per farlo salire più velocemente, per poi sedersi in uno dei posti liberi disponibili.

È solo così che nota i suoi occhi spalancati e il tremore delle spalle che ne consegue. L'ha spaventato? È terrorizzato, vero? Ha sbagliato di nuovo.

La risata cristallina di Hinata risuona nel vagone semi-pieno e il fatto che attiri l'attenzione di tutti gli importa decisamente poco.

Waaaah! Dobbiamo assolutamente rifarlo!” esclama, tra le risate, prendendo posto accanto a Takanobu. Il ragazzo si irrigidisce, la novità che lo paralizza per dieci interminabili secondi.

Non vi è abituato e quello è Hinata.

Hinata che è minuscolo e lo fa sentire enorme e goffo, nel modo in cui occupa troppo spazio. Cerca di stringersi il più possibile, ma gli viene un crampo alla gamba ed è costretto a rilassarsi, nonostante tutto. Il calore della gamba del ragazzo è una strana sensazione e il modo in cui ogni minimo sobbalzo fa toccare le loro spalle e braccia gli fa saltare un battito, ogni singola volta.

La tua spalla è proprio all'altezza giusta per farmi da cuscino!” nota Hinata, facendolo piombare nell'imbarazzo.

Puoi.” gli esce dalla bocca, prima che possa anche solo pensare di bloccarsi.

Hinata si illumina, occhi e viso luminosi come un piccolo sole fiammeggiante, un sorriso radioso tutto denti che su qualsiasi altra persona risulterebbe strano, ma questo è Hinata.

Il centrale della Karasuno chiude gli occhi, soddisfatto.

Buon riposo!” esclama, appoggiandosi alla sua spalla come se fosse la cosa più logica del mondo. Non lo è. Non lo è affatto.

Allora perché Takanobu si rilassa? Perché improvvisamente sembra la cosa più giusta?

Sei comodo.” commenta Hinata, sfregando la testa sulla sua spalla come se si trattasse di un grosso cuscino.

Sei leggero.”

Gli sembra, attraverso la stoffa della camicia, di sentire la sua guancia scaldarsi.


Tieni.”

Takanobu osserva la madre entrare in camera con un vassoio di biscotti, succhi di frutta e cartoncini di latte in una mano e una pesante coperta nell'altra, per quella che è almeno la terza volta.

Posa il vassoio per terra, accanto alla pila di coperte da cui esce solo il viso di Hinata e lo avvolge senza grazia nel terzo strato, borbottando qualcosa mentre gli copre anche il naso e la bocca.

Il ragazzo sembra un minuscolo pulcino tutto occhi sbarrati, forse impressionato dal carattere brusco di quella donna minuta e di poche parole, seduto davanti al letto di Takanobu a cui è appoggiato il computer, ma scosta appena la coperta per sorridere alla donna.

Grazie! Sono buonissimi!” esclama, prendendo un paio di biscotti per sgranocchiarli non appena torna attento a quello che succede sullo schermo.

Ovviamente Takanobu non è riuscito a concentrarsi nemmeno un secondo sui compiti, compilando equazioni a sentimento e non controllandole nemmeno. Ora come ora vuole solo finire gli esercizi e raggiungere Hinata.

Il ragazzo ha cominciato a sentire freddo all'inizio del secondo set della prima partita, diventando un ammasso di coperte tremolanti non appena la madre di Takanobu l'ha visto, rimproverando il figlio in silenzio per non aver fatto niente prima.

Il treno?” domanda, posando la penna sul tavolo e sollevando entrambe le braccia per stiracchiarsi. Hinata non sembra distogliere lo sguardo dalla partita.

L'ultimo è alle sei e mezza. Per allora avrò capito tutti i vostri segreti!” sbotta entusiasta il ragazzo, esibendosi in una risata malvagia. A Takanobu sfugge una risata di naso e la nasconde in un finto attacco di tosse che però non sfugge al centrale della Karasuno, che si volta di scatto per guardarlo male. Tutto l'impegno del mondo non può nascondere il suo sguardo brillante e di nuovo Takanobu si sente tirare gli angoli della bocca.

Hinata sembra arrossire e decidere di non commentare, tornando alla partita.

Takanobu riprende in mano la penna, altri numeri più o meno casuali che vanno ad aggiungersi a quelli già presenti sul foglio.

Sai? Visto da qui il vostro muro è ancora più impressionante.” commenta il ragazzo dai capelli rossi, ancora concentrato sullo schermo. L'altro scrive zero, infinito e minore di cinquantasei tra parentesi casuali e chiude il quaderno, voltandosi stupidamente a guardare il muro prima di realizzare che non stava ammirando i poster degli atleti alle pareti.

Il calendario dei gattini proprio sopra al letto sembra guardarlo impietosito.

Takanobu sospira, spostando tutti i quaderni su un lato con un gesto della mano -lanciandoli in terra sarebbe un'espressione più giusta- per poi alzarsi e prendere il computer per posarlo al loro posto.

Hinata sembra fissarlo confuso per alcuni lunghissimi secondi, prima di strisciare in modo buffo sul pavimento e raggiungerlo. Appoggia la schiena al letto e lancia un'occhiata al ragazzo, che ora trema molto meno, ma che sembra comunque un pulcino fradicio. Le coperte lo avvolgono bene e Takanobu non sente tutto questo freddo, anzi. Continua a sentire il viso andare a fuoco e probabilmente il contrasto con i capelli dev'essere impressionante e spaventoso.

Hai ancora freddo?”

Mhm. Un po'.” borbotta Hinata, facendo emergere una mano dal cumulo di coperte per toccare la sua e fargli sentire fino a che punto è gelida.

Takanobu sobbalza, ritirando la propria e dandosi immediatamente dell'imbecille per il modo stupido in cui ha appena perso un'occasione. La mano di Hinata era lì, gliel'ha persino allungata di sua spontanea volontà, senza scappare gridando e...

Sei freddo. Vuoi...?”

Non sa nemmeno lui cosa stia proponendo. Sa che non è fattibile farlo diventare grosso come un pugno e nasconderselo addosso, ma vedendolo togliersi tutti gli strati di coperte sente uno strano sollievo.

Hinata si siede tra le sue gambe, con le ginocchia al petto e Takanobu sistema un'altra volta le coperte intorno alla sua figura minuta, sorridendo appena nel sentire la sua schiena che si rilassa e un sospiro sfuggirgli dalla bocca.

Non è proprio l'estremo che aveva immaginato, ma non se ne lamenta, nemmeno quando Hinata gli afferra i polsi per spostargli le braccia attorno.

Proprio come in treno, basta rilassarsi, smettere di pensare troppo ed abbandonarsi nel nido arruffato dei capelli rossi del ragazzo per stare meglio.

A risvegliarlo -con un sobbalzo e un lamento- è la vibrazione del telefono.

Lo schermo del computer è scuro e le dita di Hinata stanno tracciando linee immaginarie sul suo braccio. Non sa quanto tempo sia passato, ma reprime un grido nel rendersi conto che si è addormentato addosso a lui.

Afferra il telefono, attento a muovere un braccio solo ed apre assonnato la mail che gli è appena arrivata.

Sono felice di averti chiesto di uscire la prima volta. E di essere inciampato e caduto in quella fontana. Non so come funzionano queste cose, ma posso tenerti per mano? E puoi abbracciarmi ancora? Sei gentile e caldo e mi piaci tanto, Aone. (๑ •́ ₃ •̀ )

Per poco non si lascia scappare il telefono, ma gli va di traverso la saliva ed è costretto a tossire e rantolare per cinque minuti buoni mentre Hinata tenta di picchiettargli lo sterno con i palmi.

Cerca di nascondersi, tenendo il cellulare in alto mentre risponde con dita tremanti e cerca disperatamente una faccina che possa somigliare all'espressione devastata che si sente sul volto.

Sì. (●˙˙●)

Quella faccina è proprio bruttissima!” commenta Hinata, ridendo di gusto.

Sembra che abbia ripreso colore e vorrebbe sentirsi offeso, Takanobu, ma il ragazzo gli prende le mani e se le riporta intorno, lasciando che le dita si intreccino tra loro.

Mi piace anche quella.” confessa sottovoce, costringendolo a nascondersi sulla sua spalla, il cuore che batte all'impazzata.

   
 
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