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Autore: Sunako e Sehara    11/04/2009    4 recensioni
Sakura corre, sta cercando di sfuggire alle catene che la stringono alla gola. Arrivata ad una svolta cruciale ne sarà schiacciata oppure riuscirà a spiccare il volo e ad andare avanti? Sarà sola o qualcuno le sarà accanto? Scopritelo con me...
[Prima classificata al contest “Elementi e Catene” indetto da Hika_chan e vincitrice del Premio Oscar]
[Sunako]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiba Inuzuka, Sakura Haruno
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Sakura correva più forte che poteva, cercando di lasciarsi alle spalle tutto il casino che era la sua vita e quello che aveva appena saputo durante la discussione nell’ufficio di Tsunade.

Sakura-chan non sei felice? Abbiamo un’altra occasione, stavolta ce la faremo!
Come no, era proprio il ritratto della felicità! Per questo stava quasi morendo nel tentativo di allontanarsi il più in fretta possibile da Konoha, inoltrandosi tra gli alberi della foresta che la circondava, in direzione di un punto che conoscevano solo e lei e un’altra persona… beh forse tre… più o meno.
Ricordava ancora il giorno in cui lo aveva scoperto, o meglio glielo avevano mostrato, e alla sensazione che aveva provato. Aveva sgranato gli occhi e sorriso come una bambina prima che la sua solita maschera di perfezione calasse nuovamente, eliminando ogni espressione di meraviglia dal suo viso, ma grazie al cielo le era stata strappata via da quell’inaspettata persona e lei aveva ripreso a respirare liberamente e a potersi comportare per quella che era, almeno là poteva… esattamente come era accaduto un mese e mezzo prima.

Quel giorno sedeva sotto un albero, nascosta dal suo tronco, in un parchetto che all’una di pomeriggio di un assolato agosto era deserto e, proprio per quel motivo, si era rifugiata lì a piangere, non sapendo dove altro andare per essere lasciata in pace e sfogarsi come mai avrebbe fatto davanti a qualcuno.
Si teneva i pugni premuti contro gli occhi e si mordeva forte le labbra per non emettere suoni quando, all’improvviso, sentì qualcosa di umido sfiorarle il braccio. Allontanò di scatto le mani per fissare il colpevole, che scoprì non essere altri che un enorme cagnolone bianco che l’aveva sfiorata col suo nasone.
“Akamaru…?” mormorò incerta riconoscendolo e ricevendo in risposta una vigorosa abbaiata. Ma se c’era lui, allora anche…
“Akamaru eccoti!” esclamò Kiba apparendo e, vedendo la ragazza, il sorriso che aveva stampato in faccia si smorzò “Sakura ma che… tutto a posto?”.
“Certo che sì” sbuffò stizzita alzandosi mentre si asciugava il viso, vergognandosi da morire per essere stata beccata in un momento simile e proprio da lui, Kiba Inuzuka, uno dei ragazzi più rozzi, chiassosi e inopportuni di Konoha! Forse anche peggio di Naruto, già Naruto… con lui i problemi erano tutti altri.
“Ah sì, certo” disse scuotendo leggermente la testa mentre si chinava ad accarezzare il suo cane, in modo da non guardarla più in viso e darle il tempo di ricomporsi “piuttosto, ho saputo”.
“Saputo cosa?” domandò lei tagliente.
Cos’è che sapeva quel cretino? Forse che lei, Naruto, Sai e il capitano Yamato non erano riusciti a riportare indietro Sasuke? Che quest’ultimo, dopo quasi tre anni che non si vedevano, non aveva avuto un’idea migliore che quella di provare ad ucciderli e che alla fine Orochimaru lo aveva fermato, portandoselo via, lasciandoli lì come dei perfetti idioti? Bella scoperta, lo sapeva almeno la metà dei ninja del villaggio! E poi perché le diceva una cosa simile?
“Lo sai, è per quello che stavi così, no?” rispose lui per niente toccato, mentre continuava a passare le mani tra il pelo di Akamaru.
“E quindi?” ribatté sempre più acida.
“Quindi niente, solo vieni con me!” replicò avvicinandosi e prendendola per mano, iniziando a tirarsela dietro mentre correva con il cane alle loro calcagna.
“Kiba lasciami! Dove mi stai portando?” protestò lei, senza però fare niente di serio per fermarlo.
“Zitta e seguimi” rispose il ragazzo uscendo da Konoha e inoltrandosi nella foresta che la circondava, mentre la kunoichi decise di assecondarlo, sebbene non le piacesse assolutamente non sapere a cosa stesse andando incontro. Lei era un medico, doveva sempre avere tutto sotto controllo ed essere in ogni momento padrona di se stessa, altrimenti come avrebbe potuto continuare ad indossare continuamente la sua maschera di perfezione davanti a tutti quelli che contavano ciecamente su di lei, sulla sua forza, e che non poteva assolutamente deludere?

Non seppe quanto ci misero. Quel viaggio fu una specie di illusione, quasi come se vedere alberi, radure e fiumiciattoli sfrecciare velocemente tutt’intorno a lei fosse ipnotico; in fondo non doveva fare altro che lasciarsi trascinare, per una volta poteva anche permetterselo.
“Ecco siamo arrivati!”.
La voce alta e fastidiosamente allegra di Kiba la strappò dallo stato di semi-trance in cui era caduta e così, finalmente, si guardò attorno con attenzione.
Erano davanti ad una parete di roccia, alta all’incirca tre metri e alle loro spalle c’era la solita foresta, niente di spettacolare in fin dei conti. Allora perché quello scemo l’aveva condotta fin lì, voleva per caso farsi picchiare?
“Tutto qui?” chiese infine leggermente irritata.
Il ragazzo però non le rispose, anzi si rivolse al cane inginocchiandosi di fronte a lui.
“Ora tu sta qua da bravo, ok?” e al mugolio contrariato dell’animale aggiunse “lo sai che non puoi venire” dopo di che gli fece un’ultima carezza sulla testa prima di ricordarsi che era in compagnia anche di un essere umano e, per essere più precisi, di una kunoichi che non brillava certo per tolleranza!
“Adesso ci arrampichiamo, è semplice, basta solo che mi vieni dietro e metti i piedi dove li metto io” le spiegò brevemente.
“Perché dovrei?” domandò assottigliando gli occhi.
“Vedrai…” rispose semplicemente con un sorrisetto, per poi avvicinarsi alla parete di roccia e lasciare indietro una  Sakura piuttosto spiazzata; dov’era finito l’Inuzuka esagitato e sempre pronto a rispondere alle provocazioni? Chi l’aveva sostituito con questo tipo impassibile?
Il mondo stava decisamente andando a rotoli, ci mancava solo di vedere passeggiare l’Akatsuki nel bosco tutta saltellante, felice e piena di merletti e poi erano a posto, pensò scuotendo la testa ma seguendolo.
Come predetto, l’arrampicata fu semplice e, una volta sulla cima piatta e larga all’incirca mezzo metro del costone di pietra, Sakura guardò cosa celava allo sguardo e rimase senza fiato. Sotto di loro si stendeva una radura costellata di cespugli pieni di fiori rossi e, circondato da spunzoni di roccia, c’era un grande bacino naturale d’acqua così limpida che si poteva vedere facilmente il fondo della conca ma, la cosa che lasciava più stupiti, era il precipizio vertiginoso che metteva bruscamente fine a quel pezzo di terra e, dal cui bordo, si poteva abbracciare con lo sguardo tutta la foresta che si allungava giù per il dirupo e la vallata sottostante.
Sakura era senza parole e sentiva la bocca incurvarsi all’insù, in quello che doveva essere un sorriso genuino, merce rara di quei tempi.
“Bello, eh?” mormorò piano Kiba, ma la sua voce in quel silenzio assoluto risuonò più forte di un’esplosione.
“Niente di che” replicò secca la kunoichi ricomponendosi e riacquistando l’autocontrollo “ora che l’abbiamo visto ce ne andiamo?”.
“Certo che no! Scendiamo!” le rispose sorridendo il ninja iniziando a calarsi.
“M-ma…” balbettò lei osservandolo e rimanendo ferma lì, odiava ammetterlo e dargli quindi credito, ma stava veramente meglio. Forse era stata la corsa, forse era il trovarsi là al di sopra di tutto e di tutti, a farla sentire libera, quasi come se stesse volando, librandosi leggera in quel cielo azzurro… azzurro come gli occhi di Naruto. Bastò però quel semplice paragone a farle ripiombare addosso tutta la realtà e a riscuoterla dalla sua illusione così, senza indugiare oltre, scese anche lei mentre Kiba era già a terra, vicino all’orlo del precipizio, a contemplare la valle che si stendeva parecchi metri sotto di loro.
“Quando vengo qui mi sembra di essere il re del mondo” le disse quando lo raggiunse.
“Il solito esagerato e anche megalomane” lo rimbeccò Sakura ammirando anche lei il panorama e, indicando un punto in lontananza, domandò “ma quella laggiù non è Konoha?”.
“Sì, è il nostro villaggio, siamo piuttosto lontani” rispose il ragazzo, scrutandola attentamente e notando come i suoi piedi si avvicinassero sempre più al bordo, mentre le compariva sul volto un’espressione mesta e un po’ assente “di’, avrai mica intenzione di buttarti?”.
Sakura spostò lo sguardo prima su di lui e poi a terra, notando come dei sassolini si staccassero dalla parete rotolando giù… sempre più giù. Deglutì a vuoto continuando ad osservare la corsa di quei sassi, rendendosi improvvisamente conto che, se fosse avanzata anche solo di un altro centimetro, probabilmente il terreno sotto di lei sarebbe franato e avrebbe fatto la stessa fine.
Cosa le accadeva oggi? Prima si faceva trovare a piangere come la ragazzina isterica che aveva giurato di non essere più, e adesso si faceva beccare sul punto di raggiungere i suoi avi? Perché stava quasi per farlo? Perché il suo corpo stava segretamente tentando di compiere quello che la sua mente rifiutava con mille e più motivazioni razionali? Non poteva farlo, non poteva dare un dispiacere ai suoi genitori, alle persone che credevano in lei ma, soprattutto, non poteva prima di aver mantenuto la promessa fatta a Naruto. Anni prima gli aveva giurato che lo avrebbe seguito e aiutato per riportare indietro Sasuke e, a tale scopo, si era allenata duramente, credendoci con tutta se stessa che ci sarebbero riusciti. Tuttavia, durante l’ultima missione, qualcosa si era rotto in lei.
Quando aveva posato gli occhi su Sasuke, non aveva visto il vecchio compagno di squadra che, pur col suo modo di fare brusco e altezzoso, aveva dimostrato di tenere a loro in più di un’occasione. Il ninja, che in quel momento le si era stagliato di fronte, non era altri che una copia di Orochimaru, un freddo assassino che aveva provato ad ucciderli. Scioccata e rifiutando di credere a quello che vedeva, si era lanciata contro di lui per fermarlo, per implorarlo di smetterla ma, se non fosse stato per il capitano Yamato che si era intromesso, di sicuro ora non sarebbe stata ancora viva.
Da allora ci aveva pensato costantemente e aveva capito che, probabilmente, era troppo tardi. Sasuke non voleva essere salvato, non desiderava tornare quello che era stato, ormai lui era solo un morto che camminava, l’aura nera della morte lo avvolgeva.
Era stato un colpo terribile per lei, se le cose stavano così, per cosa si era impegnata in quegli anni?
Tutto le era crollato sulle spalle, minacciando di schiacciarla e stava per dire a Naruto che voleva mollare tutto, che per lei era troppo, quando lo aveva guardato in viso ed aveva notato che in quegli occhi azzurro cielo era riflessa una fiducia incondizionata nel futuro ed una muta richiesta:
“Sakura… ti ricordi ancora la nostra promessa?”.
E come poteva lei negarsi quando quel ragazzo aveva sempre fatto così tanto per lei? Semplicemente non poteva e quindi aveva annuito e sorriso, nonostante le catene che la tenevano legata al suo passato, a quello che era stato, iniziassero a stringersi un po’ di più attorno al suo collo bianco, permettendole di respirare sempre meno e in respiri sempre più veloci e superficiali… almeno fino a quel momento. Difatti, quando era stata sulla cima della parete di roccia, si era improvvisamente sentita bene, come se le catene avessero allentato la morsa, ma poi il pensiero le era caduto su Naruto e quindi si erano strette di nuovo, ed il loro peso era talmente gravoso che, inconsciamente, stava per lasciarsi andare giù da quel burrone.
“Ohi… Sakura?” la richiamò Kiba, vedendo con sollievo che indietreggiava ma rimaneva in silenzio.
“No, non ho intenzione di buttarmi” rispose esalando un sospiro ed andando ad ammirare i cespugli in fiore, meglio allontanarsi dalla tentazione, era più sicuro.
Il ragazzo allora si rilassò leggermente infatti, per tutto il tempo che era rimasto ad osservarla, era sempre stato pronto a scattare, preparato ad afferrarla al volo. Avrebbe potuto tirarla indietro subito ed evitare qualsiasi pericolo, ma aveva pensato che avesse bisogno di un attimo per riprendersi e siccome in fondo era preparato ad afferrarla al primo accenno di un gesto inconsulto, aveva deciso di non interferire. Lentamente la raggiunse e, con tono allegro per superare quel momento di tensione, disse:
“Beh, adesso inizia la parte migliore”.
“Che vuoi dire?” domandò lei, alzando lo sguardo per vederlo in viso dato che si era inginocchiata.
“Il bagno!!!” esclamò entusiasta avvicinandosi al bacinetto naturale tra le rocce.
“Il cosa…?!”.
“Il bagno” ripeté Kiba guardandola come se fosse un’aliena, cosa c’era di tanto difficile da capire? “Se non l’hai notato siamo sudati e fa un caldo atroce, mentre qui c’è una bella pozza d’acqua fresca… e poi è particolare sai…” continuò iniziando a spogliarsi.
“E cioè?” chiese lei leggermente incuriosita alzandosi.
“In pratica, non so perché, ma si galleggia meglio che nell’acqua normale ed è una gran figata!” rispose con un sorrisone.
Decisamente interessata da quel fenomeno scientifico, Sakura infilò una mano dentro il bacino per poi portarsela davanti alla bocca e leccarsi un dito, era salata. Un sorriso divertito le incurvò le labbra, il mistero era svelato.
“Vedi, quest’acqua è ricchissima di sali minerali quindi ha una densità maggiore e…”.
“Testa rosa, ti prego!” la interruppe subito il ragazzo con una smorfia di sofferenza dipinta in viso “non puoi prendere per una volta le cose come stanno, senza stare lì ad analizzarle? Rilassati, fai un bel respiro profondo e rilassati, ti ho portato qua per questo”.
“Beh che posso farci se non sono ignorante e cafona come te?” lo rimbeccò lei non dando a vedere quanto fosse stata colpita dalle sue parole. Quando spiegava qualcosa nessuno la interrompeva, e poi perché aveva detto che voleva farla rilassare? Cosa gliene importava?
“Felicissimo di esserlo!” rise il ninja incurante di quegli insulti.
“Solo perché sei… ehi! Ma che diavolo fai?!” gridò notando che si stava per togliere i boxer.
“Mi spoglio?” rispose lui.
“Sì, ma… quelli puoi lasciarteli” replicò la kunoichi un po’ spiazzata.
“Non ci penso proprio! Se me li bagno poi cosa mi metto dopo? E non venirmi a dire che ti vergogni, sei un medico, no? Non sarà mica la prima volta che vedi qualcuno nudo” disse deciso calandosi la biancheria.
Sakura rimase senza parole ad osservarlo. Quello che aveva davanti era un animale, un semplice animale libero che si comportava secondo l’istinto e che mai si sarebbe lasciato ingabbiare e, per tale motivo, lo stava invidiando enormemente.
“Allora ti muovi? Tocca a te e poi, se mi fissi così, inizierò a pensare che hai improvvisamente cambiato idea sull’Uchiha!” rise Kiba sbruffone.
“Che cosa dovrei fare io?” replicò, ritrovando l’uso della voce e piantando lo sguardo a terra col capo chino, in modo che i capelli le coprissero le guance rosse e gli occhi nuovamente lucidi nell’udire quel nome. Era da un pezzo che sapeva di non essere più innamorata di Sasuke, ma non l’aveva mai voluto ammettere anche se, dopo l’ultima missione, aveva dovuto fare i conti anche con quel fatto e nemmeno questo era stato semplice.
“Ti devi spogliare e fare il bagno, no?”rispose il ragazzo come se fosse una cosa ovvia entrando in acqua.
“Ma non ci penso proprio a spogliarmi davanti a te!” ribatté stizzita.
“E dai! Lo so che muori dalla voglia di tuffarti!”.
“Tzé, maniaco! Ti piacerebbe vedermi nuda”.
“Insomma… Hinata ha più curve di te, sono abituato a ben altro, quindi…” replicò indifferente facendo spallucce.
“Co-cosa?! Ma brutto screanzato!!!” urlò Sakura scattando in piedi ed agitando un pugno in aria “ora vengo lì e ti gonfio!”.
“Muoviti, che aspetti allora?” ribatté cercando di reprimere un ghigno divertito, lo sapeva che avrebbe reagito così.
Sakura, infuriata, si liberò dei vestiti sentendo il vento caldo solleticarle la pelle e, rimasta in biancheria, rimase a fissarsela un attimo.
“Oh, al diavolo!” disse togliendosi anche quella.
“Ora ti pesto!” esclamò entrando nell’acqua fresca e avvicinandosi al ninja, che però la scansò ed evitò agilmente tutti i suoi attacchi, senza più nascondere l’ormai evidente sorriso di divertimento.
“Allora se hai finito che ne dici di rilassarci?” propose Kiba dopo cinque minuti buoni ed evitando l’ennesimo pugno.
“E come maniaco?” domandò la ragazza, fermandosi con un po’ di fiato corto.
“Così testa rosa” rispose ridendo e mettendosi a fare il morto a galla “è una figata! Si galleggia ancora di più qui”.
“E smettila di chiamarmi testa rosa!” ribatté lei piccata.
“Va bene… testa rosa” ridacchiò chiudendo gli occhi per evitare di guardarla ancora visto che lo aveva già fatto abbastanza, anche se non aveva curve esplosive aveva davvero un corpo mozzafiato.
Sakura scosse la testa sospirando mentre anche lei si stendeva; ormai era in ballo, in qualche modo il cretino era riuscito a farle fare quello che voleva, quindi tanto valeva ballare.
Lentamente lasciò che ogni fibra muscolare del proprio corpo si distendesse e si lasciasse sostenere dall’acqua, che la sorreggeva molto di più di quanto un’acqua dolce avrebbe fatto e dando mentalmente ragione a quello sbruffone: era una figata!
Chiuse gli occhi e lasciò apparire sul proprio viso un sorriso, che non sparì nemmeno quando la mente si soffermò nuovamente sui propri problemi, in fondo la lingua batte dove il dente duole, no?
Però, in quel posto, le sue catene non potevano tirarla a fondo, non erano troppo pesanti perché c’era l’acqua a tenerla a galla e qualcuno di inaspettato che, senza chiedere nulla, l’aveva sorretta nel momento in cui era stata più fragile, tendendole quella mano che lei per testardaggine non avrebbe mai chiesto a nessuno.

“Hey, testa rosa, è ora di andare”.
La sua voce bassa e roca sussurrata nell’orecchio strappò Sakura dal mondo in cui si era rinchiusa, ma non fu un evento traumatico, bensì molto dolce e graduale. Si era completamente estraniata, non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato e, lentamente, ricominciò a prendere coscienza del proprio corpo galleggiante e di quanto la circondava. L’acqua continuava a lambirla, i palmi delle mani si erano raggrinziti, il sole baciava la sua pelle e alle sue spalle c’era Kiba che, vedendo che la ragazza non rispondeva, allungò le braccia per posargliele attorno alla vita e tirarla a sé per farla mettere in piedi.
“Che c’è, ti sei addormentata testa rosa?” la prese in giro.
“Più o meno” rispose lei, lasciandolo fare e poggiando la propria schiena contro il suo petto solido trovandolo piacevole, non era mai stata così vicina a nessuno.
“Bene, vuol dire che ti sei rilassata” mormorò posando le labbra sulla sua spalla.
“Kiba, perché hai fatto tutto questo per me? Non siamo amici, né ci conosciamo bene, eppure…” disse interrompendosi perché si era resa conto di quello che stava per aggiungere, ovvero che l’aveva capita al di sotto della sua facciata superficiale di serenità e compostezza, come nessuno aveva mai fatto.
In fondo adesso per tutti era Sakura, la degna allieva di Tsunade, la kunoichi dalla forza bruta e dalla poca pazienza, la ragazza innamorata di Sasuke che aveva promesso a Naruto di riportarlo indietro insieme e che doveva essere forte per non far morire quel sogno, sebbene questo significasse che non le era concesso essere nient’altro oltre quelle cose.
Kiba, pur non sentendo la frase completa o leggendole nella mente, sembrò intuire tutto questo e rispose di conseguenza:
“Perché ne avevi bisogno, perché se vuoi andare avanti come stai facendo, se vuoi essere ancora d’aiuto a Naruto e sostenerlo quando probabilmente accadrà il peggio con l’Uchiha, hai bisogno di staccare un po’ e riprendere fiato altrimenti soffocherai”.
“Già…” mormorò mentre una smorfia amara le si dipingeva in volto e, avvertendo improvvisamente freddo, prese le mani del ragazzo e se le poggiò sul ventre sentendosi subito meglio a contatto con quel corpo caldo, così vibrante di vitalità, sicurezza e libertà. Quest’ultima soprattutto era qualcosa di connaturato in Kiba, una cosa imprescindibile da lui, quasi che ne fosse impregnato fino al midollo e che emanava inconsapevolmente.
Rimasero così ancora un po’, dopo di che si decisero ad uscire dal bacino dove erano rimasti immersi un’oretta abbondante. Il sole asciugò la loro pelle, che però rimase salata per via di tutti i sali minerali disciolti nell’acqua e, infine, indossarono nuovamente gli abiti che coprivano i corpi nudi, le loro vere essenze.
Il viaggio di ritorno fu silenzioso, a parte Akamaru che ogni tanto abbaiava felice, e Sakura rifletté su quel lato delicato e dolce che inaspettatamente Kiba aveva rivelato di possedere. Stupidamente lo aveva giudicato sulla base di pochi indizi, anche se non poteva certo non affermare ancora che fosse rozzo, chiassoso e sbruffone… solo che c’era qualcosa in più.

Adesso, mentre correva nuovamente verso quel luogo magico, ripensava a tutto questo, alla prima volta che ci era stata, alla sensazione di leggerezza provata e a come aveva sentito quell’aria dolce scorrerle nei polmoni e nella gola, che adesso invece era strettamente serrata da quelle maledette catene invisibili che l’attorniavano. Era tutto un orribile incubo, non poteva essere altro.
Solo qualche settimana prima Naruto ci aveva quasi rimesso un braccio scontrandosi contro Kakuzu, uno dei membri dell’Akatsuki, e lei, che aveva dovuto curarlo, era riuscita a trattenersi a malapena dall’urlargli di farla finita con quella storia, di smetterla di pensare a Sasuke mentre lui la guardava con quei suoi puri occhi azzurri, ridacchiando sicuro di sé per aver acquisito quella nuova quanto micidiale tecnica del rasen shuriken, che invece non avrebbe più dovuto usare per la sua stessa salute. Quel ragazzo stava spingendo se stesso oltre ogni limite pensabile, e solo per uno stupido sogno in cui invece Sakura non credeva più, e che anzi la stava distruggendo ma che non poteva abbandonare.
Aveva giurato.
Quando Naruto finalmente si era ripreso dalla convalescenza, ci aveva pensato Tsunade a lanciarle addosso un’altra secchiata d’acqua fredda giusto quella mattina.
L’Hokage li aveva convocati e, senza troppi preamboli, aveva comunicato loro che Orochimaru era morto. Lo aveva ucciso il suo ultimo allievo, Uchiha Sasuke.
Sakura era agghiacciata a quella notizia perché, a differenza del suo amico biondo, aveva capito immediatamente che quello non era un segno dell’imminente spontaneo ritorno a Konoha del loro ex-compagno di squadra, quello era solo l’inizio dell’atto conclusivo della vita di quel giovane ragazzo. Sasuke si era dimostrato tanto spietato e potente da togliere di mezzo la serpe; evidentemente si sentiva abbastanza forte da poter rivaleggiare contro il fratello e, dopo il loro inevitabile scontro, sia che vincesse o che perdesse, c’era la morte ad attenderlo perché, con quel duello, avrebbe finalmente portato a termine la sua ragione di vita.
Questo Naruto non lo avrebbe mai compreso, i loro mondi erano talmente differenti! E, appunto per quel motivo, aveva strepitato contro Tsunade per capire perché il ‘Bastardo’, come lo chiamava lui, non tornava al villaggio e la donna, con pazienza, aveva cercato di farglielo intendere dopo di che, con l’intervento del maestro Kakashi, avevano delineato un nuovo piano d’azione, ovvero scovare l’Uchiha maggiore per trovare anche l’altro. A tale proposito avevano deciso di collaborare con un’altra squadra ed aveva fatto l’ingresso nell’ufficio dell’Hokage il team 8, la squadra di Kiba.
Sakura, che aveva stretto i pugni cercando di stare tranquilla durante quella conversazione, a quel punto aveva chinato il capo per non guardare l’Inuzuka e perdere definitivamente il controllo, sebbene avesse sentito addosso il suo sguardo penetrante per tutto il tempo che erano stati lì e mettevano a punto il piano.
Da quel giorno insieme in quella radura non si erano parlati molto, anche se quando si incrociavano si scambiavano lunghe ed intense occhiate; Kiba per cercare di guardare la vera Sakura al di sotto della sua armatura da impeccabile kunoichi, e lei osservando la sua libertà, bramandola e non riuscendo a staccare gli occhi dalla sua figura magnetica, quasi a cercare di strappargliene un po’ con lo sguardo. Ma ovviamente questo non era possibile, e lei si sentiva soltanto più frustrata e desiderosa di stargli accanto, di lasciarsi contagiare da lui, di essere guardata da quei caldi occhi scuri illuminati da pagliuzze dorate al posto di quelli azzurri a cui era abituata. Quegli occhi che la vedevano ancora come la ragazzina dodicenne, pura e piena di sogni, incapace di qualsiasi pensiero o azione meschina ed egoista, ignorando la donna che nel frattempo ne aveva preso il posto ed aveva iniziato ad anelare di essere considerata come tale, con le sue imperfezioni e desideri che ovviamente non erano più quelli di una dodicenne. Tuttavia non avrebbe mai avuto niente di simile da Naruto, per lui il tempo si era cristallizzato a tre anni prima e, se non aveva cambiato idea quando Sasuke l’aveva quasi ucciso nella Valle della Fine, chi era mai lei per riuscirci e strappargli via quel sogno di pace che stava perseguendo a tutti i costi? Tutto ciò la deprimeva solo di più e, dentro di sé, la voglia di spezzare quelle catene che la tenevano inchiodata al passato e la soffocavano cresceva sempre di più.
Per questo motivo cercava di non stare vicino a Kiba, lo evitava perché, nonostante lui in quell’occasione alla radura si fosse dimostrato gentile e dolce, rimaneva pur sempre un concentrato di istinto e libertà, e lei non sapeva cosa avrebbe potuto fare se si fosse ritrovata di nuovo da sola con lui. Avrebbe afferrato con tutte le sue forze la sua essenza cercando di placare il vuoto che sentiva dentro, o ne sarebbe semplicemente stata annichilita? Non era stata in grado di darsi una risposta. Al momento poi era talmente in subbuglio che, appena aveva potuto, si era dileguata cercando un qualche luogo dove stare sola e in pace, con la scusa di doversi preparare per la missione dell’indomani. Tuttavia non stava bene in nessun luogo, il villaggio le andava stretto e per questo era uscita al di fuori, iniziando a correre nella foresta, rendendosi conto solo in un secondo momento di dove le sue gambe la stessero portando, ma decidendo ugualmente di non cambiare destinazione. Per quale motivo avrebbe dovuto trovarlo là? Non aveva nessuna ragione per andarci, quindi poteva stare tranquilla… ma perché a quel pensiero una fitta di delusione le aveva attanagliato il petto?

Finalmente era arrivata e, ora che stava sulla cima della parete di roccia, si mise in piedi allargando le braccia, gustandosi il vento fresco e odoroso di pioggia che le sferzava la pelle umida per il sudore, sentendo l’aria scorrerle giù per la gola, leggermente più libera dalla morsa perenne che l’attanagliava.
Rimase lì a lungo, senza fare altro che respirare e reggersi in equilibrio su quel costone di pietra a tre metri dal suolo, registrando solo distrattamente tutto ciò che la circondava, concentrandosi soltanto sulle sensazioni che le inviava il proprio corpo. Alla fine riaprì gli occhi che aveva chiuso e si apprestò a scendere per raggiungere la radura, che era proprio come se la ricordava: il bacino d’acqua incastonato tra le rocce, i cespugli ancora carichi di fiori ed il precipizio che contornava quel piccolo pezzo di paradiso.
Arrivata a terra, si guardò attorno e decise di andare a guardare meglio i fiori, dato che l’altra volta non era riuscita a capire di che specie fossero. Inginocchiatasi davanti ad un cespuglio, portò in avanti la testa per annusarli, l’odore era dolce, forse anche un po’ troppo tanto che tirò subito all’indietro il viso starnutendo un paio di volte. Tuttavia quel piccolo incidente non la fece desistere, ed allungò la mano per coglierne uno ed osservarlo attentamente però, via via che lo fissava, sentì una sensazione di malessere nascerle dentro. Continuò a guardarlo, cercando di comprendere il perché e, quando lo capì, un’ondata di disgusto talmente forte da farla tremare e girare la testa la avvolse completamente.
Era il colore.
Quel maledetto rosso come lo sharingan, come tutto il sangue che aveva visto versare, era esattamente la stessa tonalità… come aveva potuto non accorgersene prima?
Lentamente ma con determinazione strinse il palmo a pugno, schiacciando il fiore dopo di che iniziò a strappare via quelli ancora più attaccati ai rami. Dapprima con calma e poi sempre più freneticamente, senza curarsi delle spine dei rami che la graffiavano, delle lacrime che le scorrevano sul viso, o del fatto che aveva iniziato ad urlare sempre più forte, finché non sentì due forti braccia stringerla da dietro.
“Sakura, calmati”.
Perché diavolo era lì? Perché doveva beccarla sempre con i nervi a pezzi ma, soprattutto, cosa avrebbe dovuto fare lei ora?
“Sakura, per favore girati e guardami” mormorò nuovamente Kiba nel silenzio che era calato su di loro, attendendo che lo facesse ma alla fine, spazientito, mise le mani sulle sue spalle e la voltò incontrando quegli occhi verdi e grandi, ancora più splendenti a causa delle lacrime. Improvvisamente avvertì qualcosa dentro di sé rompersi dinanzi alla visione di quella ragazza, non più una kunoichi ma solo una ragazza, che cercava disperatamente di tenersi a galla e barcamenarsi come meglio poteva in quel casino che era la vita. La trovò ancora più dolce ed indifesa della timida Hinata e sentì la voglia di proteggerla così, istintivamente, abbassò il viso per asciugare le sue lacrime con la propria bocca, bevendo il suo dolore.
Sakura, nel sentire le sue labbra calde contro la propria pelle fredda, sussultò piano e qualche cosa dentro di lei si sciolse e, senza pensare se fosse o meno giusto, seguendo solo per una volta quello che il corpo le suggeriva, spostò leggermente il volto verso di lui per baciarlo. Quello era il primo che dava ed aveva il sapore delle lacrime, non era esattamente così che l’aveva immaginato tuttavia, quando avvertì una scarica di adrenalina e di eccitazione diffondersi nei muscoli, non lo rimpianse nemmeno un po’ e, sentendo che lui non la scostava, né si ritraeva, lo approfondì dischiudendo le labbra e azzardandosi ad intrufolare la lingua tra le sue.
Nemmeno Kiba si soffermò a pensare sul significato di quel gesto, ma seguì solamente il proprio istinto e la voglia del momento, così si ritrovò a ricambiare quel bacio con intensità sempre crescente, mentre la stringeva forte sentendola tremare leggermente.
In effetti Sakura si sentiva percorrere dai brividi, ma non di freddo, né paura, semplicemente quel bacio era la cosa più eccitante e liberatoria che avesse mai provato. Prendere coscienza del calore dell’altro così vicino a sé, della morbida carne della bocca dal sapore sconosciuto cedere sotto la pressione della propria e di quelle braccia che l’accoglievano facendola sentire al sicuro, era un qualcosa di sconvolgente.
Quando il contatto si sciolse, rimase ancora un attimo con le palpebre serrate a gustarsi quelle sensazioni che già le stavano sfuggendo di mano e, quando riaprì gli occhi e li posò su quelli del ragazzo, li trovò così caldi e brucianti di desiderio che si chiese come apparissero i propri in quel momento. Anche lei aveva quell’espressione così languida sul viso? Solo lei desiderava baciarlo ancora e sentire tutto il suo calore?
Quelle domande non dovettero aspettare a lungo una risposta, poiché Kiba si allungò nuovamente per baciarla e, nel contempo, farla sdraiare sulla nuda terra salendole sopra, senza chiederle il permesso, se poteva o sciocchezze simili, gli era bastato guardarla per capire che volevano entrambi la stessa cosa, forse per ragioni diverse ma non era importante, non al momento.
Sakura lo lasciò fare, inebriata dalla sensazione di avere un corpo maschile, duro e muscoloso premuto contro il proprio che, seppur tonico, era decisamente più morbido. Inoltre la sua bocca la stava facendo impazzire, così come quelle mani che vagavano su di lei, alzando vestiti, abbassando zip e arrivando finalmente alla pelle regalandole nuovi brividi di piacere intensi.
A quel punto, mettendo fine al bacio, anche lei iniziò a spogliarlo, osservando il suo fisico perfetto e abbronzato sopra di sé che si muoveva per iniziare ad assaggiarla, con una frenesia, un’intensità che pareva quasi volersi cibare di lei. Ed era questo che Sakura agognava. Voleva che Kiba… sì, proprio Kiba Inuzuka, il cafone esagitato di Konoha che nascondeva anche un lato dolce e gentile, la prendesse, la permeasse di sé, del suo odore, della sua essenza di libertà che sprigionava da ogni poro. Doveva entrarle nell’anima, voleva che le donasse la libertà interiore che la rendesse capace di sostenere e fronteggiare il peso delle catene che era costretta a portarsi dietro. Sapeva che non avrebbe mai potuto spezzarle, né voleva; per quanto fosse difficile o ormai non ci credesse più, aveva fatto una promessa a Naruto e gli voleva troppo bene per non mantenerla o semplicemente per non stargli vicino. Però se fosse riuscita ad avere almeno un solo momento di pura libertà, lo avrebbe conservato dentro di sé, come un piccolo globo di preziosa luce che l’avrebbe aiutata a non barcollare e a farsi strada nelle tenebre fitte che l’attendevano. Quelle tenebre che avevano lo stesso colore degli occhi di Sasuke.
Così, stesa su quella terra, in quel luogo in cui esistevano solo loro due, per una volta Sakura pretese, fu egoista, volle che lui la amasse con tutto se stesso, che le donasse un paio d’ali con cui volare nel cielo e che niente e nessuno avrebbe mai potuto strapparle via.
Gli ansiti, i gemiti rochi dei due amanti riempirono la radura, entrambi erano posseduti da un’estasi totale, da un bisogno profondo che li spingeva a cercarsi con urgenza.
Le mani, la bocca, la lingua di Kiba vagavano su quel corpo chiaro e morbido febbrilmente, senza lasciargli tregua e Sakura gli rispondeva con la stessa intensità, non aveva mai provato tali sensazioni e si chiedeva se si potesse impazzire dal piacere. Quando lui finalmente la penetrò, sgranò gli occhi dal dolore e piantò le unghie nella sua schiena ampia e forte. In quel momento la sua mente era in tilt, sapeva solo di non aver mai provato una sofferenza totalizzante come quella ed era solo vagamente consapevole di come il ragazzo stesse aspettando per muoversi, continuando nel contempo a vezzeggiare il suo viso con carezze e teneri baci. Finalmente il dolore scemò per lasciare posto ad una sensazione di completezza, di giustezza… sì, era giusto così. Ora ne era completamente certa.
Piano Kiba iniziò a muovere il bacino vedendo che si era rilassata e, quando anche lei iniziò a corrispondere le sue spinte invocando con voce spezzata il suo nome, aumentò gli affondi. I due corpi si muovevano all’unisono e, sebbene fosse la prima volta che si conoscevano, riuscirono ad adattarsi perfettamente l’uno all’altro, come se non avessero aspettato altro fino ad allora.
Sakura sentiva nascere dentro di sé un piacere struggente, le pareva che le crescesse dentro una bolla di puro miele, tanto era dolce, e aveva paura che una volta che fosse esplosa di lei non sarebbe rimasto più nulla. Le emozioni che provava erano talmente intense che non si accorgeva di nient’altro, nemmeno della schiena che sfregava contro la terra e veniva graffiata dai sassolini, tutta la sua mente era rivolta a Kiba e all’atto che stavano compiendo assieme, fusi in un unico essere.
La passione li divorò e alla fine, quando all’apice li dilaniò con le sue dolci fauci, entrambi gridarono il nome dell’amante, ed il ragazzo godette osservando la compagna inclinare la testa all’indietro e inarcarsi sotto di lui per il piacere che le aveva donato. La osservò ancora un po’, inebriandosi di tale visione, stentando quasi a credere che ciò che era appena successo non fosse un’illusione dopo di che, ancora ansimante, si lasciò ricadere esausto al suo fianco.
A quel modo però scivolò fuori da Sakura e lei si sentì di colpo terribilmente vuota, sebbene la sensazione meravigliosa di appagamento persistesse fortissima.
I due non parlarono, rimasero semplicemente lì, sdraiati di fianco, in silenzio, sulla terra nuda che sotto al bacino di Sakura si bagnava del suo sangue virginale e del piacere di Kiba, ma a cui la ragazza non diede alcun peso. Era troppo impegnata ad assaporare quella nuova esperienza che l’aveva finalmente resa donna in tutto e per tutto, donandole una nuova forza e una nuova consapevolezza di sé. Le ali e quel piccolo frammento di libertà che lui le aveva donato in quel momento di commistione appena conclusosi, l’avrebbero aiutata ad andare avanti e a sopportare il peso delle catene che si trascinava dietro, fino a che avrebbe dovuto. Queste non l’avrebbero più soffocata e avrebbe imparato a sopportarle, a farle amiche, lo avrebbe fatto per Naruto ma soprattutto per sé, per essere una persona migliore, più matura e forte e perché in fondo l'uomo è nato libero, ma dovunque è in catene.
Nessuno si può sottrarre a questo destino.



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Rieccomi qui a distanza di pochi giorni da un altro contest a pubblicare una nuova storia e anche stavolta sono arrivata prima e ho ricevuto anche il premio oscar! Non riesco veramente a crederci!!!
Questa one-shot ha per me un significato particolare e purtroppo ho l'impressione di non averla sviluppata al meglio, che le manchi qualcosa quindi adesso vorrei spendere qualche parola per parlarvene, vi prego di leggere:
La storia come avrete capito è ambientata nello shippuuden dopo l'irruzione nel covo di Orochimaru, insomma dopo il primo incontro con Sasuke che ha lasciato un'impronta molto profonda in Sakura. All'inizio abbiamo lei che corre e poi ricorda in un lungo flashback il giorno in cui Kiba l'ha portata alla radura e anche dopo è un alternarsi di presente e suoi ricordi perché la protagonista è lei, tutto ruota intorno al suo asse, infatti come avrete notato i pensieri di Kiba sono pochissimi; tutto è visto dall'ottica di Sakura a cui ho dato una mia personale lettura.
Abbiamo visto tutti quanto sia maturata nella seconda seria ma in questa storia l'ho dipinta un po' più fragile, tanto che l'incontro con Sasuke le fa addirittura cambiare idea sul riportarlo a Konoha, se va avanti è solo per la promessa fatta a Naruto e l'affetto che nutre nei suoi confronti. Tuttavia questa situazione la schiaccia, sta lentamente prendendo il sopravvento e qui entra in gioco Kiba che portandola per la prima volta alla radura le da modo di prendere un po' d'aria, di staccare un attimo e infatti grazie a questo Sakura va avanti. Quando però la situazione si complica, non le basta la radura ha bisogno che Kiba le dia qualcosa in più, un frammento della libertà di cui il ragazzo è intriso. Il rapporto sessuale l'ho visto più come una metafora, una crescita di Sakura che dopo essere entrata in contatto così profondamente con Kiba riesce a strappargli un pezzettino di quella forza e libertà che lei manca e a questo punto la sua crescita è completa e può spiccare il volo. Ora è diventata in tutto e per tutto una donna e quindi può andare avanti senza più essere schiacciata dalle catene del suo passato perché, benché non abbia cambiato idea su Sasuke e lo faccia sempre solo per la promessa fatta a Naruto, imparerà a conviverci e a sostenerle essendo adesso più matura.
Insomma a grandi linee l'idea era questa, forse vi sembrerà una stupidaggine, anzi molto probabilmente, infatti ancora non so come ho fatto ad arrivare prima XD sì, l'autostima fa faville con me XD
Se avete letto fin qui avete tutta la mia ammirazione, so quanto posso essere pesante e complicata XD giusto altre due cose: quando ho descritto la radura al di là della parete di roccia, ecco quella è un'esperienza che ho fatto personalmente. Certo nella realtà era diversa, l'ho dovuta adattare alla storia però spero di essere riuscita a trasmettervi quello che ho provato attraverso Sakura.
La frase finale in corsivo non è mia ma di Jean Jacques Rousseau.
Ora vi lascio sul serio e vi auguro anche buona Pasqua, mi fate un regalino e me lo lasciate un commentino? Vorrei veramente sapere cosa ne avete pensato, mi fareste felicissima!
Questo è il giudizio della giudice Hika_chan (a dispetto del nick quasi uguale non ci conoscevamo prima di questo contest XD) e i banner:


Originalità 9,5/10:
Il pairing mi ha colpita immediatamente e cimentarmi in un banner così crack ha aumentato il mio divertimento!! (è la prima volta che faccio i banner quindi mi sto divertendo a sperimentare, chiedo pietà)
Mi ha colpito anche l'ambientazione, non tanto per il tempo ma per il luogo in cui riesci ad immergerti.
La fantasia usata in questa FF colpisce molto. Sinceramente non mi aspettavo una storia d'amore “felice” come questo. Capisco di non essermi spiegata troppo, magari se vuoi fammi delle domande più mirate e saprò risponderti meglio. Questa storia mi ha lasciata veramente senza parole...

IC dei personaggi 3,5/5:
Sakura l'ho trovata un po' OOC. Poi è si giustificata dalla maschera e dalle catene, ma i suoi pensieri verso Sasuke non li ho trovati propriamente IC. Kiba è forse un po' troppo serio rispetto alla sua personalità originale, ma non sono mancate le parti in cui il suo IC sorge.


Descrizioni 9/10:
Presenti. Indubbiamente presenti. Riescono a farti immergere nella storia alchè alla fine rimani senza fiato. Anche il fatto del collegamento dei fiori allo Sharingan... Non c'è molto da dire, ci sono e mi sono piaciute veramente tanto.

Ortografia 10/10:
Non ho riscontrato errori. Non credo ci sia altro da dire.

Attinenza all'argomento 8/10:
Le catene sono presenti, ma chiare solo in due punti. La frase finale mi è comunque piaciuta.
Gli elementi invece li ho trovati più presenti delle catene. Gli elementi sono comunque presenti nelle descrizioni quindi l'acqua, la terra e persino fiori, cespugli e rocce sono evidenti.

Totale 40/45

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