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Autore: SerenaTheGentle    22/05/2016    1 recensioni
Amanda è una ragazza semplice e riservata, che concede difficilmente qualcosa a se stessa, ma convinta dalla sua migliore amica decide di fare un viaggio e di andare a trovare sua zia in montagna.
Proprio lì, nel posto più improbabile del mondo e nel modo più strano possibile incontra la persona che mai si sarebbe aspettata di trovare e che mai si sarebbe aspettata di imparare ad amare.
Edmund è un ragazzo di origini nobili e di famiglia molto ricca. Se ne frega dei suoi genitori e grazie ai soldi che i suoi nonni gli elargiscono fa spesso come gli pare. Ma arriva un punto in cui la vita lo mette di fronte a fatto compiuto e il signorino dovrà imparare a sostenersi con le proprie gambe. Lassù in una piccola casa sperduta in mezzo alle montagne avrà ciò di cui ha davvero bisogno e scoprirà di non sapere quanto una cosa sia importante quando non ce l'hai più.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 36        

Pov Honor

Erano secondi, minuti, ore che aspettavo quel momento. Ci avevano chiamato dicendoci che lui era ancora vivo.
Lui era vivo.
Lui non mi aveva abbandonata.
Lui era ancora lì con me.

Li avevano trovati verso le cinque di pomeriggio, il giorno dopo l’incidente. Fortunatamente il mal tempo non si era prolungato così a lungo e la forestale ha avuto modo di agire in tempo grazie al dispositivo di localizzazione del suv. Ci hanno raccontato che Edmund, per proteggere Amanda, aveva un braccio teso verso il suo torace, nonostante ciò lei sanguinava molto di più rispetto a lui. I loro vestiti erano pieni di sangue e con il freddo che c’era hanno rischiato di morire assiderati.

Josh ed io ci precipitammo all’ospedale. Man mano che ci avvicinavamo sentivo il mio cuore battere forte e non capire più niente. Mi sembrava che il tempo si fosse fermato e che adesso l’unica cosa che riuscivo a vedere era lui. Più ci avvicinavamo, più sentivo qualcosa che mi tratteneva e non mi lasciava pensare, parlare, urlare. Josh mi stava aiutando a camminare, non ci stavo più capendo niente.

-Honor!- mi riprese lui. Mi stava guardando dritto negli occhi. –Devi essere forte! Lui sta bene!- misi la mia mano nella sua e mi lasciai accompagnare dentro.

Non so cosa avrei fatto senza di Josh. Chiese tutte le informazioni possibili ed immaginabili, e alla fine trovammo mio fratello. Prima di entrare guardai Josh negli occhi e lui mi diede un bacio veloce sulla fronte. Era quello di cui avevo bisogno: tranquillità.

Nella stanza trovammo mio padre vicino al letto che occupava Edmund e mia madre seduta dalla parte opposta con le lacrime agli occhi e un fazzoletto nella mano. Andai ad abbracciarla e rivolsi un'occhiata dispiaciuta a mio padre. Gli avevo detto molte cose cattive il giorno prima, ma si sa, la rabbia fa fare cose che non vorresti fare.
Faceva quello a cui non importava niente del figlio, ma alla fine teneva a lui più di ogni altra cosa, come tutti i padri.

-Cosa hanno detto i medici?- chiese Josh cercando il mio sguardo e successivamente quello di mio padre.

-Hanno detto che sta bene, solo una storta alla caviglia e una costola incrinata. La cintura di sicurezza ha premuto troppo sulla gabbia toracica che una costola si è incrinata. Per il resto sta bene.- mio padre non testimoniò alcuna emozione e non vidi uscire lacrime dai suoi occhi. Forse aveva pianto prima, ma non voleva mostrarsi debole di fronte a noi.

Un dottore sulla quarantina entrò riportando dentro una cartella rossa.

-Non preoccupatevi, potete andare. Non appena si sveglia vi chiameremo.- ci disse sistemandosi gli occhiali e uscendo dalla stanza, precedendoci.

-Io vado. Fammi sapere quando si sveglia.- mi disse mio padre, volgendo un ultimo sguardo a suo figlio. Uscì dalla stanza e mia madre insieme a lui. Non l’avevo mai vista piangere né sorridere. Non avevamo mai avuto un buon rapporto, o meglio, non avevamo mai avuto alcun tipo di rapporto. Era mia madre solo sulle carte, per il resto era quasi una sconosciuta.
Mi avvicinai a mio fratello e presi una sua mano. La accarezzai e poi posai un lieve bacio sul palmo.

Josh appoggiò le sue mani sulle mie spalle e iniziò a farmi un leggero massaggio. Unii le nostre mani e continuai a guardare Edmund.
-Io penso che ci manderebbe a quel paese solo per il fatto che ci “coccoliamo” a vicenda, anche in una situazione del genere.- mi sussurrò il mio ragazzo abbassandosi alla mia altezza e mimando quel “coccoliamo” .

-Lo credo anche io.- sorrisi un po’ e la tensione iniziò a sparire.
 
-Oppure manderebbe a quel paese solo me per colpa di alcuni miei atteggiamenti nei tuoi confronti di
fronte alla sua regale persona.- Josh sorrise e io invece ridacchiai un poco.
 
La mano di Edmund si mosse leggermente, ma io ero troppo impegnata a pensare positivo per potermene accorgere.
 
Uscimmo sotto espressa richiesta del dottore e chiedemmo dove avremmo potuto trovare Amanda.

-Siete dei parenti?- ci chiese l’infermiera che trovammo fuori dalla stanza di mio fratello.

-No, però siamo amici molto cari di Amanda.- risposi immediatamente. Non credevo che Amanda avrebbe mai potuto considerarmi un’amica, ma io avrei tanto voluto condividere quelle cose che due amiche condividono e sapevo che con lei mi sentivo tanto bene. Con lei ci sarei riuscita meglio che con chiunque ragazza che conoscevo.

-Stanza numero 46.- il numero preferito di Edmund! Si trovava a due porte dopo la sua.
Entrando, non mi colpì vedere Amanda con molti più tubi attaccati rispetto ad Edmund. Le dovevano aver fatto una trasfusione molto grande visto che aveva perso molto sangue. Non era messa molto meglio rispetto ad Edmund. Anche lei aveva un labbro spaccato e una ferita visibile sul braccio. Matilde era seduta vicino a lei e le teneva una mano.

-Come sta?- le chiesi andando ad abbracciarla. La donna, come mia madre, iniziò a piangere ed io cercai di non farlo. Josh mi sorrise preoccupato e Matilde mi strinse di più a se. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e probabilmente non aveva avuto modo di farlo.

-La mia bambina...- mi sussurrò tra una lacrima e l’altra Matilde. –… sta bene.- la pittrice mi guardò ed io capii che non era vero al cento per cento.

-Matilde! Non mi mentire, ti prego.-

-Ha perso molto sangue piccola mia...- le lacrime scendono orami copiose. La abbraccio velocemente e le sussurrai che andrà tutto bene.

Deve andare tutto bene.


Pov Edmund

Mia sorella era stata in quella stanza. Mi ricordavo ancora il suo profumo. Glielo avevo regalato per il suo compleanno, poco prima della festa in montagna.

Aspetta un secondo... Honor?
Che cavolo ci fa mia sorella qui?
La domanda giusta da porsi è : che cavolo ci facciamo qui?
Ma più che altro, dov’è “qui”?
A me lo chiedi? A me sembra una stanza.
Che genia che sei...
Modestamente...

Ero in una stanza, legato a mille tubi e con un collare al collo.

Oh mio Dio!Sono paralizzato!
Scemo... Se muovi braccia e gambe è ovvio che non sei paralizzato...
Giusta osservazione!
Idiota!

-Signor Grandi. Vedo che si è svegliato.- mi disse un uomo sulla quarantina con un camice bianco. 

-Dove mi trovo?- chiesi perso, continuando a guardarmi intorno.

-In ospedale. Ha avuto un incidente. Ricorda qualcosa?- era un medico dunque.

-Dov’è Amanda?- avevo immagini confuse di noi due. Immagini che mi piacevano, immagini che mi riscaldavano il petto.

-Amanda?- il dottore pareva confuso. Ecco perché non bisogna fidarsi, dovrebbero sembrare sicuri e invece sono sempre confusi!

-La ragazza che stava con me.- specificai leggermente alterato, anche se non sembrava visto che ero molto debole.

-Sta bene. È a due stanza dalla sua.- mi sorrise e si sistemò gli occhiali, ma io non gli credetti lo stesso.

-Certo che ce ne avete messo di tempo a trovarci! Due settimane sono passate! È impossibile che fossimo così lontani!- per il dottore ero di certo pazzo, visto come mi guardava.

-Signor Grandi, lei è stato ritrovato ieri pomeriggio. L’incidente è avvenuto due giorni fa.- il mio cuore iniziò a battere più del dovuto e me ne accorsi subito perché il “bip” incessante di quella maledetta macchina stava diventando via via più veloce.

-Come è possibile?- sussurrai appena, infatti quell’idiota pensò bene di darmi un calmante.

-Non si deve agitare...- lo interruppi subito. Non mi dovevo agitare? Ero convinto di aver passato due settimane in montagna, con quei due vecchi del cazzo e un pazzo furioso uscito dal manicomio! Mi veniva detto che mi avevano ritrovato da un giorno e dovrei stare calmo? Ovvio.

-Se questo è uno scherzo, giuro che vi prendo a calci in culo a tutti!-

-Purtroppo non si tratta di uno scherzo Signor Grandi.-

-E la smetta di chiamarmi così! Mi fai sentire vecchi porca miseria!-

-Probabilmente la sua mente ha elaborato delle allucinazioni dovute a cause esterne e magari...-

-No! Io ho vissuto due settimane su quella cazzo di casetta! Ho sopportato il freddo e due vecchi da manicomio solo per Amanda e con Amanda. Ora tu mi vieni a dire che è stato tutto un sogno, ma io ti dico che è stato un sogno incredibilmente reale.- il calmante stava facendo effetto perché mi sentivo più stordito di prima! Vaffanculo ai medici! Comodo abbattere uno che non capisce come cavolo sono passati due giorni quando pensa che ne siano passati quattordici!

-Credo che non sia il momento giusto per parlare di questo. Meglio se la lascio riposare. Avvertirò la sua famiglia della sua ripresa.- il dottore se ne andò e  mi lasciò solo con i miei pensieri.

Ero convinto che qualcuno ci avesse salvato nella neve, dopo la corsa che avevamo fatto per la salvezza.

E Amanda? Mi ricordo del sangue e delle sue ultime parole.

"Ti amo” aveva detto...

Non potevo essermi immaginato tutto!


Angolo Autrice
Salve a tutti! Come vedete in questo capitolo le cose vengono sconvolte un pochino e non era nemmeno come io mi immaginavo la fine della storia. Ovviamente questo non è l'ultimo capitolo, ma ci stiamo avvicinando piano piano alla fine della storia. 
Fatemi sapere le impressioni e se volete potete anche mandarmi a quel paese!
Vi auguro una buona serata e al prossimo week-end!
   
 
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