La Complainte
de la Butte.
Dixieme Chapitre:
Moonlight, turn your face to the moonlight
Let your memory lead you,
Open up enter in.
If you find there
The meaning of what happiness is
Then a new life
Will begin.
Qualche sera prima, annoiata, aveva
scovato nell’immensa collezione di DVD del suo coinquilino, la registrazione di
CATS. L’aveva infilata nel lettore, curiosa di vedere quel musical di cui aveva
tanto sentito parlare, e di cui conosceva solamente Memory, la canzone più famosa.
Ne era rimasta letteralmente ammaliata.
Aveva trovato le musiche stupende, le parole sublimi, le coreografia
meravigliose. Cosi si era fatta scaricare la colonna sonora e l’aveva inserita,
in ripetizione, nella musica di sottofondo che ascoltava in negozio. In poche
ore d’ascolto, la sapeva praticamente a memoria, e canticchiava in
continuazione, mimando le gesta degli interpreti quando era da sola.
Non sapeva se fosse merito della musica
o del bel tempo fuori dalla vetrina del negozio, oppure degli ormoni in
circolazione, o tutte quante queste cose messe insieme, ma quel giorno si
sentiva davvero in forma. La nausea sembrava averla abbandonata, e l’appetito
si era prepotentemente impadronito di lei. La scorta personale di yogurt alla frutta
di Jakotsu era stata spazzolata in poche ore. Ma era
sicura che il suo amico avrebbe capito, e poi, comunque, glieli avrebbe
ricomprati quella sera stessa. E poi
aveva anche venduto un altro dei suoi quadri: La cupola del Sacre Coeur illuminata dal sole del tramonto.
Specchiandosi in una vetrinetta, che
stava pulendo dalle ditate di un cliente appena uscito, si trovò davvero bella.
La pelle del viso era più luminosa e fresca. Non aveva nemmeno più l’ombra di
una singola occhiaia, e anche i capelli erano più brillanti. E poi c’era la
pancia, che stava prepotentemente spuntando e che giorno in giorno le regalava
la sorpresa di un vestito più stretto. Due giorni prima, per mancanza d’altro,
si era dovuta infilare una camicia di Jakotsu. E
l’inquilino della panciotta tonda non faceva altro
che scalciare e attirare la sua attenzione. “Se sei un maschietto, sarai di
sicuro un calciatore. O forse un Rugbista. Cos’era, una spallata quella che mi
hai dato prima?” gli disse. Già un paio
di clienti le avevano fatto gli auguri e si erano complimentati per il suo
stato interessante.
Se
solo Sesshomaru mi vedesse ora… pensò,
sospirando. Poi si riscosse: bando alla mestizia! Quel pomeriggio l’esserino nella sua pancia avrebbe avuto finalmente un sesso
e, forse, anche un nome. “Finalmente la
smetteremo di fare i misteriosi, eh?” Aggiunse, accarezzandosi il ventre.
Jakotsu entrò
baldanzoso dalla porta, squittendo un “Ciao Tesoro!” decisamente allegro.
Splendida cosa, e anche abbastanza rara, essere entrambi di buon umore nello
stesso momento.
“Ma ciao, cara” rispose Kagura con un sorriso. “Ho
una buona e una cattiva notizia per te. La buona è che mi sento davvero in
forma strepitosa. La cattiva è che i tuoi preziosi yogurt con lo zero per cento
di grassi sono misteriosamente scomparsi”
Il ragazzo spalancò la bocca più che
poteva “Tutti?” Si gettò verso il
piccolo frigobar nel retrobottega per controllare di persona, emettendo un
sibilo scontento. “Ne hai mangiati CINQUE in un colpo solo??”
Lei annuì, colpevole. “una buona cosa
che io abbia appetito, no?”
“MA!Il gusto fragola era il mio
preferito!”
“Anche quello del bambino! Dovevi sentirlo,
si muoveva tutto contento!” Batté una mano sulla spalla dell’amico, che
continuava a guardarla contrariato, borbottando qualcosa sulla sua dieta
interrotta.
“Jackie,
smettila con questo piagnisteo o mi verrà il mal di testa. E sai cosa mi
succede quando ho il mal di testa, vero?”
“Sbagli
candeggio al bucato e mi rovini la sciarpa di Hermès.”
La
donna rise di gusto. “Bravo, vedo che hai imparato la lezione.” Prese la
borsetta e si avviò verso l’uscita. “Fai il bravo in mia assenza, mi
raccomando.”
“Sicura
di non volermi con te, questa volta?” gli domandò, sentendosi in colpa, il
ragazzo, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Lei
scosse la testa, sorridendo dolcemente. “Devi fare un book fotografico molto
importante. E non puoi perderlo, calcolando le spese che dovremo affrontare.
Non c’è problema per me andare da sola”
“Promettimi
che ti farai scrivere il sesso del bambino su un foglietto che apriremo solo
quando saremo insieme…”
Kagura
gli concesse questa libertà. “Farò anche spesa, nel frattempo. Preferenze per
la cena? Ci sarà anche Suikotsu?”
Il
ragazzo storse la bocca, arrabbiato. “L’uomo dei misteri? Non so proprio dove
sia, anzi una mezza idea ce l’ho. Ieri sera mi ha detto che oggi sarebbe andato
a fare un servizio fuori città e che sarebbe tornato domani, ma si è rifiutato
di dirmi dove andava e per cosa.”
“Strano
da parte sua. Di solito ti racconta vita, morte e miracoli dei suoi servizi.
Temi che ti abbia rubato della clientela?”
“Assolutamente
no. Sono strasicuro che sia andato a Lille da una nostra conoscenza”
La
donna se ne stupì, e domandò all’amico se non credesse di essere un po’
paranoico, a volte. Jakotsu, come risposta, scrollò
la testa. “Ho naso per certe cose: sono sicuro che oggi avevano i provini per
le foto di nozze.”
“E
quando sarebbe il matrimonio, scusa?”
“Sabato
3 Luglio. I provini è sempre giusto farli un po’ in anticipo.” Spiegò,
sospirando, non riuscendo a nascondere una smorfia sconsolata. “Ho letto che il
suo allenatore è molto preoccupato per le gare perché il matrimonio potrebbe
togliergli concentrazione dagli allenamenti. Bankotsu
punta alla medaglia d’oro, ed è il favorito per le Olimpiadi di Atene. Dal
canto mio, spero che si spacchi un piede mentre sale sul tatami al primo incontro.”
“Comprensibile”
commentò Kagura, prima di congedarsi e uscire dal negozio.
“Ed
ora… suspance…”
Jakotsu
sembrava vibrare sulla sedia della cucina, con le mani attorcigliate tra di
loro che gli sorreggevano il mento. Non smetteva di fissare la donna che gli
sventolava davanti al naso una busta.
“Non
sai quanto sono stata tentata di leggere, ma mi sono trattenuta, posso
assicurartelo. La dottoressa ha visto che gli esami sono perfetti, il bimbo è
sano come un pesce e anche a me va tutto bene. Manca solo questa parte.”
“E’
una cosa sicura?”
“Certamente,
al cento per cento. Vuoi aprirla tu?”
“No,
no ti prego, dimmi tu! Ma sbrigati, non sto più nella pelle!”
Kagura
accondiscese, aprendo la busta lentamente, senza staccare gli occhi dal
ragazzo. Sarebbe meglio sapere chi è il
padre, e non il sesso. Pensò, cercando di nascondere la sua agitazione. Ad
ogni modo, per quanto si sforzasse di essere realistica e di mantenere un certo
distacco dalla creatura che stava crescendo dentro di lei, in quei mesi non
riusciva a non parlare alla propria pancia e a immaginarsi il bambino. D’altronde,
lui o lei non aveva colpa alcuna.
Si
schiarì la voce con un colpetto di tosse, spiegando il foglio e cercando la
riga esatta tra i risultati degli esami.
Quando
lesse la lettera nella casellina, il cuore le mancò di un battito. Le salirono
le lacrime agli occhi, e si morse le labbra, passando il foglio di carta a Jakotsu, che la guardava pendendo dalle sue labbra. “Sta
per nascere Madamigella Oscar, Jackie”
“Una
bambina?”
Lei
annuì e il ragazzo, dopo uno strillo acuto ed entusiasta, gli si lanciò al
collo, abbracciandola. “E’ una bimba, Kagura! Ci sarà
una Kagurettina in giro per casa tra un po’!” Saltellò,
tenendole le mani. “Non sei contenta?”
“Anche
se so che avrà una vita più dura e più amara di quella di un uomo…” la donna sospirò, non riuscendo a trattenere un
sorriso. “…sono contenta di non causare la nascita di
un esponente di una razza infame com’è quella maschile.”
Jakotsu
incrociò le braccia al petto, offeso. Lei gli tirò un buffetto sulla guancia.
“Stavo davvero parlando di maschi veri, Jackie…”
Lui
le mostrò un palmo di lingua, poi si avventò sul cellulare, per scrivere un
messaggio a Suikotsu. “Ora dovremo trovare anche un
nome.”
Ah,
già, è vero. Il problema nome. Lo sguardo di Kagura
cadde su un giornale gettato in un angolo della cucina: “E’ meglio se troviamo
prima casa…”
La
pancia dell’agente immobiliare era molto più sporgente di quella di Kagura, e il riporto che sfoggiava sembrava essere passato
sotto le grinfie di una Yura particolarmente
ispirata.
Per
questo, durante i tre appartamenti precedentemente visitati, non erano riusciti
a concentrarsi sugli immobili, bensì seguitavano a tirarsi gomitatine
e occhiatine e a scoppiare a ridere, nascondendosi la faccia con i depliant
dell’agenzia.
“Questo
appartamento è stato per anni l’atelier di un pittore e di sua moglie stilista…” iniziò a spiegare il venditore, camminando con
aria ispirata per il corridoio del palazzo che portava all’appartamento.
Kagura
guardò l’amico “Buona credenziale questa, eh?”
“Immagino
che il ruolo di moglie stilista tocchi a me, giusto?” risposte l’altro, con un
buffo gemito esasperato. “Mi dolgono le ginocchia!”
Quando
entrarono nell’appartamento entrambi ne furono favorevolmente impressionati.
Era fornito da una soggiorno di comode dimensioni, illuminato da un’ampia porta
finestra che dava su un piccolo balconcino.
La
cucina era molto piccola, ma le due stanze da letto erano entrambe
matrimoniali. Un bagno e un piccolo studio, grande quasi quanto la camera
attuale di Kagura, completavano l’appartamento.
“Direi che questo non è male, vero?” apprezzò Kagura.
Jakotsu
notò che tutte le pareti erano bianche. “Un po’ strano da parte di una coppia
di artisti. Per caso il padrone non lascia colorare le pareti?”
L’uomo
si tolse gli occhiali tondi. Sembrava sudare imbarazzato, pulendosi le lenti
con un panno estratto dal taschino della giacca. “Oh, no, sono state imbiancate
dopo che i precedenti inquilini l’hanno lasciato.”
“Come
mai se ne sono andati? Avevano un appartamento a MontMartre,
così bello, all’ultimo piano, luminoso e con un affitto così accessibile, non
vedo motivi per andarsene…”
incalzò il ragazzo, guardandosi attorno.
Il
disagio dell’agente immobiliare era quasi imbarazzante. “Beh, ecco… Divergenze inconciliabili. Possiamo riassumerlo
così.”
“Oh,
hanno divorziato. Mi dispiace!” esclamò la donna, rapita dal balconcino. Già si
vedeva, con i suoi attrezzi, a dipingere sul suo piccolo terrazzino fiorito.
Per fortuna che la statistica dei divorzi in Francia era così alta!
“A
dire la verità non è proprio finita nei migliori dei modi.” Tossicchiò
l’agente, infilandosi di nuovo gli occhiali e fissando ostinatamente un punto
imprecisato del pavimento. “Per essere sinceri, la stilista ha trovato il
marito pittore a letto con una delle sue modelle, ha sparato ad entrambi ed ha
utilizzato il loro sangue per decorare l’appartamento. Non è stata una visione
fantastica quella che si sono trovati davanti i poliziotti.”
Kagura
e Jakotsu si guardarono con occhi sbarrati. Rimasero immobili per un paio di secondi, poi
la donna notava che il balconcino era troppo piccolo per essere comodo come
atelier, e Jakotsu trovava un difetto nella vasca da
bagno.
“E
poi sento qualcosa… come delle vibrazioni negative,
non è vero, Kaguretta?”
“Si,
esatto. Anche io mi sento con il fiato sul collo.”
Kagura
sembrava aver gettato la spugna, per quel giorno. “Non troveremo mai
l’appartamento perfetto. Non ci sarà nessun altro Chateau Jakò.”
“Oh,
suvvia, stiamo cercando da un solo giorno. Di appartamenti a MontMartre ce ne sono a bizzeffe, vedrai che ne troveremo
uno che non sia stato una scena del crimine.”
“O
che non abbia un bagno con la doccia sopra il water”
“E
senza finestre ad un metro da quella della vicina sguaiata e cicciona.”
Entrambi
sospirarono, all’unisono. “Il cerchio si stringe…”
commentò il ragazzo. Si abbandonò sul divano con la posta in mano. Scartò i
volantini pubblicitari, storse il naso a vedere una bolletta, constatò con
piacere nell’apprendere di un piccolo versamento da parte di un cliente sul suo
conto corrente ed infine aprì una busta. “Arriva da Belle-Ile”
spiegò. La lesse velocemente, poi roteò gli occhi al cielo ed imprecò.
Kagura
gli domandò cosa avesse.
“I
miei inquilini del negozio di Belle Ile chiudono
l’attività: mi hanno appena mandato la disdetta dell’affitto.” Notando lo
sguardo interrogativo della donna, a Jakotsu venne il
dubbio di non avergliene mai parlato. “A Souzon, il
paese di Belle Ile da dove provengono i miei nonni,
ho ancora la loro casa e il negozio sottosante – sai, loro avevano una piccola
drogheria. L’appartamento – anzi, gli
appartamenti, ho ereditato anche quello della sorella di mia nonna, quella
vecchia vipera che sapeva di marcio quando era ancora in vita – li do in
affitto per le vacanze estive, e il negozio con l’attività di droghieri
l’avevano in gestione una coppia del posto. Che palle. Soldi in meno. Proprio
ora!”
Sentì
Kagura sedersi di fianco a lui e cingergli le spalle
con un braccio. “Su, piccolo Jackie, troverai un altro affittuario, non
disperare.” Gli schioccò un bacio sulla guancia. Lui le rispose con un timido
sorriso: “Hai ragione, farò esporre il cartello e vedrai che qualcuno avrà una
buona idea per aprire un negozio.” Sfregò la mano sulla pancia della donna,
ridendo. “Sono sicuro che la pupattola ci porterà fortuna, non è vero?”
Il
cellulare del ragazzo attirò la sua attenzione e lui, squittendo, già dimentico
della preoccupazione di pochi istanti prima, l’afferrò al volo, rispondendo
alla chiamata di Suikotsu.
Rimasta
sola, la donna si interrogò sul proprio futuro, domandandosi per l’ennesima
volta se la strada che stava percorrendo fosse quella giusta. Aveva la
responsabilità di una bambina sulle spalle, già nell’occhio del ciclone ancor
prima di nascere. Se fosse rimasta in Giappone, vivendo sempre con il terrore
di essere scoperta? E se la sua denuncia, il suo video, avessero davvero
sortito un effetto bomba come aveva sentito Jakotsu
alla conferenza? Sesshomaru sarebbe rimasto con lei?
Ma a che prezzo? E che peso sarebbero state per lui? Sospirò per l’ennesima
volta: Sesshomaru avrebbe accettato una figlia che
poteva non essere sua? Detestava avere
la testa affollata di domande a cui non riusciva a trovare risposta. Si
accarezzò il ventre “Tu lo sai già chi è il tuo papà?” domandò. Il calcio ben
assestato che le inferì la bambina poteva prenderla come una risposta positiva?
Buona
Pasqua a tutti!!!
Ringrazio,
come sempre, Mikamey per la recensione. Sono sempre
ben accette, così come le critiche, purchè siano costruttive!
E.C.