Con il
night club prossimo all’apertura l’umore di Jack era notevolmente migliorato.
Erano trascorsi cinque mesi da quando il fratello gli aveva concesso il
finanziamento per poter iniziare i lavori e questi erano proseguiti a ritmo
quasi forsennato ed erano prossimi a concludersi. Con il week end, Jack era
pronto all’inaugurazione.
Dedicando
anima e corpo ai progetti del night il ragazzo era riuscito a lasciare da parte
sensazioni avvilenti e necessità fisiche. DA cinque mesi non assumeva alcun
tipo di droga e non ne sentiva il bisogno. Inoltre anche il suo consumo di
alcol era calato e la compagnia di Nathan e la consapevolezza di avere ancora
Riley erano il perfetto coronamento di un percorso che stava tornando sui
giusti binari.
Come
faceva ormai da diversi giorni, quella mattina Jack si svegliò di buon ora. La
sera precedente era passato a ritirare gli inviti per l’inaugurazione di
sabato. Mentre aspettava che l’acqua per il caffè si scaldasse a dovere, il
ragazzo aprì con un taglierino la scatola in cui gli inviti erano contenuti e
ne afferrò uno per poterlo guardare attentamente, sedendosi sul pavimento.
Erano esattamente come li aveva immaginati; le scritte bianche, lineari,
risaltavano magnificamente sullo sfondo granata e la data indicata – che
distava solo tre giorni – riempì di euforia ulteriore Jack. Si sentiva una
persona nuova, finalmente; qualcuno a cui non sarebbe potuto andare storto
niente talmente bene aveva strutturato i propri piani.
Controllò
l’orologio e si alzò di scatto, raggiungendo il fornello e riempiendo
generosamente di caffè appena fatto due tazze. Le mise su un vassoio, vi
aggiunse il primo degli inviti che avrebbe distribuito e uscì sul pianerottolo.
Doveva ancora un caffè a Riley e ci teneva a saldare i debiti con lei. Sapeva
che prima delle nove la ragazza non sarebbe uscita per andare a lavorare ed era
piuttosto certo di trovarla ancora in casa. Bussò alla porta numero 24 un paio
di volte, rimanendo in attesa.
Come
Jack si aspettava, Riley aprì pochi attimi dopo. Appena vide il ragazzo
sorrise, appoggiandosi allo stipite della porta con il fianco.
«Mattiniero»
disse, il tono scherzoso.
«Ti
dovevo ancora un caffè» le rispose Jack.
Riley
sorrise nuovamente, dopodiché si spostò dall’ingresso e permise a Jack di
entrare in casa. Il ragazzo raggiunse il tavolo situato nell’angolo cottura e
posò il vassoio con le due tazze.
«E
non solo» esordì poi, prendendo insieme a una delle due tazze l’invito per
l’inaugurazione e porgendo entrambi a Riley. «Sono venuto anche per darti
questo.»
La
ragazza afferrò il cartoncino dell’invito e vi fece scorrere lo sguardo. Prima
che potesse porre qualche domanda, Jack riprese parola: «Sabato sera è il
grande giorno: inauguriamo. L’ingresso è solo su invito e questo è il tuo.»
Riley
sollevò gli occhi su Jack. Era euforico, felice come lei non lo vedeva da
tempo. Non solo; aveva un aspetto molto più curato rispetto a mesi prima. I
capelli scuri erano lucenti, la pelle sana, il sorriso radioso e gli occhi più
luminosi di quanto lei potesse ricordare. Le sembrava di avere davanti un uomo
nuovo, ancora più perfetto di quella che l’aveva fatta innamorare. Era
decisamente una strana sensazione.
A
quel pensiero si impuntò, ricordando a se stessa che si era ripromessa di non correre
il rischio di rovinare tutto con Jack solo perché averlo davanti le faceva
crollare addosso ogni volta tutta una serie di sensazioni contrastanti.
Rigirò
l’invito fra le mani, osservandolo con più attenzione. L’inaugurazione era
prevista per quel sabato – il 7 maggio – alle 22. Non capendo se era felice o
meno per la cosa, la ragazza si ricordò che quella sera aveva già un impegno
con Elizabeth. Non lo disse a Jack. Non voleva ferirlo e sapeva che lui ci
sarebbe rimasto male se lei non fosse riuscita ad andare.
Sorpreso
dal lungo silenzio di Riley, Jack decise di fare una precisazione,
perfettamente a conoscenza della scarsa passione nutrita dalla ragazza per i
locali notturni, le feste e i luoghi eccessivamente affollati: «So che non sei
il tipo da night club. Non sei obbligata a partecipare. Ma sai benissimo che mi
farebbe molto piacere se passassi, anche solo per un saluto veloce.»
Riley
annuì, sorridendo: «D’accordo. Lo faccio solo perché sei tu a chiedermelo»
disse, cominciando già a pensare quanto ci fosse di vero in ciò che aveva
appena pronunciato.
Il
sorriso che lui le regalò fece letteralmente perdere un colpo al suo cuore. Non
ricordava assolutamente quand’era stata l’ultima volta in cui aveva visto Jack
così felice e in forma. Si chiese addirittura se davvero lo avesse mai visto in
un simile stato prima di quel momento.
Come
per togliersi quelle domande dalla testa Riley andò ad appendere al frigorifero
l’invito con una calamita. Tornò a voltarsi verso Jack, bevendo finalmente il
caffè che lui le aveva portato.
«Quindi
cosa ti rimane da fare?» gli chiese.
Lui
capì che si stava riferendo al night. Sollevò le spalle, tranquillo. «Poco,
ormai. Oggi comincio a distribuire gli inviti e questo pomeriggio passo a
verificare di essere effettivamente in regola con i permessi.»
Riley
rimase felicemente sorpresa nel vedere come avesse tutto sotto controllo. Era
felice per lui e fiera del lavoro che il ragazzo aveva svolto.
«Sono
molto contenta per te, dico davvero» disse subito dopo.
Jack
le sorrise, illuminandosi ulteriormente. «Ti ringrazio. Sei una delle poche
persone che ha sempre creduto in me. Significa molto.»
Riley
si sentì lusingata da quella affermazione. Un leggero calore cominciò ad affiorarle
alle gote e lei distolse lo sguardo da Jack, sentendosi lievemente in
imbarazzo. Cercando di riprendere pieno controllo di tutte le sue sensazioni
bevve un nuovo sorso di caffè e diede brevemente un’occhiata all’orologio.
«È
meglio che finisca di prepararmi. Devo andare a lavorare» disse non appena si
rese conto che erano quasi le nove.
Jack
annuì con tranquillità. «Ti lascio, allora. Se non dovessimo incrociarci lungo
i corridoi nei prossimi giorni spero di vederti sabato.»
Anche
Riley fece segno di sì con la testa, ma parve decisamente più incerta di Jack.
«Farò il possibile per passare» rispose.
Il
ragazzo parve notevolmente rincuorato dalla frase pronunciata da Riley. Con un
nuovo e luminoso sorriso si avvicinò a lei e le scoccò un leggero bacio sulla
fronte, cosa che rese la ragazza improvvisamente instabile sulle gambe. Jack la
salutò e scomparve dalla porta d’ingresso dopo aver recuperato la sua tazza del
caffè, lasciando in mano a Riley l’altra. Strategia o sbadataggine che fosse, i
due avevano un’altra scusa per ricostruire il loro rapporto.
*
Essere un membro della famiglia Miller alle
volte aveva i suoi lati positivi. A Jack era bastato presentarsi alla reception
del City Hall, dire il proprio nome e l’ufficio dove voleva andare, che nessuna
domanda aggiuntiva gli era stata posta. Raggiunto il corridoio dove si trovava
l’ufficio in cui sentire se era in regola con i permessi, cercò un posto per
sedersi e si sistemò.
Probabilmente
avrebbe dovuto aspettare un po’, ma in quel momento la cosa non gli pesò
assolutamente.
Si
sentiva davvero bene, quasi leggero. Era da tanto tempo che le cose non andavano
così bene nella sua vita; finalmente cominciava a sentirsi orgoglioso di qualcosa
che stava facendo. In meno di una giornata aveva già distribuito un terzo degli
inviti che possedeva e il giorno seguente avrebbe ultimato le consegne. All’inaugurazione
ci sarebbero state quasi cinquecento persone se tutti gli inviti fossero stati
accettati e quasi non gli sembrava vero. Aveva lavorato duramente per mesi e
entro tre giorni i suoi sforzi sarebbero certamente stati ripagati.
Fu
proprio mentre si convinceva sempre più che le cose non sarebbero potute andare
per il verso sbagliato che sentì dei passi lungo il corridoio in cui era in
attesa. Distrattamente si voltò nella direzione da cui provenivano i rumori e
si sentì mancare il fiato.
Louis
Walker stava camminando verso di lui, lo sguardo
fisso davanti a sé, il trench blu aperto e la ventiquattrore in mano. Jack si
scoprì a osservarlo incredulo, non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso.
L’uomo portò improvvisamente lo sguardo sul ragazzo, proprio quando era
prossimo a raggiungerlo e superarlo. Anche sul suo viso si dipinse
un’espressione stupita. Si fermò quasi davanti a Jack, rimanendo a guardarlo.
«Jack.
Che sorpresa vederti» disse infine.
Il
ragazzo lo squadrò da sotto in su, abbozzando un sorriso. Infine si alzò.
Era
strano avere Louis nuovamente davanti agli occhi dopo il modo doloroso in cui
se ne era andato. Jack aveva impiegato parecchio tempo per riuscire a non ripensare di continuo a tutte le parole
che lui gli aveva detto e a ciò che quelle stesse parole avevano portato. E ora
erano lì, a guardarsi in faccia – chiaramente a disagio – esattamente come due
partner che si rivedono dopo essersi lasciati una relazione alle spalle. Entrambi
titubanti, entrambi convinti di poter dire la cosa meno opportuna da un momento
all’altro.
«Sono
contento di vederti. Come stai?» chiese poi Jack.
Superato
il primo momento di confusione si sentì stranamente euforico all’idea di avere
nuovamente sotto gli occhi Louis. Era vero che l’uomo lo aveva ferito
profondamente, ma era anche vero che erano stati bene insieme in più occasioni.
Inoltre non poteva rimanere indifferente al fascino che Louis continuava ad
avere, che quasi sembrava essersi intensificato negli ultimi mesi. La verità
era che Jack non era riuscito a dimenticarsi di lui e il fatto che Louis si
fosse fermato per salutarlo e per scambiare almeno i convenevoli, lo illuse che
potesse esserci ancora una possibilità per loro.
«Io
sto bene, ti ringrazio» rispose Louis. Fece scorrere gli occhi su Jack, dallo
sguardo grigio-azzurro al completo nero con camicia bianca. «Ti trovo in gran
forma.»
Jack
sorrise. «Sì? Beh, me la sto passando piuttosto bene nell’ultimo periodo»
disse, portando una mano fra i capelli scuri, che si spettinarono con quel
gesto.
Nessuno
dei due disse nulla e fu nuovamente Jack a riprendere parola: «Sono venuto qui
per verificare di essere in regola con i permessi per il night club.»
Louis
ne fu sorpreso. «Night club? Quello di cui mi avevi parlato?»
«Sì,
esattamente. Sabato sera inauguriamo. Sono piuttosto eccitato all’idea.»
L’uomo
si mosse appena, nervoso. «Capisco» cominciò. «Beh, allora buona fortuna per il
tuo futuro.»
Jack
sorrise, senza aggiungere altro. Louis gli fece un cenno e riprese a camminare,
ma prima che si allontanasse troppo Jack lo fermò.
Il
ragazzo aveva seguito l’impulso, impedendo al suo autocontrollo di bloccarlo.
Si era detto che non poteva esserci niente di male a cercare di ricucire un
altro legame spezzato. Magari, come nel caso di Riley, tutto si sarebbe potuto
sistemare. Raggiunse Louis che ormai era avanti di alcuni metri rispetto a lui,
il quale rimase a guardarlo con un’espressione indecifrabile in volto.
«Senti,
stavo pensando…»
Jack
cercò di trovare le parole migliori, decidendo alla fine di non girare troppo
attorno al succo della situazione: «Ti andrebbe di venire all’inaugurazione?
Posso farti avere un invito per la serata.»
Louis
parve preso notevolmente alla sprovvista da una simile proposta. Sollevò le
sopracciglia, incredulo, rimanendo a fissare Jack per quello che, al ragazzo,
parve un tempo lunghissimo.
«Sabato
sera?» chiese conferma.
«Sì.
Se ne hai voglia, mi farebbe piacere che venissi.»
Era
tentato di aggiungere “In onore dei vecchi tempi” ma preferì fermarsi prima.
Louis continuava a guardarlo, infine il suo viso si distese e le labbra gli si
incurvarono in un sorriso, che però non si propagò fino agli occhi celesti.
«Potrebbe
essere interessante» fu la risposta.
Jack
sorrise, felice. Annuì ripetutamente con la testa e disse: «Bene. Allora faccio
tenere da parte un invito per te.»
Mimò
in aria il gesto di prendere appunti: «Me lo segno.»
Fece
l’occhiolino a Louis, che questa volta sorrise veramente. Dopodiché l’uomo
indicò verso la fine del corridoio: «Io, scusami, ma devo proprio andare»
disse.
«Ah,
sì, certo. Allora ci vediamo sabato» lo salutò Jack.
L’uomo
confermò con un gesto vago e una strana smorfia, ma Jack parve non notare nulla
di tutto ciò. Rivedere Louis gli aveva fatto provare emozioni contrastanti:
dolore, felicità, sorpresa e preoccupazione. Alla fine, però, le sensazioni
positive avevano prevalso, lo aveva capito dall’impulso di impedire all’uomo di
andarsene senza la certezza di poterlo rivedere. Jack stava così bene, in quel
preciso frangente della propria vita, che era fin troppo convinto che ogni cosa
sarebbe andata – e rimasta – al giusto posto.