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Autore: AnnVicious    24/05/2016    0 recensioni
Londra, 1977.
Dominick è un ragazzo di 16 anni trasferitosi a Londra da un anno con sua madre, Sheila, dopo la morte del proprio padre. Vivono con i pochi soldi che hanno e Sheila farebbe di tutto per assicurare un futuro al figlio.
Steven ha 19 anni, il suo unico obbiettivo nella vita è quello di divertirsi, ma non a casa. Ogni sera, al suo ritorno, sarà come un tuffo nella cruda realtà.
Entrambi sono amici da quando l'anno prima si conobbero e da allora, si vedono sempre in una vecchia fabbrica abbandonata.
I due ragazzi dovranno far fronte a diversi problemi, a volte uniti ed altre no.
In un luogo dove il lavoro e le opportunità scarseggiano, dove la speranza viene divorata dalla realtà di tutti i giorni, ce la faranno a superare gli ostacoli che si presenteranno loro davanti e ad essere felici?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Annuì mentre si asciugava gli occhi umidi col braccio, poi si alzò.
"Scusa, non mi sono presentata. Mi chiamo Elizabeth, come la regina".
Fece un largo sorriso ed offrì la sua mano sporca al ragazzo, che strinse.
"Io... Sono Dominick, piacere mio".
Quella anziana signora era ricoperta di stracci e portava addosso una coperta di lana che non emetteva un odore piacevole. Aveva lunghi capelli bianchi che le arrivavano fino al bacino, bianchi come la neve e degli occhi grigi e circondati dalle rughe che davano l'impressione di aver visto fin troppo in quella lunga vita.
Tuttavia, quegli occhi avevano una strana scintilla che emanava calore.
Era molto magra, almeno quanto Dominick ed era scalza: i suoi piedi avevano vesciche che spuntavano ovunque ed erano sudici, ma a lei sembrava non importare.
"Perché stai piangendo, figliolo?". Chiese lei con voce roca ma dolce.
"É una storia lunga". Sussurrò lui, accennando un breve sorriso.
"Beh di tempo ne ho tesoro. Tutto il tempo che ti serve".
Dominick sentì in sé una sensazione strana, ma piacevole. Sembrava che Elizabeth gli stesse facendo il regalo più bello al mondo: condividere il suo tempo con quello del ragazzo, il quale sorpreso da tanta dolcezza, rispose.
"Credo... Di aver date per scontate le uniche due persone che amo. Sono stato molto egoista con loro e soprattutto, le ho deluse profondamente".
Lei sorrise, in modo gentile.
"Queste persone ti avevano ferito?".
Dominick scosse la testa. "É questo il punto. Non mi hanno fatto nulla di male, ma io ne ho fatto così tanto a loro..."
Sentì che stava per ricominciare a piangere, così cercò di inghiottire le lacrime, deglutendo diverse volte la saliva.
"Dominick, perché non dai sfogo al tuo dolore?". Chiese lei quasi stupita dal fatto che lui stesse trattenendo le lacrime.
"Perché ho già pianto troppo... Sono stanco di piangere, mi sento debole quando la tristezza prende il sopravvento su di me".
Elizabeth sorrise e prese tra le sue mani sporche, quella liscia e chiara di Dom.
"Anche io sono stata come te, lo sai? Giovane e debole. E non voglio offenderti dandoti del debole, ma la verità è questa: tutti da ragazzi lo siamo, poi quando passa il tempo, diventiamo delle rocce e soprattutto saggi. Il problema è che i vecchi nessuno li ascolta mai".
Dominick sentì un velo di tristezza nella voce della signora, così posò la mano che fino ad un attimo prima lei teneva tra le sue, sulla sua spalla.
"Io ti sto ascoltando".
Quelle parole riuscirono a commuovere Elizabeth, la quale rispose: "se anche le mie due figlie la pensassero come te, ora le cose sarebbero diverse. Tu sei un eroinomane come me, vero?".
Dominick spalancò gli occhi alla domanda/affermazione di Elizabeth, ma le rispose di si, senza aggiungere altro.
"Io ho provato di tutto nella mia vita: meth, cocaina, acidi, allucinogeni, crack... Tutto ciò che è considerato stupefacente ed illegale, passava nel mio corpo. Se mi avessero spacciato della candeggina, me la sarei fumata col bong. Poi ho scoperto l'eroina quando Mary, la mia figlia più grande, aveva appena compiuto diciott'anni e da allora è stata una lunga e rapida discesa. Ai tempi qui a Londra non c'era ancora l'eroina, io vivevo in America, negli Stati Uniti e li se avevi le tu conoscenze losche, potevi averne quanta ne volevi".

Dominick la ascoltava attentamente, concentrato solo su d lei. "Non hai mai provato a smettere?" chiese, acceso da speranza e curiosità.

"Troppe volte. E sono andata almeno quattro volte in centri di disintossicazione, ma non facevo in tempo a far sparire i buchi dalle braccia che me ne facevo altri. Quella maledetta eroina è mortalmente piacevole. La cosa che più mi fa riflettere di questa droga è vedere come sia riuscita a distruggere la mia vita e quella delle persone che mi circondavano, ma nonostante ciò, ogni volta fremevo dalla voglia di farmi un nuovo buco. Nemmeno i sesso mi soddisfaceva più, perchè l'eroina era molto meglio".

Dominick capiva benissimo di cosa parlava Elisabeth "si... e tutto perde di significato. Faresti di tutto pur di avere anche solo uno schizzo di eroina, per poter rivivere ancora quelle sensazioni ed alienarti completamente dal mondo".

Elisabeth annuì, poi si bagnò le labbra rugose e secche per poi proseguire.

"Ho perso Mary e Lucy per colpa dell'eroina. Persino mio marito il quale mi era rimasto accanto anche nelle situazioni più disperate".

Dominick si sedette, continuando ad ascoltarla e lei fece lo stesso.

"Ora raccontarti di come sono arrivata fino a qui, non avrebbe senso. Tu sei il primo da molto tempo che mi permette di parlargli, quindi voglio rivelarti una cosa: non ha importanza quanti soldi tu abbia e di quante persone tu ti circondi, se hai una carriera grandiosa o se sei un semplice impiegato. Il punto è che queste cose sono superflue, non valgono nulla confrontandole col valore che ha una vita. Tu sei giovane, hai la possibilità di essere ascoltato, di diventare qualunque cosa tu voglia e soprattutto di dimostrare agli altri che non contano i beni materiali, le case, i vestiti e tutte le stronzate che si sono inventati gli uomini per vivere nella loro illusione".

Dominick la ascoltava interessato, ispirato dalle sue parole dolci e al contempo veritiere.

"Io l'ho capito troppo tardi" sussurrò lei affranta. "Ma tu, con un animo così profondo, onesto e gentile, potresti rendere il mondo un posto migliore, ma prima dovresti rispettare te stesso".

Si guardarono per un momento interminabile negli occhi.

Dominick non sapeva come avesse fatto Elisabeth, in così poco tempo a leggere la sua anima. Forse era sensitiva o qualcosa del genere. Lei sorrideva, in pace con se stessa per aver detto al ragazzo ciò che voleva dirgli.

"C... Come hai fatto a capire tutto questo su di me?".

Elisabeth continuava a sorridere.

"E' un segreto, tesoro".

Accarezzò una guancia scarna del ragazzo: la sua mano era fresca, quasi fredda e dove non era sporca, si riusciva a vederne i colore bianco latteo. Poi Elisabeth si alzò, guardando attraverso una vetrata rotta per metà.

"Ora devo andare, spero che fuori non faccia troppo freddo".

Dominick si alzò e fece per togliersi la giacca, ma lei fece un cenno di dissenso con la mano. "Tranquillo, Dominick. Domani sarà una bella giornata di sole ed io potrò scaldarmi per bene. Ah, il tuo ragazzo non è arrabbiato con te". Si voltò verso Dom, sorridendogli e poi si incamminò verso l'uscita della fabbrica mentre Dominick restava a bocca spalancata a chiedersi come avesse fatto a capire che aveva un ragazzo.

Quando quell'anziana signora arrivò al vecchio portone, a Dom sembrò che la donna fosse sparita nel nulla, ma dette la colpa all'astinenza dal'eroina, anche se non gli era mai successo prima, ma sembrava essere l'unica risposta plausibile.

Dominick si prese le pillole di morfina che Daniel gli aveva lasciato e passò un'ora a riflettere, mentre camminava piano in quel grande stanzone.

Voleva ricominciare daccapo, smettere con l'eroina una volta per tutte e ritornare a scuola, a dipingere e soprattutto ritornare a casa, da sua madre che voleva fosse orgogliosa di lui.

Voleva renderla felice e rilassata, perché non lo era mai stata e lei lo meritava più di ogni altra persona al mondo.

Si fermò a guardare fuori da una di quelle grandi finestre e finalmente, dopo tanto tempo, riuscì a vederci speranza, un futuro.

Sentiva che avrebbe fatto di meglio, anche con Steven che si era sforzato così tanto per cercare di capire Dominick.

Dopo quell'ora passata a riflettere e a sperare, Dom si voltò perché aveva udito dei passi e vide Daniel entrare nella fabbrica con un'aria agitata.

"Ehi, Dom. E' tua quella coperta qui fuori?"

Dominick aggrottò le sopracciglia e gli si avvicinò. "Quando sono entrato io, non c'era nessuna coperta. Prima che me ne dimentichi, hai visto una donna anziana con una cop..."

Non terminò la domanda, perché sapeva a chi apparteneva quella coperta.

"Che stavi dicendo?Beh, comunque ho la roba".

Gli mostrò due buste di un supermercato e sorrise soddisfatto.

"E' tutta eroina quella?" chiese stupito il moro dato che entrambe le buste sembravano piene.

"No, sei pazzo? Ne ho abbastanza con me, nascosta nei vestiti".

Sembrava fiero di ciò, ma Dom non era entusiasta quanto lui.

"Tu sei pazzo. Se ti beccano, marcirai in galera".

Daniel alzò un sopracciglio ed accennò un sorriso quasi speranzoso. "Che fai, ti preoccupi per me?".

Dominick voltò la testa verso la finestra, sospirando "siamo amici, giusto?"

Daniel esitò prima di rispondere "si, anche se a volte mi dimostri affetto con dei pugni".

"Te lo sei meritato". Rispose serio Dom per poi voltarsi verso di lui ed accennare un sorriso. Daniel ricambiò, poi prese da una busta una confezione da tre scatolette di tonno, un paio di ciambelle avvolte da un involucro di plastica e due piccole bottiglie d'acqua che posò a terra.

"Allora, amico mio hai sessanta sterline? Ti do due dosi".

Dominick aggrottò le sopracciglia mentre prendeva i soldi dal portafogli. Era stupito del fatto che costassero così poco, ma era probabile che Daniel gli stesse facendo quello sconto perché erano amici, quindi non parlò e gli dette i soldi che aveva chiesto.

Daniel se li mise in tasca, poi tirò fuori una busta più piccola dalla giacca, di quelle che davano in farmacia o in profumeria e la dette a Dom.

"Dentro ci sono un paio di siringhe nuove, un cucchiaio ed un laccio emostatico".

"Il kit dell'eroinomane professionista". Disse Dom, ridendo.

Sentiva che le sue ossa incominciavano a fargli male e solo a vedere il cibo che aveva portato il ragazzo, sentiva salirgli un senso di nausea in gola.

"Sai, ho intenzione di smettere con l'eroina" aggiunse felice Dom.

Daniel gli dette una pacca sulla spalla e fece un sorriso incoraggiante.

"Buon per te, amico. Spero che al contrario mio, tu possa farcela".

Dominick sorrise di cuore. "Lo spero anche io "

Daniel ricambiò il sorriso, ma si continuava a guardare intorno e a tamburellare le dita sul davanzale impolverato della finestra, agitato.

"Che c'è?" chiese Dom vedendolo agitato.

"Oh, niente..." Daniel sembrò preso alla sprovvista ed alternando lo sguardo tra l'uscita della fabbrica e Dominick, gesticolando disse: "Io... devo sbrigare delle cose, ci vediamo stasera okay?" .  Anche la sua voce si era fatta estremamente agitata, ma Dom non riusciva a spiegarselo e con una scrollata di spalle rispose: " Certo, come vuoi".

Daniel fece un mezzo passo avanti, come per abbracciarlo, ma poi sembrò ripensarci e con passo veloce, si allontanò da lui.

"Allora...ci vediamo più tardi, stai attento".

Dominick lo salutò annuendo, cercando di capire cosa gli fosse preso tutto ad un tratto.

 

"Questa sarà l'ultima dose". Sussurrò Dominick a se stesso qualche minuto dopo, mentre scaldava l'eroina nel cucchiaio. Era molto scura, quasi nera, ma sapeva che ce n'erano diversi tipi in circolazione.

Essendosi già tolto prima la giacca, si alzò una manica del maglione grigio che aveva fatto sua madre per lui il natale scorso e si levò il laccio emostatico a metà del braccio, poi assorbi con la siringa, la scura sostanza nel cucchiaio e restò per qualche secondo a fissare quella siringa, riflettendo: avrebbe potuto risparmiarsi un sacco di guai se quella droga non fosse mai entrata nella propria vita.

Ma c'era ancora tempo per rimediare.

Aveva solo diciassette anni, una vita davanti a se che desiderava più che mai vivere a pieno.

Quel grosso errore non l'avrebbe ripetuto mai più.

Si bucò una vena appena sotto al polso, dall'aspetto ancora verdognolo, lentamente, facendo una smorfia per il piccolo dolore.

Abbassò poi lentamente lo stantuffo, chiudendo gli occhi per godersi a pieno quell'intenso piacere chimico per l'ultima volta.

Fu un piacere diverso, molto più basso rispetto a quello delle altre volte e molto fastidioso al contempo, perchè il suo corpo e la sua mente erano abituate a sentire un piacere molto più profondo di quello.

Dominick gettò la siringa per terra e mise un cerotto sul buco che aveva appena fatto, quindi iniziò a guardarsi intorno, scocciato, attendendo per minuti interi che l'eroina facesse effetto, ma non accadde.

Passò mezzora, ma ancora niente. I tremori e la sudorazione sembravano aumentati, sentiva il corpo venire scosso di tanto in tanto, come piccole convulsioni e quei dannati dolori in tutto il corpo, non accennavano a fermarsi. Sempre più nervoso ed agitato, Dominick si alzò e prese a camminare per lo stanzone diverse volte, fumandosi un paio di sigarette e quando le finì, gettato il pacchetto vuoto a terra con rabbia, decise di sfogarsi sul cibo, mangiando entrambe le ciambelle e due su tre scatolette di tonno che era stanco di mangiare, ormai era arrivato sul punto di odiarlo.

 

Il suo sguardo poi, finì pericoloso, sull'altra dose di eroina.

Sapeva che quello che si era fatto, sarebbe dovuto essere l'ultimo buco, ma non lo aveva soddisfatto per niente, anzi, sembrava solo aver peggiorato le cose e Dominick ne aveva così bisogno in quel momento...

Si ritrovò così a scaldarsi altra eroina, si era già legato il laccio emostatico al braccio e si stava maledicendo un centinaio di volte per non essere riuscito a resistere alla tentazione.

Passò nuovamente l'eroina dal cucchiaio alla siringa, sperando che quella volta sarebbe arrivato il flash che tanto desiderava.

Fu costretto a farsi un buco tra i diti indice e medio visto che sul braccio era pieno di buchi e stavolta, non fece in tempo a gettare a terra la siringa che fu preso da un estasi così forte che sentì il cuore battere all'impazzata.

Si era sdraiato per terra senza nemmeno accorgersene ed avvertì una sensazione strana agli occhi, come se le pupille gli si stessero restringendo.

Sentiva di aver avuto un sacco di orgasmi in una volta, troppi per contarli e se prima il cuore sembrava voler scoppiare, ora stava rallentando, fin troppo.

Dominick chiuse gli occhi ed avvertì una sensazione così profonda e reale da rabbrividire dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.

Era in overdose.

II suo cuore rallentava troppo velocemente.

Stava per morire.

 

  
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