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Autore: Chandra_    25/05/2016    0 recensioni
Pace dopo la seconda guerra magica, Voldemort è stato ucciso ma i Mangiamorte hanno comunque avuto il sopravvento sul Mondo Magico - Hogwarts risente del razzismo fra Purosangue e non Purosangue e qualcuno si nasconde dietro un'immagine sbagliata.
Dal Prologo - «Ricordava l'esatto momento in cui il dolore gli aveva invaso il corpo e il cervello, ricordava ogni goccia di sangue che aveva perso, ricordava le cose a cui stava pensando mentre tentava in ogni modo di restare in vita, ricordava esattamente il momento in cui sua madre l'aveva trovato e ricordava perfettamente ogni parola che aveva pensato quando aveva giurato vendetta.»
{ Draco + Hermione / Harry + Ginny / VII anno -- Grazie ai Mumford & Sons per il titolo della storia! }
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lavanda/Ron
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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it's better not to breath than to breath a lie

L Y C A N T H R O P E
‹ and we'll be beaten down without mercy or meaning
i turn my face to a careless skyline
i'm searching hard for a sign from heaven
but they've forgotten me here ›


 

Era successo d'estate, un giorno che non si aspettava nel bosco sul retro del grande maniero che abitava. Era successo quando nessuno s'aspettava che dei dolori simili potessero abbattersi su una famiglia come quella, con quel nome e con tutti quei soldi, tutti sapevano che se avessero potuto, i suoi genitori avrebbero pagato milioni di galeoni purché una cosa del genere non accadesse. Ma era successo e, purtroppo, nessuno era riuscito ad evitarlo. Ma l'avevano tenuta nascosta a tutti, lo sapevano soltanto quattro persone e la quarta era stata, quasi per forza, la preside della scuola. Quando le era stata la notizia non aveva fatto una piega, aveva soltanto inclinato la testa sulla spalla e commentato con un « Mi dispiace. » che aveva fatto innervosire il ragazzo dai nervi già normalmente tesi.

Lo sognava ogni notte, ricordava ogni particolare di quel momento così doloroso e così terribile, che l'aveva maledetto per tutta la vita. Ricordava l'esatto momento in cui il dolore gli aveva invaso il corpo e il cervello, ricordava ogni goccia di sangue che aveva perso, ricordava le cose a cui stava pensando mentre tentava in ogni modo di restare in vita, ricordava esattamente il momento in cui sua madre l'aveva trovato e ricordava perfettamente ogni parola che aveva pensato quando aveva giurato vendetta. Vendetta contro chi l'aveva ridotto in quella maniera, vendetta contro quella razza, vendetta contro ogni abominio del suo stesso genere. Draco Malfoy ricordava tutto quello che gli era successo da quando quel mannaro l'aveva contagiato, rendendolo un mannaro a sua volta e rovinandogli la vita, vita che aveva ripreso tranquillamente. Era tornato a Hogwarts, dopo la guerra, aveva vissuto il suo sesto anno con tranquillità: lui era dalla parte di quelli che la guerra l'avevano vinta, nonostante il Signore Oscuro fosse stato ucciso. Quegli idioti dei mezzosangue avevano subito l'ira dei Purosangue, erano stati presi e tolti dalle loro occupazioni Ministeriali – ma non avevano potuto nulla contro Hogwarts. L'ombra del razzismo c'era, era forte e le violenze contro i sangue sporco erano all'ordine del giorno, agli ibridi era stato permesso di frequentare Hogwarts, ma tutti sapevano che erano i Purosangue i veri vincitori. Harry Potter, purtroppo, era ancora vivo e anche lui, con i suoi due fastidiosi amichetti, era tornato a Hogwarts, ma la sua carriera da Auror, quella che tutti sapevano avrebbe intrapreso, gli era stata stroncata dall'inizio. Non poteva niente contro il nuovo governo e tutti erano consapevoli di questo, anche e sopratutto Harry Potter e i suoi amichetti. Ma il problema, pensava Draco, era un altro: lui era entrato di diritto a far parte dei sanguesporco, era stato marchiato a vita da una maledetta cicatrice sul fianco che sarebbe stato costretto a tenere nascosta a tutti quanti, era stato costretto a nascondersi nel bosco sul retro del maniero anche lui, quando era successo la prima volta. Di quella volta ricordava ben poco, nonostante il rumore delle ossa che si rompevano e il dolore che aveva sentito non l'avrebbe mai dimenticato, come sapeva di non poter dimenticare l'odore di paura che aveva sentito su sua madre quando la mattina dopo era tornato a casa. Gli odori, appunto, erano una cosa che non sarebbe mai riuscito a dimenticare: gli arrivavano al cervello, come se li immagazzinasse tutti in qualche cassetto nella sua testa e tornava a sfoderarli quando un odore conosciuto gli si avvicinava – ma non sapeva ancora come l'avrebbe vissuta ad Hogwarts, lì sarebbe stato molto più difficile cercare di non prestare attenzione agli odori o, addirittura, ai battiti cardiaci. Non poteva fare niente, avrebbe dovuto conviverci per sempre, doveva abituarsi. La maledizione, comunque, aveva agito anche su altre parti del suo corpo: si era alzato di un centimetro – la trasformazione gli aveva curato un minuscolo difetto della schiena che si portava dietro fin da bambino – le braccia si erano tese, i muscoli erano aumentati, anche il piccolissimo difetto alla vista era sparito. Il probema è che, a seguito della maledizione, aveva smesso di occuparsi di sé stesso: i capelli biondi erano sempre spettinati, quel bell'effetto gellato l'aveva fatto sparire perché non sopportava l'odore dolciastro del gel sui suoi capelli. Non si era neanche più preoccupato di vestirsi a modo, era un mostro e non voleva più indossare vestiti costosi. La divisa sarebbe stata la solita divisa di Hogwarts, ma per il resto aveva iniziato ad adottare un abbigliamento molto più babbano. Sarebbe passato per un normale mezzosangue, se i suoi capelli non fossero stati così bianchi, le sue iridi così grigie – color argento lo definivano, che ironia – e se sull'avambraccio destro non avesse avuto ancora il marchio nero, che non era mai sparito, neanche dopo la morte di Voldemort.

Prima di partire aveva costretto sua madre a stringere un Fidelio, rendendola custode segreto: nessuno avrebbe saputo del suo segreto, nessuno poteva e doveva saperlo. Ne andava della sua vita, si vergognava della sua condizione e se qualcuno l'avesse saputo si sarebbe di certo ucciso, non voleva farlo sapere a nessuno. Il giorno fatidico era arrivato, era davanti al treno per Hogwarts mentre la spilletta d'argento dei caposcuola svettava sul bavero della sua giacca, ben lontana dalla pelle che, altrimenti, gli avrebbe bruciato. Gli occhi erano persi nel vuoto, come se cercasse qualcuno che non sarebbe mai arrivato: Theodore Nott, il suo migliore amico, aveva perso la vita durante la Guerra, lasciandolo terribilmente solo. L'anno prima aveva stretto amicizia – ed era strano, per uno come Malfoy, stringere amicizia – con Blaise Zabini, mentre Goyle era stato abbandonato a sé stesso: non aveva più bisogno di un idiota del genere nella sua vita, ma aveva bisogno di qualcuno con cui parlare. E Blaise Zabini, sebbene fosse un donnaiolo, un festaiolo e un sacco di cose che finivano per -iolo era esattamente la persona adatta. Almeno era capace di formare una frase di senso compiuto senza grugniti. Era quello che stava pensando Draco, quando la voce del suo nuovo amico Zabini gli era arrivata alle orecchie, facendolo voltare nella sua direzione: era almeno a dieci metri di distanza e parlava fitto fitto con Daphne Greengrass, quella che sarebbe dovuta diventare sua cognata – il matrimonio era stato annullato dopo il suo contagio, con enorme felicità di quella biondina dagli occhi di ghiaccio – e che rimaneva comunque una delle ragazze più spocchiose della scuola. Era rimasto a fissarli mentre i due si avvicinavano e gli sorridevano, come se ci fosse qualcosa da ridere. Aveva risposto con un cenno della testa, prima di entrare rabbiosamente nel vagone trascinandosi senza alcuna fatica il baule dietro, alla ricerca di un ripiano libero. La luna piena era vicina, i suoi sensi si facevano molto più acuti e i suoi nervi molto più tesi. Non aveva risparmiato nessuno, aveva occhiatacce di fuoco per tutti: una ragazzina bionda del primo o secondo anno, non glielo aveva di certo chiesto, che puzzava di profumo gli era finita addosso, poi aveva incrociato un tizio dei Corvonero che aveva riconosciuto, probabilmente del suo stesso anno, ma di cui non aveva mai saputo il nome, che lo aveva salutato. E siccome dovevano per forza capitare tutte a lui, aveva anche incrociato quei tre idioti del Trio delle Meraviglie. Il Rosso Weasley teneva un braccio intorno alla Sangue Sporco Granger, mentre Potter e Weasley Femmina si tenevano per mano. Ridevano fra loro, aveva sentito tutto il loro discorso anche da lontano, e ora gli toccava andare verso di loro. Il primo a parlare era stato Weasley. « Ehy Malfoy, che è successo ai tuoi capelli? Dov'è la tua leccata? » E aveva riso, seguito dagli altri presenti che lo fissavano. Draco aveva alzato gli occhi quanto bastava per fissare quelli azzurri di Weasley, senza sorridere – se normalmente avrebbe risposto per le rime, quel giorno non aveva voglia di scherzare. Si era limitato ad alzare il dito medio e a dargli una leggera spinta, che l'aveva comunque spostato con violenza, per farsi spazio. « Ma che ha? Non mi ha preso a pugni. » Era stata l'ultima cosa che aveva sentito, perché poi si era piazzato dentro uno scomparto vuoto e si era infilato i tappi per le orecchie, tentando di dormire. I tappi non bloccavano le voci, ma almeno le attenuavano, rendendo il suo agitatissimo sonno leggermente più vivibile. Era stato raggiunto da Blaise e Daphne che non gli avevano fatto domande – non era la prima volta che assistevano a una giornata no di Draco, non si sarebbero affatto sorpresi se quella fosse l'ennesima giornataccia – ma si erano messi a parlottare della scuola. Si era addormentato proprio mentre parlavano di Cura delle Creature Magiche e dell'uso che avrebbero fatto loro degli ibridi.

Era una notte temporalesca, il cielo era totalmente coperto da nuvole nere e sul retro del maniero dei Malfoy non si vedeva a un centimetro dal naso. Il bosco dietro quel maniero era sempre stato il rifugio di Draco Malfoy, che dalla fine della guerra si rintanava lì, oltre il centro del bosco, a pensare e a urlare contro il mondo. Aveva ucciso, aveva ferito, aveva fatto soffrire delle persone e questo non se lo perdonava, non lui che voleva essere un Medimago del San Mungo. Era stato costretto, lo sapeva, ma la cosa lo faceva soffrire. Lui non era come suo padre o come tutta la sua famiglia, lui era solo come sua madre: era buono dentro – era un posto piccolo del suo cuore in cui era nascosta la bontà, ma c'era. Era stato costretto a mentire, a fingere di essere quello che non era, e dopo la guerra era diventato esattamente ciò che fingeva di essere: cattivo, crudele, freddo e cinico. Ma da qualche parte, lo sapeva, la bontà c'era ancora. Quella sera il bosco era particolarmente buio e, nonostante tutto, non si preoccupava minimamente di camminarci. Lo conosceva palmo per palmo, sapeva quali erano i sentieri da percorrere per non incontrare le acromantule. Quella sera, però, era stata una sera diversa. Si era addentrato un po' più in la, era uscito dal bosco del maniero e aveva iniziato a percorrere la collina. Aveva bisogno di stare lontano da quella routine, da quella casa, voleva urlare. E aveva preso ad urlare, le mani sulle orecchie e le ginocchia appoggiate a terra. Aveva urlato, aveva pianto, aveva recitato i nomi delle persone che aveva ucciso. E quando aveva aperto gli occhi si era sentito un po' meglio. Perciò aveva girato i tacchi e stava tornando sulla sua strada. Ma un ululato l'aveva paralizzato. Un ululato violento dietro di sé, un ululato forte che nessuno avrebbe scambiato per quello di un normale lupo. Non si era voltato a guardare, aveva solo preso a correre in maniera forsennata, inciampando qua e la e lasciando una piccola scia di sangue che il mannaro avrebbe potuto seguire. Era praticamente fuori dalla foresta, quando qualcosa lo aveva afferrato e l'aveva lanciato verso il terreno, spaccandogli almeno tre ossa. Aveva urlato, chiamato il nome di sua madre, finché il fiato gli si era spezzato. Il mostro che gli stava sopra era almeno due metri e mezzo, aveva gli occhi ambrati e la bava che gli scendeva dalla bocca, bagnando totalmente il povero Draco sotto di sé, che teneva gli occhi argentati spalancati. Aveva sentito la voce di sua madre e poi, d'improvviso, dolore. Un atroce dolore al braccio, poi al fianco destro. Aveva capito che una delle zampe del mannaro era finita sul suo braccio sinistro, rompendoglielo quasi totalmente, ma che il mannaro gli stesse mordendo il fianco non l'aveva capito. Sua madre era rimasta paralizzata, suo padre tentava invano di richiamare l'attenzione del mostro su di sé, ma il mannaro aveva già trovato la sua preda. Se quel lampo di luce verde non fosse partito dalla bacchetta di Narcissa Malfoy, Draco non sarebbe rimasto in vita.

Gli occhi argentati si erano aperti di colpo, la mano destra era stretta a pugno e Daphne e Blaise lo fissavano, sconvolti. Li aveva guardati e si era tolto i tappi dalle orecchie – non che ne avesse bisogno, in realtà, ma doveva recitare una parte, come aveva sempre fatto – e, solo alla fine, Zabini aveva parlato. « Stavi urlando, Draco. » Aveva detto, con un fil di voce. Gli occhi di Draco si erano fatti più affilati e Blaise aveva abbassato lo sguardo. « Non hai detto niente, urlavi come se ti stessero strappando il cuore dal petto. Non sapevamo come svegliarti. » La voce era colpevole, tanto da far uscire un sorriso sulle labbra del ragazzo biondo, che aveva annuito e poi era uscito senza parlare dallo scomparto, diretto in uno dei bagni per lavarsi il viso, rigato dal sudore. La sua temperatura era aumentata dal contagio, come se avesse perennemente la febbre, quindi il sudore era quasi normale. E poi succedeva sempre quando sognava, urlava e si svegliava in preda al sudore. A volte gli era capitato di avere degli spasmi che aveva calmato concentrando l'udito sul battito del cuore di sua madre, nell'altra stanza.

Era entrato in bagno e si era bagnato le mani con l'acqua ghiacciata, quando aveva sentito le voci provenienti dal bagno vicino, quello delle ragazze. « ...la Greengrass. La odio, te lo giuro, la prenderei a schiaffi continuamente. Con il fatto che è amica di letto di Malfoy e Zabini se la tira da morire. » Draco aveva ridacchiato, niente di più. Si era appoggiato al lavandino e aveva continuato ad ascoltare. « Come se poi Malfoy e Zabini non si fossero portati a letto metà della popolazione femminile della scuola! Ah, beh, quest'anno tocca a me. Entrerò nella stanza di Malfoy e ne uscirò senza vestiti, poco ma sicuro! » Le voci erano scemate in delle risate, la porta del bagno vicino si era chiusa, e Draco Malfoy aveva realizzato che non avrebbe più potuto fare un sacco di cose che amava particolarmente fare: andare a letto con tante ragazze, cambiandone una a sera – avrebbero visto la cicatrice e non poteva di certo mettersi a rimuovere la memoria a tutte le ragazze della scuola – era ufficialmente off limits, il club dei duellanti era off limits e probabilmente anche la squadra di quidditch. Se fosse caduto dalla scopa e qualcuno avesse notato che le sue ossa e le sue ferite si rigeneravano da sole, probabilmente si sarebbero fatti tutti delle domande. Aveva realizzato tutto questo in circa mezzo secondo, sollevando gli occhi sullo specchio che aveva davanti.

Dopo un mezzo sospiro, era tornato nel corridoio mettendosi a fare il Caposcuola, l'unica cosa che probabilmente lo avrebbe tenuto lontano dai guai – o quantomeno dalle ferite. « Ehi ragazzino, metti via quella bacchetta o te la spezzo. » Aveva detto a uno, che stava giocando a colpire un altro ragazzino con la bacchetta. A un altro ragazzo, forse del sesto anno, che stava spintonando un ragazzino purosangue di qualche anno in meno, aveva tirato una spallata che lo aveva fatto cadere a terra. « Falla finita, stronzetto. » E poi, di colpo, si era trovato davanti i suoi colleghi: Hermione Granger e Neville Paciock lo guardavano intervenire, in divisa scolastica e braccia incrociate al petto. Si era schiarito la voce e con un sorriso beffardo si era avvicinato a loro, estraendo il solito Draco Malfoy – non sarebbe potuto cambiare in loro presenza, o avrebbero capito che qualcosa non andava. « Oh, non ditemelo, anche le merde possono permettersi di fare i caposcuola? »

Aveva sollevato un sopracciglio, mentre Paciock si avvicinava minaccioso a lui. « Come ti permetti, Malfoy, io ti... » Ma una mano l'aveva bloccato.

La Granger aveva appoggiato la mano sulla spalla del Purosangue, scuotendo la testa. « Lascia perdere Neville, non ne vale la pena. » Aveva sorriso in direzione del Grifondoro, mentre a Draco aveva riservato un'occhiata di fuoco.

« Te lo direi io cosa non vale la pena fare, Sangue Sporco, ma un signore come me non fa certe battute sconce. » Occhiolino in direzione della castana, che lo fissava a bocca spalancata dopo l'ultima uscita, e cenno di saluto da parte di Draco, che era tornato nello scompartimento. Aveva indossato la divisa con un colpo di bacchetta e, sempre con un colpo di bacchetta, aveva appuntato la spilla da Caposcuola al petto, sempre lontano dalla pelle. Quando era arrivato a scuola, l'odore di vecchio si era mischiato a quello di sangue che aveva impregnato i giardini intorno all'edificio. Non era abituato a quell'odore, tanto che si costrinse a sopportarlo per evitare la rabbia e, sopratutto, il fastidio, mentre indirizzava i ragazzini sulle carrozze guidate dai cavalli alati neri dal corpo osseo. Si era fermato ad osservarli, mentre il momento della morte della prima persona che aveva visto morire gli tornava alla testa: Charity Burbage, la sua insegnante di babbanologia, uccisa sul suo tavolo e mangiata da Nagini. Aveva allungato una mano verso il cavallo alato, sapeva di avere un odore selvatico per gli animali e non si sorprese quando l'animale decise di allungare il collo verso di lui per farsi accarezzare. « Vai. » Aveva detto, e il cavallo aveva obbedito: il Thestral si era alzato in volo, trascinandosi dietro la carrozza. Aveva deciso di raggiungere il castello a piedi, nessuno si sarebbe preoccupato di non vederlo: Draco Malfoy non aveva mai partecipato alle cerimonie di smistamento, le boicottava dal secondo anno, quindi era quasi normale non vederlo arrivare per cena. Aveva preso a camminare e d'improvviso, fuori da Hogsmeade ma non ancora all'interno del perimetro della scuola, aveva estratto la bacchetta. Non ci aveva mai provato dal contagio, ma quello era il momento giusto di provare. La bacchetta era puntata davanti a sé e il cervello si era concentrato, con estrema difficoltà, su un ricordo felice: il primo giorno di Hogwarts, ormai otto anni prima. Ricordava tutto ed era sempre stato quello il ricordo che usava per il Patronus. Quattro tentativi e tanta rabbia e disperazione dopo, un filo argenteo inziava ad uscire dalla bacchetta. Inizialmente solo un filamento, ben presto aveva iniziato a trasformarsi in un animale di taglia medio-grande, dalle orecchie dritte e dal muso lungo: un Lupo, ovviamente. Aveva sostituito il patronus precedente, che era un bel cavallo di razza purissima - un Mustang, per essere precisi - e che rispecchiava a pieno il carattere di Draco. La bacchetta era stata schiantata a terra, le gambe avevano ceduto e gli occhi si erano chiusi. « ...non è possibile. » Dopo dei violenti scossoni della testa e delle bestemmie, la bacchetta era stata recuperata mentre l'animale si era dissolto nel nulla: Hogwarts era troppo vicina, non poteva più scappare. Era entrato nel territorio scolastico, aveva scorte di pozione Antilupo per tutto l'anno, procurate dalla Preside McGranitt dopo la confessione. Avrebbe vissuto esattamente come tutti gli altri, con la differenza che il mostro sarebbe uscito dal suo corpo una volta al mese, cosa che nessun altro aveva la minima idea di quello che volesse dire. Quando aveva messo piede nella scuola, si era ritrovato davanti la Granger, con la sua solita aria da smorfiosa so-tutto-io e le braccia incrociate al petto. « Senti, non ho proprio l'umore adatto eh. » E le era passato vicino, cercando di andarsene.

« Che cosa volevi dirmi oggi, eh? » La voce della Granger era alta, evidentemente aveva urlato, tanto che Draco si era voltato verso di lei quasi ringhiando.

« Non devi urlare. » Lei l'aveva fissato, gli occhi leggermente aperti. « Fatti i cazzi tuoi, Mezzosangue, ti ricordo che questa scuola la controllo io. » E con questo aveva dato le spalle alla ragazza, raggiungendo i dormitori e la sua stanza singola, riservata ai Caposcuola. Si era infilato a letto prima del solito, il giorno dopo sarebbe di sicuro iniziato il suo personalissimo incubo. E non sapeva neanche se sarebbe sopravvissuto fino a fine anno. 
 

* * *

L'idea della storia mi è venuta qualche tempo fa - i protagonisti non erano neanche lontanamente vicini al mondo magico, ma poi qualche giorno fa, mentre scrivevo, ho deciso di provare a metterci loro in mezzo. E questo è quello che è successo.
Spero che anche solo un po' la storia vi piaccia, o almeno vi attiri, l'idea di un Draco Malfoy mannaro mi fa impazzire e boh, spero di riuscire a portarla avanti al meglio. Purtroppo sono sotto sessione estiva, quindi non so con quanta regolarità riuscirò ad aggiornare, ma lo farò ogni volta che potrò.
Tutta la parte in corsivo è da attribuire a un sogno. Se ci sono delle incongruenze (e ci sono) non preoccupatevi: sono volute.

 

IL RATING POTREBBE CAMBIARE.
IL TITOLO DELLA STORIA (Broken Crown) È UNA CANZONE DEI MUMFORD & SONS -- HERE
IL TITOLO DEL CAPITOLO (Lycanthrope) È UNA CANZONE DEI +44 -- HERE

   
 
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