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Autore: Ari Youngstairs    28/05/2016    6 recensioni
Malec | Divergent!AU
“Eppure, io ero convinto di non avere nulla di speciale.
Schietto, timido, voglio bene ai miei fratelli e ho poca voglia di stare in mezzo alla gente: un normalissimo Candido. Beh, forse non proprio normale, dato che ho fin troppi scheletri nel mio armadio.
La città in cui vivo è divisa in cinque Fazioni, ma non le amo particolarmente: ci limitano, e nel mio caso sono la cosa più scomoda che possa capitarti.
Però se tengo la bocca chiusa non potrà accadermi nulla di male. Giusto?”

Alexander Gideon Lightwood si sbaglia: la sua semplice vita viene completamente stravolta dopo il Test Attitudinale, rendendola quasi come un vero e proprio thriller.
Aggiungete dell'azione, intrighi, cospirazioni e qualche battito cardiaco di troppo.
Che ne verrebbe fuori?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Note: Quando si dice "chi non muore si rivede"!
Ebbene sì, sono tornata e stavolta con un ritardo quasi accettabile!
Ho due cose importanti da dirvi/chiedervi:
2. Da qui in poi, i capitoli saranno decisamente più lunghi rispetto ai precedenti, per vostra sfortuna/fortuna! La motivazione? La storia entrerà nel vivo ed i casini saranno davvero, davvero tanti.
3. Come al solito, vi ringrazio con tutto il cuore per i bellissimi commenti che mi lasciate, non avete idea di quanto mi rendano orgogliosa e mi spronino a fare sempre meglio. Un grazie anche a tutti i lettori silenziosi (spero di poter sentire presto anche voi), a coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite (63), le ricordate (26) e le seguite (119)! Detto questo, vado a rispondere alle vostre bellissime recensioni, spero di risentirvi presto in numerosi, grazie grazie grazie ♥️
Ari Youngstairs



• Capitolo Diciannove •


Barcollo come un ubriaco fino al piano di sopra, con il cuore ancora rimbombante e il sapore di Magnus in bocca.
Ho ancora la sensazione delle sue mani che accarezzano desiderose, ma delicate, come se fossi qualcosa di prezioso. 
Nella mia mente non ci sono più Camille, le parole di Magnus, gli arresti nella mia vecchia fazione. Tutto è passato in secondo piano, almeno per qualche euforico minuto.
Quando giungo davanti alla camera di Magnus, mi ravvivo un po' i capelli, giusto per sembrare un poco più presentabile.
Anche se sono già passate alcune decine di minuti, sono abbastanza sicuro di avere le guance ancora leggermente arrossate.
L'uscio della porta si apre, rivelando un Magnus in tutto il suo splendore.
«Eccoti finalmente!» Esclama, prendendomi per un polso e tirandomi dentro la stanza: questa è esattamente come l'ultima volta in cui ci sono entrato, con lo stesso divanetto, la stessa piccola cucina e le stesse pareti azzurrine. Al centro del piccolo appartamento però è stato sistemato un tavolino rotondo per due persone, con tanto di candela accesa, posate perfettamente lucidate e un paio di piatti pieni di invitante pollo fritto.
Con la luce spenta, l'atmosfera è estremamente romantica e confortante.
«Wow.» Mi lascio sfuggire «Ma perché l'hai fatto?»
«Te l'ho detto il perchè.» Risponde lui, come se fosse ovvio. «Riproviamo il tuo primo bacio, no? E ne approfitto per stare con te.» 
Con il piede sposta leggermente una delle due seggiole, in un muto invito. 
Noto che i suoi occhi sono delineati da una sottile linea scura di eye-liner che rende il suo viso ancora più affascinante, quasi pericoloso. 
Mi siedo, un poco a disagio, abbassando gli occhi verso l'invitante pollo nel mio piatto. Quasi ho paura di mettermi ad osservare il ragazzo di fronte a me, forse per l'imbarazzo, forse perché temo di apparire un perfetto idiota.
O forse perché sotto sotto non mi fido ancora completamente di lui.
«Inoltre voglio capire una cosa.» Aggiunge lui, spezzando l'imbarazzante silenzio che sta prendendo il sopravvento.
«Che cosa?» Gli chiedo, addentando una succulenta coscia di pollo. È davvero squisita...che abbia cucinato Magnus? 
«Questo è un segreto.» Ribatte lui, facendomi l'occhiolino. 
«Ne hai molti, vero?» La domanda esce dalla mia bocca ancor prima che potessi anche solo pensare di fermarla.
Il suo viso assume svariate espressioni: confusione, perplessità, rabbia e tristezza. Poi, lentamente, arriccia le labbra in un sorriso amaro.
«Non ho una buona fama, eh?» Chiede, senza attendere una risposta. «Dimmi, hai sentito le voci che girano sul mio conto, vero?»
Annuisco, le parole di mia sorella ancora in mente: «Si dice che nonostante sia un allenatore eccezionale, ecco...gli piace sedurre i suoi allievi. Ragazzi e ragazze. Se li porta a letto in cambio di qualche credito extra, oppure per puro divertimento. Dicono tutti che tu sarai il prossimo svago di Magnus.»
L'Intrepido si mete a giocare nervosamente con la forchetta, lo sguardo altrove.
A questo punto, ciò che devo dire mi appare chiaro: se voglio far scoprire le carte a Magnus, allora dovrò scoprire le mie per primo.
«Ma tu non sei così.» Affermo, attirando la sua attenzione. Una forza che non sapevo di avere mi spinge a guardarlo dritto in volto, la voce sicura. «Non con me. Non so se quelle voci siano vere o meno, ma so che tu in fondo non sei così. Mi hai aiutato un sacco di volte, mi hai raccontato del perché hai gli occhi di un gatto, hai preparato tutto questo solo per stare con me. Non tutti lo avrebbero fatto.»
Magnus sembra sbalordito: sicuramente non si aspettava un simile discorso da me, e sinceramente non me l'aspettavo nemmeno io.
«Come fai ad esserne convinto? Potrei essere davvero la persona spregevole di cui hai sentito parlare.» Dice, estremamente serio. Mi osserva attentamente, come se si aspettasse qualche reazione.
«Allora dimmelo tu.» Continuo io, sporgendomi un poco. «Chi sei tu veramente?»
Magnus si alza dalla sedia, girando lentamente attorno al tavolo: la luce della candela proietta ombre sul suo viso spigoloso e bellissimo, mettendone in risalto i lineamenti esotici.
«Sei davvero disposto a scoprirlo?» Mi chiede, scrutandomi mentre mi alzo a mia volta e accorcio la distanza che ci separa.
«Se tu sei disposto a mostrarmelo.» 
Il suo viso si fa più vicino, le sue mani sfiorano le mie. Sento il cuore accelerare.
«A nessuno fino ad ora era importato così tanto di me...» Sussurra. «Solo a Tessa. Lei è la mia unica e vera amica.»
«Posso esserlo anche io, se vuoi.» Gli dico, facendolo leggermente ridere. Mi prende le mani e se le porta sulle spalle, avvicinandosi ancora di più a me.
«Tu, mio amico?» I suoi occhi sembrano fari nella luce soffusa della stanza. «Alec, temo sia impossibile. E vuoi sapere perchè?»
Annuisco con un cenno, senza staccargli gli occhi di dosso. Appoggia una mano alla base della mia schiena per annullare completamente la distanza che ci divide, mentre con l'altra si mette ad accarezzarmi una guancia.
Le nostre labbra si scontrano, in un bacio che non ha nulla a vedere con il precedente: se l'altro era forte, disperato e focoso, questo è lento e dolce, la bocca di Magnus che guida la mia con gentilezza e decisione.
Chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare da questo contatto: tutto dentro di me sembra accendersi, ogni fibra del mio corpo freme, i battiti dei nostri cuori così vicini creano la più bella sinfonia che abbia mai sentito.
Per tutta la vita, mi sono sempre sentito come se fossi perennemente nel posto sbagliato al momento sbagliato, cominciando a credere che magari l'unica cosa veramente sbagliata fossi io. Ma non ora: Magnus ha notato me. Magnus ha scelto me. Magnus sta baciando me.
Per un euforico momento penso che questa follia potrebbe funzionare: io e Magnus, Magnus ed io. Nulla ora mi sembra più impossibile e al contempo meraviglioso.
Le nostre labbra lentamente si separano, ma noi rimaniamo così, abbracciati in mezzo alla stanza.
«Beh...è un'eccellente motivazione.» Constato, col fiatone. Non mi ero accorto di aver trattenuto il respiro per tutta la durata del bacio. Sono stati secondi? Minuti? Ore? 
«Ho sempre preferito le dimostrazioni pratiche alle parole.» Scrolla le spalle, un sorriso dispettoso sulle labbra. «Che dici, finiamo la cena?»

§


Io e Magnus abbiamo parlato a lungo: a quanto pare Magnus, dopo che Camille gli ha rivelato delle microspie installate dopo l'aggressione alla Torre di Controllo, ha inviato una pattuglia per trovarle e rimuoverle. 
«Levarle servirà a ben poco.» Aggiunge poi, in un tono quasi rassegnato. «Ormai sono sicuro che ci sia qualcuno tra noi che collabori con loro. Una sorta di spia, qualcuno che riferisce a Camille e ai suoi seguaci quando e come colpire. È la donna più subdola e intelligente con cui abbia mai avuto a che fare.»
Rimango in silenzio per un po', sfregando nervosamente le dita. Davanti a me, la candela sta cominciando lentamente a sciogliersi in grandi gocce di cera bianca.
«Era la tua ragazza?» Domando: a volte la natura da Candido che ancora vive in me ritorna a galla in tutta la sua sfacciata antipatia. Devo imparare a contare fino a dieci prima di aprir bocca, o rischio seriamente di combinare qualche enorme cavolata. 
Eppure, Magnus non pare sorpreso dalla domanda.
«Sì. Eravamo fidanzati quando ero ancora nella mia fazione originaria, gli Eruditi.» Le sue parole sono calme, e mentre parla mi guarda come se volesse registrare ogni mia singola reazione. «Un tempo non era affatto così: lei era la ragazza più bella tra tutte quelle della nostra età, nonché la più intelligente. Era furba, ma non cattiva. Ci siamo conosciuti a quattordici anni e messi insieme a quindici, ed io ero...ero davvero un sacco innamorato di lei.» Sospira. «Poi però qualcosa è cambiato: lei ha cominciato a tradirmi con svariati ragazzi, a considerarmi uno scherzo della natura come tutti gli altri, a blaterare cose assurde sul governo e sul potere...la lasciai, poi alla Cerimonia scelsi gli Intrepidi e le nostre strade si separarono.» 
Rimango in silenzio, non sapendo esattamente cosa dire: consolare un cuore spezzato con un "mi dispiace" è un po' come tentare di riparare un buco con la colla. 
Mi chiedo come faccia a piacergli, dato che io e Camille...che cos'abbiamo in comune?
«Ma ora parlami di te, Alec. Domani chi verrà a farti visita?» Domanda lui dopo un po', appoggiandosi completamente allo schienale della sedia. 
«Mia madre e mio fratello minore Max.» Rispondo, tentando di non pensare agli ultimi avvenimenti della mia fazione. Avevo quasi dimenticato che la Giornata delle Visite fosse domani, ma non vedo l'ora di rivedere di nuovo la mia famiglia tutta al completo. O quasi.
«Anche loro hanno capelli neri e occhi blu? Sai, sono la mia combinazione preferita.» Commenta con voce mellifua, facendomi l'occhiolino. Arrossisco violentemente, ma sotto sotto provo una certa soddisfazione nel ricevere complimenti da lui.
«Sì...anche mio padre aveva capelli neri ed occhi azzurri. Izzy invece ha ereditato gli occhi scuri da una zia.»
«E Jace da dove se ne esce con quella zazzera bionda? Non assomiglia affatto né a te né a tua sorella.» Constata, particolarmente curioso.  
«Infatti lui è stato adottato quando aveva circa sette anni. I suoi genitori sono stati uccisi, e suo padre era un caro amico del mio, così è diventato un Lightwood. Poi beh, mio padre tradì mia madre, e per i Candidi non c'è nulla di più grave del tradimento. Così divenne un Escluso quando io avevo otto anni e Max appena due.» 
«Oh.» Sussulta Magnus. «A quanto pare nessuno dei due ha avuto questo gran rapporto con il proprio padre.» 
«Già.» Sospiro. Ho pochi ricordi dell'uomo che mi ha messo al mondo, ma non mi è mai sembrata una cattiva persona. Rammento di un uomo robusto che si metteva a lanciare il piccolo Max in aria, mettendosi a camminare a gattoni insieme a lui. Un uomo che mi parlava dei valori dell'onestà e della giustizia con gli occhi blu che gli brillavano.
Un uomo escluso dalla società per tradimento.
«È tardi, il coprifuoco è già scattato da un po'.» Annuncia Magnus, lanciando un'occhiata all'orologio digitale accanto al suo letto: è quasi l'una di notte. «Temo tu debba andare.»
«Sì, lo temo anch'io.» Sbiascico, alzandomi dalla sedia. La verità è che preferirei di gran lunga rimanere qui con Magnus.
Nemmeno due ore fa ti ha spezzato il cuore, eppure vorresti stare con lui. Che cosa ti prende, Alexander?
Non ne ho la più pallida idea. Il mio corpo e il mio cuore sembrano reagire in modo completamente autonomo dal cervello quando si tratta del mio allenatore.
Avevo già compreso da un pezzo che Magnus mi piacesse come non mi era mai piaciuto nessuno fino ad ora, a tal punto da farmi mancare il fiato ogni volta che mi sfiora o mi si avvicina più del dovuto.
Eppure, se fosse solo un'infatuazione, il suo comportamento bizzarro, i suoi modi di fare eccentrici e la sua storia complessa -e a volte quasi misteriosa- dovrebbero spingermi ad evitarlo, non il contrario. 
Magnus invece sembra attirarmi a sè, ogni volta che lo guardo o che parliamo ancora di più: rompere questo bizzarro e fortissimo legame sembra impossibile, nonostante ci abbia provato.
Un attimo prima di aprire la porta della stanza, mi volto verso di lui: assorto nei miei pensieri non mi ero nemmeno accorto che si fosse alzato e che mi avesse seguito fino all'uscio.
«Per caso adesso hai...capito quella cosa? Quella di cui mi avevi parlato prima?» Gli domando, curioso.
Lui mi guarda attentamente, poi arriccia un angolo della bocca: «Sì, penso di sì.»
«E che cos'era?» 
Si avvicina a me, ed io trattengo il fiato finchè non sento le sue labbra posarsi sulle mie. 
Magnus mi sospinge all'indietro, incastrandomi fra la porta e il suo corpo snello e muscoloso. Le sue braccia mi circondano i fianchi e mi tengono strette a lui, come se non volesse lasciarmi andare.
Non so se sia vero, non so se sia giusto, ma so che lo voglio. Voglio che tutto questo accada, che irrompa nella mia vita come un fiume senza argini.
Il me stesso di soli pochi giorni fà mi prenderebbe a schiaffi, probabilmente dandomi del pazzo: tutto ciò mi porterebbe a sconvolgere ulteriormente quella che era la mia semplice e monotona vita.
Sii una brava persona, prenditi cura di chi ti vuole bene, non cacciarti nei guai.
Eppure tutto in Magnus sembra voler portare guai, guai che magari vale la pena affrontare.
Quest'ultimo mi sta ancora baciando mentre mi stringe a sè in una presa ferrea: le sue labbra sono morbide e guidano le mie, sottili ed inesperte.
Con una leggera pressione della lingua chiede silenziosamente l'accesso alla mia bocca, ed io, quasi automaticamente, glielo lascio: nonostante abbia mangiato, il suo sapore di caffè e cannella mi invade le papille come se fosse nettare divino.
Oh sì, ne vale assolutamente la pena.
Non senza una certa riluttanza ci separiamo, ma Magnus non scioglie la sua presa su di me: io, ovviamente, non gli chiederò certo di farlo.
«Pensavo fosse solo un'impressione...» Sussurra, inclinando leggermente la testa di lato. Nel farlo, gli orecchini sul suo orecchio sinistro brillano come tanti minuscoli diamanti. «Ma non lo è. Tu sei...diverso.»
Qualcosa, nel modo in cui lo dice, sfalsa il mio battito cardiaco.
«Intendi...per la mia Divergenza?»
Scuote la testa.
«No, non c'entra niente con le fazioni o...o con quel tipo di cose. Tu sei diverso dalle altre persone che ho conosciuto fino ad ora.» 
Soffoco un'espressione di sorpresa, colpito e perplesso allo stesso tempo.
«Ma Magnus, io non ho assolutamente nulla di speciale o diverso dagli altri, se non la mia Divergenza. Non ho nemmeno mai avuto le palle di dire a Izzy e a Jace che sono gay...provengo da un luogo in cui non si può mentire o tenere nascosto nulla, ed io mento da anni a me e alle persone che amo.» 
È la prima volta in vita mia che ammetto di essere gay ad alta voce: ciò mi rende nervoso e spaventato, con un terribile nodo alla bocca dello stomaco, ma alcontempo è come essermi alleggerito un po' il cuore da un enorme peso.
«Arriverà il momento giusto anche per quello, Alec. Nessuno ti obbligherà a farlo, e sono sicuro che Jace e Izzy ti vogliano molto bene. Non penso smetterebbero di volertene per una cosa simile.» Mi rassicura, ed io istintivamente porto la mano al braccio sinistro, dove  la runa della fratellanza è impressa a vita sulla mia pelle. È stato Jace a volere che ci tatuassimo entrambi questo simbolo, come una conferma eterna: «Perché non ci tatuiamo questa? Per far vedere a tutti che chiunque oserà mettersi tra di noi riceverà tanti di quei calci in culo da non potersi sedere più per decenni.»  
Magari Magnus ha ragione, Jace ed Izzy sono parte costante della mia vita: mi accetterebbero sempre per ciò che sono, giusto?
«Comunque, Alec, tu sei diverso. Lo sei perchè...perchè sei tu, in tutta la tua disarmante semplicità. Tu non hai facciate.»
Apro la bocca per ribattere, magari dicendo che nessun Candido ne ha, ma mi blocco: davvero chi non può mentire non può avere segreti? O fingere? 
No, ovviamente no.
«Mi piace quando rimani imbambolato, sai?» Ridacchia, poi apre la porta alle mie spalle. «Ci vediamo domani allora.» 
«A domani.» Faccio per uscire, ma prima gli rivolgo un sorriso. «Sono stato bene con te.»
«Anche io, mio giovane Intrepido.» Mi fa l'occhiolino e ritorna nella sua stanza, chiudendo piano la porta.
A domani. Qualcosa mi dice che sarà una notte tremendamente lunga.


§

Sgattaiolo lungo i numerosi corridoi, sentendomi come un ladro: il coprifuoco è già scattato da un pezzo, e se qualcuno mi beccasse ancora in giro mi caccerei in guai seri.
Le lampade al neon mandano una luce bianca e fredda, dando alle pareti di roccia un'aria spettrale.
Raggiungo i dormitori senza incontrare nessuno, e tiro un sospiro di sollievo.
La piccola stanza che condivido con Jace e Izzy ha la porta in legno scuro, che quasi si confonde con i muri e il buio della notte stessa.
Ho intenzione di gettarmi sul letto immediatamente, ma come entro nella stanza vengo colpito in pieno da uno sguardo di fuoco: al contrario di Jace, Isabelle è sveglia e se ne sta seduta sul bordo del mio letto, con gli occhi scuri che sembrano mandare tuoni e lampi.
Cazzo.
«Iz, che cosa...»
«Eh no, le domande le faccio io stasera.» Mi zittisce lei, alzandosi e parandomisi di fronte. «A cena avevi un'aria strana, non hai nemmeno mangiato. Poi sparisci fino a tardi senza nemmeno rispettare il coprifuoco.»
Fa un altro passo: quando vuole mia sorella sa davvero incutere timore.
Mi esamina attentamente, poi con due dita mi fa girare lievemente il capo a sinistra. La sua bocca si spalanca.
«Ma questo...questo è un succhiotto! Ti è rimasto persino il segno dei denti!»
Il panico più totale mi assale: dannato Magnus e dannata la sua bocca! Poteva dirmelo che mi aveva lasciato un livido!
Cristo Alec, pensa.
«Abbassa la voce! O sveglierai Jace!» Le dico, indicandole il ragazzo che sta tranquillamente ronfando nel suo letto. 
«Jace dorme come un morto e lo sai, ma ora dimmi dove ti sei guadagnato questo.» Mi ordina, toccandomi un punto sotto l'orecchio con l'indice.
Io non rispondo, mi limito a guardarla, bella e forte come è sempre stata. 
Jace è mio fratello e il mio migliore amico, ma io e mia sorella siamo sempre riusciti a capirci con un singolo sguardo: io e lei condividiamo praticamente tutto, sin da quando siamo stati concepiti.
Passano alcuni secondi, infatti, prima che la sua rabbia si plachi completamente, lasciando spazio alla sorpresa.
«Non mi dire. Centra Magnus, è così?»
Cerco di reprimere il groppo che mi si sta formando in gola, e annuisco.
«Quindi...lui ti piace? Ti piacciono i ragazzi in quel senso?» Inclina leggermente la testa, come fa ogni volta che pensa attentamente a qualcosa. 
Io mi copro la faccia con le mani: l'idea che i miei fratelli venissero a sapere della mia omosessualità mi ha sempre terrorizzato più di qualsiasi altra cosa.
Ed ora mia sorella mi ha colto in flagrante, facendomi sentire come una preda messa al muro. Ormai mentire non serve più a nulla.
«Sì, io...» Ma non termino la frase, perchè Isabelle mi abbraccia con una forza che non sapevo possedesse. Automaticamente la stringo in risposta: non porta i tacchi, perciò la sua testa s'incastra perfettamente sotto il mio mento. 
«Ti conosco abbastanza bene da sapere che ti senti uno schifo in questo momento. Ma non devi, davvero. Tu sei e rimani la persona più dolce e fantastica del mondo.»
Sento qualcosa divampare in petto, come una fiamma calda e piacevole: neanche nei miei sogni più sfrenati avrei mai immaginato che potesse prenderla così bene. 
In fondo però lei è Isabelle, e non esiste un'altra ragazza straordinaria come lei. 
Quando ci stacchiamo ritorna immediatamente seria: «Ora però devi dirmi ogni dettaglio.» 
Le racconto, mascherando e cambiando diverse cose, di come io e Magnus ci siamo lentamente avvicinati. Non accenno nulla sul fatto della mia Divergenza, né a quello degli arresti nella nostra vecchia fazione: vorrei tanto poterla mettere al corrente di ogni singola cosa, ma mi sono ritrovato involontariamente in un pericoloso disegno più grande di me in cui non ho intenzione di coinvolgerla.
Lei ascolta attentamente e in silenzio, finché non le dico del bacio di questa notte.
«Oddio Alec, ma un vero bacio? Con la lingua?» 
«Beh...sì.» Rispondo, sentendo il sangue affluirmi alle guance. «Tre volte in verità, e mi ha fatto anche questo succhiotto, per il quale domani lo strozzerò. Ora...ora sai tutto.»
Lei mi scruta attentamente: probabilmente ho un aspetto tremendo, tra il livido sul collo e i capelli di sicuro scompigliati.
«Alec, è bellissimo che finalmente tu abbia trovato qualcuno, davvero. Ma stai attento, perché io stimo Magnus come allenatore, ma come persona...» Emette un sospiro leggero. «Beh, spero per entrambi che non ti spezzi il cuore.»
Annuisco, mentre nel mio petto sento scontrarsi emozioni contrastanti: se prima vedevo un futuro tranquillo e sicuro, come una strada dritta e illuminata, ora non ci riesco più. 
Quante altre cose sono destinate a cambiare? 
Sarai mai davvero pronto ad affrontarle?
«Comunque Alec te lo concedo-» Esclama mia sorella dopo un po' «-ti sei pomiciato proprio un gran pezzo di figo!»
«Izzy!» Arrossisco di nuovo, ma sotto sotto mi sento un po' orgoglioso. 
«Okay okay, scusa. Meglio se andiamo a dormire, il discorso è rimandato a domani. Sarà una lunga giornata.» 
Si corica nel suo letto ed io faccio lo stesso, sentendo il sonno piombarmi addosso come un macigno.
La vita da Intrepidi richiede più coraggio di quel che mi aspettassi. 
Mi chiedo se quel coraggio io ce l'abbia davvero.
   
 
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