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Autore: LorasWeasley    29/05/2016    16 recensioni
AU [Solangelo|Caleo|Percabeth|Frazel|Jasper]
"-Prima di iniziare voglio ricordarvi che questo non è un gioco, non vi state allenando, qui se sbagliate siete morti. Siete i migliori ragazzi in addestramento che siamo riusciti a trovare, venite da diverse parti del mondo, ma ci servite tutti.
...
Spero di non aver sbagliato a fidarmi di voi. Riuscite a portare a termine questa missione e tutto il mondo vi ricorderà come degli eroi."
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frank/Hazel, Jason/Piper, Leo/Calipso, Nico/Will, Percy/Annabeth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'CIA'
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37.Sensi di colpa


Piper si torturava le mani sotto il tavolo.
Non era abituata a tutto ciò, quelle cose lei le aveva viste solo nei film.
Era in una stanza dalle normali dimensioni, asettica, un semplice tavolo in mezzo alla stanza.
Lei era seduta da un capo, una signora dall’altra parte, Jason l’aveva chiamata Era prima che li separassero.
La stavano interrogando, utilizzando una macchina della verità umana: Hazel.
La ragazza era accanto alla signora che continuava a fare domande a raffica, senza scomporsi.
-Come ti chiami?
-Piper McLean.
-Quanti anni hai?
-19.
Iniziò con domande semplici, in ogni caso Piper non aveva nessuna intenzione di mentire, Jason aveva messo in gioco tutto per lei, aveva detto a tutti che ci si poteva fidare. Lei non aveva nessuna intenzione di metterlo nei guai.
-Eri a conoscenza dei piani di tuo padre?
-No. Non parla mai con me di queste cose.
La donna fece una leggera pausa, il tempo che Hazel la scrutò a fondo e facesse cenno di continuare.
-Cosa sapevi allora?
-So che mio padre non è mai stato un santo, soprattutto per arrivare dove è arrivato. Ma con me non parlava e io cercavo semplicemente di vivere una vita normale. So che da quest’anno qualcosa è cambiato in quella scuola. Mio padre la possiede da un sacco di tempo, ma raramente ci veniva per fare il suo lavoro di direttore, o anche solo per farmi visita. Invece quest’anno non è andato via neanche una volta. C’era per forza qualcosa sotto.
Sospirò, nessuno disse nulla, Hazel continuava a scrutarla intensamente, non dava nessun cenno per far capire se la credesse o meno.
Piper allora riprese, smettendo di torturare le sue mani e dedicando tutta la sua attenzione a una crepa sul tavolo.
-Poi ieri pomeriggio mi ha convocato. Mi ha detto che c’era una società segreta che voleva rubare una sua cosa. Non è entrato nel particolare, mi ha solo detto che Jason e alcuni suoi amici facevano parte di questa associazione e che sarebbero intervenuti oggi all’alba. Jason non vi ha mai tradito, me l’ha confessato successivamente. Mi ha detto che il suo piano fin dall’inizio era quello di mettere me in salvo, ma poi venir meno al patto che aveva fatto con mio padre e contattare voi per fare tutto quello che dovevate fare. Non aveva messo in conto di quel ragazzo.
-E lei le crede, signorina McLean?
-Certo. Mi ha letteralmente detto che in ogni caso sarebbe sempre andato contro mio padre, quindi contro la mia famiglia. Che senso avrebbe avuto dirmi una cosa del genere che mi farebbe solo allontanare da lui, dopo che ormai ho deciso da che parte stare?
Hazel annuì, poi si rilassò sulla sedia e abbozzò un sorriso alla ragazza –Ha detto solo la verità.
Era annuì, continuò a fissare Piper –Mi piace come ragiona, potrebbe esserci molto utile in futuro. Per adesso è libera di andare.
Le due ragazze si alzarono, stavano andando via quando Era richiamò Hazel.
-Signorina Levesque, mi chiami tutti i suoi amici, fra trenta minuti vi voglio tutti nella sala circolare dove vi ho convocati la prima volta.
Lei annuì e finalmente uscirono di li.
Fuori c’era Jason, si diresse subito da Piper e la strinse, poi chiese –Com’è andata?
-Mi hanno creduto- rispose lei afferrandogli la mano.
-Io mi preoccuperei più per noi, Jason- mormorò a quel punto Hazel.
Lui la fissò non capendo e lei continuò –Ci vuole vedere tutti quanti, fra 30 minuti. Dove sono gli altri?
 
Avevano già accennato in passato al fatto che Era fosse una donna dai discorsi concisi e semplici?
Ecco, quello fu decisamente uno di quelli.
Per tutti fu quasi un deja-vu, se non si conta il fatto che ormai si conoscevano più che bene e che al posto di Nico stava Piper.
-Sinceramente mi avete deluso. Mi sono messa contro di tutti sapendo che voi avreste portato a termine questa missione più che bene. Per adesso siete esonerati da qualsiasi tipo di attività. Sapete troppe cose per lasciarvi andare, non potete iniziare una nuova missione e nessuno ha intenzione di lasciarvi gironzolare qui dentro, sono abbastanza certi che riuscirete a distruggere questo posto in meno di una settimana.
-Ci volete tenere imprigionati da qualche parte?
-Io non la chiamerei proprio prigione, signor Jackson, ma si. Andrete in una nostra villa, dove sarete tenuti sotto controllo e protetti. E’ piena di confort e stanze per gli allenamenti.
-E Nico?
-Abbiamo altre priorità in questo momento.
-Lo state abbandonando- sibilò Will.
-No. Semplicemente, al contrario di voi, sappiamo quali sono i veri problemi.
 
In “punizione” insieme a loro ci finì anche Piper, la ragazza non aveva nessuna intenzione di separarsi da Jason.
La villa era davvero enorme e piena di confort come avevano detto, ma era anche piena di telecamere, sistemi d’allarme e uomini a controllare i vari ingressi. La teoria ufficiale era per “tenerli al sicuro”, ma tutti sapevo che in realtà servissero a non farli scappare per complicare ancora di più la situazione. Erano ufficialmente rinchiusi li dentro.
Era sera, non avevano cenato e nessuno sembrava intenzionato a volerlo fare.
Jason era in cucina a sorseggiare un bicchiere d’acqua quando venne raggiunto da Leo.
-Ciao- disse il messicano avvicinandosi a lui lentamente, non avevano ancora ufficialmente parlato da quella mattina.
Jason non rispose, distolse lo sguardo e strinse un po’ di più la presa sul bicchiere.
-Senti, so che pensi che sia colpa tua, ma non è così.
-Si che lo è.
Leo sbuffò e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendo leggermente per farsi ascoltare.
-E’ colpa mia perché ero il suo compagno di stanza e non ci ho pensato due volte prima di incolparlo. E’ colpa di Annabeth che ha chiamato tutti in quella stanza per renderci partecipe dei suoi sospetti. E’ colpa di Percy che gli ha urlato contro quelle cose. E’ colpa di Frank e Calypso che non hanno detto nulla per fermarlo. E’ colpa di Hazel e Will che l’hanno lasciato andare.
Jason lo fissò con la bocca socchiusa, perché lo stava consolando? Doveva avercela con lui.
-Quindi, smettila di darti la colpa. Ognuno qui ha i suoi sensi di colpa, ognuno si sente uno schifo per quello che è successo e ognuno ha le sue ragioni. Ma si va avanti e si combatte, non si resta fermi a farsi distruggere dal compianto e dall’impotenza. Lo so per esperienza personale.
Il biondo capì dove voleva arrivare l’amico: sarebbero andati a salvare Nico, che alla CIA piacesse o no. Così lanciò un breve sguardo alla telecamere situata alla loro destra, nell’angolo fra due pareti.
Leo fece il suo sorrisetto sadico –Come se non mi conoscessi.
Jason rispose al sorriso, poi chiese semplicemente –Hai idea di dove si trovi?
-Ci sto lavorando- rispose semplicemente il moro –Quando saprò qualcosa di concreto vi farò subito sapere.
Il biondo annuì.
-Inoltre abbiamo parlato con Hazel, ci ha raccontato dell’interrogatorio di Piper. Sappiamo che non hai mai voluto tradirci davvero e che in ogni caso saresti stato dalla nostra parte.
-Oh… Leo? Grazie.
Il moro si limitò ad abbozzare un sorriso e una pacca sulla spalla.
Poi si avviò agli sportelli cercando qualcosa che attirasse la sua attenzione, dopo aver afferrato una scatola di biscotti annunciò –Vado a continuare la mia ricerca.
 
Annabeth aveva cercato Percy per tutta la villa, quanto poteva odiare i posti così enormi?
Lo trovò dopo molti minuti.
Era in una stanza anonima, seduto sul pavimento freddo, con la schiena poggiata a un divano di fronte un’enorme televisore. La tv era accesa ma messa con il silenzioso, stava trasmettendo un film antico, Annabeth l’aveva visto, ma non ricordava il titolo.
-Ti ho cercato ovunque- fece la ragazza esasperata avvicinandosi a lui.
Percy neanche alzò lo sguardo dal pavimento dove stava facendo ruotare il telecomando con l’indice.
-Non dovevo urlargli contro quelle cose, non dovevo uscire quell’argomento. Ho incolpato Jason quando in realtà era colpa mia. Non può davvero finire così.
La ragazza fece uno sbuffo quasi divertito –Finita? Oh andiamo Percy, siamo solo all’inizio.
Poi si ricordò delle telecamere incorporate di microfoni, così con un movimento fluido si sedette a cavalcioni sulle sue gambe, strinse le braccia intorno al suo collo e avvicinò la bocca al suo orecchio.
-Alla prima occasione lo andiamo a prendere, io sono stata la prima ad usarlo per i miei scopi e non finirà così. Non può finire così.
Si scostò per fissarlo in volto, passò lentamente una mano fra i suoi capelli mentre mormorava –Va bene?
-Va bene- sospirò in risposta Percy mentre stringeva ancora di più i suoi fianchi.
Lei si perse nei suoi occhi verdi, continuava ad intrecciare le mani tra i suoi capelli, infine se ne uscì con un semplice “Mi dispiace”.
Percy la fissò non capendo e lei continuò poggiando la fronte nell’incavo tra la spalla e il collo. Poi riprese a mormorare.
-Per un po’ ho creduto che fossi tu la spia. Perdonami. Dovevo capirlo che non avresti mai potuto fare una cosa del genere, sei semplicemente troppo leale con gli amici, dovevo solo capirlo prima. Scusa.
-Annabeth, ti amo.
Se ne uscì così Percy. Forse era la dichiarazione fatta nel momento meno azzeccato di sempre, ma gli era uscita di getto, aveva sentito nella sua voce la paura di aver sbagliato e di essere fuori posto. Percy non voleva che si sentisse in quel modo e non era mai stato bravo con le parole, semplicemente disse la prima cosa che gli passò per la testa.
Una frase terribilmente vera.
Lei trattenne il respiro, si immobilizzò e non disse una parola.
Poi, lentamente, si scostò dal suo petto, poggio una mano sulla sua guancia e avvicinò le sue labbra.
Gli lasciò un piccolo bacio a stampo, tornò a immergere i suoi occhi grigi in quelli verdi del ragazzo e prima di ritornare a baciarlo mormorò –Anche io Percy, anche io.
 
Will trovò la porta della terrazza cinque minuti dopo che furono scortati in quella casa.
Si sedette a terra, rannicchiando le gambe al petto e fissando l’orizzonte, il sole che tramontava.
Nessuno lo cercò, nessuno provò a disturbarlo.
Anche molte ore dopo che il sole era ormai andato via, lasciando spazio solo alla luna e alle stelle, Will non si mosse dalla sua posizione.
Aveva una semplice felpa, fuori c’era il gelo, se ci fossero state nuvole avrebbe sicuramente nevicato. Ma a Will non importava.
Aveva sempre odiato il freddo e l’inverno, lui era il ragazzo dell’estate, dai suoi immancabili occhiali da sole e dalle sue scomode infradito.
Ma in quel momento il freddo che entrava fin dentro le ossa era l’unica cosa che voleva, l’unica cosa che riusciva a tenerlo ancorato alla realtà, l’unica cosa che gli ricordava Nico.
Non riusciva a dimenticare come gli avesse urlato contro l’ultima volta che si erano visti, come il suo volto era stravolto dal dolore, come lui non aveva fatto nulla per alleviarlo, come l’aveva lasciato andare via senza fare nulla per trattenerlo e proteggerlo.
Chiuse gli occhi e nascose la testa fra le ginocchia.
Ti prego Nico, ti prego. Devi resistere. Verrò a prenderti, te lo prometto.
E per la prima volta da anni, per la prima volta dopo tutti gli avvenimenti di quella mattina, Will si concesse il lusso di piangere.
 
Calypso entrò in camera che si era scelto Leo che era ormai l’una passata.
La prima cosa che saltò ai suoi occhi fu il letto, completamente immacolato.
Poi la sua attenzione venne attirata dagli schermi illuminati dei vari pc sopra l’enorme scrivania.
Leo dormiva beatamente su di essa, un braccio piegato sotto la testa, nell’altra mano aveva un biscotto mezzo mangiucchiato.
La ragazza fece un sorriso e gli si avvicinò, gli accarezzò teneramente i ricci e lanciò uno sguardo allo schermo di fronte al suo volto.
Si bloccò di scatto trattenendo il respiro.
-Leo… Leo svegliati!
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Buongiorno! (?)
Mi scuso per l'orario strano, ma sono terribilmente impegnata con le armi e gli accessori per l'etnacomics e sono riuscita a prendere solo ora il pc.
Allora, questo non è un capitolo proprio felice.
Piper ormai ha scelto del tutto da che parte stare e di Jason abbiamo capito che non voleva tradirli e di sicuro non voleva che a Nico succedesse una cosa del genere.
Come ho sempre ricordato, sono agenti segreti ed era ovvio che fosse più giusto salvare l'America che una sola persona, loro non hanno scelto così, ma alla CIA non è piaciuto tutto ciò... come dice Will "lo stanno abbandonando".
Poi ci sono i sensi di colpa, quelli ti distruggono lentamente.
Una parte di broship fra Leo e Jason dovevo per forza metterla e questo era il momento migliore, quanto amo quei due!
Poi bè, la Percabeth è la Percabeth.
E poi c'è Will... Non penso che piangere sia un segno di debolezza, anzi. Semplicemente ha da quella mattina all'alba che ha scoperto di Nico e per tutto quel tempo ha continuato a comportarsi normalmente, a fare tutto quello che la CIA gli chiedeva. Ma adesso, che è solo, con un sacco di tempo libero e impotente, tutto il dolore gli si è riversato addosso e che altro può fare se non pregare che tutto si sistemi?
Per la parte finale invece... si, penso di essere stata un tantino stronza eheheh ma ormai mi conoscete ;)
Deh
  
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