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Autore: _Cthylla_    29/05/2016    2 recensioni
Ora che gli schieramenti sono stati fatti, i giochi possono iniziare.
Gli Insorti coi loro alleati, nonostante i danni riportati, sono determinati raggiungere i propri obiettivi: l'Uomo nella Luna e Pitch Black devono morire.
L'esercito radunato da Nightlight, che comprende anche quattro dei cinque Guardiani, si rivelerà sufficientemente stabile da non crollare davanti all'unione degli avversari?
Ma quanti sono realmente i giocatori al tavolo? Parti estranee al conflitto mischieranno ancora le carte in tavola...o tenteranno direttamente di bruciare il mazzo?
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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Capitolo  V
= orchidee bianche =




«non arrenderti, Galaxia ti prego, Galaxia…»

La ferita che le aveva inferto Shu Yin non le aveva lasciato scampo, e gli occhi stellati di Galaxia erano fissi, rivolti a un cielo crepuscolare che non potevano più vedere.

«Galaxia…»

Ljuba sapeva che le sue parole erano inutili quanto le sue carezze e i suoi tentativi di scuoterla, ma continuò lo stesso per un lasso di tempo di cui non era di grado di definire la durata, con la vista appannata da lacrime che ancora non cadevano e il corpo scosso dai singhiozzi a stento contenuti.
Era incredibile vederla anche solo in quelle condizioni “trattenute”, proprio lei che di solito era così controllata e pragmatica, ma non era semplice assistere alla morte improvvisa di una persona che conosceva e amava da cinquecento anni. Ovviamente non era lo stesso tipo amore che legava Atticus e Cecilia, ma non per questo era meno profondo, ed era comprensibile che si sentisse svanire la terra da sotto i piedi, che si sentisse del tutto persa.

Galaxia non avrebbe più preso in giro “Atticus Bla Bla” per il suo “blabblare”, Ljuba non l’avrebbe più vista davanti al camino, né sentita lamentarsi per la sua paura dell’altezza. Non le avrebbe più potuto parlare, non avrebbe più avuto il suo sostegno e conforto.
Non avrebbe più potuto contare sulla sua affidabilità, tanto completa da non aver rivelato a nessuno dov’era andata Cecilia quattro secoli prima, in quei tre giorni in cui era sparita.

Ljuba lo aveva capito lo stesso, e immediatamente: se non avesse avuto l’autorizzazione di Cecilia, Atticus non sarebbe andato a uccidere Pitch, sapendo quanto le avrebbe fatto male. Non aveva rivelato a Laxie di esserci arrivata soltanto perché non c’era stata la necessità, perché era storia vecchia, e ora anche volendo farlo non avrebbe più potuto dirle niente.

“se proprio una di noi due doveva morire sarebbe stato più giusto che fossi io, tu eri una persona molto, molto migliore di me. Ora non posso più dirti nemmeno questo…”

Si sentiva colpevole quasi quanto l’assassina stessa, anche se tecnicamente non aveva colpa dell’accaduto. Se solo fosse riuscita a ferirla, a fermarla, se solo fosse stata più rapida…ma come prevedere la presenza di Shu Yin lì, come prevedere che potesse essere diventata tanto veloce -chissà come, poi-? Non aveva neppure capito con cosa, di preciso, avesse ucciso Galaxia. Era successo tutto troppo in fretta.

In tutto ciò, Sophie Bennett dormiva tranquilla e beata avvolta nel cappotto di Ljuba. Per fortuna non si era resa conto di nulla, e l’orribile ricordo dell’accaduto non avrebbe mai potuto perseguitarla, contrariamente all’Insorta che fino alla fine dei propri giorni avrebbe visto e rivisto quella scena ogni volta che avesse chiuso gli occhi.

Quando infine si decise a lasciare che il corpo dell’amica ricadesse a terra, capì che la parte più difficile doveva ancora arrivare. Come avrebbe potuto dirlo agli altri? Però doveva farlo, non aveva scelta, e…

«njet, non provarci neppure. La mia amica ha perso la vita per questo, non lascerò che sia invano».

Nel vedersi scoperto, Monty emise un flebile gridolino acuto.

L’assassinio era avvenuto proprio nel cielo sopra a casa sua, ma fino a quel momento aveva pensato che la coniglia bianca e nera fosse solo stata ferita. Quindi era riuscito a farsi coraggio e, vedendo la sorella di Jamie -il quale aveva avvertito il gruppo dell’accaduto- si era detto “la prendo mentre la donna bionda guarda da un’altra parte”. Che illuso! Eppure avrebbe dovuto saperlo, ormai, di essere il più imbranato della banda! «i-io…c-cioè…morta? Credevo fosse…p-pensavo che Shu Yin l’avesse solo f-ferita…»

Trasalì quando Ljuba si voltò verso di lui. «tu hai assistito a tutto, allora?»

«io…s-sì» rispose balbettando.

La donna non disse niente per un pezzo, poi tornò a guardare le spoglie di Galaxia, e le chiuse le palpebre con un gesto delicato. «come ti chiami?» gli domandò poi, a sorpresa.

«eh?! Ah…Monty. M-mi chiamo Monty, ma-»

«Monty, tu saresti disposto a raccontare a Calmoniglio per filo e per segno quello che hai visto, se mai venisse a chiedertelo? Teneva molto a Galaxia, e può essere che non creda alle mie parole, quando gli rivelerò chi l’ha uccisa…ma alle tue sì» disse Ljuba, con uno strano tono neutro «mi spiace che tu abbia visto qualcuno commettere un omicidio. Tu e gli altri bambini non avreste dovuto essere coinvolti in tutto questo. Noi avremmo solo voluto uccidere l’Uomo Nero, ti sembra tanto sbagliato?»

«a-anche l’Uomo nella Luna…»

«Manny è morto» mentì lei, in previsione di un incontro tra il ragazzino e il Pooka «i Guardiani, a parte Calmoniglio, ora stanno proteggendo l’Uomo Nero. Bezumiye! Follia, pura follia, no?» aggiunse, rivolta più a se stessa che a Monty «hanno preferito far uccidere Galaxia, che in confronto a Pitch era una santa».

«m-ma l’Uomo Nero è pericoloso, ha anche ucciso Sandman!»

Sentendo ciò, a Ljuba sfuggì una risata amara. «moj bozhe, riesci a capirlo tu che sei un bambino e non ci riescono quattro Guardiani su cinque!»

Ljuba fece nascere con un gesto dei fiori sul corpo di Galaxia, così da coprire la ferita. Una volta terminato, sembrava quasi che Galaxia si fosse addormentata indossando un vestito da sposa fatto di tante piccole orchidee bianche. Pensò di creare una bara di ghiaccio, ma alla fine lasciò stare. Lo avrebbe fatto dopo, insieme a tutti gli altri: non voleva togliere loro la possibilità di darle un ultimo abbraccio.

«ma Sophie cosa c’entra? Perché siete venute a r-rapirla, lei è piccola!»

Le motivazioni dietro quel gesto erano troppo complicate da spiegare a un ragazzino, ma se anche fossero state più semplici lei non avrebbe avuto voglia di mettersi a discuterne. Improvvisamente però iniziò ad avere qualche dubbio sul modo di procedere: considerando l’accaduto, avrebbero agito ugualmente secondo i piani stabiliti?
Subito dopo scrollò leggermente le spalle: se anche non avessero usato la bambina come previsto, o in quel momento specifico, avrebbe potuto tornar loro utile in un’altra occasione. «ci serve. Ma se i Guardiani e i loro alleati si comporteranno come devono, non le accadrà niente. È tutto nelle loro mani. Dillo pure anche al tuo amico».

Così come pochi giorni prima Cecilia aveva sollevato Atticus, lei fece fluttuare in aria le spoglie di Galaxia, alzandosi in volo con Sophie in braccio senza aggiungere una parola di più.

Per raggiungere la Fabbrica ci sarebbe voluto esattamente lo stesso tempo impiegato per raggiungere Burgess. Questo grazie a Laxie, che nei suoi ultimi momenti di vita non aveva pensato ad altro che passare a lei i poteri rubati, così che non tornassero ai proprietari, e loro potessero continuare a combattere senza perdere potenza.

Pensando ciò le venne nuovamente voglia di piangere, ma riuscì a contenersi, non poteva permettersi di rallentare il viaggio di ritorno: ogni cosa a suo tempo.

In quell’occasione non ci furono intoppi, se non il modo in cui il suo cuore iniziò a pulsare fin troppo forte una volta avvistata la Fabbrica. Cecilia e Atticus sarebbero sicuramente riusciti ad accusare il colpo in maniera decente, ma come avrebbe fatto a dire a Sandelle cos’era successo, sapendola già così pericolosamente fragile? Come dirlo a Calmoniglio? Già, c’era da domandarsi come avrebbe reagito: la parola “male” comprendeva un ampio spettro di scenari possibili.

Superati i grifoni Incubo, che per ovvi motivi non le diedero alcun problema, restava soltanto da decidere dove atterrare. Meglio bussare direttamente alla finestra della stanza di Atticus, oppure no?

Alla fine scelse la prima opzione. Dovevano essere gli altri dei gruppo i primissimi a sapere.

Si avvicinò al vetro e li vide, i suoi amici di una vita, vide le loro espressioni relativamente serene ora che erano l’uno accanto all’altra sul grande letto a due piazze. Era bello che a loro bastasse restare vicini per trovare un minimo di sollievo da tutte le angosce e le responsabilità, ed era triste pensare che con quel che era accaduto non ci sarebbero più riusciti per un bel pezzo.

Prese coraggio e bussò contro il vetro.

Vide i loro volti inizialmente sorpresi diventare più o meno soddisfatti vedendole la bambina in braccio, poi perplessi quando la guardarono bene in faccia, e infine diventare esangui quando il loro sguardo cadde sul corpo che fluttuava accanto a lei.

Benché ferito, Atticus fu quello che riuscì ad abbandonare il letto per primo, quasi inciampando per la fretta di raggiungere la finestra. Una folata di vento gelido lo investì, ma al momento non avrebbe potuto importargli meno del caldo e del freddo: i suoi occhi erano fissi su Galaxia, sulla sua completa immobilità, sui suoi occhi chiusi, sui fiori bianchi che la ricoprivano, mentre il suo cervello gli gridava che ciò che stava vedendo non poteva essere vero.

Così com’era successo a Ljuba, anche lui sì sentì come se il pavimento fosse svanito da sotto i suoi piedi. Era un modo di dire che aveva trovato milioni di volte nei libri, abusato al punto da sembrare banale, eppure del tutto vero.

Il primo pensiero lucido che riuscì a formulare fu di una stupidità unica: “non sarà più qui a lanciarmi in bocca terra, sabbia o neve”. Un dettaglio che andò a sommarsi ad un’infinità di altre piccole cose che non le avrebbe più sentito dire, o non le avrebbe più visto fare. Piccole cose, appunto, ma più ci pensava più lo spazio vuoto che avevano lasciato gli sembrava grande.

Con un gesto quasi meccanico accolse tra le proprie braccia la bambina, quando l'amica gliela porse. Probabilmente era la prima volta, in cinquecento anni di vita, in cui Atticus Del Sol non riusciva a dire una parola.

Ljuba entrò nella stanza, e chiuse la finestra mentre faceva sì che i resti di Galaxia planassero dolcemente sul letto, ormai abbandonato da Cecilia. Nessuno dei presenti, per un po’, fu in grado di dire qualsiasi cosa. Sembrava tutto così strano e spaventoso, neppure fossero finiti in un incubo di Pitch.

«Shu Yin ci ha riprovato, e stavolta ci è riuscita» disse Ljuba, dopo un po’«uno di quei ragazzini amici di Jack Frost ha visto tutto».

Non ottenne la reazione di sbigottimento generale che ci si sarebbe potuti aspettare, ma riuscì soltanto ad incrinare quell’atmosfera di irrealtà in cui era piombata la stanza.

«como es posibile que fosse lì proprio in quel momento, y porque...porque ha ucciso...» Cecilia non riusciva a dirlo nonostante le conseguenze di quel che era accaduto fossero proprio davanti ai suoi occhi e, contrariamente al marito che aveva lasciato cadere la maschera da duro e piangeva in silenzio, era ancora troppo sotto shock per riuscire a imitarlo.

«quei corvi sono lì a spiarci da giorni, se almeno un paio di essi sono riusciti a sfuggire ai grifoni hanno riferito del nostro spostamento a chi li ha mandati, e i nostri avversari hanno agito di conseguenza» disse Ljuba. Sentiva il bisogno assoluto di concentrarsi sui perché e i percome di tutto l’accaduto: facendolo sarebbe riuscita a ritardare il momento in cui l’emotività avrebbe preso il sopravvento. «è evidente che a questo punto Manny, svoloch sukin syn, ha autorizzato l’utilizzo di forza letale. Non capisco quale logica possa aver avuto far uccidere lei e non me, sono decisamente più “pericolosa” di quanto sia mai stata Galaxia, ma forse per loro non ha importanza: gli basta farci fuori. Peccato per loro che il suo ultimo gesto sia stato passarmi tutto il suo potere. La nostra potenza di fuoco non è stata intaccata».

«la nostra amica è morta» disse Atticus improvvisamente, con un’espressione quasi arrabbiata sul volto «è qui, su questo letto, hai assistito alla sua uccisione…e tu ci vieni a parlare di potenza di fuoco non intaccata?!» esclamò mentre appoggiava Sophie su una poltroncina «Ljuba, ma ti sei resa veramente conto di quello che è successo oppure no?! Galaxia è morta!»

«al momento non sei lucido, ma ti chiedo di provare a ragionare, sapendo che ne sei in grado» Ljuba gli si avvicinò «è una guerra. Quando siamo partiti sapevamo benissimo tutti quanti cosa poteva succederci. Con Cecilia c’è mancato poco, con te ancor meno -proprio per mano di Shu Yin- e non dimentichiamoci di Sandelle, la cui mutilazione non ha ancora responsabili. Non dico che avremmo dovuto aspettarcelo, specialmente adesso, ma sta di fatto che i rischi ci sono sempre stati. Abbiamo sperato di riuscire ad arrivare alla fine tutti quanti e tutti interi, ma non ne abbiamo mai avuto la certezza…e il fatto che Galaxia mi abbia passato la sua parte di potere rende molto chiare le sue ultime volontà».  

Riuscì giusto a terminare la frase: all’improvviso il dolore che aveva trattenuto fino a quel momento eruppe tutto insieme, sotto forma di un pianto dirotto e singhiozzi tanto forti da costringerla a sedersi su un angolo del letto.

Resosi conto di essere stato troppo duro con la sua amica, soprattutto conoscendo il suo carattere, Atticus le si avvicinò e la strinse a sé. Dopo qualche istante sollevò lo sguardo in cerca della moglie, domandandosi perché non si fosse accostata a sua volta. Non era solo Ljuba ad aver bisogno della sua vicinanza, ma anche lui, com’era normale che fosse.

Peccato che Cecilia non fosse più lì.

Era scivolata fuori dalla stanza appena Atticus e Ljuba si erano distratti e si era allontanata lungo il corridoio, senza una meta precisa in mente. Non piangeva, né il suo volto mostrava dolore: aveva semplicemente un’aria assente al punto che, se qualcuno l’avesse guardata, avrebbe dubitato che sapesse anche solo chi fosse e perché si trovasse lì.

Aprì una porta a caso: un vecchio sgabuzzino polveroso, buio, piccolo e pieno di cianfrusaglie. Ci si infilò dentro con una rapidità che non avrebbe usato nemmeno se l’avesse inseguita il diavolo in persona, chiudendo la porta dietro di sé per poi sedersi a terra, con la schiena contro il muro e la testa poggiata sulle ginocchia.

“Conca De El Sol”, Cecilia “Del Sol”…aveva vissuto quattro secoli nella luce, avvertendo il calore del sole sulla pelle, in compagnia ventiquattro ore su ventiquattro, ed era stata bene. Ma cosa aveva desiderato, in quel momento di particolare fragilità? Buio e solitudine. Odiava a morte il suo ex compagno, ma certe cose non sarebbero mai cambiate, per quanto potesse provarci.

Stava scoprendo di somigliare a Pitch più di quanto avrebbe mai potuto pensare: non riusciva mai a difendere chi le stava a cuore, esattamente come lui. Prima Sandelle e Atticus, che se non altro erano ancora vivi, ora Galaxia…era stata lei ad appoggiare l’idea del rapimento, avrebbe dovuto partire lei insieme a Ljuba, e invece no! Era rimasta sdraiata sul letto accanto a suo marito, che era praticamente guarito. Sembrava essere in grado di commettere soltanto errori.

 

lasciamo tutto e torniamo a casa prima que la guerre commence vraiment…s’il te plaît! Allons-y, torniamo a casa!

 

Se soltanto avessero dato retta a Sandelle quando avevano visto la malaparata, se soltanto avessero deciso di lasciar perdere tutto e fossero tornati a Conca De El Sol, Galaxia sarebbe stata ancora viva. A Cecilia sarebbe bastato dire una parola, soltanto una, e per quanto riguardava il loro esercito gli incantesimi che permeavano Conca De El Sol avrebbero fatto il resto, calmando i bollenti spiriti di tutti quanti.

Rinchiusa lì per un lasso di tempo indefinito che le pareva già un’eternità, si disse che non era stata in grado di prendere la decisione giusta, e ne avevano pagato le conseguenze. Non c’era leader peggiore di lei in tutto il mondo -così pensava- e il solo fatto di essere rannicchiata in uno sgabuzzino lo dimostrava: avrebbe dovuto essere insieme agli altri, pronta a dar loro forza, ma sentiva di non averne neppure per sé stessa, figurarsi per il resto del gruppo.

Iniziava a convincersi che in fondo al cuore era sempre la debole donna che era stata creata per l’Uomo Nero, in grado di essere forte solo quando tutto andava bene. Forse c’era un motivo se Pitch, prima di quel natale di quattro secoli prima, l’aveva sempre trattata come se fosse stata fatta di cristallo. Forse era davvero fragile, delicata,  incapace di fare scelte corrette da sola riguardanti sé e gli altri, riguardanti Galaxia in particolare, Galaxia che era morta…

Un momento.
Stava veramente dando ragione a Pitch?!

col cazzo”.

Un pensiero molto incisivo che ebbe il potere di farla riscuotere dallo stato di depressione in cui era caduta, e di farla rialzare rapidamente da terra.

Non era stata colpa sua. Non doveva attribuirsi tutte le colpe del mondo, perché non le aveva, ed era perfettamente in grado di fare scelte corrette in generale. Quattro secoli prima aveva perso tutto, ma era stata in grado di rialzare la testa e ricostruirsi una vita: lo aveva fatto con l’aiuto degli altri, vero, ma se invece si fosse lasciata andare non ci sarebbe riuscita neppure con l’appoggio di diecimila Atticus.

Non era il momento di piangersi addosso, quanto piuttosto di darsi una mossa e far sì che tutti i responsabili -sia l’esecutrice materiale del delitto che il mandante, anzi i mandanti, perché gli altri non l’avevano impedito- pagassero molto, molto caro quel che avevano fatto a Laxie. Glielo doveva, era il minimo, e Ljuba aveva perfettamente ragione: aveva palesato molto chiaramente le sue ultime volontà, quindi andavano rispettate ad ogni costo.

Uscì dallo sgabuzzino e andò quasi a sbattere contro Ljuba, che era in procinto di aprire la porta. «como sapevi-»

«ti conosco» disse semplicemente Ljuba «Atticus voleva cercarti, ma gli ho detto che io ci avrei impiegato di meno. Questa era casa mia».

«non c’era bisogno que vi muoveste per me» ribatté Cecilia, vergognandosi non poco «…lo siento».

«njet. Non devi scusarti, ognuno reagisce al lutto a modo suo, e dovevamo pur muoverci per qualcosa. Non potevamo presentarci così a Sandelle…o a Calmoniglio» aggiunse «e dovremo essere noi due a dirlo a quest’ultimo. Con Atticus abbiamo deciso così: noi Calmoniglio, lui Sandelle».

«ha senso, lui y Calmoniglio non si sono mai piaciuti molto, no es la persona mas indicata per dargli una notizia del genere».

Mentre loro iniziarono a girare per la Fabbrica in cerca di Calmoniglio, Atticus raggiunse la stanza di Sandelle. Si meravigliò nel trovarla da sola, quando loro non c’erano solitamente Spring e/o Fall non la lasciavano sola un secondo. «Sandelle…» esordì, ma venne immediatamente interrotto.

«pourquoi elle est icì?!»

Sul momento, stupito, non riuscì a rispondere. Aveva ancora la bambina in braccio -non se l’era sentita di lasciarla sola col cadavere- intenta a dormire placidamente, e non avrebbe mai creduto che vederla potesse scatenare in Sandelle qualcosa che la facesse “risvegliare” dallo stato in cui era precipitata.

«ti ho chiesto pourquoi est icì! Rispondimi!» esclamò Sandelle, con le mani di oscurità che stringevano le coperte in maniera quasi convulsa.

«scusami» mormorò lui «mi sono soltanto sorpreso per il fatto che avessi detto qualcosa dopo giorni. Ne sono contento».

Sandelle stessa era sorpresa. Quando aveva posato gli occhi sulla bambina era stato come se qualcosa l’avesse strappata via da un brutto sogno fatto di ombre, voci, pianti e contorni sfumati, riportandola bruscamente alla realtà. Era ancora nella Fabbrica con gli altri, quindi erano ancora in guerra. Non ricordava praticamente nulla, incluso chi era stato a mutilarla: la sola cosa che rammentasse distintamente era aver supplicato Cecilia di tornare a casa, suppliche che evidentemente non erano state accolte, ma la bambina? Cosa c’entrava in tutto ciò?! Non riusciva a capire, e guardando bene Atticus si rese conto che c’era qualcosa che non andava. I suoi occhi erano strani, arrossati come se avesse pianto…

Era successo dell’altro? Era accaduto qualcosa a qualcuno, mentre lei era rimasta lì a commiserarsi, qualcosa che magari avrebbe potuto essere evitato con l’aiuto di un’altra persona -ossia lei stessa-? Ma poi, perché Atticus aveva il petto fasciato?!

«Sandelle…»

«que s’est il-passé?»

Lo vide esitare. Atticus Del Sol che esitava a parlare…Sandelle sentiva un’enorme angoscia crescere dentro di sé ad ogni istante che passava, perché doveva trattarsi di qualcosa di estremamente grave.

«in questi cinque giorni non è successo nulla di particolare. Manny è ancora vivo, i Guardiani e l’Innominato non si trovano, Calmoniglio è ancora qui e crede che Manny sia morto. Io intanto mi sono quasi ripreso dal colpo che mi ha dato Shu Yin, di cui tu non sai molto, immagino» indicò le fasciature «e visto che le cose non si stavano muovendo abbiamo deciso di andare a prendere uno degli umani amici dei Guardiani e usarlo per scambiarlo con l’Innominato e Manny. Avremmo fatto finire la guerra prima di iniziarla davvero, o comunque questi erano i piani, perché poi…»

Doveva dirglielo. Non c’erano più scuse, doveva farlo e basta, anche se lui stesso non riusciva ancora ad accettarlo, anche se temeva di vedere Sandelle ripiombare nello stato semi catatonico dal quale era appena uscita.

«...perché poi, quando Ljuba e Galaxia sono andate a Burgess per mettere in atto il piano, è arrivata Shu Yin e ha ucciso Galaxia. Ljuba è tornata ora».

Vide Sandelle sbiancare e guardarlo con gli occhi sbarrati e confusi, ma continuò a parlare lo stesso, conscio che se si fosse fermato non sarebbe riuscito a riprendere il discorso.

«Shu Yin è insieme ai Guardiani, all’Uomo nella Luna e al resto dell’esercito, ci spiavano da giorni, quindi è abbastanza logico dire che lo abbia fatto seguendo ordini superiori. Noi non volevamo uccidere i Guardiani, ma a quanto pare loro hanno altre intenzioni. Eccola, la vera bontà di quei bastardi figli di puttana…e poi i cattivi dovremmo essere noi!»

Non era solo addolorato per la morte della sua amica e intristito per il fatto che prima Cecilia si fosse allontanata, era anche nero di rabbia verso Manny, verso i Guardiani e tutta la compagnia. Erano perfettamente in grado di mandare al diavolo il buonismo, quando ne avevano voglia.
Sì, lui e le altre volevano uccidere Manny, e c’era mancato poco che uccidessero anche Nord, Dentolina e Frost…ma non era forse vero che Pitch Black aveva provato a fare cose analoghe trilioni di volte? Perché, allora, lui non poteva essere toccato e anzi, veniva protetto?! Era assurdo, ridicolo!

«dovevamo tornare a casa» sussurrò Sandelle «pourquoi non siamo tornati a casa?»

«Sandelle, non potevamo-»

 «je l’avait dit!!!» gridò la donna, con grosse lacrime a rigarle il viso «ho pregato Cecilia de laisser perdre tutto, perché non l’avete fatto?! È tutta colpa vostra!!!» strillò e, senza riflettere, scagliò contro Atticus un colpo ghiacciato che lui riuscì a evitare per un soffio.

«tu credi che io non soffra per questo?!» urlò Atticus, stringendo Sophie «certo che sto male, e tanto! Noi ci siamo mossi per evitare che a qualcun altro accadesse qualcosa di peggio di quel che è successo a te, e abbiamo ottenuto l’esatto opposto. Non potevamo lasciar perdere, e tantomeno possiamo adesso. Devono pagarla, fosse l’ultima cosa che facciamo, ma devono pagarla cara, Sandelle! Al diavolo cercare di evitare gli spargimenti di sangue, AL DIAVOLO TUTTO! È colpa loro! Non nostra! LORO!»

Pareva proprio che Atticus fosse già passato dalla fase del dolore a quella della rabbia, forse anche a causa dell’oscurità che gli pulsava nelle vene, e improvvisamente Sandelle scattò in avanti e gli strappò Sophie dalle braccia, stringendola a sé con fare protettivo.

«tu me fais peur!...» riuscì a dire Sandelle tra le lacrime «come puoi parlare così…di già? Nôtre amie est mort, e tutto quel che sai fare è giurare vendetta!»

«è quello che voleva Galaxia, se appena prima di morire ha passato a Ljuba i poteri rubati c’è un motivo. Voleva che continuassimo, e continueremo. Sei con noi oppure no? Lo devo sapere, Sandelle. Abbiamo già perso lei, non possiamo perdere anche te. Metaforicamente».

Sandelle era ancora troppo triste per poter essere arrabbiata. Non riusciva ancora a trovare in sé tutta quella furia, tutto quell’odio, e neppure la forza di farla pagare a chicchessia. Era morta già una persona di troppo, secondo la sua modesta opinione. Non avrebbe ostacolato il resto del gruppo, non ne aveva l’intenzione e neppure sufficiente potere, ma non se la sentiva neanche di scendere in battaglia. Nelle sue attuali condizioni sarebbe stata solo un peso morto, lo sapeva fin troppo bene. «non vi impedirò de faire quello che volete, mais io non mi muoverò da qui. Quelqu’un deve occuparsi dell’enfant mentre voi combattete».

«sei sicura di essere abbastanza stabile per riuscirci? Prima cerchi di congelarmi, poi te ne esci col dire che ti faccio paura!» sbottò Atticus «non vorrei che il prossimo passo fosse scappare per riportare la bambina a casa e…» fece un sospiro «scusa. Scusami. È che pensare che Galaxia fino a poco fa era qui, in salute, e adesso non…mi sembra tutto talmente assurdo, Sandelle. Mi sento spaesato, non so dove sbattere la testa, la voglia di vendicarla è la sola sicurezza che mi sembra mi avere, al momento…anche se so che in realtà non è così».

Ecco, quella era già una reazione più accettabile. «non scapperò avec l’enfant. La morte di Laxie non ha senso di suo, se lo facessi la renderei encore plus inutile. Non me la sento di combattere, mais onorerò la sua memoria facendo in modo que l’enfant resti qui tutto il tempo che serve» affermò «a qualunque costo».

Atticus annuì. «e io ti credo».

Avrebbe voluto anche aggiungere qualcosa su come si sentisse riguardo il breve allontanamento di Millaray, ma alla fine lasciò perdere: non era il caso di gravare inutilmente Sandelle di un ulteriore peso, era già tanto che non fosse sprofondata di nuovo nella catatonia, limitandosi a un pianto più che comprensibile.

che comprensibile.

«je veux le voir».

Voleva vederla, ed comprensibile anche questo. «seguimi».

«aspetta» Sandelle posò la bambina addormentata sul letto «voilà. Allons-y…» si avvicinò ad Atticus con fare un po’esitante «m-mi terresti per mano?»

Non c’era malizia, era solo una richiesta un po’infantile e molto tipica di Sandelle, ed Atticus lo sapeva. Aveva trovato qualcuno da consolare e da cui essere consolato.

L’atmosfera nella sala munita di camino in cui Calmoniglio si era rifugiato, invece, era ancora abbastanza tranquilla. 
Non si era mosso da lì da quando Galaxia era andata via, non aveva trovato alcun motivo valido per farlo, dal momento che era la sola con cui riuscisse a parlare più o meno normalmente.
Non che gli altri del suo gruppo lo avessero maltrattato, sia Ljuba che Cecilia erano sempre state educate con lui, ma non era la stessa cosa.

«…Aster?»

Eccole lì, neanche a farlo apposta. «ciao…avete per caso visto Galaxia? Prima è andata via e non è ancora tornata. Ehm...non che io pensi che debba per forza stare con me, ma aveva detto “torno tra poco”. Chiedo per quello».

Le due donne si scambiarono un’occhiata strana, e solo in quel momento il Guardiano si rese conto delle loro espressioni funeree. Una morsa d’angoscia iniziò ad attanagliare il suo stomaco, cominciando a intuire che doveva essere successo qualcosa. Non sapeva cosa, ma niente di bello. Forse riguardava Sandelle? Era peggiorata? O Atticus?...ne dubitava, in nessuno dei due casi avrebbero avuto motivo di venire a cercarlo, ma la sola alternativa che gli veniva in mente non era concepibile, per lui.

«te sembrerà banale, ma forse es meglio que tu ti sieda…»

«cosa succede? Galaxia dov’è?! È successo qualcosa? Le è successo qualcosa?!» incalzò, col naso che fremeva nervosamente e il cuore che batteva sempre più forte «siete venute qui a cercarmi, parlate, maledizione!»

Per qualche istante entrambe continuarono a tacere, ma infine fu Ljuba a farsi coraggio e parlare.

«Shu Yin ha ucciso Galaxia»

No.

No, no, no, NO.

Non poteva essere.

Doveva aver capito male, o forse si era addormentato davanti al camino, e quello che stava vedendo e sentendo non era reale. Sì, doveva per forza essere così. Galaxia morta? Per mano di Shu Yin?! Impossibile.

«yo tambien all’inizio non ci credevo» disse Cecilia «ma es asì, il suo corpo ora è nella stanza di Atticus e-»

“stanza di Atticus”, non gli serviva altro: senza vedere, sentire o capire più nulla, Calmoniglio le superò con un paio di balzi e una volta lasciata la stanza corse via, lungo il corridoio. C’era un solo e unico pensiero nella sua testa, “Galaxia”, e mentre pregava ogni divinità conosciuta che lei stesse bene si sentiva come se il cuore fosse pronto a esplodergli nel petto.
Lui era rimasto con gli Insorti perché voleva la morte di Pitch Black, ma anche perché non si sarebbe perdonato se fosse successo qualcosa a Galaxia. Erano passati secoli e lui con la sua ex compagna aveva commesso degli errori, ma l’amava adesso come allora, ricambiato o meno, e non c’era niente in tutto l’universo che avrebbe potuto distruggere i sentimenti che provava verso di lei, nemmeno quella guerra…e nemmeno la morte, che lui ora vedeva manifestarsi chiaramente su Galaxia sotto forma di orchidee bianche.

Rimase fermo sulla soglia per istanti che gli sembrarono eterni, per poi avvicinarsi lentamente, con lo sguardo fisso su di lei. Arrivato accanto al letto, dopo aver esitato come se lei stesse dormendo e lui temesse di svegliarla, le fece una carezza sul viso. La tracce dell’oscurità erano scomparse dal suo corpo, e il suo pelo era tornato ad essere candido come il petalo di un giglio.

Poggiò la fronte contro quella della sua ex compagna, si strinse a lei in un mezzo abbraccio impacciato e pianse silenziosamente, con discrezione. Non perché la sua disperazione fosse poca, ma perché era tanto grande da non poterla esprimere a voce, o in altro modo.

La sua razza, quella dei Pooka, solitamente tendeva a non lasciar trasparire troppo le emozioni, ma lui viveva sulla Terra da troppo tempo perché questa “consuetudine” potesse avere qualche valore, e comunque amava troppo -amava, non “aveva amato”- Galaxia per riuscirci. 
Quando lo aveva lasciato secoli prima aveva sofferto, ma era riuscito a farsene una ragione pensando che insieme ai suoi amici doveva sicuramente stare bene, essere viva, in salute e felice; adesso però non avrebbe più potuto essere felice, triste o nient’altro…e lui non riusciva ancora a capire perché.

Una mano dal tocco gentile gli accarezzò la schiena e lui si voltò, pensando -assurdamente- che potesse essere il fantasma di Galaxia tornato a visitarlo. Non era così, ad avvicinarsi a lui era stata nientemeno che Cecilia, cosa che per ovvi motivi riuscì quasi a stupirlo. Solo quasi: era troppo addolorato per riuscire a provare anche stupore. Vicini a lei c’erano anche gli altri, Ljuba, Atticus e addirittura Sandelle, che non dissero una parola né lo toccarono, condividendo con lui il lutto in perfetto silenzio.

Silenzio che venne rotto da lui stesso quando, dopo qualche minuto, riuscì finalmente a parlare. «com’è successo?» chiese, quasi sussurrando.

«lei y Ljuba erano a Burgess. L’idea era de prendere uno dei niños vostri amici per scambiarlo con Pitch. Sì, era un piano squallido» ammise Cecilia «ma non gli avremmo fatto del male per davvero, non a un niño. Se fosse andata bien sarebbe finita molto presto…invece es arrivata Shu Yin. Ci spiavano da giorni y ne hanno approfittato. L’ha uccisa y es andata via».

Cecilia aveva detto bene, quella di rapire un bambino era un’idea squallida anche se con buoni fini, ma al momento a Calmoniglio non poteva importare di meno. «ma perché?!» alzò gli occhi per guardarla «non ha senso! Perché mandare Shu Yin a ucciderla?! Perché Galaxia?! Io…io non capisco…chi può aver avuto un’idea del genere, perché gli altri» ossia i suoi colleghi Guardiani «lo hanno permesso?!»

«non s-» iniziò a dire Ljuba, ma venne interrotta.

«l’Hombre en la Luna».

Sentendo Cecilia dire ciò, Ljuba e Atticus si scambiarono un’occhiata attonita. Non si era deciso di lasciargli credere che fosse morto? Perché Cecilia l’aveva tirato in ballo, era forse impazzita? Che diavolo aveva in mente di fare?!

«c-cosa…ma era morto!» farfugliò Calmoniglio, guardando Cecilia con gli occhi verde smeraldo completamente sbarrati.

«creímos que estaba muerto porque abbiamo dato per scontato que non potesse essere sopravvissuto alle ferite que dovevano avergli inferto, ma non sapevamo veramente que fine avesse fatto…finora» disse Cecilia, senza mai distogliere lo sguardo da quello del Pooka «a chi altri il resto dei Guardiani avrebbero permesso de hacer una cosa simile? De usare Shu Yin como braccio armato asì que loro restassero tecnicamente “puliti”? A chi altri, se non lui?»

Forse era colpa del lutto e del profondo shock subìto sia per la morte di Galaxia che per quest’ultima rivelazione, ma a Calmoniglio non veniva in mente alcuna alternativa. Niente. Nessuna. Zero. In un contesto più “normale” non ci avrebbe creduto, ma ultimamente erano venuti fuori in tutti quanti, lui stesso incluso, lati nascosti che non pensava esistessero.

«poi, “porque Galaxia”? Purtroppo es simple. Noi cinque -sei, contando Shu Yin- siamo stati concepiti da Manny como un premio da dare a dei sottoposti meritevoli, y tu, que non hai abbassato la testa y accettato que Pitch andasse lasciato in vita, non lo sei più».

Aster abbassò la testa e tornò a guardare il volto di Galaxia con aria quasi assente, mentre Cecilia continuava a parlare, e ogni frase andava a conficcarglisi profondamente nel cervello.

«tú eres un traditore, y te ha punito asì, riprendendosi il regalo que te aveva fatto. Se così non fosse, anche Ljuba sarebbe stata attaccata. Invece no: solo Galaxia, guarda caso».

Socchiuse gli occhi, e le sue mani strinsero convulsamente le lenzuola mentre sentiva il suo battito cardiaco iniziare a rimbombargli nelle orecchie, nella testa, persino nelle mani che tremavano leggermente a ogni pulsazione, tanto erano potenti.

Oltre al dolore adesso provava anche rabbia, una rabbia sepolta tanto profondamente dentro lui da essere rimasta celata fino a quel momento. Aveva creduto di essere arrivato al limite cinque giorni prima, ma si era sbagliato completamente: si era trattato soltanto della prima grossa crepa.

Aveva perso tutto per colpa dell’Uomo Nero, aveva passato secoli e secoli in solitudine fin quando erano spuntati fuori Manny, Nightlight e gli altri Guardiani, ai quali aveva finito per unirsi. Aveva giurato di difendere la speranza e i bambini della Terra, di dedicare tutta la propria vita a tale compito, ed era stato esattamente quello che aveva fatto giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo…per cosa? Perché al suo primo “no” gli venisse tolto quello che aveva di più caro al mondo, di nuovo, mentre persone come Pitch Black e anche Shu Yin, che sembrava non essere migliore di lui nonostante le apparenze, venivano protette sempre e comunque?!

«i tuoi colleghi hanno fatto juramento a l’Hombre en la Luna de proteggere i bambini, ma lo que vedo io no es proteggere bambini. Manny…gli altri Guardiani…yo li vedo proteggere assassini».

Calmoniglio si alzò lentamente in piedi, con l’immagine di Galaxia negli occhi e quelle orribili -ma veritiere- parole nelle orecchie.
protettori di assassini”. Tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. 
L’essere che aveva fedelmente servito per secoli era esattamente questo, un protettore di assassini e a sua volta un assassino, del tutto indegno del suo retaggio, e i suoi compagni si erano ridotti a essere solo quattro schiavi in grado di fare nient’altro se non dire “sissignore”. 
Se lui avesse contato qualcosa -almeno per loro- avrebbero impedito quell’omicidio in ogni modo, ma non era così: lui, per i suoi colleghi e cosiddetti “amici”, contava meno di niente, ancor meno che per Manny.

Era giunto il momento che raccogliessero quello che avevano seminato. 

Fino a quel momento aveva accampato la scusa della debolezza, ma ormai non c’era più motivo di farlo. Non c’era motivo di rimandare il conflitto, ora che non aveva più nessuno da proteggere.

“protettori di assassini”.

Mai più.

«voglio che tutti coloro che le volevano bene possano dare a Galaxia l’ultimo saluto» disse Calmoniglio, con voce fredda come non era mai stata «poi vi porterò dai Protettori di Assassini con le mie gallerie. Lascerei qui solo un certo numero di immortali, in modo che la Fabbrica non resti “scoperta”» aggiunse, guardando tutti gli Insorti «arriveremo in un attimo. Volevate la guerra? Benissimo. Si va in guerra…e che gli Dei abbiano pietà di loro, perché io non l’avrò senz’altro».

Che cos’è il genio?
Fantasia, intuizione, decisione, e velocità di esecuzione*.

Poco prima Cecilia aveva tanto denigrato le sue stesse doti, ma non c’erano molte persone che, come lei, nei momenti più critici riuscissero a sfruttare al meglio le poche carte che avevano in mano.

«non l’avremo nemmeno noi. Esto es seguro».

 

 

 

:: Irlanda ::

 

 

 

«ora che hai fatto allo spiedo un coniglio su due sarai contenta, immagino».

Tanith continuò a fluttuare pigramente in aria, mentre i “fili” luminescenti del dolore che stava assorbendo illuminavano buona parte della sua lunga coda nera. «abbastanza. Quando il coniglio vivo si deciderà a usare quelle sue belle gallerie per portare qui i suoi nuovi amici e dare inizio alla battaglia, allora sì che potrò definirmi soddisfatta» disse, avvicinandosi all’Uomo Falena senza avvolgerlo con le sue spire come spesso soleva fare «almeno per un po’».

Detto ciò Tanith si aspettava la puntuale battuta su peso, diete e serpenti grassi in genere, ma questa non arrivò: Mothman rimase in silenzio, intento a osservare un punto indefinito nel cielo con i suoi enormi occhi rossi, come se fosse in grado di vedere qualcosa che lei non riusciva a scorgere, o piuttosto ne cogliesse le avvisaglie.

L’Ephemeride non era sicura che quel silenzio le piacesse, per cui decise di interpellarlo in proposito. «vedi qualcosa d’interessante?»

«a seconda dei punti di vista» rispose lui «senz’altro metterai su peso, ma è certo che i chili di troppo non fanno molto comodo, quando si devono evitare oggetti taglienti…e tante appendici».

Dopo millecinquecento anni Tanith si era abituata ai suoi discorsi criptici, e di solito riusciva anche a interpretarli abbastanza facilmente, ma non in quel caso.
Aveva capito che secondo Mothman c’era qualcosa a cui avrebbe dovuto stare attenta, ma non riusciva a immaginare di cosa -o chi- si trattasse. Non c’erano molte cose che potessero far paura a un’Ephemeride, se non un’altra sua simile più vecchia, più sveglia e più potente, ma era un’opzione che Tanith si sentiva di escludere a prescindere, dal momento che lei stessa era l’Ephemeride più vecchia che conoscesse. «presumo che le appendici di cui parli non appartengano a te».

«non c’è motivo per cui le mie appendici debbano darti noia, se mai avrebbero potuto darti piacere…se avessi avuto altri interessi oltre al cibo. Finirai per non entrare più in quei tuoi top ben poco elasticizzati, mia adorabile parassita».

«passerò da una extra small a una small, che problema c’è? Tanto me li cucio da sola» aveva risposto a tono, ma non si sentiva ancora del tutto tranquilla. «nessun’altra notizia dal servizio previsioni futuro?...già, chissà cosa te lo domando a fare» sospirò «so benissimo che non dirai altro».

«appunto» confermò Mothman con la sua voce profonda.

«solo una cosa: non avevi detto al folletto barbuto che il suo bel parcheggio non sarebbe stato ruspato via?»

Chissà dove si era nascosta Tanith in quel frangente, se tra le pareti della locanda, in qualche colonna o nel pavimento. Non che lui non fosse stato consapevole della sua presenza, ma sinceramente non l’aveva proprio vista.

«esatto. Il parcheggio!»

Nonostante la spada di Damocle che forse le incombeva sulla testa, Tanith si concesse una risatina. «penso che gli umani ti definirebbero un “infame trollone”».

Anche l’Uomo Falena fece una bassa risata. «un’altra cosa che dipende dai punti di vista…in fin dei conti io non ho fatto altro che dire la verità. Buon appetito, cara. Vedi di non farti venire un’indigestione, mi raccomando».

 


* citazione dal film "Amici Miei".

Ormai non perdo neppure tempo a cercare di giustificare i miei ritardi, anche perché di giustificazioni particolari non ce ne sono :'D
So che è un capitolo piuttosto introspettivo, ma non credo che potesse venire fuori altrimenti, considerando i personaggi mostrati e quel che è successo. Probabilmente alcuni di voi si aspettavano che Calmoniglio mostrasse la propria rabbia in maniera diversa, e all'inizio sinceramente me lo aspettavo anche io, ma alla fine le cose hanno preso un'altra piega...e non mi dispiace lo stesso :'D questo ovviamente non lo rende meno furioso, a modo suo è schizzatissimo, adesso come adesso.
Visto l'orario improbabile non mi ricordo tutto quello che volevo dire, se non "occhio alle parole dell'Uomo Falena".
Grazie a tutti coloro che hanno letto, aggiunto la storia alle "seguite" e alle "preferite", e soprattutto a coloro che mi hanno fatto conoscere la loro opinione su questo bizzarro accrocco di parole e personaggi :)
Buonanotte e alla prossima,

_Dracarys_


 

   
 
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