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Autore: rossella0806    29/05/2016    2 recensioni
Il commissario Alessandro Terenzi è ormai alla sua terza indagine letteraria: un lunedì mattina di inizio novembre, viene ritrovato cadavere il noto imprenditore delle ceramiche torinesi Giorgio Appiani Uzia, ucciso nell'ufficio della sua fabbrica e, così, per il poliziotto, si apre un nuovo rompicapo da risolvere il prima possibile.
Ghirodelli, il fedele collega ed ispettore, sarà sempre al suo fianco, così come Ginevra, la simpatica ed impicciona archeologa ormai diventata la fidanzata ufficiale del commissario, la cui unica compagnia, fino ad allora, era stata Miss Marple, la tartaruga di terra.
Tra malanni di stagione, ex mogli, segretarie eccentriche, vecchiette diffidenti e figli ambigui, accompagneremo Terenzi in questa nuova avventura dai risvolti, man mano, sempre più oscuri.
Genere: Comico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo appena due ore, Terenzi aveva ottenuto l'autorizzazione per mettere sotto sorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro l'abitazione in corso Garibaldi 36, dove, a quanto sosteneva con piena sicurezza Anna, l'amica di Ginevra,
fino a poche settimane prima aveva vissuto Svetlana.
Il commissario organizzò immediatamente i turni di vigilanza: i primi a compiere quell'ingrato compito furono il vice ispettore Rossi e il brigadiere Di Biase, che accolsero l'incarico con stoica fierezza.
A quel punto, rimaneva da contattare Agnese Rampi, al momento l'unica vaga indiziata per l'omicidio di Giorgio Appiani Uzia: la donna non si era presentata alla convocazione del mattino precedente, adducendo come scusa un'improvvisa influenza.
Se non l'avessi vista il giorno prima al funerale della vittima, probabilmente le avrei creduto senza indugio; però, dopo il ritrovamento della scheggia di oro bianco nell'ufficio dell'imprenditore, tutto si complica ulteriormente. Per non parlare dell'inspiegabile bonifico di centocinquantamila euro che lei continua a giurare di non aver versato all'ex amante: un'infermiera poco più che cinquantenne, divorziata, costretta a vivere con quell'arpia della madre e con un unico figlio che studia lontano da casa, come ha fatto ad ottenere una tale cifra? E, soprattutto, perchè versarla alla vittima? Nessuno degli interrogati sembrava essere a conoscenza delle pessime condizioni economiche in cui versava la fabbrica di ceramiche ... eppure, un motivo ci deve essere.
Stava riflettendo tra sé e sé, la solita Bic nera tra il pollice e l'indice della mano sinistra e la schiena sprofondata nella poltrona: dov'è che aveva sbagliato? Di chi o di che cosa non si era ancora accorto in quella indagine senza fine? Forse, doveva ammetterlo, il caso degli strozzini e, soprattutto, la sparizione di Svetlana, lo avevano costretto a concentrarsi di meno sull'omicidio di Appiani, un errore madornale, che stava rischiando di lasciare a piede libero due assassini: dalla perizia del medico legale, infatti, gli esecutori materiali erano stati più di uno, di cui probabilmente almeno uno era da rintracciare tra i sospetatti del gentil sesso.
Si alzò di scatto, andando a rovistare in uno dei cassetti in cui custodiva le copie degli atti dell'indagine: estrasse una cartelletta blu, la aprì con le dita brucianti dalla curiosità, per poi recuperare ciò che gli interessava, ovvero il referto necroscopico effettuato sul corpo dell'imprenditore. 


L’omicidio di Appiani Uzia Giorgio, nato a Milano il 21 luglio 1950, si può ricondurre ad un trauma cranico che ha provocato vasta emorragia subaracnoidea (esito di profonda ferita a livello occipitale, sferrata da un corpo contundente, di cui non si è trovata traccia), la notte tra il 9 e il 10 novembre a.c., presumibilmente tra le 23 e l’una.
Inoltre, nel sangue della vittima, sono state rinvenute massicce dosi di bromazepam (dieci volte superiore al limite consentito dall’AIFA): con tutta probabilità, tale benzodiazepina è stata utilizzata per drogare l’Appiani Uzia prima di ucciderlo. Possibile che ad aver commesso il delitto siano state due persone distinte: lo proverebbero le due ferite a livello della nuca, di cui una sola è quella che ha determinato il decesso. In attesa di esito esami tossicologici. Non è stato possibile risalire alla causa del foro sull’avambraccio destro, a livello della piega del gomito.

Gli esami tossicologici erano arrivati il giorno avanti: l'uomo, prima di morire, non aveva assunto alcuna droga o bevanda alcolica, e il microscopico foro rinvenuto sull'arto superiore era da ricondurre ad un banale prelievo ematico, i cui risultati rispecchiavano la salute di ferro del morto.
Ripensando alle parole del dottor Bertani circa la diversa angolazione dei colpi inferti sulla nuca di Appiani, Terenzi si ricordava anche che l'esperto gli aveva suggerito l'eventualità che, almeno uno degli assassini, fosse una donna, data l'altezza approssimativa da cui era stata assestata la ferita.
E se fosse stato un uomo? Gabriele Appiani sarà alto almeno uno e ottantacinque, mentre Carlo Della Robbia all'incirca un metro e ottanta: sono gli unici due indiziati di sesso maschile, ma le loro stature non coinciderebbero con quella della persona che ha vibrato il colpo... tuttavia, questo non vuol dire che non possano essere stati loro ad aver ucciso l'imprenditore: potrebbero essersi messi in ginocchio, oppure avrebbero potuto piegarsi per raccogliere qualcosa, come la scheggia d'oro bianco, o magari per qualche altro assurdo motivo che ancora ignoriamo, ed ecco spiegata l'altezza riconducibile ad una donna ... Ma non devo dimenticarmi che quell'insopportabile del figlio era a Milano, ed è stato avvisato telefonicamente dalla madre solamente il pomeriggio successivo l'omicidio ...
Richiuse la cartelletta con il referto autoptico, ritornando a spremersi le meningi: perchè drogare la vittima, prima di ucciderla? Certo, l'imprenditore era un uomo dalla corporatura atletica, non si sarebbe lasciato sopraffarre con estrema facilità. Agnese Rampi, essendo un'infermiera, ha ammesso di conoscere il farmaco con cui l'uomo è stato drogato: è l'unica che avrebbe potuto accedere tranquillamente a quella ingente quantità senza rischiare di venire scoperta, l'unica a conoscerne gli effetti collaterali se assunta in dosi elevate. Eppure, quando l'ho interrogata, mi è sembrata sincera ed addolorata ...
Se almeno ci fossero state delle semplicissime telecamere di videosorveglianza! Perchè la zona in cui si ergeva la fabbrica di ceramiche doveva essere così isolata?! Perchè quella notte di quasi dieci giorni prima, nessun cittadino coscienzioso era passato di lì, magari portando a passeggio il proprio amico a quattrozampe?! Perchè nessuna cella telefonica era stata agganciata nel perimetro incriminato e nel lasso di tempo presunto in cui era stato compiuto l'omicidio?!
Terenzi si abbandonò sulla scrivania di formica, le mani a sorreggere la testa: maledisse l'influenza che lo aveva colpito, che gli aveva impedito di venire in ufficio e continuare a lavorare instancabilmente.
Se non mi fossi ammalato, forse avremmo già arrestato gli assassini ... quarantotto ore buttate al vento, perse senza poter fare nulla per recuperarle!
A bloccare quelle inutili recriminazioni e sensi di colpa, ci pensò lo squillo del telefono.
Il commissario fissò l'apparecchio con sguardo vacuo, indeciso se rispondere: poi, al settimo squillo, irritato dal suono acuto, alzò la cornetta.
-Uè, Alessà, come stai? Che fai, ti disturbo?-
-Ciao Franco, figurati. Dimmi pure ... -
Terenzi levò gli occhi al soffitto, passandosi disperato una mano sulla barba incolta: ci voleva anche il collega napoletano a complicargli la giornata e, soprattutto, a spaccargli il timpano con quella voce di almeno tre tonalità più alte rispetto al normale.
-Oh bene. Dunque, ho appena chiamato la questora per un caso che stiamo seguendo, e indovina che mi disse?-
-Beh, non saprei ... -
-Vabbò, dai, te lo dico io! Mi ha riferito che tu e la tua squadra avete scovato il nascondiglio della guagliona! E che forse, dico forse eh, siete sulla buona strada per acciuffarla!-
-Sì, in realtà non è andata proprio così. Qualche giorno fa, i miei ragazzi hanno parlato con una fiorista che ha il negozio nella via parallela al parco della Pellerina: la donna ha confermato che,
il mese scorso, ha servito una ragazza che le assomigliava, ma non è sicura fosse lei-
-E che è? Sarebbe questa la pista?-
s'informò con una punta di delusione l'Orco di Pollicino.
-No, certo che non è questa. Oggi pomeriggio abbiamo ascoltato una testimone, una vicina di casa della ricercata che ha avuto a che fare con la ragazza tre o quattro volte, all'incirca tre settimane fa. Da allora, a sentire la teste, si sono perse le tracce, ma è di fatto certa che la donna nella foto e quella che l'ha aiutata nel trasloco siano la stessa persona. Purtroppo, non abbiamo alcuna pista effettiva da seguire, se non l'indirizzo dell'appartamento in cui sembra che Svetlana abbia vissuto fino al momento della sua scomparsa-
-E lo chiami poco, Alessà?! Sono sicuro che la troverete presto assai, fidati del mio intuito partenopeo! Ah, anche se la bella questora ci ha revocato l'incarico di sorveglianza, conta comunque su di me! Io, gli amici, nel momento del bisogno non li dimentico!-
Terenzi represse una risata: come accidenti parlava quell'uomo? Sembrava sempre di essere stati catapultati in un film melodrammatico! Mancava solo una musichetta strappalacrime e l'atmosfera ricreata era perfetta!
-Certo, Franco, so bene che di te posso fidarmi. Ora scusami ma devo lasciarti: se ho delle novità, te le comunicherò-
-Vabbò, Alessà, stammi bene. Ah, mi occuperò personalmente di mettere alle strette il boss della bisca: vedrai che, in men che non si dica, lo farò parlare, e ci dirà dove si nasconde la sua pupilla. Parola di partenopeo, Alessà!-
Il commissariò riagganciò con un sorriso sulle labbra: almeno il collega era riuscito a risollevargli il morale, infondendogli nuova sicurezza nelle sue capacità investigative.
Per prima cosa, avrebbe contattato personalmente Agnese Rampi, in modo da capire il reale motivo che le aveva impedito di presentarsi all'interrogatorio del mattino precedente: il brigadiere Di Biase le aveva telefonate su suggerimento di Terenzi il giorno stesso del funerale di Appiani, rassicurandola che il colloquio sarebbe stato condotto come un semplice ed informale scambio di battute.
Tuttavia, questo escamotage non completamente falso, non era riuscito a far cambiare idea alla sospettata.
L'uomo decise perciò di contattarla: compose il numero di cellulare dall'apparecchio dell'ufficio, ma gli squilli risuonavano a vuoto.
Riprovò un'altra volta, sempre fino alla voce automatica ed irritante della segreteria che lo avvisava che l'utente da lui chiamato era al momento irraggiungibile, invitandolo a riprovare più tardi.
Sbuffò contrariato: cos'altro avrebbe potuto fare? Si alzò dalla poltrona e si diresse alla finestra.
Il tempo al di là dei vetri era abbastanza invitante da spingerlo ad uscire: non c'era nemmeno un raggio di sole, ma il cielo grigio era calmo, privo di nembi minacciosi.
Scostò le tendine ed aprì quel tanto che bastava gli infissi: l'aria era tuttosommato gradevole, e le raffiche di vente si erano assopite da ore, ormai.
Poi, un pensiero gli attraversò la mente, come un arcobaleno dopo un forte e violento temporale estivo: a dir la verità, l'appiglio a cui voleva aggrapparsi aveva più le fattezze di un incubo ad occhi aperti, ma tanto valeva provare.
Rovistò nei cassetti e guardò in mezzo al taccuino che portava sempre con sè, sperando inconsciamente di non trovare quello che stava cercando.
La buona -o cattiva sorte, dipendeva dai punti di vista- aveva deciso di sorridergli, per cui, dopo un'affannosa caccia al tesoro, finalmente il poliziotto brandì il foglietto su cui aveva appuntato il numero di telefono della madre di Agnese Rampi, la vecchietta ultraottantenne dall'aspetto minuto ed angelicato che, però, aveva il carattere e le intenzioni di un'arpia mitologica.
L'uomo, tremante come una foglia, ritornò sui suoi passi: si abbarbicò alla scrivania e, per infondersi coraggio, cominciò a giocherellare con la sua fedelissima Bic nera.
Lanciò un'occhiata disperata in direzione della porta, nella speranza che qualcuno lo venisse a salvare, ma invano.
Perciò, armatosi di tutto il coraggio che riuscì a scovare nel profondo dell'animo, alzò la cornetta e digitò le dieci cifre che lo separavano dall'abisso infernale.
-Buon pomeriggio, signora. Sono il commissario Terenzi, della stazione "L'Aquila". Si ricorda di me? Ci siamo visti qualche giorno fa ...-
-Ma chi? L'impostore che voleva entrare in casa mia?- commentò acidula la donna, rispondendo al decimo squillo.
-Ehm sì, più o meno. Le avevo lasciato il mio biglietto da visita e le avevo chiesto di dire a sua figlia di richiamarmi il prima possibile ... ricorda?-
-Perché continua a domandarmi se ricordo? Le ho appena detto di sì, che lei è quell'impostore che girava insieme al compare dai capelli rossi! Sono vecchia, lo so, ma non rimbambita! Comunque, cosa vuole?-
Ed ecco che il coraggio tornò a mancargli.
-Avrei di nuovo necessità di parlare con sua figlia Agnese: sarebbe così cortese da passarmela?-
-Non posso. Agnese è stata ricoverata questa mattina ...-
La voce dell'anziana era sempre squillante e sicura di sé, nonostante la notizia che aveva appena comunicato.
-Ah ... e potrei sapere per quale motivo? Voglio dire, la aspettavo ieri per un colloquio informale in commissariato, ma i miei collaboratori mi hanno riferito che ha chiamato per avvisare che era influenzata e non avrebbe potuto raggiungerci-
Terenzi sperava che, parlando come un uomo degli anni Trenta, più o meno la generazione della vecchietta, avrebbe potuto far breccia nel suo cuoricino di pietra.
-Ma se sa già tutto, perchè continua a disturbarmi? Agnese si è beccata una brutta bronchite, per questo non è potuta venire al vostro interrogatorio, altro che colloquio informale! Bene, adesso che mi ha disturbata abbastanza, la lascio. Arrivederci e a mai più a risentirci-
-Aspetti, signora! Mi dica almeno in quale ospedale è stata ricoverata! Pronto? Signora Rampi, mi sente? Signora?-
Nulla da fare: il poliziotto si ritrovò a supplicare a vuoto, sperando che l'arpia, in un impeto di compassione umana, gli stesse facendo uno scherzo.
Invece, si dovette arrendere alla brutale evidenza: la vecchietta aveva per davvero riattaccato.
Guardò sconsolato la cornetta nella sua mano sinistra, come se si trattasse di un pezzo di navicella extraterrestre, quindi la mise a posto senza troppi riguardi.
Perfetto, si disse, se vuole la guerra, che guerra sia! La troverò da solo, senza il suo aiuto! Parola di commissario!
    
 
   
 
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