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Autore: DirceMichelaRivetti    29/05/2016    3 recensioni
Ora che la storia è stata scritta, rifaccio l'introduzione.
Ambientata qualche mese dopo "Giorni di un futuro passato", non tiene conto di quanto si vede in X-men Apocalisse.
Magneto pensa alla propria vita, ai propri affetti, a quel che teme per i mutanti e quel che vuole fare per loro. Non ultimo dei suoi pensieri è l'amicizia con Charles e le loro divergenze di opinioni.
Mentre si trova a Gerusalemme, un po' per ritrovare le proprie origini, Erik conosce una giovane mutante, Virginia, in viaggio da sola. Decide di accompagnarla, ma sul cammino si imbatteranno in Stryker, con cui si scontreranno più volte.
Charles, Hank e Raven interverranno. I problemi si svilupperanno su scala mondiale.
Mutanti. ONU. Stryker. Charles. Erik
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Stryker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa dell’Autrice:

E’ vero, avevo detto che era finita, però … non ho saputo resistere.

Il finale mi sembrava davvero troppo affrettato, ho ripensato a come avevo pensato inizialmente alla conclusione di questa fanfic e mi sono detto che uno sforzo per completarla degnamente avrei dovuto farlo.

Inoltre mi hanno spronata anche alcuni dei commenti e, infatti, voglio ringraziare Winterlover97, Manto e Annina_76

Penso che questo prolungamento sarà di pochi capitoli (3 al massimo, contando anche questo), quindi spero di non farvi aspettare troppo.

Grazie a tutti e buona lettura

 

 

“Tutto bene? Ci sono stati problemi?” domandò Erik, quando vide Virginia rientrare.

La giovane aveva appena fatto la spesa nel negozietto del centro abitato più vicino. Dopo che si erano allontanati dalla scuola di mutanti, Erik e Virginia avevano cercato un posto dove nascondersi e stare tranquilli in attesa che le acque si fossero calmate: Magneto era ricercato dalla NATO e da tutte le forze dell’ordine, messe in allerta dopo il suo avvistamento. Spostarsi avrebbe significato esporsi e purtroppo non avevano modo di contattare un teleporta che li aiutasse ad allontanarsi maggiormente. Avevano dunque raggiunto una zona di campagna e avevano cercato una piccola casa da affittare per poco tempo, il che fu facile: fortunatamente quei luoghi erano posti di villeggiatura estiva, disabitati in inverno e i proprietari erano ben lieti di affittarli fuori stagione, senza porsi domande sugli inquilini.

I due mutanti erano lì da un paio di settimane e ogni tanto la ragazza si recava al paese vicino per comprare i viveri, mentre l’uomo prudentemente non si mostrava.

“Tutto a posto. Non ho attirato attenzioni. Ho comprato anche il giornale.”

“Brava, qui non abbiamo né televisione, né radio e non abbiamo modo di sapere come sia la situazione.”

Erik sedette sul divano e Virginia si mise accanto a lui, aprendo il quotidiano, per leggerlo assieme. Le notizie, tuttavia, non erano di interesse per la loro situazione.

“Odio essere rinchiuso qui, senza sapere che accidenti stanno facendo Charles, l’ONU e il resto del mondo. Le notizie sono state frammentarie e il mio amico ancora non si è fatto vivo, da quando ci siamo separati a Torino. Mi sorge il dubbio che gli abbiano fatto qualcosa … che quelli della NATO non siano stati corretti e benevolenti come si sono mostrati alla scuola e che il loro intervento sia stato solo una grande ipocrisia, come temevo all’inizio. Avrei voglia di uscire e andare a vedere di persona!”

“Erik tranquillizzati” gli disse dolcemente Virginia, appoggiandogli una mano sul petto “La situazione è delicata e il professor Xavier starà agendo con tutte le cautele del caso, pazienta ancora almeno una settimana o due, prima di decidere di agire in una qualche maniera.”

“Odio non poter uscire da un posto.” fissava la parete davanti a sé, piuttosto corrucciato “Ho passato troppo tempo della mia vita prigioniero e queste situazioni non mi piacciono per nulla.”

Dopo qualche altro momento cupo, la sua durezza si sciolse, con la destra prese la mano della ragazza, mentre strinse il braccio sinistro attorno alle sue spalle e disse: “Certo questa sorta di prigionia è molto più piacevole di tutte quelle passate. Niente nazisti, niente bunker sotterranei privi di metallo … ci sono libri, giochi da tavolo e, soprattutto, buona compagnia.”

Virginia si sentì in imbarazzo e voltò il viso altrove. Erik sorrise, le arruffò i capelli e le chiese: “Sei ancora così timida? Eppure ne abbiamo passate così tante in così poco tempo … io mi sento molto legato a te. Te l’ho già detto in questi giorni, lo so, ma non capisco che cosa ne pensi tu. Abbiamo affrontato battaglie e rischiato la vita assieme almeno tre volte in meno di un mese, credo che questo ci abbia permesso di conoscerci molto rapidamente, insomma, ci siamo mostrati a vicenda punti di forza e debolezze e penso che ci siamo molto affiatati. Non me ne sono reso conto subito. All’inizio sentivo solo attrazione, voglia di passare il tempo finché non mi fossi stancato, ma poi … ti ho vista soffrire e mi sono indignato, pensando che mai la tristezza avrebbe dovuto solcarti il volto. Quando i tuoi parenti ti hanno portata via, oltre a essere preoccupato per te, mi sentivo privato di qualcosa di importante. Ti ho cercata e, trovandoti praticamente indifferente, mi sono infuriato, soprattutto con me stesso, per aver commesso l’errore di affezionarmi. Quando poi sei tornata e hai dimostrato che saresti rimasta, ho provato gran gioia in me e il desiderio di costruire qualcosa.”

“Perché mi stai dicendo tutto questo?” Virginia sembrava quasi spaventata da quelle parole.

“Perché non capisco quale sia il tuo pensiero. In passato a volte mi sei sembrata molto infiammata, ma da quando siamo qui mi pari quasi più chiusa, più distaccata. Viviamo sotto lo stesso tetto ma a volte è come se mi evitassi. Sinceramente non capisco.”

Virginia sospirò, tentò un paio di volte di parlare, ma aperta la bocca non riusciva a dire nulla. Infine si impose di rispondere: “Ho paura …”

“Di cosa?”

“Mi sembra impossibile e assurdo che tu ti senta legato a me. Insomma, tu sei tu e io sono semplicemente io.”

“Non capisco.”

“Tu sei un leader, hai seguaci, idee, progetti, hai vissuto intensamente, hai compiuto azioni uniche; insomma, non sei una persona comune. Sei speciale. Io, invece, sono una persona comune, di gente come me ne avrai conosciuta a bizzeffe e, inoltre, io ho mille paure e paranoie. Come posso io contare realmente qualcosa per te? Cosa posso offrirti? È di questo che ho timore: essere abbandonata. Non è stato facile, per nulla, lasciare la mia famiglia e ora ho paura di fare la fine di Medea. Ricordi la sua storia? Innamorata di Giasone, per aiutarlo tradisce il padre e la patria, uccide il fratello e fugge col greco solo per essere abbandonata poco dopo. Giasone ha avuto dei figli da Medea e poi l’ha messa da parte, non appena gli si è profilato un matrimonio più conveniente. Ecco io sono terrorizzata da questo: non voglio aprire il mio animo a te, non voglio amarti perché non vedo proprio come potrei meritare di essere ricambiata e davanti a me vedo inevitabile l’abbandono. Non voglio!”

Erik le mise le mani sulle spalle e la voltò verso di lei, affinché si guardassero negli occhi e le disse: “L’amore non si merita, non c’è modo di guadagnarlo: è qualcosa che sorge spontaneo. Per me è qualcosa di totalmente inaspettato: non pensavo affatto di poter amare. Tu stai dicendo che mi vedi come un personaggio speciale, come un VIP praticamente, ma io non vedo nulla di straordinario in me. A parte l’essere un mutante, ovvio, ma quello lo sei anche tu. Ho passato i primi anni della mia vita ad essere discriminato e trattato come un essere inferiore che nemmeno era degno di vivere. Ho visto gerarchi nazisti con lampade che avevano il paralume in pelle umana, pelle di ebreo. Li vedevo e sentivo dire che quella era la giusta fine per quelli come me. Sapevo che era ingiusto, che erano loro, crudeli, a sbagliare, che io e gli altri ebrei non avevamo colpe, eppure ho impiegato anni prima di sentirmi un essere umano col diritto di vivere. Non ho fatto nulla di speciale, ho vendicato il mio popolo là dove la giustizia non era arrivata. Poi ho incontrato Charles e per la prima volta ho pensato di prendermi cura dei mutanti: voglio evitare loro il mio stesso dolore. Non ho potuto fare molto però, visto che ho passato quasi tutto il tempo successivo in prigione. Sì, ho raccolto attorno a me qualche mutante, ho cercato di fare qualcosa per loro, di proteggerli dai nemici che hanno ma, sinceramente, non mi pare di essere riuscito a fare molto. Non so dove tu veda straordinarietà in me. In ogni caso, se anche fosse vera la tua opinione su di me, perché questo dovrebbe impedirmi di amarti? Tu hai praticamente detto di credere di valere molto meno di me, ma io questo non lo credo affatto. Non hai preso parte a grandi battaglie sociali o effettivamente militari, ma qual è il problema? Tu hai una cultura vasta, hai un animo sensibile e forte senso del dovere. Io ti guardo e vedo una persona a cui poter mostrare me stesso, con cui non dover essere un leader, ma su cui fare affidamento, con cui poter condividere ciò che ho dentro, il cui consiglio è importante per me. Un’amica innanzitutto, ma anche qualcuno con cui non semplicemente percorrere uno stesso cammino, ma con cui costruire una strada. Credimi: io non ti abbandonerò mai.”

Non diede il tempo alla ragazza di rispondere, Erik le prese le guance e la baciò, sulla bocca, dolcemente, schiudendo lentamente le labbra affinché quello fosse un bacio vero.

Virginia non disse nulla, ma abbracciò l’uomo, quasi a volersi aggrappare e nascose la testa sul suo petto.

Trascorsero ancora tre giorni, durante i quali la giovane, rassicurata, si era finalmente lasciata alle spalle molti timori ed era stata più spontanea e affettuosa con l’uomo. Era pomeriggio, Virginia era andata in paese sia per i viveri, ma soprattutto in cerca di notizie. Erik era rimasto nella casa, ma era finalmente riuscito a trovare un mangianastri, che non aveva la funzione di radio, ma poteva almeno far ascoltare musicassette. L’uomo sapeva che la compagna se ne era portata alcune dall’Italia, quindi ne prese una da sentire, curioso di conoscere i gusti musicali di lei. Poté apprezzare le melodie e il timbro delle voci, ma ovviamente non capì nulla di quel che dicevano. Vi fu una canzone, però, che lo colpì.

Attese che la giovane rientrasse e subito le domandò: “Potresti tradurmi il testo di una canzone? Ho ascoltato una delle tue musicassette e ce n’è una che nomina Auschwitz e vorrei sapere che cosa dice esattamente.”

“Oh, sì, certo. È una canzone di pochi anni fa, di un giovane cantautore, Guccini. Dice: Son morto con altri cento, son morto che ero bambino, passato per il camino e adesso sono nel vento. Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento nel freddo giorno d’inverno e adesso sono nel vento. Ad Auschwitz tante persone ma un solo grande silenzio; è strano, non riesco ancora a sorridere, qui nel vento. Io chiedo come può l’uomo uccidere un suo fratello, eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento. Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana e ancora mi porta il vento. Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento mi poserà.

Erano entrambi commossi, con gli occhi lucidi.

Erik, poi, le chiese se potesse scrivergli le parole della canzone su un foglio: voleva ricordarsele, voleva poterle leggere con calma, rifletterci su; gli ispiravano tantissimi pensieri e riflessioni e dunque voleva poter ragionare con calma.

Quella sera, mentre i due stavano cenando, udirono una voce nelle loro teste.

“Erik, Virginia, mi sentite?”

Era Charles che finalmente li contattava.

“Sì, ti sentiamo.” rispose l’uomo “Perché non sei venuto? Avrei preferito vederti di persona. Tuttavia, se ci parli a lunga distanza, significa che stai usando Cerebro e dunque sei sano e salvo alla tua scuola.”

“Esatto. Anch’io avrei preferito essere lì, ma per la tua sicurezza e la mia credibilità è meglio parlarci così. L’ONU non è convinta ch’io non abbia contatti con te e che non ti stia aiutando nella latitanza, quindi temo che spiino i miei spostamenti.”

“Molto confortante avere alleati che non si fidano di te.”

“Già, ma non hanno tutti i torti, visto che io effettivamente ti sto proteggendo. Davvero, non voglio rischiare che tu venga trovato.”

“L’idea di nascondermi per il resto della mia vita non mi piace, però.”

“Troveremo una strada, pian, piano.”

“Non potresti mandarci il teleporta? Almeno potremmo raggiungere uno dei miei rifugi.”

“Per il momento è più prudente che nessuno di noi sappia dove ti trovi. Non conosco i loro mezzi e le loro risorse, ma siamo in una fase delicata e decisiva per lo sviluppo dei rapporti tra umani e mutanti e non possiamo permetterci errori. Se ci fosse il minimo indizio del fatto che io ti aiuto, rischieremmo di mandare a monte tutta la diplomazia. Erik, credimi, mi dispiace tantissimo. Io vorrei averti al mio fianco in questo momento, avere il tuo supporto e il tuo aiuto, ma sei un ricercato a livello mondiale e all’ONU sei visto come un pericoloso criminale.”

“Capisco, Charles, non ti preoccupare. La salvaguardia dei mutanti è più importante. Noi ce la caveremo lo stesso. Piuttosto, dimmi come hai intenzione di procedere, come funzionerà la tua campagna di sensibilizzazione dell’ONU.”

“Al momento è stata aperta una sorta di commissione che si occupa di capire cosa significhi esattamente essere un mutante e avranno vari incontri con i miei studenti, dentro e fuori la scuola, per comprenderli meglio. Io, Hank e Raven, invece, viaggeremo per incontrare capi di stato e autorità per cercare di mostrare a tutti quanti la nostra buona fede e spronarli a prendere una posizione. Pensa che una delle prime tappe, già qui in dicembre, sarà un’udienza dal Papa, beh non sarà solo un incontro, ci fermeremo a Roma qualche giorno. Più avanti vedremo anche il Dalai Lama. Se riusciamo avere l’appoggio dei cattolici e dei movimenti new age, direi che siamo a buon punto del lavoro di integrazione.”

“Sei il solito ottimista. Piuttosto, che fine ha fatto il maggiore Stryker? È stato arrestato? Verrà processato? I suoi crimini sono emersi? Perché i giornali non ne parlano?”

“In realtà, Stryker è fuggito. È stato accusato di crimini contro l’umanità, ma non lo hanno ancora arrestato. Lo stanno cercando. Pare che abbia una base segreta, forse laboratorio, in Canada ma deve essere ancora individuato.”

“Charles, secondo te, se io riuscissi a catturare Stryker e a consegnarlo, l’ONU potrebbe rivedere la sua opinione su di me?”

“Ad essere franco, non lo so. Penso che possa essere possibile, dimostrerebbe la tua volontà di collaborare col sistema … però, mi raccomando, dovresti consegnarlo a loro e non ucciderlo, facendo giustizia per conto tuo.”

“Ho capito. Penso che farò di tutto per scovare quel bastardo. Che l’ONU sarà o non sarà riconoscente, poco importa: i suoi esperimenti devono finire, lui deve essere punito e io non posso starmene con le mani in mano.”

“Ti auguro buona fortuna, allora, amico mio.”

“Grazie, Charles. Spero di poter presto prendere posto anch’io al tavolo delle trattative.”

“È un piacere e una sorpresa sentirtelo dire.”

“Non voglio che tu sia troppo molle e accondiscendente con gli umani.”

La conversazione non proseguì molto di più, se non per i saluti e poco altro. Erik era molto concentrato sul fatto di dare la caccia a Stryker. Dopo aver ragionato su alcune cose, disse a Virginia: “Non ho intenzione di fare affidamento sui miei compagni mutanti in questa occasione. Non voglio metterli in pericolo. Non vorrei nemmeno mettere in pericolo te ma non vorrei nemmeno lasciarti sola, né io stare senza di te per chissà quanto tempo. Dimmi tu cosa preferisci fare, quale che sia la tua decisione, avrò un motivo per essere lieto e uno per rattristarmi.”

“Voglio combattere, voglio seguirti. Credo che il mio aiuto potrà servire e, comunque, non voglio essere la donna che resta a casa in pena per il compagno in guerra, bensì voglio lottare assieme a te.”

“Grazie e che il fato conservi entrambi in vita.”

“Già, speriamo … Piuttosto, pensiamo un po’ a come muoverci. Tu sei sempre ricercato e non abbiamo un mezzo di trasporto e il Canada, oltre che lontano, è il secondo stato più grande del mondo. Idee?”

“Beh, sono quasi tre settimane che non mi faccio la barba, proprio pensando a un’evenienza come questa. Dovresti procurati, in città, tinta per capelli e lenti a contatto colorate. Spero basti, purtroppo non sono né un mutaforma, né un telepate.”

“Dovresti anche cambiare look.”

“Perché?”

“Beh, suppongo che se tu ti vestissi da freakettone o hippie o qualcos’altro di completamente diverso dal tuo carattere, sarebbe più difficile che ti riconoscano, proprio perché non si aspettano di trovarti in un contesto del genere e quindi non ti osserveranno più di tanto.”

“Giusto, però niente moda hippie: rischieremmo di essere fermati e perseguitati dalle forze dell’ordine comunque.”

“È vero. Qualche idea su quale stile adottare?”

“Non una corrente particolare, semplicemente moda giovanile attuale. Io di solito ho uno stile sobrio, tendente all’elegante, poco americano, con colori neutri. Ci vuole qualcosa che sia l’opposto e anche tu dovrai seguire lo stile di qui odierno, non possiamo mostrarci stonati.”

“D’accordo, faremo una bella trasformazione, sarà divertente. Per spostarci, invece? Non possiamo rubare un’auto, avremmo la polizia che ci cerca.”

“Usiamo treni e autobus fino a Smith Falls, che è già oltre il confine, ma a meno di settecento chilometri. Spero che una mia vecchia conoscenza abiti ancora lì, potrà fornirci un’automobili e forse qualche altro aiuto.”

“Il Canada è veramente enorme! Possibile che il professor Xavier non possa usare i suoi poteri per trovare questo Stryker?”

“Sono certo che Charles abbia tentato di usare Cerebro, ma che qualcosa abbia interferito. Potrebbe essersi procurato un elmetto come il mio.”

“Non lo trova il telepate più potente, non lo trova la NATO, come potremmo trovarlo noi?”

“Qualcosa ci verrà in mente … anzi, un’ideuzza già ce l’ho. Spero solo che la base che cerchiamo non sia quella priva di metallo, pensata per ingabbiare me.”

“Cosa stai architettando?”

“Semplice: con la giusta concentrazione posso individuare qualsiasi struttura di metallo, anche nascosta. Devo solo percepire il metallo e capirne la quantità, la concentrazione, il luogo …”

“Insomma, un misto tra un radar e un metaldetector.”

“Più o meno.”

“Posso fare una battuta pessima?”

“Se proprio devi …” Erik sorrise, curioso.

“Come stile di vestiti, potremo optare per il genere fan di musica metal.”

“No, è un genere ancora poco affermato.”

Erik e Virginia continuarono a confabulare circa il come organizzare quella spedizione. Il giorno dopo, la ragazza si recò in città e comprò tutto ciò di cui avevano bisogno. Avevano deciso di partire il mattino seguente, poiché speravano che il mescolarsi tra la folla li avrebbe aiutati. Il viaggio fu piuttosto lungo tra cambi di treno e di autobus, ma per fortuna si svolse senza destare nessun sospetto e in poco meno di ventiquattro ore riuscirono a raggiungere Smith Falls.

Appena giunti in città, Erik cercò un elenco telefonico e una cabina per poter chiamare il suo vecchio conoscente: era un mutante anche lui e quindi Magneto era certo che non lo avrebbe tradito, consegnandolo all’ONU.

Per fortuna l’uomo abitava ancora là, fu sorpreso nel sentirsi contattato, ma ne fu lieto e, molto gentilmente, andò a prenderli in stazione, li portò a casa sua e li fece rifocillare, infine chiese che cosa fossero andati a fare.

Il mutante, di nome Caleb, si era presentato imbacuccato da capo a piedi, non solo con un lungo cappotto e un grosso cappello, ma anche con guanti a manopola e una sciarpa che gli copriva perfino il naso, lasciando intravedere solo gli occhi: eppure non faceva troppo freddo. Arrivati nell’abitazione, però, fu chiaro anche a Virginia il perché l’uomo si fosse vestito in quel modo: la mutazione aveva dato a Caleb l’aspetto simile a quello di un rettile, la sua pelle era squamosa e verdognola, le mani erano palmate, la lingua lunga e biforcuta.

Erik riferì a grandi linee tutto quanto e spiegò la sua idea per rintracciare la base di Stryker.

“Conta pure su di me, Magneto, lo sai che quando c’è da dare una lezione a chi fa del male ai mutanti, io mi schiero subito. Signorina, non mi fraintenda, non sono un attaccabrighe, mi piace la mia tranquillità, ma se posso aiutare a evitare qualche ingiustizia, lo faccio volentieri.”

“Lei come vive qui? Nasconde il suo aspetto, mi pare di aver capito.” osservò Virginia.

“Quando devo andare in qualche posto che solitamente non frequento, sì mi copro il più possibile, ma in altre occasioni no. Ho convinto la gente che conosco di essere affetto da una di quelle malattie genetiche rare, un po’ da fenomeno da baraccone. Certo ci sono gli imbecilli che mi evitano o mi offendono, ma sinceramente me la rido di loro. Ho comunque buoni amici che si sono abituati al mio aspetto; mi vogliono bene per la mia simpatia e perché produco il whisky più buono di tutto l’Ontario.”

Erik intervenne: “Il fatto che tu sia costretto a definire la tua mutazione una malattia e a nascondere i tuoi poteri, la dice lunga su come si possa sperare nell’integrazione che auspica Charles. Va beh, non parliamone, preoccupiamoci di Stryker e basta.”

 

   
 
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