Premessa dell’Autrice:
E’ vero, avevo detto che era finita,
però … non ho saputo resistere.
Il finale mi sembrava davvero troppo
affrettato, ho ripensato a come avevo pensato inizialmente alla conclusione di
questa fanfic e mi sono detto che uno sforzo per
completarla degnamente avrei dovuto farlo.
Inoltre mi hanno spronata anche alcuni
dei commenti e, infatti, voglio ringraziare Winterlover97, Manto e Annina_76
Penso che questo prolungamento sarà di
pochi capitoli (3 al massimo, contando anche questo), quindi spero di non farvi
aspettare troppo.
Grazie a tutti e buona lettura
“Tutto
bene? Ci sono stati problemi?” domandò Erik, quando vide Virginia rientrare.
La
giovane aveva appena fatto la spesa nel negozietto del centro abitato più
vicino. Dopo che si erano allontanati dalla scuola di mutanti, Erik e Virginia avevano
cercato un posto dove nascondersi e stare tranquilli in attesa che le acque si
fossero calmate: Magneto era ricercato dalla NATO e
da tutte le forze dell’ordine, messe in allerta dopo il suo avvistamento.
Spostarsi avrebbe significato esporsi e purtroppo non avevano modo di
contattare un teleporta che li aiutasse ad allontanarsi maggiormente. Avevano
dunque raggiunto una zona di campagna e avevano cercato una piccola casa da
affittare per poco tempo, il che fu facile: fortunatamente quei luoghi erano
posti di villeggiatura estiva, disabitati in inverno e i proprietari erano ben
lieti di affittarli fuori stagione, senza porsi domande sugli inquilini.
I
due mutanti erano lì da un paio di settimane e ogni tanto la ragazza si recava
al paese vicino per comprare i viveri, mentre l’uomo prudentemente non si
mostrava.
“Tutto
a posto. Non ho attirato attenzioni. Ho comprato anche il giornale.”
“Brava,
qui non abbiamo né televisione, né radio e non abbiamo modo di sapere come sia
la situazione.”
Erik
sedette sul divano e Virginia si mise accanto a lui, aprendo il quotidiano, per
leggerlo assieme. Le notizie, tuttavia, non erano di interesse per la loro
situazione.
“Odio
essere rinchiuso qui, senza sapere che accidenti stanno facendo Charles, l’ONU
e il resto del mondo. Le notizie sono state frammentarie e il mio amico ancora
non si è fatto vivo, da quando ci siamo separati a Torino. Mi sorge il dubbio
che gli abbiano fatto qualcosa … che quelli della NATO non siano stati corretti
e benevolenti come si sono mostrati alla scuola e che il loro intervento sia
stato solo una grande ipocrisia, come temevo all’inizio. Avrei voglia di uscire
e andare a vedere di persona!”
“Erik
tranquillizzati” gli disse dolcemente Virginia, appoggiandogli una mano sul
petto “La situazione è delicata e il professor Xavier
starà agendo con tutte le cautele del caso, pazienta ancora almeno una
settimana o due, prima di decidere di agire in una qualche maniera.”
“Odio
non poter uscire da un posto.” fissava la parete davanti a sé, piuttosto corrucciato
“Ho passato troppo tempo della mia vita prigioniero e queste situazioni non mi
piacciono per nulla.”
Dopo
qualche altro momento cupo, la sua durezza si sciolse, con la destra prese la
mano della ragazza, mentre strinse il braccio sinistro attorno alle sue spalle
e disse: “Certo questa sorta di prigionia è molto più piacevole di tutte quelle
passate. Niente nazisti, niente bunker sotterranei privi di metallo … ci sono
libri, giochi da tavolo e, soprattutto, buona compagnia.”
Virginia
si sentì in imbarazzo e voltò il viso altrove. Erik sorrise, le arruffò i
capelli e le chiese: “Sei ancora così timida? Eppure ne abbiamo passate così
tante in così poco tempo … io mi sento molto legato a te. Te l’ho già detto in
questi giorni, lo so, ma non capisco che cosa ne pensi tu. Abbiamo affrontato
battaglie e rischiato la vita assieme almeno tre volte in meno di un mese,
credo che questo ci abbia permesso di conoscerci molto rapidamente, insomma, ci
siamo mostrati a vicenda punti di forza e debolezze e penso che ci siamo molto
affiatati. Non me ne sono reso conto subito. All’inizio sentivo solo
attrazione, voglia di passare il tempo finché non mi fossi stancato, ma poi …
ti ho vista soffrire e mi sono indignato, pensando che mai la tristezza avrebbe
dovuto solcarti il volto. Quando i tuoi parenti ti hanno portata via, oltre a
essere preoccupato per te, mi sentivo privato di qualcosa di importante. Ti ho
cercata e, trovandoti praticamente indifferente, mi sono infuriato, soprattutto
con me stesso, per aver commesso l’errore di affezionarmi. Quando poi sei
tornata e hai dimostrato che saresti rimasta, ho provato gran gioia in me e il
desiderio di costruire qualcosa.”
“Perché
mi stai dicendo tutto questo?” Virginia sembrava quasi spaventata da quelle
parole.
“Perché
non capisco quale sia il tuo pensiero. In passato a volte mi sei sembrata molto
infiammata, ma da quando siamo qui mi pari quasi più chiusa, più distaccata.
Viviamo sotto lo stesso tetto ma a volte è come se mi evitassi. Sinceramente
non capisco.”
Virginia
sospirò, tentò un paio di volte di parlare, ma aperta la bocca non riusciva a
dire nulla. Infine si impose di rispondere: “Ho paura …”
“Di
cosa?”
“Mi
sembra impossibile e assurdo che tu ti senta legato a me. Insomma, tu sei tu e
io sono semplicemente io.”
“Non
capisco.”
“Tu
sei un leader, hai seguaci, idee, progetti, hai vissuto intensamente, hai
compiuto azioni uniche; insomma, non sei una persona comune. Sei speciale. Io,
invece, sono una persona comune, di gente come me ne avrai conosciuta a
bizzeffe e, inoltre, io ho mille paure e paranoie. Come posso io contare
realmente qualcosa per te? Cosa posso offrirti? È di questo che ho timore:
essere abbandonata. Non è stato facile, per nulla, lasciare la mia famiglia e
ora ho paura di fare la fine di Medea. Ricordi la sua storia? Innamorata di
Giasone, per aiutarlo tradisce il padre e la patria, uccide il fratello e fugge
col greco solo per essere abbandonata poco dopo. Giasone ha avuto dei figli da
Medea e poi l’ha messa da parte, non appena gli si è profilato un matrimonio
più conveniente. Ecco io sono terrorizzata da questo: non voglio aprire il mio
animo a te, non voglio amarti perché non vedo proprio come potrei meritare di
essere ricambiata e davanti a me vedo inevitabile l’abbandono. Non voglio!”
Erik
le mise le mani sulle spalle e la voltò verso di lei, affinché si guardassero
negli occhi e le disse: “L’amore non si merita, non c’è modo di guadagnarlo: è
qualcosa che sorge spontaneo. Per me è qualcosa di totalmente inaspettato: non
pensavo affatto di poter amare. Tu stai dicendo che mi vedi come un personaggio
speciale, come un VIP praticamente, ma io non vedo nulla di straordinario in
me. A parte l’essere un mutante, ovvio, ma quello lo sei anche tu. Ho passato i
primi anni della mia vita ad essere discriminato e trattato come un essere
inferiore che nemmeno era degno di vivere. Ho visto gerarchi nazisti con
lampade che avevano il paralume in pelle umana, pelle di ebreo. Li vedevo e
sentivo dire che quella era la giusta fine per quelli come me. Sapevo che era
ingiusto, che erano loro, crudeli, a sbagliare, che io e gli altri ebrei non
avevamo colpe, eppure ho impiegato anni prima di sentirmi un essere umano col
diritto di vivere. Non ho fatto nulla di speciale, ho vendicato il mio popolo
là dove la giustizia non era arrivata. Poi ho incontrato Charles e per la prima
volta ho pensato di prendermi cura dei mutanti: voglio evitare loro il mio
stesso dolore. Non ho potuto fare molto però, visto che ho passato quasi tutto
il tempo successivo in prigione. Sì, ho raccolto attorno a me qualche mutante,
ho cercato di fare qualcosa per loro, di proteggerli dai nemici che hanno ma,
sinceramente, non mi pare di essere riuscito a fare molto. Non so dove tu veda
straordinarietà in me. In ogni caso, se anche fosse vera la tua opinione su di
me, perché questo dovrebbe impedirmi di amarti? Tu hai praticamente detto di
credere di valere molto meno di me, ma io questo non lo credo affatto. Non hai
preso parte a grandi battaglie sociali o effettivamente militari, ma qual è il problema?
Tu hai una cultura vasta, hai un animo sensibile e forte senso del dovere. Io
ti guardo e vedo una persona a cui poter mostrare me stesso, con cui non dover
essere un leader, ma su cui fare affidamento, con cui poter condividere ciò che
ho dentro, il cui consiglio è importante per me. Un’amica innanzitutto, ma
anche qualcuno con cui non semplicemente percorrere uno stesso cammino, ma con
cui costruire una strada. Credimi: io non ti abbandonerò mai.”
Non
diede il tempo alla ragazza di rispondere, Erik le prese le guance e la baciò,
sulla bocca, dolcemente, schiudendo lentamente le labbra affinché quello fosse
un bacio vero.
Virginia
non disse nulla, ma abbracciò l’uomo, quasi a volersi aggrappare e nascose la
testa sul suo petto.
Trascorsero
ancora tre giorni, durante i quali la giovane, rassicurata, si era finalmente
lasciata alle spalle molti timori ed era stata più spontanea e affettuosa con
l’uomo. Era pomeriggio, Virginia era andata in paese sia per i viveri, ma
soprattutto in cerca di notizie. Erik era rimasto nella casa, ma era finalmente
riuscito a trovare un mangianastri, che non aveva la funzione di radio, ma
poteva almeno far ascoltare musicassette. L’uomo sapeva che la compagna se ne
era portata alcune dall’Italia, quindi ne prese una da sentire, curioso di
conoscere i gusti musicali di lei. Poté apprezzare le melodie e il timbro delle
voci, ma ovviamente non capì nulla di quel che dicevano. Vi fu una canzone,
però, che lo colpì.
Attese
che la giovane rientrasse e subito le domandò: “Potresti tradurmi il testo di
una canzone? Ho ascoltato una delle tue musicassette e ce n’è una che nomina
Auschwitz e vorrei sapere che cosa dice esattamente.”
“Oh,
sì, certo. È una canzone di pochi anni fa, di un giovane cantautore, Guccini.
Dice: Son morto con altri cento, son
morto che ero bambino, passato per il camino e adesso sono nel vento. Ad
Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento nel freddo giorno d’inverno e
adesso sono nel vento. Ad Auschwitz tante persone ma un solo grande silenzio; è
strano, non riesco ancora a sorridere, qui nel vento. Io chiedo come può l’uomo
uccidere un suo fratello, eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento.
Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana e
ancora mi porta il vento. Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a
vivere senza ammazzare e il vento mi poserà.”
Erano
entrambi commossi, con gli occhi lucidi.
Erik,
poi, le chiese se potesse scrivergli le parole della canzone su un foglio:
voleva ricordarsele, voleva poterle leggere con calma, rifletterci su; gli
ispiravano tantissimi pensieri e riflessioni e dunque voleva poter ragionare
con calma.
Quella
sera, mentre i due stavano cenando, udirono una voce nelle loro teste.
“Erik,
Virginia, mi sentite?”
Era
Charles che finalmente li contattava.
“Sì,
ti sentiamo.” rispose l’uomo “Perché non sei venuto? Avrei preferito vederti di
persona. Tuttavia, se ci parli a lunga distanza, significa che stai usando
Cerebro e dunque sei sano e salvo alla tua scuola.”
“Esatto.
Anch’io avrei preferito essere lì, ma per la tua sicurezza e la mia credibilità
è meglio parlarci così. L’ONU non è convinta ch’io non abbia contatti con te e
che non ti stia aiutando nella latitanza, quindi temo che spiino i miei
spostamenti.”
“Molto
confortante avere alleati che non si fidano di te.”
“Già,
ma non hanno tutti i torti, visto che io effettivamente ti sto proteggendo.
Davvero, non voglio rischiare che tu venga trovato.”
“L’idea
di nascondermi per il resto della mia vita non mi piace, però.”
“Troveremo
una strada, pian, piano.”
“Non
potresti mandarci il teleporta? Almeno potremmo raggiungere uno dei miei
rifugi.”
“Per
il momento è più prudente che nessuno di noi sappia dove ti trovi. Non conosco
i loro mezzi e le loro risorse, ma siamo in una fase delicata e decisiva per lo
sviluppo dei rapporti tra umani e mutanti e non possiamo permetterci errori. Se
ci fosse il minimo indizio del fatto che io ti aiuto, rischieremmo di mandare a
monte tutta la diplomazia. Erik, credimi, mi dispiace tantissimo. Io vorrei
averti al mio fianco in questo momento, avere il tuo supporto e il tuo aiuto,
ma sei un ricercato a livello mondiale e all’ONU sei visto come un pericoloso
criminale.”
“Capisco,
Charles, non ti preoccupare. La salvaguardia dei mutanti è più importante. Noi
ce la caveremo lo stesso. Piuttosto, dimmi come hai intenzione di procedere,
come funzionerà la tua campagna di sensibilizzazione dell’ONU.”
“Al
momento è stata aperta una sorta di commissione che si occupa di capire cosa
significhi esattamente essere un mutante e avranno vari incontri con i miei
studenti, dentro e fuori la scuola, per comprenderli meglio. Io, Hank e Raven, invece, viaggeremo per incontrare capi di stato e
autorità per cercare di mostrare a tutti quanti la nostra buona fede e spronarli
a prendere una posizione. Pensa che una delle prime tappe, già qui in dicembre,
sarà un’udienza dal Papa, beh non sarà solo un incontro, ci fermeremo a Roma
qualche giorno. Più avanti vedremo anche il Dalai Lama. Se riusciamo avere
l’appoggio dei cattolici e dei movimenti new age, direi che siamo a buon punto del lavoro di
integrazione.”
“Sei
il solito ottimista. Piuttosto, che fine ha fatto il maggiore Stryker? È stato arrestato? Verrà processato? I suoi
crimini sono emersi? Perché i giornali non ne parlano?”
“In
realtà, Stryker è fuggito. È stato accusato di
crimini contro l’umanità, ma non lo hanno ancora arrestato. Lo stanno cercando.
Pare che abbia una base segreta, forse laboratorio, in Canada ma deve essere
ancora individuato.”
“Charles,
secondo te, se io riuscissi a catturare Stryker e a
consegnarlo, l’ONU potrebbe rivedere la sua opinione su di me?”
“Ad
essere franco, non lo so. Penso che possa essere possibile, dimostrerebbe la
tua volontà di collaborare col sistema … però, mi raccomando, dovresti
consegnarlo a loro e non ucciderlo, facendo giustizia per conto tuo.”
“Ho
capito. Penso che farò di tutto per scovare quel bastardo. Che l’ONU sarà o non
sarà riconoscente, poco importa: i suoi esperimenti devono finire, lui deve
essere punito e io non posso starmene con le mani in mano.”
“Ti
auguro buona fortuna, allora, amico mio.”
“Grazie,
Charles. Spero di poter presto prendere posto anch’io al tavolo delle
trattative.”
“È
un piacere e una sorpresa sentirtelo dire.”
“Non
voglio che tu sia troppo molle e accondiscendente con gli umani.”
La
conversazione non proseguì molto di più, se non per i saluti e poco altro. Erik
era molto concentrato sul fatto di dare la caccia a Stryker.
Dopo aver ragionato su alcune cose, disse a Virginia: “Non ho intenzione di
fare affidamento sui miei compagni mutanti in questa occasione. Non voglio
metterli in pericolo. Non vorrei nemmeno mettere in pericolo te ma non vorrei
nemmeno lasciarti sola, né io stare senza di te per chissà quanto tempo. Dimmi
tu cosa preferisci fare, quale che sia la tua decisione, avrò un motivo per
essere lieto e uno per rattristarmi.”
“Voglio
combattere, voglio seguirti. Credo che il mio aiuto potrà servire e, comunque,
non voglio essere la donna che resta a casa in pena per il compagno in guerra,
bensì voglio lottare assieme a te.”
“Grazie
e che il fato conservi entrambi in vita.”
“Già,
speriamo … Piuttosto, pensiamo un po’ a come muoverci. Tu sei sempre ricercato
e non abbiamo un mezzo di trasporto e il Canada, oltre che lontano, è il
secondo stato più grande del mondo. Idee?”
“Beh,
sono quasi tre settimane che non mi faccio la barba, proprio pensando a
un’evenienza come questa. Dovresti procurati, in città, tinta per capelli e
lenti a contatto colorate. Spero basti, purtroppo non sono né un mutaforma, né un telepate.”
“Dovresti
anche cambiare look.”
“Perché?”
“Beh,
suppongo che se tu ti vestissi da freakettone o
hippie o qualcos’altro di completamente diverso dal tuo carattere, sarebbe più
difficile che ti riconoscano, proprio perché non si aspettano di trovarti in un
contesto del genere e quindi non ti osserveranno più di tanto.”
“Giusto,
però niente moda hippie: rischieremmo di essere fermati e perseguitati dalle
forze dell’ordine comunque.”
“È
vero. Qualche idea su quale stile adottare?”
“Non
una corrente particolare, semplicemente moda giovanile attuale. Io di solito ho
uno stile sobrio, tendente all’elegante, poco americano, con colori neutri. Ci
vuole qualcosa che sia l’opposto e anche tu dovrai seguire lo stile di qui
odierno, non possiamo mostrarci stonati.”
“D’accordo,
faremo una bella trasformazione, sarà divertente. Per spostarci, invece? Non
possiamo rubare un’auto, avremmo la polizia che ci cerca.”
“Usiamo
treni e autobus fino a Smith Falls, che è già oltre
il confine, ma a meno di settecento chilometri. Spero che una mia vecchia
conoscenza abiti ancora lì, potrà fornirci un’automobili e forse qualche altro
aiuto.”
“Il
Canada è veramente enorme! Possibile che il professor Xavier
non possa usare i suoi poteri per trovare questo Stryker?”
“Sono
certo che Charles abbia tentato di usare Cerebro, ma che qualcosa abbia
interferito. Potrebbe essersi procurato un elmetto come il mio.”
“Non
lo trova il telepate più potente, non lo trova la
NATO, come potremmo trovarlo noi?”
“Qualcosa
ci verrà in mente … anzi, un’ideuzza già ce l’ho.
Spero solo che la base che cerchiamo non sia quella priva di metallo, pensata
per ingabbiare me.”
“Cosa
stai architettando?”
“Semplice:
con la giusta concentrazione posso individuare qualsiasi struttura di metallo,
anche nascosta. Devo solo percepire il metallo e capirne la quantità, la
concentrazione, il luogo …”
“Insomma,
un misto tra un radar e un metaldetector.”
“Più
o meno.”
“Posso
fare una battuta pessima?”
“Se
proprio devi …” Erik sorrise, curioso.
“Come
stile di vestiti, potremo optare per il genere fan di musica metal.”
“No,
è un genere ancora poco affermato.”
Erik
e Virginia continuarono a confabulare circa il come organizzare quella
spedizione. Il giorno dopo, la ragazza si recò in città e comprò tutto ciò di
cui avevano bisogno. Avevano deciso di partire il mattino seguente, poiché
speravano che il mescolarsi tra la folla li avrebbe aiutati. Il viaggio fu
piuttosto lungo tra cambi di treno e di autobus, ma per fortuna si svolse senza
destare nessun sospetto e in poco meno di ventiquattro ore riuscirono a
raggiungere Smith Falls.
Appena
giunti in città, Erik cercò un elenco telefonico e una cabina per poter
chiamare il suo vecchio conoscente: era un mutante anche lui e quindi Magneto era certo che non lo avrebbe tradito, consegnandolo
all’ONU.
Per
fortuna l’uomo abitava ancora là, fu sorpreso nel sentirsi contattato, ma ne fu
lieto e, molto gentilmente, andò a prenderli in stazione, li portò a casa sua e
li fece rifocillare, infine chiese che cosa fossero andati a fare.
Il
mutante, di nome Caleb, si era presentato imbacuccato
da capo a piedi, non solo con un lungo cappotto e un grosso cappello, ma anche
con guanti a manopola e una sciarpa che gli copriva perfino il naso, lasciando
intravedere solo gli occhi: eppure non faceva troppo freddo. Arrivati
nell’abitazione, però, fu chiaro anche a Virginia il perché l’uomo si fosse
vestito in quel modo: la mutazione aveva dato a Caleb
l’aspetto simile a quello di un rettile, la sua pelle era squamosa e
verdognola, le mani erano palmate, la lingua lunga e biforcuta.
Erik
riferì a grandi linee tutto quanto e spiegò la sua idea per rintracciare la
base di Stryker.
“Conta
pure su di me, Magneto, lo sai che quando c’è da dare
una lezione a chi fa del male ai mutanti, io mi schiero subito. Signorina, non
mi fraintenda, non sono un attaccabrighe, mi piace la mia tranquillità, ma se
posso aiutare a evitare qualche ingiustizia, lo faccio volentieri.”
“Lei
come vive qui? Nasconde il suo aspetto, mi pare di aver capito.” osservò Virginia.
“Quando
devo andare in qualche posto che solitamente non frequento, sì mi copro il più
possibile, ma in altre occasioni no. Ho convinto la gente che conosco di essere
affetto da una di quelle malattie genetiche rare, un po’ da fenomeno da
baraccone. Certo ci sono gli imbecilli che mi evitano o mi offendono, ma
sinceramente me la rido di loro. Ho comunque buoni amici che si sono abituati
al mio aspetto; mi vogliono bene per la mia simpatia e perché produco il whisky
più buono di tutto l’Ontario.”
Erik
intervenne: “Il fatto che tu sia costretto a definire la tua mutazione una
malattia e a nascondere i tuoi poteri, la dice lunga su come si possa sperare
nell’integrazione che auspica Charles. Va beh, non parliamone, preoccupiamoci
di Stryker e basta.”