L’alba del nemico
Il silenzio regnava sovrano nel buio della notte, la luna sembrava fissarmi con una calma a mio dire innaturale e mostruosa, brillando come era solita fare con l’aiuto del sole. Quella degli astri era una diarchia benevola e priva di contraddizioni, e mirando il cielo, mi godevo lo spettacolo offerto dalle stelle. Coraggiose e timide al tempo stesso, brillavano di luce propria, e per qualche arcana e a me ignota ragione, sembravano sorridermi, splendendo nella loro magnificenza. Svegliata da un suono conosciuto, mi guardavo intorno tenando di localizzarne la fonte, e fissando il mio sguardo su un robusto albero, li vidi. I miei custodi alati mi avevano seguita. Forse per paura di perdermi, o forse per assicurarsi che nulla di infausto mi accadesse. Non ne ero sicura, ma alla loro vista, sorrisi. Notandomi, mi si avvicinarono silenziosi. “Cosa fate qui?” chiese Owen, sussurrando al solo scopo di non essere sentito. “Viaggiamo verso nord, e riposiamo qui per questa notte.” Risposi, imitando alla perfezione il suo tono di voce, basso e quasi inudibile. “Cosa? Non avete saputo?” continuò la moglie India, sorpresa dalle mie parole. Mantenendo il silenzio, la guardai senza capire, sperando segretamente che fornisse ulteriori spiegazioni. “Ai piedi di quest’altura sorge una grotta, e una fiera attende solo di essere scorta. Incrociare il suo impervio cammino non dovrete, se vivi e vegeti restare volete.” Sapienti rime composte e pronunciate dal giovane Casper, che sollevando un’ala e chiudendo gli occhi, assumeva un’aria colta, saggia e intelligente. “Siete sicuri? Cosa dovrei fare?” chiesi, conservando la segreta speranza di stare vivendo un sogno o un incubo. “Restate qui. È un luogo sicuro, e di certo non sveglierete la bestia.” Rispose Owen, per poi tacere e sparire dalla mia vista assieme al resto della sua famiglia. In quel momento, mille dubbi iniziarono a ronzarmi in testa come fastidiosi e voraci insetti. “Si riferivano a Scar? Poteva esserci un nuovo nemico?” quesiti che mi tormentavano fino a portarmi al dolore fisico e morale. “Cosa? Chi.. Chi è la bestia?” chiesi, urlando con quanto fiato avessi in gola e sperando unicamente di essere sentita. Sfortuna volle che i miei amici fosse troppo lontani per ascoltare la mia supplica, e quasi ignorandomi, continuarono imperterriti a volare, raggiungendo i loro caldi e sicuri nidi. Dormendo profondamente, i miei congiunti non si accorsero di nulla, e parlando con me stessa, dovetti ammettere di aver paura. Il mio intero branco mi definiva coraggiosa, ma dopo quello che i miei custodi alati mi avevano riferito, non m sentivo capace di reagire. Non ne avevo mai parlato con anima viva, eppure quella era la mia più grande paura. Non essere in grado di aiutare coloro a cui volevo bene. Il tempo scorreva, e rifiutandomi per l’ennesima volta di dormire, tremavo. Pregando, speravo ardentemente che il mattino non arrivasse. Un desiderio patetico che non si sarebbe mai realizzato, e un fondato timore stando al quale il nemico ci avrebbe trovati con l’arrivo dell’alba.