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Autore: Emma Fantasy Wilkerson    29/05/2016    1 recensioni
Il mondo è intatto. L'Eruzione non esiste.
Quando riescono a scappare dalla C.A.T.T.I.V.O, Thomas torna a Beacon Hills dove scopre di chiamarsi Stiles, che suo padre è un poliziotto e sua madre è morta.
Pian piano anche i ricordi tornano a galla e tutto sembra tornare com'era prima della C.A.T.T.I.V.O. ... beh, fatta eccezione per tutto il sovrannaturale che quella città sembra attirare.
La vita di Thomas è completamente incasinata. Pensa che non potrebbe andare peggio di così, ma si sbaglia.
E l'unica cosa che può aiutarlo ad attraversare quei momenti di difficoltà, è il ricordo di un ragazzo dai capelli biondi e della sua promessa.
Ambientato durante la 3B.
Genere: Angst, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Newt/Thomas, Teresa, Thomas
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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A pezzi
 

STILES’ POV
 
Capì di essere nei guai subito dopo aver varcato la soglia di casa: poteva sentire la tensione nell’aria anche da chilometri di distanza. –Papà?- chiamò, pensando che si trattasse di qualcosa che avesse a che fare con lui; forse McCall lo aveva chiamato per dirgli della loro piccola conversazione, o forse era semplicemente arrabbiato perché non era tornato a casa quella notte, il che sarebbe stato comprensibile. Quando non ricevette nessuna risposta, però, la sua fronte si aggrottò e lui si affrettò a raggiungere la propria stanza.
Fu allora che comprese: Newt era seduto sul letto con gambe e braccia incrociate, un’espressione di sincera irritazione dipinta sul viso. Nel vederlo Stiles si portò una mano alla fronte, facendo di tutto per evitare il suo sguardo. Si era completamente dimenticato di aver lasciato da solo il ragazzo, e in quali condizioni, per colpa di tutti i pensieri che aveva in testa.
-Si può sapere dove diavolo sei stato?- sbottò subito Newt, la voce fredda come il ghiaccio, senza nemmeno degnarlo di un saluto. Il suo primo istinto fu di darsela a gambe, ma si costrinse a rimanere immobile, lo sguardo ancora fisso sulle assi del pavimento sotto di lui.
-A scuola...- la risposta gli uscì poco più di un sussurro, ma il silenzio attorno a loro era tale che l’altro non fece fatica a sentirla.
-Mi hai fatto preoccupare a morte, Thomas. Te ne sei andato all’improvviso, lasciandomi con persone che conosco a malapena a chiedermi dove fossi... e tu eri a scuola?- non era la prima volta che Newt lo sgridava per qualcosa, ma non riuscì comunque a impedire che il suo stomaco si attorcigliasse su sé stesso. –Siamo stati attaccati, lo sai? Pensavo ti fosse successo qualcosa. Che ti avessero preso, e io non ero stato lì per impedirlo.-
A queste parole Stiles alzò finalmente la testa, gli occhi sgranati e pieni di paura. Provò ad avvicinarsi per assicurarsi che l’altro non fosse ferito, ma il biondo si ritrasse al suo tocco. Scacciò dalla testa il pensiero di quanto quel piccolo gesto gli avesse fatto male, ancora troppo preoccupato per pensare a sé stesso: -Che è successo?-
-Se fossi stato lì lo sapresti,- lo rimbeccò Newt, il tono di disapprovazione ancora nitido nella sua voce. Stiles si morse il labbro.
-Senti, mi dispiace- tentò di difendersi, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto senza una spiegazione valida, -Ti direi tutto, ma voglio che sia presente anche Scott. Non ho intenzione di ripeterlo due volte.-
Forse fu il rimorso sul suo viso a convincerlo, forse il fatto che il biondo non riusciva a stare arrabbiato con lui per molto, ma la sua espressione d’un tratto si addolcì. Sperò in un tocco da parte dell’altro o di un sorriso, segno che era disposto a passare oltre e dimenticare l’idiozia di Stiles, ma sapeva di star chiedendo troppo. Così sospirò e si limitò a sedersi accanto a lui, in attesa che l’altro gli raccontasse cosa era successo.
Si ritrovò a guardare il ragazzo con orrore mentre veniva a sapere dei tizi con le maschere e di ciò che avevano fatto ai suoi amici, ma più di tutto si maledisse per non essere stato lì a proteggere Newt e gli altri Radurai. Si era promesso che niente avrebbe più toccato la persona di fronte a lui, eppure non aveva fatto un buon lavoro finora.
-Il padre di Allison pensa che vadano dietro a tutti quei Pive che hanno una sorta di connessione con il sovrannaturale, ma se davvero fosse così non capisco perché abbiano preso anche me e gli altri- continuò a spiegare Newt, che era stato a casa degli Argent insieme a Scott e Isaac. –Ci ha raccontato di quando lì ha incontrati la prima volta, il suo primo incarico di cacciatore. Stavano cercando un Kumicho, il capo della yakuza, la mafia giapponese, e nel frattempo uccidevano tutto ciò che bloccava loro la strada- un leggero sospirò lasciò le sue labbra mentre si portava due dita alle tempie nello sforzo di ricordare. Stiles si accorse solo allora di quanto sembrasse stanco. –Chris era riuscito a sparare a uno di loro e a fare a pezzi la sua maschera dopo che quelli avevano ucciso l’uomo, e per questo credeva che stessero cercando lui per vendicarsi o qualcosa del genere. Ma dato che nessuno di noi si è fatto male, a parte qualche graffio, pensa che ci sia qualcos’altro sotto. Per non parlare dei segni che ci hanno impresso sulla pelle- girò leggermente la testa e spostò l’orecchio sinistro per mostrargli la strana S tatuata sotto al lobo. –Ovviamente non sappiamo che significhi, ma lui, Allison e Isaac sono già al lavoro per trovare un altro sopravvissuto a quella notte che possa dare loro delle spiegazioni.-
Stiles non si era accorto di star agitando le mani fino a che quelle di Newt non vi si posarono sopra per fermarle. Sentiva di star per avere un altro attacco di panico, e per un attimo trattenne il fiato e chiuse gli occhi per impedire che l’ansia avesse il sopravvento. –È tutto okay- lo rassicurò Newt, -Sto bene, vedi?-
Il bruno lo guardò per un lungo momento, osservando ogni particolare del suo viso in cerca di qualche graffio o bruciatura. Nulla, a parte la stanchezza. Annuì, girando i polsi in modo da intrecciare le dita con le sue, facendo scorrere i pollici sulla sua pelle.
Sapeva che ora era il suo turno di raccontare la sua parte di storia.
Ancora cinque minuti. Ancora cinque minuti in questa posizione. Si disse. Poi possiamo andare a scuola.
Cercò di non mostrare la paura nei suoi occhi mentre avvicinava le mani di Newt alla bocca per posare un leggero bacio su di esse. La paura di essere giudicato dal suo migliore amico e dal suo ragazzo per quello che aveva fatto.
 
* * *
 
Trovarono Scott ad aspettarli all’armadietto di Stiles. Fece loro un cenno con la testa non appena li vide arrivare: -Ehi, amico. Tutto okay?- gli chiese subito, spostando lo sguardo su Newt come se la domanda fosse rivolta anche a lui. Probabilmente conosceva già lo stato d’animo del biondo e voleva assicurarsi che fra loro fosse tutto a posto. Si stupì di quanto i due sembrassero andare d’accordo nonostante fossero completamente diversi, e avessero tutti i motivi per odiarsi a vicenda. Avrebbe dovuto essere contento che non ci fossero faide interne al gruppo, ma non riuscì a non provare un moto di gelosia: Newt era il suo ragazzo, ma anche il suo migliore amico e Scott era come un fratello per lui... per anni aveva avuto questi legami con loro separatamente, e ora che erano amici il pensiero che potessero legare lo faceva sentire strano.
Sei paranoico, pensò. Dacci un taglio.
Annuì all’amico, aprendo l’armadietto per prendere le cose che gli sarebbero servite per la prima ora di lezione. Ma prima doveva assolutamente parlare con loro di quello che aveva scoperto, anche se non desiderava altro che scappare da quella realtà.
-Newt mi ha raccontato quello che è successo,- cominciò, prendendo un respiro profondo.
Scott aggrottò la fronte, forse deluso dal fatto che qualcuno lo avesse preceduto. Di solito era lui il primo con cui Stiles parlava quando succedeva qualcosa. –Già. I gemelli si sono già offerti di farmi da guardie del corpo, visto che quelle strane cose non sono riuscite a prendermi.-
-Ti prego, dimmi che hai rifiutato...-
L’ispanico si strinse nelle spalle. –Sono stati irremovibili.-
Lui sospirò, spostando lo sguardo da lui a Newt. Poi fece loro cenno di seguirlo su per il corridoio, verso l’aula di chimica in cui Barrow si era nascosto. Il cuore gli martellava nel petto e ben presto si ritrovò a spiegare tutto molto in fretta, nella speranza di finire il più presto possibile. –Io e Newt stavamo parlando ieri sera, e lui mi ha fatto notare che sulla mia chiave c’era del fosforo. Allora ho cominciato a pensare all’aula di chimica e del fatto che qualcuno lo avesse lasciato entrare...- una volta dentro si bloccò nel vedere che la lavagna era perfettamente pulita. –È sparito...- mormorò, mettendosi le mani fra i capelli. Cominciò a sentire l’ansia che lo divorava, mentre gli altri due lo osservavano in un misto di preoccupazione e curiosità. –Non importa. Non importa, ho ancora la chiave.-
Si avvicinò a una delle porte in fondo alla classe, dove presumibilmente si era nascosto l’uomo, e tirò fuori dalla tasca il mazzo di chiavi. Gli ci vollero due secondi per capacitarsi che anche la chiave era scomparsa.
-Ma che diavolo?- Non poteva essersi immaginato tutto, vero? –Giuro che ce l’avevo con me. Newt l’ha vista.-
Il biondo annuì, ma così impercettibilmente che Stiles riuscì quasi a sentire i suoi pensieri. Probabilmente credeva che stesse uscendo completamente di testa. –Sono stato qui un paio di ore fa. E il messaggio lasciato per Barrow era proprio lì, con la mia calligrafia e avevo la chiave per questa porta.-
-Quindi... quindi hai aperto il ripostiglio in modo che Barrow si potesse nascondere dalla polizia e poi hai scritto il messaggio sulla lavagna, dicendogli di uccidere Kira?- chiese Newt, lo scetticismo nella sua voce udibile anche a miglia di distanza.
Stiles si lasciò sfuggire un suono di esasperazione. –Lo so che può sembrare strano... ma guardate qui.- tirò fuori il cellulare e cercò la pagina del giornale della città su internet, che poi mostrò ai due. –Queste sono le ultime notizie su Barrow di quando è stato arrestato, okay? Sulla bomba che ha usato su quell’autobus. Vedi cosa ha messo? C’erano chiodi, viti e bulloni. Che cosa ti ricorda?- Ora si stava riferendo a Scott in modo specifico, perché Newt non era presente quel giorno.
-Il coach. Lo scherzo che abbiamo fatto al coach- rispose subito lui.
-È stata una mia idea, ricordi? È stata una mia idea, non può essere una coincidenza. Non può- era così agitato che non riusciva a smettere di muoversi e la sua voce si era alzata di qualche ottava.
Scott sembrò accorgersene, e così anche Newt, il quale gli posò le mani sulle spalle per bloccarlo.
-Non vorrei dirti che ti sbagli, ma nemmeno che stai cercando di uccidere delle persone...- fece l’amico, la fronte di nuovo aggrottata. E Stiles seppe che non gli credeva, o per lo meno stava facendo di tutto per non credergli.
-Era qui... era tutto qui...- forse si era davvero immaginato tutto. Ma questo non spiegava i continui blackout che  stava avendo in questi giorni. Il primo era stato proprio la sera prima che Barrow d’infiltrasse a scuola, il secondo nella centrale elettrica. Non lo aveva detto a nessuno perché sapeva che si sarebbero preoccupati, ma forse avrebbe dovuto.
-Amico, sta bene? Sembri molto stanco- affermò di nuovo Scott, attirando la sua attenzione.
-Sto bene. Solo che non dormo molto in questi giorni-
-Forse dovremmo andare a casa,- si offrì Newt. –Dovresti riposare un po’.-
Lui annuì con rassegnazione. Sentì l’altro che gli stringeva leggermente le spalle prima che lo accompagnasse alla porta e poi verso l’entrata della scuola. C’era ancora qualche studente per il corridoio ma nessuno fece caso a loro.
Una volta fuori, prese le chiavi della jeep e si mise al volante.
-Non sarebbe meglio se guidassi io?- chiese d’un tratto Newt, con un sopracciglio inarcato.
-Nessuno tocca Roscoe a parte me- fu la sua risposta, abbastanza schietta. Non voleva mancargli di rispetto o sembrare maleducato, ma la sua macchina era una delle cose più preziose che aveva e non aveva intenzione di lasciarla nelle mani di nessun’altro. A meno che non fosse in condizioni così gravi da non poter guidare.
Con un scrollata di spalle, il ragazzo lo raggiunse sul sedile accanto al suo e chiuse la portiera. –Dovrei essere geloso, per caso?-
Un leggero sorriso si fece spazio sulle sue labbra: -Forse- gli lanciò uno sguardo divertito, e fu sollevato nel vedere che alche l’altro stava di nuovo sorridendo. Tornò a guardare la strada, all’improvviso di nuovo serio. –Mi dispiace di averti lasciato da solo, non avrei dovuto-
Il ragazzo sospirò leggermente, scuotendo la testa. –Non importa ora che so che cosa stava passando per quella tua cacchio di testolina. Vorrei solo che me l’avessi detto-
-Lo so, ma sono andato nel panico e ho agito d’impulso. Non volevo rovinarti la festa, visto che ti stavi divertendo.-
-Tommy, mi stavo divertendo perché eri lì con me- replicò l’altro. Sentiva il suo sguardo fisso su di lui ma non si azzardò a ricambiarlo. –Non mi importava niente di quella stupida festa, l’importante era passare un po’ di tempo con il mio ragazzo in completa normalità, per una volta. Poi sei corso via e non sapevo più che pensare, capisci? Credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato, che non mi volessi fra i piedi-
-No. Diamine, no...- si affrettò a rispondere, posando una mano sul suo ginocchio. Questa volta gli lanciò un veloce sguardo, per fargli capire che era serio. –Newt, io darei di tutto per poter avere un altro momento come quello con te. E non mi sognerei mai di spingerti via, okay? Ti amo da morire, e non hai idea di quanto vorrei che fossimo una coppia normale con una vita normale. Ma non lo siamo... e dopo tutto quello che è successo negli ultimi anni spesso e volentieri finisco per chiudermi a riccio e affrontare le cose da solo. Non l’ho fatto perché non ti volevo con me, te lo giuro.-
Per un attimo Newt sembrò esitare, comprensibile visto che ultimamente tutti quelli che conosceva sembravano essersi messi d’accordo per deluderlo, ma poi una mano scivolò nella sua e la strinse e allora Stiles si permise di respirare di nuovo. –Ti credo. E ti amo anch’io, ma devi promettermi che d’ora in poi nessuno farà nulla senza che ci sia anche l’altro. L’ultima cosa che voglio è perderti di nuovo.-
-Bene così- rispose lui, con un cenno della testa. Ovviamente se non avesse perso la testa prima. –E quando tutto questo sarà finito, potremo stare tranquillamente insieme tutto il tempo che vorrai- aggiunse, più per convincere sé stesso che l’altro.
Ma finirà mai?
Forse quel pensiero aveva colpito anche Newt, perché lo sentì sospirare: -La situazione si sta facendo seria, vero?-
Stiles avrebbe voluto che ci fosse un’altra risposta a quella domanda. Avrebbe voluto che il peggio non arrivasse, perché significava sempre che qualcuno stava per farsi del male. La prima volta Lydia per colpa di Peter, poi Jackson era quasi morto e anche se non gli stava per niente simpatico non avrebbe mai voluto una fine del genere per lui. Erica e Boyd erano morti. Lui, Allison e Scott ci erano andati molto vicini.
No, decisamente non gli piaceva quando le cose diventavano serie, soprattutto non se lui era uno dei soggetti più colpiti. Ma ovviamente non poteva mentire a Newt. –Già,- ammise, a bassa voce. –Ma lo supereremo, vedrai. Come sempre.-
Parcheggiò davanti ad una siepe, il solito posto in cui metteva la jeep quando veniva lì.
-Pensavo stessimo andando a casa?- chiese Newt, accorgendosi solo allora che quella non era affatto casa Stilinski.
Era quello il piano iniziale, ma ad un certo punto Stiles si era ritrovato a cambiare completamente direzione, ed ora si trovavano fuori dall’ospedale. I suoi amici non glielo avrebbero mai detto, ma lui doveva assicurarsi che la sua sanità mentale fosse a posto. Soprattutto perché aveva cominciato a notare sintomi piuttosto sospetti.
Ignorò completamente la preoccupazione sul volto di Newt e scese dall’auto, dirigendosi a passo spedito verso l’entrata. Sentì l’altro che tentava di stargli dietro, ma non disse una parola. Raggiunto il bancone dove era seduta Melissa, la madre di Scott, chiese del suo dottore per una visita.
-Il Dottor Gardner torna nel fine settimana,- gli rispose lei dopo aver chiamato il reparto. –Stiles, tutto okay?- lanciò un’occhiata anche all’altro ragazzo in piedi accanto a lui, l’agitazione evidente sul viso di entrambi.
-Non lo so...- fece lui, posando una mano sulla fronte. –Immagino di no.-
Melissa si alzò all’istante, come se davanti a lei ci fosse suo figlio e doveva fare di tutto per farlo stare meglio. –Okay, tesoro. Vieni con me.-
Li portò verso una stanza vuota e fece sedere Stiles sul letto. Poi prese in mano una cartellina e cominciò a fargli domande sui suoi sintomi. Con la coda dell’occhio vide Newt, seduto su una delle sedie lì accanto, sporgersi leggermente in avanti.
Fece un checkup mentale di tutti i problemi che stava avendo: -Blackout, ma non da molto. E sonnambulismo, cosa che mi accadeva spesso da piccolo. Uhm... sto avendo anche un sacco di ansia.-
-Attacchi di panico?-
Annuì. –Un paio. Oh, e ho anche perso la capacità di leggere per un po’. Ma questo penso sia dovuto a un certo albero gigante e a dei sacrifici umani.-
Melissa gli sorrise dolcemente. –Già, credo di ricordare qualcosa del genere. Quante ore hai dormito ultimamente?-
-Otto.-
-A notte?-
-Negli ultimi tre giorni...- mormorò. Sentì Newt che si muoveva sulla sedia, probabilmente sentendosi in colpa per non essere riuscito a farci nulla.
Dopo un attimo di esitazione ed aver armeggiato con qualche oggetto su un tavolo, Melissa continuò con le domande: -Ti senti facilmente irritabile?-
Stiles si morse il labbro. –Sì, fino al punto di uccidere qualcuno.-
-Incapacità di concentrazione?-
Scosse la testa.
-Comportamento impulsivo?- chiese ancora, e prima di rispondere Stiles lanciò un’occhiata al ragazzo. –Più del solito, dici? Non saprei.-
-Sogni abbastanza vividi durante il giorno?-
-Okay, praticamente tutto quello che hai detto. Sai che cos’ho?-
La donna si voltò verso di lui impugnando una siringa, che lui guardò con sospetto. –Credo di saperlo. Ti fidi di me?-
-Non quando hai un ago in mano...- replicò, provocando una leggera risata a Newt. Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non scappare quando Melissa lo avvicinò alla sua spalla e gli iniettò il sedativo. La sua vista cominciò ad offuscarsi quasi subito. –Hai bisogno di riposare e subito. Immagino dal suo sguardo che il tuo amico starà qui con te per tutto il tempo, quindi non preoccuparti di nient’altro.-
Lo aiutò a stendersi sul letto, coprendolo poi con le lenzuola bianche. Gli occhi gli divennero pesanti non appena ebbe appoggiato la testa sul cuscino, ma prima di addormentarsi completamente, forse per colpa del sedativo, riuscì a dire un’ultima cosa: -Grazie, mamma.-
E poi tutto si fece nero.
 
* * *
 
Si svegliò con le luci del tramonto che filtravano dalla finestra. Newt era addormentato sulla sedia dove l’aveva lasciato, la testa appoggiata al letto sopra le braccia. Il suo primo istinto fu di accarezzargli i capelli e rimanere lì ad osservare la sua espressione da angelo per tutta la sera, ma non voleva rischiare di svegliarlo. Così, il più silenziosamente possibile, scese dal letto ed uscì in corridoio, che era stranamente vuoto. Cominciò a cercare Melissa, senza però trovarla da nessuna parte; forse aveva finito il turno.
Quindi fece per tornare indietro verso la sua stanza, ma dopo aver oltrepassato una porta di trovò la strada sbarrata da degli uomini completamente vestiti di nero, con delle maschere a coprire il viso. Capì con orrore che si trattavano delle creature descritte da Newt.
Provò a voltarsi e a scappare ma era circondato. Erano quattro contro uno, non li avrebbe mai sconfitti da solo.
Fissò impaurito quello più vicino a lui, che aveva allungato una mano coperta da un guanto nero per toccargli il viso.
E all’improvviso una strana rabbia che non gli apparteneva si impossessò di lui. Con uno scatto afferrò il polso della creatura e lo bloccò, fissando lo sguardo nei suoi profondi occhi gialli. In un altro movimento repentino, affondò la mano libera dritta nel petto fatto completamente di ombra dell’uomo fino a trovare ciò che gli dava vita. Lo strinse fra le mani e lo tirò fuori dal suo corpo mentre la creatura si dissolveva sotto la sua presa.
Lanciò uno sguardo di sfida agli altri, ma quelli non si mossero di un millimetro. Se ne andarono dopo due secondi.
Stiles aprì il palmo della mano per guardare la cosa che si stava dibattendo debolmente al suo interno: una lucciola, la cui luce cominciava a spegnersi.
-Stiles? Tutto okay?-
Una voce che sembrò venire da lontano lo riportò alla realtà. La lucciola gli cadde di mano e per un attimo lui si guardò attorno per capire dove si trovava, perché non ricordava nulla di quello che gli era successo negli ultimi due minuti. Scott e Newt lo fissavano dalla porta, in attesa di una sua risposta.
-Sì,- disse, sbattendo leggermente le palpebre, perplesso. –Che è successo?-
Newt aveva i capelli scompigliati e un espressione esausta disegnata sul viso, segno che era stato svegliato in modo piuttosto brusco. Scott invece era tutto trafelato, le mani coperte di sangue e il fiatone, come se fosse stato recentemente sottoposto a qualche sforzo.
Non era sicuro di voler sapere cos’altro era accaduto, ma si apprestò ad ascoltare comunque.
 
 
NEWT’S POV
 
Newt non si era nemmeno accorto di esserti addormentato, tantomeno di aver dormito così tanto. Venne svegliato bruscamente da Scott verso sera tarda e non ci fu nemmeno bisogno delle domande. Thomas era sparito. Come aveva fatto a non accorgersene?
Si alzò di colpo dalla sedia scaraventandola a terra e insieme all’ispanico corse in corridoio a cercare il ragazzo. Non se ne sarebbe mai andato senza di lui, giusto? Magari era ancora addormentato e stava vagando per l’ospedale, ma il sedativo avrebbe dovuto impedire una cosa del genere. Oppure era semplicemente uscito per andare in bagno.
Corsero per tutto il corridoio fino a che Scott non riuscì a trovarlo, in una stanza buia oltre una porta. Se ne stava in piedi, immobile, la schiena rivolta verso di loro. C’era qualcosa di veramente inquietante in quella strana posizione, e Newt non riuscì a non preoccuparsi. Che cosa diavolo stava succedendo a Tommy?
Quando però si voltò verso di loro non c’era nulla di strano in lui, nonostante sembrasse confuso per qualche motivo. Il biondo aggrottò la fronte mentre ascoltava i due parlare, senza distogliere mai lo sguardo dal ragazzo. Si avviarono di nuovo verso la stanza dove Scott avrebbe potuto aggiornarli tranquillamente: a quanto pareva erano successe parecchie cose mentre loro erano lì a poltrire.
-Isaac, Allison e Argent hanno scoperto cosa sono quelle creature- cominciò infatti non appena furono al sicuro da orecchie indiscrete. –Si chiamano Oni, provengono dalla cultura giapponese. Sono dei demoni incaricati di cercare uno spirito maligno, una Kitsune del male detta anche Nogitsune. Quando ti toccano è per testare che tu sei ancora te stesso, che è esattamente ciò che significa la S. È un kanji giapponese. Quando ho capito che stavano cercando anche Kira, l’ho portata a casa mia per tenerla al sicuro. Non sapevo ancora le vere intenzioni degli Oni e quindi per un po’ abbiamo cercato di combatterli. Nel frattempo quell’idiota di mio padre si è quasi fatto ammazzare- un suono di frustrazione uscì dalla sua bocca.
Ecco da dove proveniva il sangue.
-Abbiamo scoperto che Kira è una Kitsune, ma è innocua e ancora inesperta. Non appena Allison è riuscita a informarci su ciò che avevano saputo, io e Kira ci siamo fatti testare. Lei è salva, perciò immagino che stiano cercando nel posto sbagliato- concluse, massaggiandosi il collo.
Per qualche strano motivo, però, quelle parole non lo rassicurarono per nulla. Anzi, lo preoccuparono anche di più. Se davvero stavano sbagliando bersaglio, perché controllare anche lui che non aveva nulla a che fare con il sovrannaturale?
C’era qualcosa di infinitamente sbagliato nel modo in cui si stavano muovendo. E soprattutto sembrava avessero preso di mira il branco di Scott in particolare. Quindi, a rigor di logica, l’unico che mancava all’appello era Thomas. Ma non poteva essere lui il Nogitsune, uno spirito cattivo. Certo, Tommy riusciva ad essere spietato quando voleva, non aveva esitato a uccidere l’Uomo Ratto e tutti quegli Spaccati, ma da quando l’aveva ritrovava sembrava si fosse addolcito, che fosse diventato di nuovo quel ragazzino innocuo prima delle Prove.
Eppure non poteva nemmeno ignorare tutte le cose insolite che gli stavano capitando.
-Terra chiama Newt- la voce di Tommy lo riportò alla realtà. Si accorse che gli altri due si erano alzati e avevano raggiunto la porta, doveva essersi assentato per qualche secondo. –Torniamo a casa, non c’è nulla da fare qui.-
Lui annuì e si affrettò a raggiungerli, il cuore che gli pulsava forte nel petto. Cercando di farlo sembrare un gesto casuale, fece scivolare la mano in quella di Thomas e la strinse, come se lui potesse scappare da un momento all’altro. 



Angolo autrice: Ehi, Pive. Scusate per l'attesa, ma sono malata da due mesi e questa praticamente è la prima volta che riesco a scrivere qualcosa di sensato. Comunque non preoccupatevi, domani aggiornerò di nuovo.
   
 
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