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Autore: aleinad93    30/05/2016    2 recensioni
Alec e Magnus sono un miracolo l’uno per l’altro, non pensavano si sarebbero trovati né innamorati né avrebbero superato il primo appuntamento né i pregiudizi né una ex particolarmente fastidiosa né le loro incomprensioni. Però così è successo, come sappiamo da TMI e ora convivono.
Non sanno però che sui gradini dell’Accademia li aspetta un nuovo miracolo.
Una raccolta di one shot, flashfic sui Malec e sulla loro vita post-Born to endless night.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Magnus Bane, Max Lightwood, Max Lightwood-Bane, Rafael Lightwood-Bane
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Proposal 
(part 1)
 

Grazie a S, che mi ispira Max e mi aiuta con gli esami

 

«Non ho mai chiesto a nessuno di sposarmi» disse Alec. «Quindi è un no?»
[...]«È un sì, un giorno» disse Magnus. «Per te, Alec, è sempre sì.»
(Born to endless night)
 

Primo anno dalla prima proposta

Dita lunghe e armoniose stavano disegnando rune sulla sua pelle. Non le poteva incidere con uno stilo, lui a differenza sua non era uno Shadowhunter, ma doveva avergliele viste disegnare così tante volte che ora lo faceva senza esitazioni.
Quelle dita in realtà gli davano una strana sensazione, lo risvegliavano. Delle rune non rimaneva traccia, ma la pelle bruciava lo stesso.  
Era confuso e dannatamente eccitato. Ogni tocco era studiato per farlo impazzire. E non sapeva se aprire gli occhi e schiacciare Magnus sul materasso baciandolo fino a non sentire più le labbra oppure rimanere e godersi quei lenti movimenti, che erano così frustranti.

«Buon risveglio, dolce Alexander.»

Alec, sempre a occhi chiusi, sorrise e si lasciò scappare un gemito quando Magnus all'improvviso si appoggiò contro la sua schiena e disegnò una runa vicino all'elastico dei pantaloni.
Poi non proseguì sotto la stoffa, più in basso, come stava sperando Alec. Risalì senza fretta, indugiando con le dita. Tracciò un’altra runa vicino all'ombelico, più piccola, con movimenti più veloci.

Il corpo di Alec era completamente sveglio e anche insoddisfatto. Tutte le sue percezioni erano rivolte a quel gioco studiato. Si morse il labbro dalla frustrazione e dal piacere. Voleva persino mordere il cuscino sul quale era appoggiato, per non dare soddisfazione a Magnus, che già sogghignava. 
        
«Alexander, ti è piaciuto il risveglio?»

Alec sbuffò. Ma che domanda stupida era. Aveva le terminazioni nervose che pulsavano e sinceramente c'era anche altro che pulsava. Sentiva caldo dappertutto nonostante le rune per un attimo fossero fresche come le mani di Magnus, per poi diventare fantasmi di fuoco.

«Caldo...»

«Allora torno dalla mia parte del letto.» Magnus fece per spostarsi, ma Alec gli arpionò la mano e la tenne con forza. «Se fai come hai detto, giuro che dò fuoco a tutti i vestiti che hai nell’armadio.»    

«Come siamo violenti stamattina, mio fiorellino. Vorresti che facessi altro?»

Qualcosa arrivò sul cuscino di Alec e gli colpì il naso. Si sollevò di scatto e aprì gli occhi sentendo un profumo intenso. Una rosa blu stava rotolando sul suo cuscino e lui l’afferrò.  

«E questa?»  chiese, sentendone il profumo.

Non amava molto le piante ornamentali, perché di parecchie era allergico, come sua sorella e sua madre. Però le rose erano accettabili.
Magnus lo tirò nuovamente contro di sé e gli diede un bacio sul collo. «C'è un mazzo di rose blu in soggiorno. L’ho comprato per Max, che sicuramente apprezzerà.»
Alec annuì. Il loro bambino da quando era arrivato alla consapevolezza che non c’era molta gente blu in giro, a parte lui e Catarina, che comunque aveva un incarnato più chiaro, aveva iniziato a volere ogni oggetto color blu: dal piattino al ciuccio, dalla cuffia alle scarpe.

«Non sapevo che avessi comprato altro, oltre al vascello dei pirati che gli abbiamo comprato insieme.»

«Doveva essere una sorpresa anche per te, mio caro. È un anno che sei papà.»

Alec girò appena il volto per dare un’occhiata a Magnus. «Siamo entrambi papà.»

«C’è anche un’altra ragione, ma prima vorrei tornare a coccolarti, come stavo facendo. Perché non te ne sarei accorto, ma sono le quattro del mattino e volevo godermi un po’ di tempo solo con te, prima del risveglio del nostro mirtillo.»

Magnus era già tornato a tracciare disegni astratti sulla pelle di Alec, che provò a controbattere. «C'è Max di là, non possiamo fare rumore…»

«Richiudi gli occhi dolcemente, Alexander, e lasciati andare, non pensare a niente, ho già pensato a tutto io.»

Alec si morse un labbro, ancora indeciso, ma tentato. La voce di Magnus era persuasiva, giungeva lenta e sottile. Le dita erano tornate a viaggiare sul suo corpo e sapevano dove indugiare per farlo cedere. «Non dovremmo nemmeno... se viene...»

«Avrei una battuta scontata, per cui non la dirò e farò semplicemente questo.» Magnus si levò di scatto e schiacciò Alec sul materasso senza nessuna difficoltà. L’altro si impegnò a cavar fuori dal suo cervello annebbiato dalla lussuria le ragioni per cui non potevano, ma presto le sue labbra si trovarono occupate in altro. Magnus lo stava baciando e non avrebbe accettato nessun no come risposta.
In realtà nemmeno il corpo di Alec voleva fermarsi. Era acceso, infiammato. Aveva bisogno di quel bacio e di stringere Magnus ancora e ancora. Non aveva più freni, perché se il suo compagno lo aveva tranquillizzato, doveva aver usato la magia e quindi potevano concedersi quel momento di intimità.
 I denti di Magnus gli graffiarono il collo all’improvviso e poi sentì le sue labbra e la sua lingua.

Ansimarono entrambi. Avevano ripreso da qualche mese a fare l’amore, sempre un po’ titubanti e con un orecchio in ascolto con la paura che Max piangesse e loro non lo sentissero. A volte si concedevano solo qualche carezza, perché Magnus non dovesse attivare l’incantesimo per insonorizzare la stanza.

Nei primi mesi dopo l’arrivo di Max, che era entrato nelle loro vite come un tornado, loro due erano stati così assorbiti dalle mille esigenze del bambino tanto da scordarsi delle loro esigenze di coppia.
Molto spesso si trovavano a sera talmente stanchi che si scambiavano solo qualche bacio. Qualche volta avevano fatto il bagno insieme e si erano toccati un po'a vicenda, ma poi uno dei due aveva dovuto correre fuori per le urla di Max. Una volta avevano deciso di uscire come due fidanzatini e avevano portato Max da Jace e Clary, ma quando erano tornati a casa dalla cena si erano addormentati sul divano.
Alle tre del giorno successivo Jace li aveva chiamati preoccupato. Sapeva che di solito erano in apprensione per Max e chiamavano almeno due volte o anche tre, per sentire se stava facendo i capricci.  

Alec si era svegliato all'ottava chiamata del suo parabatai e aveva risposto alla nona. Jace gli aveva urlato ogni insulto possibile e immaginabile. Non aveva gradito essere ignorato per otto volte e non aver ricevuto risposta ai suoi cinquantuno messaggi.

Alec aveva svegliato Magnus e si erano vestiti di corsa per andare all’Istituto. Avrebbero potuto aspettare, siccome Clary e Jace si divertivano a tenere Max e Jace non aveva chiamato perché lo andassero a prendere, ma nessuno dei due voleva scaricare il bambino per troppo tempo agli altri.
Dall’ingresso dell’Istituto all’uscita, Jace aveva dato il meglio di sé, facendo di quelle battutacce che a un certo punto Alec aveva dovuto impedire che Magnus evocasse un’anatra.

«Oh, sì, Alec così...»

«Magnus, ah...»

Magnus ispirò forte e trovò comprensione negli occhi azzurri di Alec che dicevano che stava morendo tanto come lui. Gli strinse i capelli e con l'altra mano gli accarezzò gli addominali. Grazie all'Angelo che aveva deciso che i Nephilim dovessero allenarsi per proteggere il mondo.

Magnus scese con la mano, per grande gioia di Alec, e andò a sciogliere il nodo dei pantaloni. «Alexander, perché non fai un fiocco come tutti?» Brontolò Magnus, mordicchiandogli il collo per vendetta.

 Alec si lasciò scappare una risata. «Dopo il fiocco si scioglie e perdo i pantaloni.»

Magnus sbottò: «Scusa, ma per chi sarebbe stato un problema? Se ti cadessero i pantaloni, io guarderei.»

Alec rise di nuovo e l’altro borbottò contrariato, macchinando con i due lacci annodati e dovendosi staccare dal corpo che amava. «Non riesco a scioglierlo e io sono già quasi nudo.»

Alec infatti non aveva perso tempo. Gli aveva abbassato i pantaloni del pigiama fino alle ginocchia e si era concentrato a giocherellare con l'elastico delle mutande e a far entrare una mano in modo birichino.

«Il mondo si sta capovolgendo» mormorò Magnus, perdendo la pazienza. Stava anche sudando e si passò una mano sulla fronte. Alec sotto di lui non riusciva a trattenersi e rideva spensierato, per nulla intenzionato ad aiutarlo.

Se ne uscì persino con una domanda non da lui. «Non dovevo rilassarmi e godermi il mio pacco?»

Magnus scrutò sconvolto. «Il mondo si è davvero capovolto. Un tempo liberavo donne dai corsetti, spogliavo i miei amanti senza un solo indugio e ora questo piccolo Shadowhunter, che ha imparato tutto da me, mi deride perché non riesco a sgruppare un nodo. Che vergogna.»

Alec scosse la testa, diede un colpetto alle mani di Magnus e sciolse il nodo con movimenti rapidi e sicuri. Sotto gli occhi attenti da gatto dell’altro, fece scendere i pantaloni, sollevandosi leggermente.
Magnus si stava gustando la scena. Lo stava fissando come se non si aspettasse nulla di ciò nella sua vita, ma fosse felice di avere quel miracolo nel letto.  

«Magnus» lo richiamò Alec.

Magnus imbambolato si riscosse. «Ok, bene, sono tornato. Dov'eravamo rimasti?»

Alec sollevò le sopracciglia divertito e poi si accorse di avere di fianco la rosa blu. L’accostò un attimo al naso e poi l’appoggiò sul comodino. «Non vedo l'ora di vedere il mazzo.»

Magnus aspettò che si ristendesse e poi tornò sopra il suo Alec. Si guardarono per un istante con i loro cuori che battevano e i respiri lievemente irregolari, un istante dopo si stavano baciando con passione.
Magnus giocherellò con l'ombelico di Alexander, mentre l'altro passava le mani nei capelli del compagno. Erano morbidi e liberi dal gel e dai glitter. Tendevano appena ad arricciarsi sulle punte.

«Alexander...»       
    
«Mmm...»

«Mi tolgo i pantaloni... che ormai sono in fondo ai piedi.»

Alec sospirò e annuì, anche se non voleva smettere di sentire Magnus sopra di sé.
Fu per poco. Magnus doveva essere impaziente quanto lui, dato che tornarono immediatamente ad assaporarsi, con le loro pelli che si confondevano, le loro mani che cercavano l’altro in un bisogno spasmodico.
Il respiro affannoso di Magnus fu per Alec il segno che avevano aspettato anche troppo per togliersi le mutande. I loro occhi si incontrarono e concordarono su quel punto di vista.

Magnus afferrò gli slip di Alec con entrambe le mani e lentamente iniziò a tirarli giù. Troppo lentamente per i gusti di Alec che gli diede due schiaffetti mentre gettava la testa all'indietro. «Perché... piano... ora…»

Magnus si chinò per dare un bacio sulla guancia ad Alec. Respirò a fatica prima di parlare. «Mi piace farti impazzire.»

Alec non rispose, ma con una mossa frutto dei suoi allenamenti invertì le posizioni. Magnus sembrò per un attimo confuso, poi sorrise con malizia.

«Ehm…» mormorò Alec, pensando a qualcosa di intelligente da dire.
Magnus lo tirò sopra di sé e gli baciò le cicatrici e le rune al lato del collo.

«Papà?» Una vocetta si levò nel corridoio e li fece raggelare. «Vi siete chiusi fuori?»

Max era davanti alla loro porta. Come un gattino si stava buttando contro a quella barriera, che lo divideva dai suoi papà e dai rumori che sentivano sembrava che cercasse di scalarla, battendo con le sue manine, per raggiungere la maniglia troppo in alto per lui.
Magnus aveva gettato un incantesimo perché nessuno da fuori sentisse assolutamente niente di quello che accadeva all'interno della stanza e aveva sigillato la porta con uno schiocco di dita. Si era svegliato alle quattro per fare tutto e poi aveva iniziato ad accarezzare Alexander che si era svegliato.
Magnus sbuffò isterico: che ci faceva in piedi Max? Erano solo le quattro e mezza del mattino e di solito dormiva fino alle otto solo perché erano loro a svegliarlo!

Alexander inaspettatamente si lasciò scappare: «Merda.»

Fissò Magnus e si buttò di schiena sul materasso, chiudendo gli occhi e nascondendo la faccia con le mani. «Merda, merda, merda. Gli voglio bene, ma merda...»

Magnus l'avrebbe preso in giro, se non fosse che si sentiva frustrato allo stesso modo.
Si iniziarono a sentire anche dei colpetti alla porta.
«Credo che stia bussando» sospirò Magnus.

«Merda.»

«Alexander, credo che tu non abbia mai detto tante parolacce come in questi cinque minuti.»

«Cazzo.»

«Proprio come dicevo.» Magnus si sistemò appena le mutande e si alzò alla ricerca dei pantaloni.

Alec continuava a stare con le mani sugli occhi e borbottava parolacce a tutto spiano.

Poteva capirlo sinceramente e avrebbe anche ignorato la porta, se non fosse stato per il fatto che conosceva Max e si sarebbe messo a piangere disperato tra meno di tre minuti. Probabilmente si sarebbe anche arrabbiato, facendo saltare i suoi incantesimi. Era determinato quando voleva.

«Merda» stava continuando a mormorare Alec come una litania. La testa reclinata contro il cuscino, le mani tra i capelli come se non potesse credere a una simile sfortuna.

Magnus trovò i pantaloni e li infilò facendo un saltello e poi un altro. «Porto Max in bagno e poi cerco di convincerlo che è presto.»

Alec non sembrava neanche che lo avesse sentito, per cui Magnus girò intorno al letto e gli si avvicinò.
«Fiorellino?»

«Come si fa a non morire di autocombustione, Magnus?» chiese Alec, spalancando gli occhi scuri e liquidi per l’eccitazione.

Osservò Magnus che gli si avvicinava e richiuse gli occhi quando il suo compagno si accostò con il suo volto vicino al suo. Il suo respiro fu tutto quello che sentiva, oltre il suo cuore che gli batteva in gola a un ritmo galoppante. «Non lo so. Non sai con quale sforzo sono sceso dal letto, ma Max sa farsi ascoltare. Resta a letto. Torno subito.»

Alec annuì lasciandosi scappare qualcosa tra un ansito e uno sbuffo. Affondò una mano tra i capelli e li scompigliò ancora di più.
Magnus distolse lo sguardo, perché avrebbe voluto tornare a letto e passare le mani tra quei capelli, essere lui a scompigliarglieli. Quando si focalizzò sugli addominali di Alec, capì che era tempo di uscire dalla stanza. Il ventre scolpito di Alec era un gioco di linee che avrebbe voluto seguire fino alla V che spariva dentro gli slip leggermente abbassati.
Deglutì, mascherando con un colpo di tosse, ma le due acquemarine di Alec lo fissarono consapevoli. Provavano la stessa frustrazione, la stessa voglia.

«Papà! Papà!» Max continuava a urlare, ma loro si guardavano come fuori dal tempo. Magnus si chinò e baciò una tempia di Alec che richiuse gli occhi e trattenne il respiro contraendo il ventre.
Magnus depositò un bacio sull'orecchio del compagno e cercò di sistemarsi meglio le mutande. Tiravano leggermente.

«Papà! Papà!»

«Vai», gli concesse Alec, disgustato all’idea.

Magnus baciò il lobo del compagno e sussurrò. «Vado, ma tu rilassati, toccati...»

Il respiro di Alec si mozzò di nuovo e le sue guance si imporporarono. Chiuse gli occhi, li strinse, ma Magnus sapeva che in mezzo al sudore della fronte avrebbero brillato di lussuria e timidezza.

Lo stregone si alzò e prese un bel respiro, pensando a qualcosa di disgustoso o pauroso che potesse smorzargli tutto quel calore che sentiva.
Sciolse gli incantesimi e aprì la porta, trovandosi un bimbetto blu addosso. «Papà!»

«Blueberry» lo salutò Magnus, caricandoselo in spalla.

«Papà?» chiese Max, allungando il collo per vedere l’altro genitore nella stanza, ma Magnus si tirò dietro la porta. 

«Sta dormendo» spiegò Magnus e sentì quasi il proprio naso allungarsi per quella bugia. In fondo lo faceva per dare un momento ad Alec e poi sperava che, portando in bagno Max, la situazione si sarebbe risolta in una manciata di minuti. Aveva una voglia matta di fondersi con il corpo di Alec, di sentirlo caldo e fremente sotto di sé.

Chiaramente Max non era della stessa opinione. Voleva stare sveglio, perché voleva il suo regalo di compleanno. Magnus provò a dire che era presto, ma al piccolo non importava, perché la sera prima, zia Izzy, gli aveva detto di pretendere il suo regalo.
Il bambino nominò anche Jace, la nonna e “Simo”. Era il suo modo di chiamare Simon, siccome la enne finale non sembrava entrargli in testa.
Tutti loro finirono nella lista nera di Magnus quella mattina. Avevano caricato il figlio come un carillon, che ora aveva iniziato a suonare e sembrava impossibile da fermare. «Regalo, regalo, regalo, regalo…»

Dopo venti minuti in cui Magnus aveva provato a rimettere il figlio a letto, spuntò Alec.
«PAPÀ!» esclamò Max con la sua vocetta da birbante.
«Ti ho sentito in difficoltà» mormorò Alec al suo compagno, prendendo in braccio Max, che gli si accoccolò addosso come un innocuo gattino.

«Mi dispiace, amore» disse Magnus deluso, producendo fiammelle blu dalle mani, che il piccolo stregone si divertì a toccare.

A quel punto decisero di andare in cucina a fare colazione e diedero al loro piccolo carillon blu, che ancora girava e suonava «Regalo, regalo, regalo», il suo pacchetto.
Max rimase impressionato davanti alla barca dei pirati, come la chiamava lui e iniziò a giocarci sul pavimento, mostrandola soddisfatto anche a Presidente Miao.
Il gatto annusò l’oggetto e diede qualche colpetto all’asta della bandiera, per poi mettersi accanto al bambino.

«Presidente è il mostro più inoffensivo del mondo. Se i demoni fossero come lui, non dovremmo combattere.» Alec guardava con affetto Max che spingeva la barca e faceva finta di bombardare Presidente Miao, che impersonava il mostro pronto ad affondare i poveri pirati. 

Magnus bevve l’ultimo sorso del suo caffè e posò la tazza, schiarendosi la gola. «Alexander, vorrei darti il regalo che ti ho fatto.»

Alec distolse gli occhi dalla scena e guardò confuso il proprio compagno. «Non erano i fiori?»

«I fiori erano per te e Max.»

Alec appoggiò la tazza sul tavolo e allungò una mano verso Magnus. «Non dovevi, non è il mio compleanno, ma quello di Max e io non ti ho fatto niente.»
Un sorriso dolce illuminò il volto dello stregone, che agitò una mano. Una scatolina spuntò in mezzo al tavolo e ottenne la completa attenzione di Alec. «Cos’è?»

«Perché non la apri?» chiese Magnus, facendola avanzare piano piano fino al suo compagno.

Alec la prese in mano come se fosse una bomba inesplosa. Fu delicato nel toccare il pacchetto. Sciolse il fiocco con lentezza, lanciando un’occhiata significativa a Magnus. Lo stava ancora prendendo in giro di non essere riuscito a slacciare il nodo dei suoi pantaloni.
Poi Alec tolse la carta e aprì la scatola. Il suo viso rimase impassibile davanti al contenuto.

Magnus improvvisamente sentì di aver sbagliato completamente il regalo. Era un bel pensiero si era detto, ma in quel momento avrebbe tolto la scatola dalle mani di Alec e l’avrebbe lanciata fuori dalla finestra.
Magari sarebbe esplosa proprio come una bomba.
Cominciò a blaterare per non pensare all’eccessivo silenzio di Alec. «L'idea mi è venuta la settimana scorsa. Max giocava con il tuo anello di famiglia e con il mio. Ha una passione per gli anelli, li fa ruotare in aria, poi li infila, naturalmente sono talmente grandi che gli stanno a tre dita e non in uno.»
Alec aveva preso in mano l’anello d’argento, che brillava per il fascio dorato che entrava dalla finestra del salotto. Erano incise due lettere, una da una parte e l’altra giusto all’opposto. Tra queste due c’era l’incisione di un fuoco e dall’altra un libro.

Magnus diceva sempre che era semplice comprendere Alec, ma in quel momento non capiva cosa provasse. Il volto sembrava imperscrutabile. Continuò a parlare, sperando in una reazione. «Max giocava e mormorava “anli, anli”, sai quanto è adorabile, perché non sa ancora dire “anelli” e io ho pensato che ho i miei anelli con l’iniziale e tu il tuo di famiglia, ma non ne abbiamo uno nostro. Uno che dicesse che siamo i Lightwood-Bane, che avesse le iniziali L e B.»

Alec sempre in silenzio, se lo rigirò tra le dita. Stava osservando tutti i dettagli e coglieva i giochi di luce sulla superficie argentata. «Magnus, non serviva. Hai…»

«No, hai ragione» riprese Magnus, alzandosi in piedi. «È insensato. A che serve un anello? Ma cosa stavo pensando, quando l’ho fatto fare? Un oggettino così piccolo non indica niente di niente. Siamo una famiglia anche senza quello.»

Alec sgranò gli occhi e li puntò sul suo compagno. «Magnus…»

«No, fiorellino, non serve che mi spieghi nulla. È come quella volta che ho comprato un regalo a Raphael Santiago e lui me l’ha rimandato indietro, scrivendo che non aveva bisogno della lacca per i capelli e di stargli lontano e dimenticarsi del suo compleanno. Posso prenderti qualcos'altro. Vuoi un... dunque lasciami pensare...»

Magnus fece comparire il libro di magia e Alec era sempre più sconcertato. «Magnus, veramente…»

«Un orologio sportivo? Semplice, nero, utile per le tue nottate da Shadowhunter. Non so, forse potresti tornare a casa a orari decenti…»

«Magnus…»

«Alexander, so che sei uno Shadowhunter, non un amministratore, come mi hai detto una volta. Non voglio che tu sia diverso da quello che sei, ma…»

«MAGNUS, TACI.»

Presidente Miao scappò, andando a nascondersi sotto il divano. Max scoppiò a piangere e gattonando cercò di seguire il gatto, ma non riuscendo ad andare sotto il divano, si nascose dietro lo schienale. Il vascello dei pirati era rimasto in mezzo alla stanza.
Magnus lo osservò un attimo, domandandosi se era il caso di correre a consolare il figlio, ma due lacrime non gli avrebbero fatto male. Per cui fece segno di chiudersi le labbra e rimase in attesa.

«Merda», pronunciò Alec arrossendo. «Se mi lasciassi parlare, ti direi che mi piace molto e ti amo.»      
         
«Sono zitto ora.» Disse Magnus facendogli segno di dire quello che voleva.

«Comunque hai parlato per dire che ora sei zitto.» Alec gli scoccò un’occhiataccia, che poi addolcì. «Questo anello è meraviglioso e ti amo. Grazie.»
Rigirò l’anello tra le dita della mano destra e poi lo infilò nell’anulare della sinistra. Gli occhi di Magnus brillarono sollevati e si protese sul tavolo, per vedere meglio l’effetto dell’anello sul dito dell’altro.

Alec, invece, si concentrò sui singhiozzi del piccolo Max. Doveva essersi proprio spaventato e con lui anche Presidente. «L'ho fatto piangere il giorno del suo compleanno.»

«Un libro sosteneva che il pianto libera il sistema respiratorio dell'infante da problemi di natura infettiva» disse Magnus, atteggiandosi da professore.

«Davvero?»                            

«Me lo sono appena inventato.»

La risata di Alec riempì la cucina, rimbalzando tra le pareti sincera e gustosa. Magnus si godette quello che per lui rimaneva un miracolo e lo sarebbe sempre stato. Realizzava in quei momenti che negli Shadowhunters scorreva veramente sangue angelico e non era solo una vanteria.
In quella risata c’era tutto il Paradiso.

«Ho realizzato che tu mi hai fatto un regalo e io no.» Alec si era accostato a Magnus, spostandosi insieme alla sedia. «Non ci ho pensato.»

«Alexander mi hai dato talmente tanto, che non hai bisogno di darmi nulla in cambio…» lo stregone lasciò il discorso in sospeso, come colto da un’illuminazione. La sua bocca si piegò in un sorriso furbo e i suoi occhi diventarono più dorati che verdi.
Alec arrossì e provò a indovinare cosa fosse venuto in mente al suo compagno. «Vuoi provare quella pos...»

«No», Magnus lo interruppe. «Anzi rimandiamo il discorso della posizione a un giorno in cui siamo soli soletti, anche perché non ti ho festeggiato come avrei voluto. C’è un regalo che potresti farmi. Vorrei che tu mi richiedessi quello che mi avevi chiesto un anno fa.»

Alec capì immediatamente. Per festeggiare il compleanno di Max non avevano scelto il giorno in cui avevano trovato il bambino davanti al portone dell’Accademia, ma il giorno successivo quando avevano preso la decisione di tenerlo con loro.
Chi potrebbe mai amarlo? recitava il biglietto che Simon e i suoi amici avevano trovato vicino al bambino.
Avevano scelto il giorno successivo perché rispondeva a quella domanda. Loro l’avrebbero amato, loro l’avrebbero accolto come un figlio.
Era la stessa lunga nottata, ma quando avevano fatto quella chiacchierata alla luce della luna, davanti alla culla di Max, era passata già da qualche ora la mezzanotte. E sempre lì Alec aveva sorpreso Magnus con una specie di domanda, che non pensava nessuno gli avrebbe mai fatto.

«Sei pronto?»

«Certamente.» Magnus aprì le braccia, come se stesse lasciando un intero palcoscenico ad Alec e l’altro annuì imbarazzato.

«Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn, padre di Max, mio compagno…»

«Ricordavo fosse stato più come “Magnus, pensavo che ci saremmo sposati e poi avremmo avuto un mirtillo, non prima il mirtillo e poi le nozze”» mormorò Magnus fingendosi poco entusiasta della proposta che stava per ricevere.

 «Io propongo, io decido. Se no, vai da uno dei tuoi ex e spera che ti chieda di sposarti.» Ribatté Alec prendendo la mano destra di Magnus.
«Quanto sei sexy, quando mi bacchetti.»

Alec gli lanciò un’occhiataccia e ripartì, schiarendosi la voce leggermente emozionata. «Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn, padre di Max e mio compagno, vorresti sposarmi, sposare me, Alexander Lightwood?»

«Ancora no, purtroppo.» Magnus accarezzò la guancia di Alec. «La legge non è cambiata, ma io ci spero ogni giorno che cambi e ci dia il diritto di sposarci in oro, anche se sono un Nascosto. La legge dice di no, ma nel mio cuore è sempre sì. Per te, Alec, è sempre sì.»
 
 
 

Sono qui e sono in ritardo, lo so. Colpa di un esame, che per fortuna è andato bene.
Questa è la prima parte di tre (o almeno penso). Io avrei aggiunto anche altre due frammenti, ma la MPL mi ha detto di regalarvele un po’ alla volta. È buona, anche se era arrabbiata, perché non ho dato la precedenza a un’idea per una OS sulla gelosia di Magnus.
Ho alzato la storia dal rating giallo all’arancione per la scena iniziale, di cui mi vergogno non poco, perché ne avevo scritta solo un’altra nella mia vita, quindi perdonatemi se non è un granché. Grazie Max per invadere sempre la privacy.
L’anello L-B era già citato nello scorso capitolo e ci tengo molto, nonostante la MPL abbia detto “Non si è una famiglia per un anello”, quindi le paturnie di Magnus sono nate grazie a lei. Max qui chiama Papà sia Magnus che Alec. Ho pensato che si renderà conto del problema, ma non a un anno. 
Grazie a chi legge.  
   
 
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