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Autore: SamuelCostaRica    30/05/2016    0 recensioni
Burocrati. Comandano loro o gli imperatori, re, duchi, baroni e conti nell'universo conosciuto? Sono così potenti da poter decidere quali dinastie possono regnare per secoli e chi no? E opporsi a ciò è possibile, per il bene di coloro che vivono nella galassia? E come opporsi a loro? Ma non fatevi ingannare: bisogna avere il coraggio di giocare sporco come loro per il bene di tutti.
Nota dell'autore: alcune similitudini con film o libri sono causali, essendo io un lettore incallito di libri e ho visto parecchi film dello genere, avendo iniziato a scrivere questo libro nell'estate del 1987.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La riunione

Il tempo scorre, imperterrito, inconsapevole, inutile: passa veloce o lento, misurato, indifferente degli eventi che lo compongono. Il rapimento della principessa Noemi fece il giro della galassia lentamente, irrefrenabile.

Quando tutta la galassia lo seppe, era ormai passato un mese, e nulla si muoveva.

O almeno, nessuno voleva che niente si movesse.

L’Imperatore e l’Imperatrice continuavano la loro vita, come se niente fosse accaduto.

I burocrati, più o meno fedeli all’Imperatore, non ne parlavano. Ma ne erano preoccupati. Un capo divisione per l’immigrazione e uno addetto al controllo della navi spaziali private furono trovati morti nei loro appartamenti, apparentemente suicidi.

Ma i servizi segreti non se ne curarono, non investigarono.

L’Imperatrice lo seppe per caso, confabulando con le sue amiche.

Quando ne parlò con il marito, lui fece finta di niente, non era importante: o almeno, per lui era importante che la moglie non si innervosisse più del necessario. Era ovvio, ormai, che qualcuno stava movendosi verso una direzione ben precisa, ma ancora da capire.

Dal pianeta su cui erano stati mandati, Louk e Rachel partirono nello stesso modo in cui erano arrivati, con più interrogativi che risposte. Tornarono al pianeta dell’Imperatore e riferirono ognuno al suo mandate.

Freddy, invece, se ne guardò bene di tornare dall’Imperatrice.

Non ebbe il coraggio di fare ciò che Louk gli aveva chiesto: non era un killer.

Partita dal pianeta, usando vari navi spaziali, che trasportavano materiali vari per la galassia, si fece portare alla tana delle tigri.

Riferì direttamente a Doc.

Alla tana delle tigri, intanto, erano arrivati anche il Conte Black e Giulia, che Freddy fu ben felice di vedere sana e salva.

Doc decise di indire una riunione, per discutere degli avvenimenti dell’ultimo mese, alla presenza di tutti i protagonisti.

“E’ davvero il caso di indire una riunione con tutti?” chiese il Conte Black a Doc.

“Di più mio caro. Siamo obbligati a fare una riunione. Devo chiarirmi le idee. E’ tutto ancora così… fumoso… incontrollabile… Vedremo.” Disse Doc, calmo come sempre.

Samuel incrociò Black in uno dei corridoi della tana.

“Cosa vuole fare Doc? Perché vuole indire una riunione generale?” chiese Samuel a Black.

“E che ne so? La vuole fare per capire. Vallo a capire!”

Samuel fece spallucce e si diresse verso una della stanze della tana.

Nella stanza trovo Angel, sdraiata su un divano, che stava leggendo, su un video di ridotte dimensioni, un libro.

“Cosa leggi?” chiese Samuel

“O, niente di interessante… uno strano libro… La storia di Don Chisciotte della Mancha.. che tipo strano. Divertente… che c’è, Samuel, qualcosa che non va?” Chiese Angel, girandosi a guardare Samuel.

“Black ha detto che Doc vuole fare una riunione con tutti. Strano. Vuole capire… quando mai Doc ha fatto una riunione per capire? A lui non serve…”

“Capire?” concluse Angel

“Sì. Capire. Se sa già tutto, cosa deve capire?” Samuel sembrava angosciato.

“Non è che vuole prendere tempo? Sai, magari… no, non è possibile.”

“Cosa non è possibile, Angel?” chiese Samuel, sedendosi di fianco ad Angel.

“La storia della giara. Dopotutto, se è vero che solo il diretto discendente può guardare dentro la giara, chi è il diretto discendente?”

“Noemi!” Rispose Samuel, ma si accorse di averne detta una troppo grossa.

“Giulia. E’ lei la primogenita. Che scioccone!” Disse Angel, ridendo forte. Samuel era rimasto imbambolato, quasi non capendo. Angel smise di ridere e lo guardò.

Anche Samuel, ancora sbigottito, guardò Angel.

“ E allora, perché hanno rapito Noemi?” dissero insieme.

***

La riunione fu organizzata in meno di una settimana.

La grotta della tana era piena di personaggi provenienti da tutta la galassia. O anche da oltre.

Evane entrò nella sala con tutti gli altri: Samuel, Angel, Black e Giulia e si accomodarono su alcune scranni scavati nella roccia posti in fondo alla sala. Roson, l’orso, ed Elsa, la tigre, si accucciarono ai loro piedi.

In faccia a loro c’erano gli scranni degli anziani della tana: Doc sedeva nel mezzo, negli altri undici posti vi erano personaggi provenienti da tutte le parti della galassia. Ma Evane noto che la metà degli anziani non era di quella galassia.

Dietro agli anziani, nei palchi posti ai vari livelli all’interno dalla grotta, vi erano i saggi.

Gli altri palchi si stavano rapidamente riempiendo di vari personaggi, in modo rumoroso: sembrava che fosse parecchio che non si incontravano e, qualcuno, in modo decisamente gioviale, salutava persone presenti sui palchi dall’altra parte della sala.

Doc, in piedi,  richiamò tutti all’ordine.

“Signori… signori… prego… incominciamo…” la sua voce rimbombò all’interno della grotta.

Il vociare terminò.

“Siete stati chiamati per capire cosa sta in questo momento capitando nella nostra galassia. Capisco che per molti di voi ciò può risultare insignificante, ma nell’ordine delle cose, può essere che le aspettative di molti di coloro che abitano questa galassia non siano esattamente ciò che in pochi vogliono per se stessi. E’ necessario verificare i fatti, confrontarli, capire ed infine intervenire per contrastare chi vuole modificare a suo solo vantaggio le cose.”

Doc si fermo, volgendo lo sguardo a tutti i settori della sala, cercando segni di consenso o di diniego da parte dei partecipanti. Nessuno fiatò.

“I fatti sono semplice. La principessa Noemi, figlia dell’Imperatore di questa galassia, ma non sua erede al trono, è stata rapita. Da chi non ci è dato ancora di saperlo… (un improvviso brusio percorse tutta la sala e Doc si fermò) Sì, lo so… (continuò Doc, movendo le mani per far tacere il brusio) che voi credete che… quella persona.. (il brusio diventò insopportabile e Doc si fermò)”

“Basta!” urlò una voce in uno dei palchi dietro a Doc.”Fate silenzio… (Il brusio terminò) Continui, Doc!” disse infine l’interlocutore.

“Come dicevo, so che voi credete che quella persona sia implicata, e di certo non posso darvi torto. Ma noi sappiamo che non è così. Notizie certe ci dicono che alcuni burocrati dell’Impero di questa galassia e di quella a noi vicina, nemica da tempi immemorabili, sono in combutta. La giara è in viaggio e se il successore non potrà riceverla al momento previsto, non si potrà avere la successione. E’ necessario che il successore ci sia a ricevere la giara.”

Tutti guardarono Giulia.

“Peccato che non sia lei!” Disse Doc e il brusio della sala fu incontrollabile. “Peccato che non sia lei, che non sia sua sorella Noemi, che non sia Evane, sorella dell’Imperatore. Peccato che Makarre con l’Imperatore Touk stia tentando di prendere il potere, senza ragione. Per fortuna. No! Il successore dell’Imperatore presto sarà raggiunto dalla giara della verità. (Nella grotta le voci di protesta e di stupore si alzarono alte) Vi prego… vi prego… signori… silenzio… “ La tigre Elsa alzò il muso interrogatorio verso Doc, mentre l’orso Roson si era messo seduto.

“Silenzio!” urlò la voce dietro a Doc e il silenzio calò come un mannaia nella grotta, un silenzio inspiegabile e preoccupante.

“Vi prego. Capisco.” Continuò Doc “Capisco che la cosa vi preoccupa. Capisco anche te, Elsa. E anche la tua meraviglia, Roson. Ma d’altronde era necessario. Ormai la casa Kioun ha finito il suo ciclo. E’ necessario che altri proseguano, dopo l’Imperatore Federikson, a comandare questa galassia. Necessario. L’Imperatore Touk sta tentando, di fronte all’impossibilità dell’attuale Imperatore di opporsi ai burocrati, di prendere il comando tramite Makarre. Ma noi non possiamo permetterlo. Makarre non può prendere il comando di questa galassia. Sarebbe troppo pericoloso. Comunque, non vi preoccupate. La giara ha ancora molto da viaggiare per essere consegnata. Per il momento, è necessario liberare Noemi, bloccare Makarre e l’Imperatore Touk nel loro tentativo di prendere il comando della galassia. Per questo, a Makarre ci penserà il Conte Black. A liberare la principessa ci penseranno la principessa Evane, il Duca Samuel Costa Rica e Angel Costa Brava. In ogni caso, dobbiamo fare in modo che quando vi sarà la successione, la galassia rimanga comunque unità, per questo è necessario che Invicible sia noto a tutti che può arrivare a bloccare qualsiasi rivolta che potesse esplodere nella galassia. Capisco che la decisione è dura, ma necessaria. Ben sapete il perché, e gli anziani sono tutti d’accordo.” Il vociare dei presenti costrinse Doc a fermarsi, perché il rimbombo nella grotta era diventato insopportabile.

Il solito personaggio nascosto nel palco alle spalle di Doc intervenne.

“Silenzio! E’ necessario! La decisione è stata presa!”

Il brusio terminò. Evane si guardò intorno.La sua dinastia era arrivata alla fine, dopo così tanto tempo. Ma perché Doc era stato così duro? Perché era necessario? Avrebbe voluto chiederlo a Doc, ma la riunione era finita e molti si allontanarono dalla grotta. Doc sparì agli occhi di Evane dietro a numerose toghe incappucciate.

La tigre Elsa guardò Gloria, che aveva gli occhi piani di lacrime. Gli appoggiò il muso sulle gambe, ma Gloria la respinse in modo brusco. Elsa non capì. Dopo tutto le era stata fedele, la aveva difesa da qualsiasi malintenzionato, perché la trattava così?

L’orso Roson guardò il Conte Black, che stava parlando con Samuel ed Angel. Black non sembrava poi così molto sconvolto dalla notizia.

Evane con capiva. Tutto sembrava inutile. Seduta nel suo scranno, guardava i vari mantelli passare, il cappuccio calato sul viso dei vari personaggi, che tra di loro si riconoscevano , ma non volevano farsi riconoscere.Si sentì male. Dopo qualche attimo, Angel le si avvicinò, scotendola dal suo torpore con la mano appoggiata sulla spalla.

“Perché?” Chiese Evane a Angel.

“Lo so che non ti è stato spiegato. Ma ti devi fidare. La tana lo fa per il bene della galassia. Il potere, Evane, il potere di un solo uomo non serve alla galassia. Non serve a nessuno. La gente che la abita, che ogni giorno si alza in tutti i mondi che la compongono e lavorano, piangono, gioiscono, solo quello è importante. Le nostre stesse vite non sono così importanti. Per il bene del futuro della nostra galassia, è necessario cambiare, affinché nella cambi. Per gli altri, ovviamente.” Le disse Angel, sorridendole, per tranquillizzarla.

Evane annuì, silenziosa, ed abbassò il volto. Né lei, né suo fratello Imperatore erano così importanti come coloro che vivevano nella galassia. Senza quei miliardi di persone che vi vivevano, l’Imperatore non avrebbe avuto ragione di esistere. E pure senza il consenso di quei miliardi di persone.

Angel andò a consolare Gloria. Ma ormai Gloria era in preda ad una crisi di nervi. Il Conte Black prese Gloria in braccio, quasi svenuta, e la portò via.

Mentre Evane si alzava dal suo scranno, riconobbe Freddy che usciva con un gruppo di toghe da una uscita secondaria. “Strano.” Pensò ”Anche lei qui. Non sembrava preoccupata.”

Evane scrollò le spalle e si avviò a seguire Angel. Se era tempo di cambiare conveniva stare almeno dalla parte giusta. Forse.

 

L’altra riunione

La luce entrò nella stanza da una tenda scostata dalla finestra, andando a colpire il volto di Louk. Ma lui era sveglio già da un po’. Si girò e vide il volto di Rachel. Stava ancor dormendo, beata, come se nulla potesse darle fastidio. Louk, però, notò un lieve spostamento della palpebra destra di Rachel. Lei aprì l’occhio, guardò Louk e scoppio a ridere.

Louk e Rachel erano in un letto a baldacchino, nudi, sotto un copriletto bianco, lavorato a mano.

Louk si infilo sotto alle lenzuola, abbracciando forte Rachel e trascinandola sotto anche lei.

La lotta sotto le lenzuola durò poco: un calcio di Rachel colpì Louk, che saltò fuori dal letto nudo e dolorante, tenendosi il linguine e rotolando per terra.

Rachel lo seguì, nuda, cercando di calmarlo: in quel mentre qualcuno entro nella stanza senza bussare.

“Buongio…” iniziò la ragazza, che come ogni mattina svegliava la coppia, spostando le tende e facendo entrare la luce nella stanza.

“Sì… sì… adesso fuori!” Le disse Rachel, per niente imbarazzata della situazione.

La ragazza girò sui tacchi e usci, chiudendo dietro di sé la porta.

La stanza ritorno nella penombra, mentre Rachel aiutava Louk ad alzarsi e a tornare nel letto. Il fiato di Louk era pesante, ansimante, e Rachel cercava di calmarlo, mentre lui la guardava con un sguardo che urlava vendetta.

Rachel indosso la sua vestaglia blu cobalto, si avvicinò ai pesanti tendaggi e li apri, facendo entrare la luce del mattino nella stanza.

A Louk passò in fretta il danno provocato dal colpo, ma rimase nel letto.

Rachel lo guardò divertita, poi si avvicinò ad un video appeso al muro, lo toccò con le dita e un menù apparve sul video. Rachel con l’indice toccò “servitù” e sul video apparve il volto della ragazza che era entrata nella stanza.

“Dica, signora… ha bisogno?” chiese la ragazza.

“Sì, Ramona. Potresti portarci la colazione? Grazie.” Le disse Rachel

“Sì… signora.” Rispose la ragazza.

Il video divenne trasparente. Rachel si girò verso Louk, che si era alzato ed aveva indossato una vestaglia nera.

Rachel cercò di avvicinarsi, ma Louk gli fece un cenno che non ammetteva repliche: stai lontana.

Rachel sorrise, ma capì; a Louk non piaceva molto essere maltrattato.

Ramona bussò prima di entrare: Rachel si avvicinò alla porta e la aprì.

“Posso entrare?” chiese Ramona “Il signore è vestito?”

“Entra, entra Ramona.” Disse Louk.

Ramona spinse dentro il carrello pieno di cibo e se ne andò subito, con aria indifferente.

Rachel chiuse la porta dietro a lei, ridendo.

“Tra poco lo saprà anche l’Imperatore!” disse Rachel ridendo.

“Bello. Oh, bello davvero. A casa dell’Imperatore doveva succedere. E’ l’ultima volta che ti do retta. Dovevamo già essere a casa nostra. Ma no, scherzi, lei deve parlare con l’Imperatrice. E’ ormai più di un mese che siamo qui! Ora basta!” Urlò Louk, infuriato. “E’ inutile stare qui. Mangiamo e poi partiamo.”

“Louk, non posso!” Disse Rachel

“Io parto.” Disse Louk. “Tu se vuoi rimani. Ho da fare.”

Louk prese una focaccia dal carrello, se la infilò in bocca e se ne andò in bagno.

Rachel si era appena servita da mangiare e si era seduta al tavolo circolare presente nella camera, quando il video si accese e apparve l’Imperatrice.

“Buongiorno, Rachel. Come va stamattina?”

“Non bene.” Disse Rachel, alzandosi dal tavolo e facendo una riverenza all’Imperatrice.

“Sì, capisco. Louk vuole andarsene. D’accordo.” Disse “Parti con lui. Forse sarai più utile a casa che non qui.”

Rachel annuì e il video si spense. Si risedette al tavolo per finire la colazione.

Louk rimase più di un’ora nel bagno.

Quando uscì trovo la moglie vestita con lo stesso vestito che aveva usato per andare sul pianeta Neerg.

“Hai cambiato idea?” le chiese Louk.

“Sì. Ti dispiace?” lo rimbeccò Rachel.

“No. Andiamo.”

Presero le valige che Rachel aveva preparato ed uscirono dalla stanza.

Louk si voltò a guardare la stanza. Sul carrello del cibo gettò una parallelepipedo lucente.

L’oggetto tintinnò cadendo sul carrello.

Rachel sentì il rumore e si giro verso il marito.

“Cos’era quel rumore?” Chiese Rachel.

“Oh, niente. Le solite orecchie indiscrete.” Rispose calmo Louk.

Rachel si rigirò e prosegui per il lungo corridoio su cui si affacciava la stanza che avevano lasciato.

Louk dovette correre per stargli dietro.

Louk e Rachel presero la loro nave, posteggiata da ormai alcuni mesi nell’astroporto privato dell’Imperatore: un onore dato solo ai più alti ranghi dell’Impero.

Il responsabile dell’astroporto segno sul suo computer la partenza della nave.

L’Imperatore era nel suo ufficio, quando la segnalazione della partenza della nave di Louk arrivò sul suo computer, nel suo ufficio privato.

Si alzò dalla scrivania e guardò fuori. La nave di Louk, una nave da battaglia del tipo Jiok, nera, si stava alzando in volo.

L’Imperatore si strofinò il mento, pensieroso.

***

“Allora. Cosa facciamo?”

“E’ inutile insistere. Non ne vuole sapere. Non vuole sostituire le persone che d’ora in poi verranno per qualsiasi motivo uccise o trovate uccise. Dice che i posti verranno presi dai loro diretti subalterni. Che fregatura!”

“Calmati. Adesso dobbiamo fare in modo che accetti necessariamente che la sostituzione avvenga per nomina e non per successione. Ci deve essere il sistema di farglielo accettare.”

“Non esiste qualcosa nei meandri delle leggi?”

“No. Non esiste.”

“Oh… esiste. Uccidiamo i subalterni più diretti. Li sostituiamo. Uccidiamo i capi…”

“E il subalterno diventa il capo. Bella idea. Ma ci vorrà tempo.”

“Troppo. Ma è l’unico sistema. Ci conviene muoverci. I consigliere dell’Imperatore e dell’Imperatrice se ne sono andati oggi. Non torneranno per almeno sei mesi. Conviene intervenire intanto che non sono qui.”

“Bene. Pensi che Ma…”

“Niente nomi. Idiota! Andiamo via di qui.”

***

L’Imperatore indisse una riunione tra i capi dei servizi segreti nella sala nel sotterraneo.

A tre mesi dal rapimento della ragazza, niente si era mosso ancora. O, almeno, l’Imperatore non aveva voluto che niente si movesse.

Il Generale Koisuom e il Signor Houiol sedevano uno a destra ed uno a sinistra dell’Imperatore, mentre tutti i loro dirigenti dei vari settori sedevano, ognuno per le sue competenze, dalla parte del loro superiore.

L’Imperatore guardò sia a destra che a sinistra, prima di iniziare la riunione. Alcune facce erano nuove: due o tre, pensò l’Imperatore. Il nemico si stava movendo in fretta.

“Bene, signori, notizie?” chiese guardando il generale alla sua destra, ma la voce che gli rispose giunse da sinistra.

“Siamo in attesa di vostri ordini, mio Imperatore.” Disse il signor Houiol.

“Esatto.” Disse il Generale, che l’Imperatore stava ancora guardando.

“Interessante. Peccato che ho detto di non muoversi e di trovare mia figlia. L’avete trovata?” chiese l’Imperatore.

“Sì.” Disse il Generale. “Sappiamo dov’è e con chi é. Non si sono mossi. Attendono ancora ordini.”

“Bene. Nessuno si muova. Controllateli. Che una formazione di attacco si piazzi nella zona e nel caso di una loro fuga… catturateli! In caso di resistenza, portatemi solo mia figlia. Viva!” L’Imperatore serrò forte le mani, guardando i presenti nella stanza.

“E per Makarre e l’Imperatore Touk?” chiese il signor Houiol.

“Dopo.” Disse l’Imperatore dopo una breve pausa. “Dopo. Adesso serve che voi fermiate la morte inutile dei burocrati. Vedo tra di voi facce nuove. Spero che siate fedeli al vostro Imperatore… Sarà meglio Generale che tutte le persone nuove in questa sala siano controllate. Anzi, meglio, niente più facce nuove, in questa stanza. D’ora in poi le riunioni verranno fatte solo con persone che hanno già iniziato questo lavoro. Agli altri non sarà ammesso accedere a queste riunioni.”

L’Imperatore si alzò ed uscì dalla stanza.

Il generale e il suo dirimpettaio guardarono le facce dei loro collaboratori. Tre delle persone presenti furono invitati dal Generale a seguirlo.

“Vi conviene trasferirvi tutti al centro comando fino alla fine della crisi. Siamo tutti in pericolo di morte.” Disse il signor Houiol a coloro che erano rimasti nella stanza.

Ci fu un vociare di proteste, che si interruppe quando il viso del signor Houiol divenne scuro.

“Anche i vostri cari. Per sicurezza, ovviamente.” Concluse.

La riunione fu sciolta e i funzionari uscirono dalla sala. Tranne il signor Houiol. Si accese un sigaro, che aveva tolto da una tasca interna della sua giacca, e l’accese con un accendino enorme e nero.

Il fumo della prima boccata invase la stanza.

Rimase lì, pensieroso, in quella enorme sala, a pensare al da farsi.

Anche uno dei suoi diretti funzionari era morto. E lui aveva deciso di non sostituirlo. Ormai il disegno del nemico era chiaro, e lui era intervenuto, drasticamente. Nessun successore. Nessuna possibilità di sostituirlo se non uccidendolo. E l’Imperatore non lo avrebbe sostituito.

Meglio così, pensò.

Si alzo dalla sedia ed uscì, fermandosi sull’uscio. Si voltò, e vide l’Imperatrice entrare.

Si guardarono un attimo.

Quanto sapeva il club delle… amiche o sceme, come piaceva chiamarle all’Imperatore, di quello che stava succedendo? pensò Houiol. Troppo, sicuramente. Ma erano talmente fedeli all’Imperatrice e, quindi, all’Imperatore, che qualsiasi cosa avessero fatto, era il benvenuto. Qualsiasi aiuto.

Hoiuol saluto l’Imperatrice con un inchino ed usci.

L’Imperatrice sentì l’odore del sigaro del signor Houiol. Si sfregò il naso. Quel puzzo insopportabile. Ma non poteva smettere? L’Imperatrice controllò che non ci fosse nessuno. Si inchinò e cerco sotto il tavolo.

“Sei la solita ficcanaso!” L’Imperatore le giunse alle spalle senza farsi sentire.

“Oh caro, sai com’é. Sto cercando un orecchino che ho perso, ma non mi ricordo dove. Che ci vuoi fare. Lo cercherò altrove.” Così dicendo porse la mano destra all’Imperatore perché la aiutasse ad alzarsi, ma l’Imperatore la lasciò li dov’era e si sedette sulla poltrona, che l’Imperatrice aveva scostato per cercare sotto il tavolo, guardandola con fare circospetto.

L’Imperatrice si sedette sul pavimento di marmo, alzando le vesti e mostrando le lunghe game affusolate.

“Ha ragione, Louk. Tu e Rachel, ogni volta che siete in difficoltà, mostrate le vostre grazie. Allora, dimmi, cosa cerchi, questo?” disse l’Imperatore, mostrando alla moglie un parallelepipedo lucente.

L’Imperatrice parve imbarazzata, ma si trattenne: il suo autocontrollo era insuperabile e molte volte aveva avuto modo di dimostrare che gli insegnamenti ricevuti avevano fatto il loro dovere.

“Ma cosa dici, caro? Io cercare quell’aggeggio? Non so neanche cosa sia.” Disse la donna, sorridendo al marito.

L’Imperatore non era molto contento della risposta della moglie e decise di passare all’attacco.

Si sedette sul pavimento vicino a lei, e gli passo le mani sulle gambe.

“Caro… ti prego… qui no…”

“E perché no. E’ l’unico posto dove non l’abbiamo ancora fatto.”

L’Imperatore passo all’attacco e all’Imperatrice non poté far altro che arrendersi. Era sempre così focoso quando voleva.

Nessuno dei due fece caso al tempo che trascorreva lento, inesorabile.

Quando la foga dell’Imperatore finì e le voglie dell’Imperatrice cessarono, i due erano nudi sul pavimento di marmo, freddo come una lastra di ghiaccio.

“Cosa vuoi, caro?” Disse l’Imperatrice, mentre si alzava dal freddo pavimento e si sedava su di una sedia, certamente più comoda e più calda.

L’Imperatore era di schiena sul pavimento e guardava il soffitto.

“Cosa sai, tu e il tuo club delle..”

“Sceme?” L’Imperatrice non gli fece concludere la frase “Sai, so che la giara della verità è in viaggio per il tuo successore, (fece un sospiro) peccato che non sia una delle tue figlie.”

L’Imperatore si alzo, gettando alla moglie i suoi vestiti e incominciando ad indossare i propri.

“Caro.” Disse l’Imperatrice “Queste sono tue.” Lanciandogli un paio di slip, che gli finirono sulla testa, provocando l’ilarità dell’Imperatrice.

L’uomo, con un gesto di stizza, se li tolse dal capo e li indosso.

“Così il tempo è venuto. La nostra dinastia si ferma qui. A chi toccherà sostituirmi?” disse l’Imperatore.

“Non si sa. Lo sai che non è concesso a nessuno di saperlo.”

“Tranne alla tana delle tigri, o meglio, a Doc. E’ lui che decide a chi va la giara, no?!” disse l’uomo, finendo di vestirsi.

La donna finì di vestirsi e si diresse verso l’uscita.

“Non ti serve?” Le chiese il marito, tenendo il mano il parallelepipedo.

“No. Ho saputo quello che mi serviva. Vogliamo andare?” disse la moglie, facendo segno al marito di seguirlo.

“Già. Ma io non sono lo scemo del villaggio. Spera che non venga mai a sapere cosa state combinando. Non vorrei venire a sapere che qualcuno ha deciso per me.”

“Non ti preoccupare, caro. Prima il bene della galassia, te lo ricordi. Sempre prima il bene della galassia.” Disse la donna in modo amorevole, rimarcando le ultime parole.

L’Imperatore offrì il braccio all’Imperatrice ed uscirono dalla sala.

A terra rimase, non vista, un collant.

Qualcuno, subito dopo l’uscita della coppia, lo raccolse.

 

E il viaggio non si ferma

“Allora… ti muovi…siamo in ritardo…”

“Sì… lo so… in ritardo e lontano… ma chi se ne frega… a chi vuoi che interessi?”

“A me… pesa…”

“Ma va… davvero… poverina…”

“Un cavolo… muoviti…”

“Senti… siamo gia passati per un deserto… viaggiato in modo indecente su astronavi cariche di tutto, tranne di essere pensanti… mi fai attraversare boschi… senza parlare degli animali che ci vogliono magiare… smettila…”

“Sei insopportabile… lo sai che il nostro lavoro è importante… “

“Già… importante… l’unico interessato a questo lavoro é… “

“Niente nomi… quante volte te lo devo dire che qualcuno potrebbe sentirci e vedere…”

“Dove? Qui?! Ti sei bevuta non solo il cervello, ma tutto la massa cervicale che ti ritrovi…”

“Basta… cammina.. ci fermeremo quando finiscono gli alberi… ormai è sera…”

“Come sei buona…”

 

I burocrati

Per comandare un Impero, o meglio, per dirigere un Impero come se fosse una orchestra, oltre a chi si vede (Imperatore, Duchi, Baroni, Conti), servono i burocrati, coloro che controllano le carte, le vagliano, verifichino che siano fatte come le leggi scritte o le usanze del posto prevedono, rilasciano documenti, incassano le tasse. Senza di loro l’Impero si fermerebbe.

Purtroppo, qualcuno dei burocrati, alle volte, forse per troppo zelo, dice ai suoi capi come sarebbe meglio mandare avanti le cose, modificare leggi o usanze, se non addirittura come comandare.

Alle volte alcuni vengono perdonati, altri esclusi dal sistemi o, alla peggio, licenziati.

Ma i più subdoli, sapendo quanto gli spetta per il loro ardire, spesso mandano avanti gli altri a parlare con i capi, dandogli indicazioni su come fare o suoi modi di agire e dire le cose, negando l’evidenza dei fatti in caso di insuccesso, non rimettendoci niente. In caso di successo, si fanno avanti schiacciando in modo ignobile chi hanno convinto a portare il loro pensiero ai capi.

In qualunque caso, fanno sempre bella figura.

Di certo quelli che avevano deciso che la casa dell’attuale Imperatore non doveva più regnare, aveva deciso un modo un po’ troppo ambizioso di sistemare la cosa.

L’idea era venuta ad un burocrate, un certo Dinours Jiolu, assistente del Barone Makarre, che ben conosceva l’avversione del Barone verso l’Imperatore.

Dinours era, per il Barone, molto di più del suo braccio destro: era colui che, in qualunque momento, poteva sostituire il Barone in qualsiasi funzione. Tanta fiducia era dovuta al fatto che Dinours aveva aiutato il Barone quando fu combattuta la guerra con la galassia vicina.

Ma a Dinours, quella guerra aveva fatto comodo. Aveva trattato con i burocrati dell’altra galassia, esponendo a loro l’idea: unire le due galassie sotto un solo Impero, per poter poi meglio comandare a loro piacere. Di certo un Impero così esteso e difficile da controllare, avrebbe messo in difficoltà il nuovo Imperatore, che avrebbe dovuto affidare zone più grandi delle galassie a singoli individui fidati: questi individui avrebbero usato burocrati fidati. Ciò significava per i burocrati avere un certo potere, anche se illegittimo, ma sempre potere di fare quello che volevano. Più o meno.

L’idea era piaciuta sia ai burocrati della sua galassia che agli avversari, e Dinours si era messo al lavoro.

La fiducia del Barone era necessaria: in una zona così lontana dall’Impero centrale, nessuno avrebbe controllato le sue mosse. Il Barone era libero di fare quello che voleva, ma veniva controllato. L’Impero controllava la testa, non aveva tempo per i passacarte.

Fu così che la liberazione del Barone, dopo la morte di tutto il parentato, passo come un atto di totale devozione e Dinours fu premiato: braccio destro del Barone.

Il più era fatto.

I burocrati che Dinours contatto, amici fidati, furono della sua stessa idea, come i burocrati della galassia dell’Imperatore Touk.

Ma riuscire a muovere le pedine giuste nei posti giusti fu difficile, come fu difficile scegliere quale Imperatore scegliere.

A Dinours parve che Touk fosse il più adatto.

Vanitoso, anzi vanesio, capace solo di sentire la sua voce, faceva sue le idee degli altri come se niente fosse: ovviamente, non capiva le idee degli altri, ma li usava a suo piacimento.

Quando uno dei suoi burocrati gli disse che vi era una possibilità, corrompendo alcuni burocrati, di impossessarsi della galassia dell’Imperato Federickson, fece subito sua l’idea, ordinando la ricerca di questi burocrati e la loro immediata corruzione.

I burocrati dell’Imperatore Touk, quel giorno, si ubriacarono in una taverna malfamata della capitale Tornounte: ciò che non aveva potuto la guerra, lo avrebbe fatto la corruzione. Unico neo della cosa era che per i burocrati dell’Imperatore Federickson non vi era posto nei loro piani. Ma era una cosa insignificante: bastava non farlo capire.

Ma Dinours non era così stupido da non averci pensato: la cosa era possibile solo mettendo burocrati fidati nei posti chiavi, e se qualcuno li avesse deposti dal loro incarico, i subentranti non avrebbero trovato niente: il nulla avrebbe causato il cos nella galassia, rendendola ingestibile e costringendo il nuovo Imperatore e rimettere al loro posto i burocrati destituiti.

Sembrava un piano perfetto.

A Dinours ci vollero cinque anni per perfezionarlo, per convincere i burocrati, per sostituire i più intransigenti nei punti chiavi, per convincere il Barone Makarre che il tempo di prendere il posto dell’Imperatore Federickson era giunto.

Ma il Barone era testardo, voleva fare le cose a modo suo.

Riavvicinarlo all’Imperatore Touk fu dura, ma alla fine cedette. O almeno, la sua ingordigia per il potere lo fece cedere.

Il primo incontro con l’Imperatore Touk avvenne su un pianeta che ruotava intorno ad un gruppo di stelle posto nelle vicinanze della galassia dell’Imperatore Federickson. Strani nomi aveva dato gli scopritori a quelle galassie.

Una, quella dell’Imperatore Federickson la chiamavano Milkstreet, quella dell’Imperatore Touk la galassia di Androina.

Dinours partecipò all’incontro tra Touk e Makarre, per meglio definire meglio gli accordi che erano già stati presi tra i burocrati.

L’Imperatore Touk era un tipo di alta statura, di circa cinquant’anni standard galattici, con un corpo atletico e sempre in forma. Ci teneva Touk alla sua forma e tutto di lui era in forma: la sua faccia squadrata, le mascelle voluminose, occhi blu, capelli tagliati corti, un collo grosso, enorme.

Di certo questo suo essere così in forma, lo faceva amare da tutte le donne della sua galassia, che impazzivo per lui. Anzi, più che impazzire, quelle che potevano gli si offrivano in tutti i modi possibili e pensabili, o impensabili.

Spesso le sue guardie erano costrette a controllare le sue camere private più volte al giorno, per evitare che nel suo letto alla sera l’Imperatore trovasse quattro o cinque donne. Essere belli , d’accordo, ma dover trovarsi sempre donne nel letto, no.

Ovviamente, l’Imperatore si era ben guardato da sposarsi, di trovare moglie.

Aveva deciso di avere concubine, amanti, di fare un certo numeri di figli, ma il suo successore avrebbe dovuto superare prove infernali prima di occupare il suo posto. Al tempo debito, ovviamente.

E l’Imperatore Touk aveva intenzione di rimane al comando per parecchio tempo.

L’Imperatore e il Barone si incontrarono sotto una tenda, di uno strano colore, un rosso cupo. Intorno il deserto la faceva da padrone. Come il vento che soffiava, a raffiche, facendo sbattere la tenda rumorosamente.

Touk e Makarre si guardarono, torvi in viso. Makarre ricordava ancora come Touk lo aveva torturato e ritrovarsi davanti il nemico, che lo voleva aiutare a diventare Imperatore, non lo rallegrava. Non sapeva se odiare di più l’Imperatore che aveva da davanti o l’Imperatore di cui voleva prendere il posto. I due uomini si sedettero su delle sedie da campo davanti al tavolo.

Sul tavolo vi erano due libri, in cui vi erano scritti tutti gli accordi che i burocrati avevano definito, limato, aggiustato, sistemato, cucito e stralciato. Vi era il presente di Touk, il futuro di Makarre, il potere che Dinours era riuscito a conquistare negli anni.

Senza parlare, uno uomo aprì il libro davanti a Touk.

Un altro lo aprì davanti a Makarre.

I due estrassero dalle loro vesti due fili rigidi e firmarono i libri di fronte a loro.

Poi, i due aiutanti presero i libri, se li scambiarono e Touk e Makarre li rifirmarono.

Alla fine, i due uomini si alzarono, presero i libri e se li scambiarono, stringendosi la mano.

La stretta di mano di Touk fu forte, tanto che Makarre fece una smorfia con il viso.

Si scambiarono i libri, senza dire una parola.

I presenti guardarono quello che succedeva in modo distaccato.

Touk si girò ed uscì con i suoi uomini.

Makarre, quando l’ultimo degli uomini di Touk fu uscito, si lascio andare sulla sedia davanti al tavolo, sospirando e guardando fisso negli occhi Dinours.

“Cosa abbiamo fatto?” Gli disse.

Gli altri suoi dignitari, capendo il momento, lasciarono la tenda.

I due uomini si guardarono in silenzio.

Dinours si sedette sulla sedia che prima era occupata da Touk.

“Era l’unica cosa da fare!” disse Dinours.

“Per chi?” Gli ribatté Makarre “Per chi? Per me, per te… o per chi altro, Dinours  Per chi altro?”

Makarre non attese la risposta di Dinours. Si alzò e uscì dalla tenda, mentre il vento diminuiva di intensità.

Dinours rimase solo nella tenda a meditare.

Sapeva che aveva tradito il Barone Makarre, l’Imperatore Federickson e non si sa quante altri miliardi di persone che abitavano la galassia.

Ma era l’unico modo.

L’unica cosa che temeva realmente era la tana delle tigri. Ma non lo avrebbe mai saputo. Forse.

***

Dinours aveva indetto la riunione tra i burocrati che avevano deciso di tradire l’Imperatore.

Non erano molti, una cinquantina in tutto, a capo di diverse divisioni su vari pianeti, compreso il pianeta dell’Imperatore.

Uno dei burocrati presenti era il sig. Huoil, dei servizi segreti civili.

Gli altri erano a capo di settori dedicati al trasporto, alla logistica, ai passaporti, alla distribuzione delle materia prime sui pianeti e agli armamenti.

I pianeti che erano interessati, tra i più importanti, oltre a quello dell’Imperatore, vi era Neerg, Tracktan e Outnot.

Erano tutti in un enorme salone, posto in mezzo al deserto del pianeta del Barone Makarre, ove vi era la sede dei servizi segreti.

Ad un capo della tavola vi era Gloria, con un abitino aderente con una gonna cortissima (troppo) e con il suo seno messo in bel risalto. I capelli li aveva raccolti dietro alla luca.

Dall’altro capo vi era il Barone.

“Bene.” Iniziò Gloria. “Siamo pronti. Noemi è ormai saldamente nelle nostre mani. L’Imperatore, come al solito, non si muove. Sono passati ormai sei mesi, ma lui non fa niente. E questo gioca a nostro vantaggio. Più lui aspetta, più noi possiamo muoverci liberamente. Ora, l’importante è che l’Imperatore lasci il suo pianeta. La trappola è ovviamente Noemi: per liberarla interverrà di persona, quando saprà dov’é. Non dobbiamo far altro che tirare i fili e chiuderlo nel sacco. Sul tavolo ci sono le vostre istruzioni. Seguitele alla lettera, nei tempi e modi previsti, e il successo non tarderà.”

Tutti guardarono il Barone, in attesa di un suo cenno.

Il Barone si stava massaggiando il mento, silenzioso. Ad un tratto con la testa fece un cenno, si alzò e uscì dalla stanza, seguito da Gloria che lo raggiunse correndo, mentre tutti la guardarono passare. Un vero spettacolo, pensarono tutti.

Dinours guardò i vari burocrati e prese la parola.

“E’ necessario che nessuno sappia. Nessuno.” Disse in modo molto convincente.

I burocrati si alzarono ed uscirono dalla stanza.

Huoil rimase seduto, accendendosi uno dei suoi pestilenziali sigari.

Dinours lo guardò.

“Non vai?” gli disse

“Troppa fretta.” Disse Huoil “Hai troppa fretta. Pensi davvero di riuscire?”

“Non ti preoccupare. Tu fai il tuo.” Gli disse Dinours, avvicinandosi a Huoil con fare non troppo benevolo.” Fai il tuo dovere e nessuno si farà male, se non l’Imperatore. Hai capito?” gli disse Dinours marcando il finale della frase.

Huoil emise dalla sua bocca una volata di fumo di sigaro che fece tossire Dinours.

“Stai attento. Tutti sanno. Una mossa sbagliata e io ti abbandono. Non sei indispensabile, dopo tutto, e anche il tuo Barone non serve a molto. Specialmente morto.” Gli rimbrottò Huoil.

L’uomo si allontanò dalla stanza, mentre Dinours lo guardava torvo.

Dinours meditò di eliminarlo, così su due piedi, me era inutile.

Dinours se ne andò dall’altra uscita.

Gloria lo guardò uscire dalla sala. Non capiva. Perché dire quelle cose dopo la riunione? Non capiva. Era inutile. Qualcosa non stava andando per il verso giusto. Non sapeva se avvisare o no il Barone. Ma a cosa sarebbe servito? No. I burocrati non servivano più. Non servivano per il fine che si era prefisso. Abbandonare la nave? No. Troppo pericoloso. L’Imperatore non lo avrebbe destituito. E allora, che fare?

Gloria si guardo il vestito: la gonna del vestito si era alzata, mostrando un po’ troppo le sue gambe.

Gloria guardò in basso. Con la coda dell’occhio vide Huoil che la guardava, con un sorrisetto che diceva molto di più di quello che pensava.

Gloria non abbasso la gonna: aveva risolto il suo problema. Ricambiò il sorriso e si avviò verso Huoil.

 

L’Imperatore Touk

L’Imperatore Touk non si fidava di nessuno.

Non che fosse un maniaco dell’ordine, della pulizia, non aveva fobie che non fossero curabili, ma non si fidava di nessuno.

Non si fidava di quelli che mettevano sempre in ordine qualunque cosa, dalla scrivania al letto.

Non si fidava di chi puliva in continuazione qualsiasi cosa, pur di farsi vedere occupato.

Lui non si fidava e basta.

Ormai era lontano da più di un anno dalla sua galassia, e non si fidava dei suoi burocrati e dei suoi vassalli.

Visto che le cose con il Barone Makarre non si muovevano, decise di ritornare a casa. Era un viaggio di un mese, ma controllare cosa succedeva in casa propria era meglio che aspettare che qualcuno facesse una mossa.

Lasciò a dirigere le operazione contro l’Imperatore Federickson il suo vice, un certo Uiopyt, un tipo poco energico, anzi tutt’altro.

Era alto la meta di Touk, magro, grossi occhiali, parlata difficili, capelli neri, bocca e labbra piccole. Alle volte dava l’idea di essere malaticcio, così magro com’era.

Ma Touk sapeva che era fidato.

Proprio perché era così brutto, nessuno lo considerava: anche lui stesso, spesso, non si considerava.

Touk parti con la sua nave, diversa da quelle dell’Impero di Federickson: le  astronavi  delle sua galassia erano ovali, piatte, con i motori e le tolda di comando da una sola parte.

Per armamento non erano certe inferiori a nessuno, ma Touk non se ne preoccupava. Ogni nave aveva montata la sua arma segreta, e questo a lui bastava.

Touk e la flotta partirono, e Uiopyt rimase sul pianeta del Barone, in compagnia di Dinours, con cui condivideva l’ufficio: era meglio controllare tutte e due, pensava il Barone, quando ai due  affidò l’ufficio.

Touk tornò a casa, giusto il tempo per sedare qualche rivolta, cambiare qualche vassallo non troppo ligio ai suoi doveri e non troppo fedele a lui.

Ritorno dal Barone dopo circa quattro mesi.

Era passato ormai un anno dal rapimento di Noemi.

Touk trovò tutto come prima. Quasi tutto.

I burocrati continuavano a morire e l’Imperatore Federickson si rifiutava di sostituirli, lasciando che il loro posto fosse preso dei subalterni.

Touk ebbe un sospetto, che espresse a Uiopyt in una calda sera d’estate, su un pianeta semi abitato, concesso in uso dal Barone, fuori dalle rotte commerciali.

“Qualcosa non quadra, Uiopyt. Il Barone Makarre non ce la racconta giusta.” Iniziò l’Imperatore, seduto su di una poltrona sulla veranda di una vecchia casa colonica, mezza diroccata.

Uiopyt stava sorseggiando un liquido rosso da un grosso bicchiere di pietra.

“Credo che non si muova, perché molto probabilmente la contromossa dell’Imperatore l’ha preso di sorpresa e né lui né Dinours sanno cosa fare.” Rispose Uiopyt, con una voce flebile.

“E allora cosa facciamo? Continuiamo nell’impresa o ce ne andiamo, lasciando il Barone alla mercé di Federickson?” Chiese Touk, mentre anche lui sorseggiava un liquido nero da un vecchio bicchiere di cristallo.

“Se l’Imperato Federickson sa, siamo nei guai. E se lo sa lui, si immagini la tana delle tigri.” Rispose Uiopyt

“Ancora quei dannati… Ma è possibile che non possiamo liberarcene? Cosa ci vuole a far fuori Doc e quella banda di venditori di fumo?” Disse Touk, sbattendo sul tavolo il bicchiere.

Uiopyt sorseggiò ancora dal bicchiere, tenendolo con tutte e due le mani, mentre l’Imperatore si guardava intorno, con fare sospetto.

Videro il sole tramontare, mentre due lune già illuminavano la notte.

Touk, dopo un lungo silenzio, disse: “Facciamo finta di niente. Lasciamo che il Barone si esponga fino al punto che non possa più tornare indietro. Se avrà successo, ne approfitteremo. Se no, lo lasceremo in balia dei suoi nemici.”

Riprese il suo bicchiere e il bevve il resto del liquido in un sol sorso.

Si alzò dalla sedie, fece un cenno ad Uiopyt e se ne andò.

Uiopyt rimase ancora fuori a vedere le lune sorgere fino allo zenit. Pensava a tutto quel tempo sprecato e al fatto che i burocrati della sua galassia non sarebbero stati molto contenti.

Era inutile pensarci adesso. Se davvero Touk doveva diventare imperato di quella galassia, nulla lo avrebbe fermato. Forse.

Ma la tana delle tigri… se si fossero messi in mezzo, nulla li avrebbe fermati. Uiopyt come Touk lo sapeva. Erano troppo forti, organizzati, sapevano quello che altri non capivano. Questa loro forza era controllata da alcuni uomini saggi, che mai l’avrebbe usata in una guerra. No, troppo furbi. E il Barone e Dinours stavano provando ad invertire questa tendenza.

No, era impossibile. Meglio fare come diceva Touk. Aspettare. Ma quanto? Quanto tempo ci voleva? Erano troppo lontani da casa, le loro navi non avrebbero fatto in tempo ad aiutarli in caso di guerra.

Aspettare. Sperando che nessuno guardasse, vedesse, sapesse. Aspettare. Uiopyt guardò ancora le lune. Finì il suo liquido, lasciò il bicchiere sul tavolo e se ne andò a dormire.

Touk lo guardò dalla sua camera allontanarsi. Guardò le lune nel cielo. Illuminavano stancamente la notte. Touk vide, con al coda dell’occhio, ombre che si muovevano, veloci, silenziose.

Chiuse la finestra e se ne andò a letto.

Aspettare. Non poteva fare altro. Ma quanto tempo?

Si addormento, mentre ombre silenziose e veloci si allontanarono dalla casa.

 

I servizi segreti

“Mi fa piacere vederti, Generale.”

“Anche a me, Huoil. Come stai?”

“Bene. Grazie.”

“Fumi sempre quei puzzolenti sigari?”

“Ti dispiace? Sono la cosa migliore della vita.”

Il Generale e Huoil stavano discutendo nella sala delle riunione dell’Imperatore Federickson, nei sotterranei del palazzo Imperiale.

“Lo sai che all’Imperatrice non gli piacciono.” Continuò il Generale, strofinandosi il naso.

“Lo so. Per questo li fumo.” Rispose in modo sarcastico Huoil.

I due erano seduti al tavolo, uno di fronte all’altro, in attesa degli altri per la riunione.

“Strano. Sono tutti in ritardo.” Disse Houil, mentre una voluta di fumo usciva dalla sua bocca e si disperdeva nell’ambiente.

“Già. In ritardo. “ Gli fece eco il Generale, guardandosi intorno. “Un po’ troppo in ritardo.”

L’Imperatore apparve all’improvviso.

I due fecero per alzarsi, ma l’Imperatore fece cenno di stare dov’erano.

“Adesso basta. Mettete fine a tutto. Liberate mia figlia e portatemi la testa del Barone. Ora!”

L’Imperatore si girò ed uscì dalla stanza.

Il Generale guardò Huoil.

Dall’altre parte della stanza entrò l’Imperatrice.

“Huoil. Generale. Che piacere vedervi. Notizie?” Disse l’Imperatrice avvicinandosi a loro.

“Vostro marito ha appena detto di liberare vostra figlia, mia signora.” Disse il Generale

Huoil stava ancora fumando il suo sigaro. L’Imperatrice lo guardò, strofinandosi il naso.

Huoil sorrise e così pure l’Imperatrice.

Il Generale rimase sorpreso.

“Gloria dov’é, Huoil?” Gli chiese l’Imperatrice.

“Al sicuro, mia Imperatrice.” Disse Huoil, facendo un inchino.

“Bene. Un problema di meno. Generale… mi raccomando. Non faccia una strage inutile. Liberi solo mia figlia. Il resto lo lasci fare a Black.”

“Sarà fatto come lei desidera, mia Imperatrice.” Rispose il Generale.

“Bene.” Disse l’Imperatrice, allontanandosi poi dalla stanza.

Il Generale guardò Huoil.

“Che ne hai fatto di Gloria?” Gli chiese.

“Oh… ha fatto un giro… sai com’é… ci teneva tanto… “

“A salvare la pelle!” Finì il Generale.

Huoil aspirò a lungo il sigaro.

“Già. Ci teneva tanto.” Disse, dopo aver espirato il fumo del suo sigaro.

“Macellaio!” disse il Generale, alzandosi dalla sedia.

“E’ viva. Non ti preoccupare. Lo sai che le cose belle non le sciupo.”

“Sì. Però ti piace giocarci.” Disse il Generale allontanandosi.

Huoil continuo a fumare il sigaro. Dopo tutto, un premio spettava anche a lui. Tradire Dinours e il Barone Makarre gli poteva costare caro, se avessero vinto.

Ma gli ordini dell’Imperatore erano chiari.

E il Generale avrebbe fatto il suo dovere.

Fino in fondo.

Si alzò e se ne andò dalla sala. Gloria aveva ancora tante cose da raccontare.

L’Imperatore e l’Imperatrice, dalla stanza segreta, videro Houil lasciare la stanza.

“Sei la solita impicciona. Era il caso di andare a dire certe cose?” Disse l’Imperatore, decisamente alterato.

“Caro, sai benissimo che dovevo dirle. Non vorrai mica che i tuoi Generali si sporchino le mani. Certi lavori lasciali fare agli specialisti.”

“Sì, sì. Va bene. Ma di certo Black non è uno specialista. Solo perché Invicible ha armi di fuoco maggiore di quelle della navi di Touk, non vuol dire che si più bravo.”

“Ma più comodo. Non sarai tu a fare il disastro. Capisci? Non daranno la colpa a te.”
”Sai che differenza. Non l’Impero ma la tana delle tigri sistemerà la cosa.”

“Su adesso basta, caro. Andiamo.”

L’Imperatrice si diresse verso la porta, dove vi si fermò in attesa del marito che gliela aprisse.

Attese un attimo, poi si girò a guardare che cosa stava facendo il marito. Era ancora davanti al vetro, pensieroso, massaggiandosi la mascella.

“Bisogna togliere Gloria dalle mani di Houil. Non vorrei che esagerasse.” Disse l’Imperatore.

“Ci penserò io, caro.”

L’Imperatore si girò, fece un leggero sorriso alla moglie e si diresse verso la porta.

La aprì e la moglie usci.

L’Imperatrice sentì chiudersi dietro di lei la porta, ma quando si voltò porgendo il braccio, il marito non c’era.

Rimase alquanto stupefatta dell’accaduto: non si era mai comportato cosi.

All’interno l’Imperatore rimase ancora più pensieroso.

No. Black non doveva intervenire. Non doveva. Sarebbe stato un disastro. Qualcuno poteva scoprire i giochi, pensò.

Rimase nella stanza, con la mano sulla porta per parecchio tempo.

L’Imperatrice all’esterno rimase lì, ammutolita, sotto gli sguardi della guardie del palazzo.

Arrivò una sua ancella che la cercava: non l’aveva mai vista con quella espressione sul volto. Era sorpresa, ma anche spaventata. L’ancella le tocco le vesti e l’Imperatrice trasalì.

L’Imperatrice incominciò a camminare lungo il corridoi, dalla parte opposta da cui era venuta l’ancella, che la chiamò alcune volte. Niente.

L’ancella fece spallucce, si voltò e se ne andò.

Una delle guardie che erano presenti al fatto non capì, ma evitò di parlarne al suo comandante nelle riunione serale della guardie. Meglio evitare inutili pettegolezzi, pensò.

L’Imperatore da quella stanza usci solo a notte fonda.

   
 
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