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Autore: SamuelCostaRica    30/05/2016    0 recensioni
Burocrati. Comandano loro o gli imperatori, re, duchi, baroni e conti nell'universo conosciuto? Sono così potenti da poter decidere quali dinastie possono regnare per secoli e chi no? E opporsi a ciò è possibile, per il bene di coloro che vivono nella galassia? E come opporsi a loro? Ma non fatevi ingannare: bisogna avere il coraggio di giocare sporco come loro per il bene di tutti.
Nota dell'autore: alcune similitudini con film o libri sono causali, essendo io un lettore incallito di libri e ho visto parecchi film dello genere, avendo iniziato a scrivere questo libro nell'estate del 1987.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La liberazione della principessa Noemi

Il Generale Poissoun era davanti alla vetrata della base, sul pianeta Inferno.

Il tempo era come sempre inclemente.

Era passato troppo tempo dal rapimento della principessa Noemi.

Quasi un anno, incominciò a pensare Poissoun, e ancora niente.

Le tempeste su quel maledetto pianeta duravano così tanto, che non si ricordava quando aveva visto il sole sorgere su quella landa rossa e piana.

Nessuno chiamava, nessuno diceva, nessuna sapeva.

Troppo tempo, pensò, Troppo tempo e nessuno che vuole spostare una sola pedina.

Makarre non riusciva a far avanzare il suo progetto di un millimetro.

Da quando l’Imperatore si era accorto degli stratagemmi impiegati dal Barone per arrivare al potere, aveva messo in atto troppe contromisure.

I burocrati non venivano nominati, ma venivano promossi i subalterni.

Tanta fatica. Il Barone aveva cercato una contromossa, ma più faceva, peggio gli andava.

E lui, Poissoun, era bloccato su quel maledetto pianeta a fare la guardia ad una ragazzina viziata.

La principessa Noemi era impossibile: alle volte sembrava che si divertiva a chiedere le cose.

Questo frutto no, oggi: il giorno dopo lo voleva.

Poissoun aveva cercato di contattare il Barone, ma le notizie che arrivavano non erano delle migliori.

Gloria era sparita senza lasciare traccia.

L’Imperatore Touk scorrazzava per la galassia come un pirata, attaccando navi e tagliando, alle volti per giorni, i rifornimenti a qualche pianeta ostile al Barone.

Ma la cosa durava pochi giorno, poi arrivava o la flotta dell’Imperatore o quella maledetta nave della tana, e bisognava ricominciare.

L’Imperatore Touk aveva cercato di spostare altre navi dalla sua galassia, per favorire il piano di Makarre, ma i suoi burocrati glielo avevano impedito. Troppe spese per un piano che non sembrava molto perfetto. Anzi.

Un allarme improvviso risuonò nella testa del generale.

Quando comprese cosa stava succedendo, distolse lo sguardo dalla vetrata e sentì dietro di lui voce concitate.

Il suo aiutante lo scrollo dal suo torpore.

“Signore! Siamo attaccati!” Gli urlò nelle orecchie.

“State calmi!” Urlò Poissoun, appena si riprese. “Chi ci sta attaccando, prima di tutto!” Urlò in faccia al suo aiutante “E poi mettete in atto le contromisure. Siete degli idioti, Tutte le volte che lo avete fatto in esercitazione aspettate ancora che vi pulisca il sedere!… Muovetevi!”

L’aiutante si allontanò dal generale, distribuendo ordini a destra e a manca.

Il Rosso si allontanò dalla sala, per andare a prendere posto sulla sua nave di battaglia, per attaccare il nemico.

La nave pirata, che era ormai passata a tutti gli effetti sotto il comando del generale Poissoun, era comandata da un giovane comandante, un certo Koilun.

Le due navi uscirono nella tempesta, dirette verso gli assalitori, che si trovavano sulla linea dell’orizzonte.

Le bordate dei cannoni dei nemici si abbatterono sulla sala comando come un spada sul capo del condannato.

La sala fu completamente distrutta da un colpo.

Le persone presente, compreso il generale e il suo aiutante, sparirono nel nulla.

La tempestava non permetteva di vedere chi stava attaccando, ma doveva essere grosso.

Sulle console nella sala comando dell’Erstalm, il Rosso poté vedere la forma dell’attaccante.

Quel maledetto Invincible.

Il Rosso ordinò alle due navi gemelle di sparare in contemporanea sul punto dove Invincible risultava dalla console: le coordinate furono passate in millesimi di secondo alle cannoniera, che fecero fuoco in meno di un secondo.

Ma la velocità non basto alle due navi.

I loro colpi colpirono il terreno, mentre Invincible si spostava verso l’alto.

Quando la nave fu a distanza di sicurezza, Black diede ordine di far fuoco.

Il gorilla stava manovrando, da solo, i tre cannoni laser posti nelle teste degli animali.

I colpi che partirono fecero sussultare la nave, e carbonizzò il Rosso, il comandante Koilun, l’Erstalm e l’Excellent.

Intanto una nave più piccola, con a bordo Samuel, Angel ed Evane, atterrò nella base nemica.

Dei robot, guidati da alcuni componenti della tana delle tigri, fecero da scudo all’arrivo della nave spaziale nell’astroporto,all’interno della montagna.

La resistenza degli ultimi uomini del generale fu strenua, ma inutile.

Gli uomini della nave scesero sparando su tutto ciò che si muoveva e si introdussero nella base.

La ricerca di Noemi durò parecchio.

Alcuni fedeli del generale l’avevano prelevata dalla sua dolce prigione e l’aveva allontanata, ma sempre all’interno della base.

All’improvviso, decisero di dirigersi con la prigioniera in una delle grotte della montagna, fuori dalla base.

Idea buona: nessuno li avrebbe cercati fuori dalla base.

Ma la grotta, lunga e stretta, era abitata da alcuni carnivori del pianeta.

Erano animali lunghi, bassi, con zampe piccole e delle tenaglie al posto delle mani.

Non erano molti, solo due, ma i più di venti uomini che avevano trascinati via la principessa furono attacchi e per poco non perivano tutti.

I quattro rimasti cercarono di riportare la principessa alla base, ma furono attaccati da Angel ed Evane, che gli uccisero senza molti complimenti.

Evane dovette poi lottare con uno dei due animali, che aveva rincorso i fuggitivi e non voleva saperne di andarsene senza avere un'altra pinta di carne.

Evane gli sparo con un fucile laser, tagliandolo in due.

L’altro animale, che era rimasto leggermente indietro, ritornò sui suoi passi, tenendo due dei malcapitati uccisi dalle donne tra le sue fauci.

Noemi stava piangendo disperata, ma quando vide il volto di Evane si tranquillizzò.

La battaglia all’interno della base militare durò ancora per alcune ore.

Parecchi militari, non sapendo la fine del loro comandante, lottarono strenuamente.

I prigionieri furono solo venticinque, sui cinquemila militari presenti nella base.

Il numero di militari presenti nella base fu rilevato da Black da un computer, salvatosi non si sa come in qualche anfratto della base.

Black cercava nomi, dati, fatti.

Ma non trovò nulla nei computer che si erano salvati.

“Avete avuto troppo premura nell’attacco!” Borbottò Evane.

“E cosa dovevamo fare ” Gli rinfacciò Samuel.

“Oh.. smettetela. Non abbiamo notizie noi, ma non ne avrà neanche Touk e Makarre. Se giochiamo bene le nostre carte non se ne accorgeranno per un po’. Così potremo cacciare Touk nella nostra galassia, mettere sotto pressione Makarre e i burocrati ed avere finalmente delle risposte.” Disse Black.

“Quali risposte?” Disse Angel, con sufficienza.

“Tu che dici, Evane?” Black si avvicinò ad Evane, che stava giocherellando distrattamente con un cappello bruciacchiato.

“Cosa?” Disse lei, lasciando cadere il cappello per terra, in mezzo alla cenere presente nella sala comando, riprendendosi dai suoi pensieri pindarici.

“Cosa ci dici di quello che ha combinato tuo fratello?” Incalzò Black.

“Cosa ha combinato mio fratello?” Disse Evane, sempre distrattamente.

“Non fare finta di niente. Sappiamo tutto!” Disse Angel, avvicinandosi ad Evane e prendendola per i capelli, tirandoglieli.

Evane tirò indietro la testa, urlando.

Samuel prese la mano di Angel e gli fece mollare la presa.

“Non so niente!” Urlò Evane. “Non ho idea di cosa voglia fare.” Incominciò a singhiozzare, mentre le lacrime le scendevano dagli occhi. “è da tempo che medita vendetta sui burocrati e sull’Imperatore Touk, ma cosa abbia in mente non lo so!”

Evane si sedette su quello che rimaneva di una sedia di qualche console, nascose la faccia nella mani e incominciò a piangere.

I presenti rimasero in silenzio a guardare quella scena.

Noemi si avvicinò alla zia e le accarezzò la testa, dolcemente. Poi guardò gli altri con uno sguardo di rimprovero.

Black diede un calcio a qualcosa per terra, infuriato.

Samuel lo guardò, sorridendo, più per il calcio mancato che per il momento.

“Non capisco. Ero certo che sapevi qualcosa. Doc continua a dire di fidarmi di te.” Black guardò Evane, che aveva ancora la faccia nella mani e piangeva. “E tu non sai niente! Non dice niente. Anzi, mi piangi pure!”

Black se ne andò dalla sala, seguito da alcuni militari e da alcuni membri della tana.

Altri militari si infilarono in un cunicolo dietro ad alcuni armadi, nella ricerca di qualcosa di utile alla ricerca della verità. Se mai si fosse trovata la verità.

Samuel prese per la mani Evane, la costrinse ad alzarsi e, prendendola sotto braccio, la accompagnò fuori dalla sala, verso la sua nave spaziale.

Angel abbracciò Noemi e seguì Samuel.

Quando entrarono nello spazioporto della base militare, Invincible si stava alzando in volo.

La tormenta che aveva flagellato quella zona del pianeta era improvvisamente cessata.

Altri navi militari dell’Impero incominciarono a levarsi in volo, abbandonando quel luogo, pieno di morte e distruzione.

Mentre Samuel, Evane, Angel e Noemi salivano sulla nave, seguiti da alcuni uomini dell’equipaggio, videro dei militari correre fuori da numerose grotte presenti nello spazioporto.

Correvano a più non posso, alcuni urlando.

Si incominciarono a sentire esplosioni, prima lontane poi sempre più vicine.

La nave militare si alzò da terra a gran velocità, alzando nuvole di polvere rossa tutto intorno.

La piccola nave di Samuel per poco non veniva ribaltata.

Samuel fece mettere subito in moto i motori e la nave partì.

Le esplosioni si avvicinavano sempre di più.

Quando la nave di Samuel fu sopra la montagna, le esplosioni si susseguirono come castagnole.

Lo spostamento d’aria fece sobbalzare la nave e i suoi occupanti.

Il pilota ebbe il suo bel da fare per tenere in assetto la nave.

Quando si furono allontanati dalla montagna, Samuel vide la montagna esplodere completamente in una nuvola atomica.

Samuel capì perché Black voleva risposte alle sue domande da Evane.

Anche perché le domande, se mai ce ne fossero, erano sparite nel nulla.

Il pilota chiese dove dirigersi e Samuel gli rispose: “A Palazzo Imperiale!”

La nave di Samuel ci impiegò più del previsto per arrivare al pianeta dell’Imperatore.

Le navi imperiali di Touk gli davano la caccia, dopo che avevano saputo quello che era successo sul pianeta Inferno.

Invincible, anziché difenderli, li aveva abbandonati, per non si sa quale missione.

Samuel cercò di convincere Black della necessità di scortarlo, ma lui aveva altro da fare. Doveva fare ciò che Samuel non aveva fatto.

Samuel non era riuscito a limitare le manovre di Makarre: primo perché Makarre era scappato, secondo perché Gloria era finita nella mani di Hoiul, e le informazioni erano sparite con lei, nei meandri delle prigioni di chissà quale pianeta.

Samuel riuscì a portare Evane e Noemi dall’Imperatore comunque, con la nave mezza distrutta dalle battaglie, quasi dodici, combattute nel viaggio.

Quando la nave atterrò, il fumo usciva dal motore di destra e riempi l’hangar dove erano atterrati.

Gli addetti agli incendi corsero con schiumogeni e spensero l’incendio che scoppiò nella zona motori.

Tutto l’equipaggio e i passeggeri scesero di corsa dalla nave.

Gli ultimi a scendere, non curanti di quello che gli capitava intorno, furono Samuel ed Angel.

Quella nave ne aveva viste troppe, dentro e fuori di essa: ad Angel piangeva il cuore di doverla perdere. Era stata più di una casa, un vero alcova. Ma si sa, nulla è eterno, men che meno una nave.

Ad aspettarli sulla banchina vi era l’Imperatore e l’Imperatrice, ben contenti di abbracciare la loro figlia Noemi.

Quella sera il palazzo Imperiale si risvegliò dal suo torpore e tutti festeggiarono il ritorno di Noemi.

 

La guerra privata di Invincible

Invincible lasciò la base militare del generale Poussion appena distrutta, in modo alquanto rumoroso.

Samuel ebbe da ridire sul modo di trattare la cosa da Black, ma ormai Invincible era fuori dall’atmosfera e di tornare indietro Black non ne volle sapere.

Il gorilla spense la radio sul ponte di comando, mentre Black infuriato faceva su e giù come un leone in gabbia.

“Non è possibile che non sappia niente. E neanche che l’Imperatore non abbia fatto qualcosa per… o forse sbagliamo persona!” Black si era fermato. Si girò di scatto verso il gorilla e lo guardò con aria soddisfatta, come un gatto che trova il topo a cui ha dato la caccia per tanto tempo.

“Che hai Black?” Chiese l’orso, che si era alzato dalla sua cuccia e si avvicinò a Black.

“Il club delle amiche ha fatto di tutto per eliminare il Barone e l’Imperatore Touk e non l’Imperatore. È stata l’Imperatrice a muovere tutte le pedine. E quando si è accorta che l’Imperatore si muoveva troppo in fretta… ha eliminato tutte le prove che la potevano ricondurre a lei!” Disse Black, soddisfatto.

L’orso e il gorilla si guardarono, scotendo la testa, non capendo cosa Black volesse dire.

“Ma non avete capito. Gloria lavorava per l’Imperatrice, poi ha preferito Makarre all’Imperatrice per amore. E l’Imperatrice si è vendicata con Hoiul. L’Imperatore, invece, pensava di eliminare i burocrati a lui contrari, invece ha solo avvicinato Makarre a Touk. Così facendo, invece di eliminare i burocrati, si è trovato il nemico in casa, chiedendo l’aiuto della tana, anzi di Invincible.” Black riprese a camminare su e giù.

“Bravo. E adesso noi cosa facciamo. Liberiamo Gloria, cacciamo Makarre o eliminiamo l’Imperatore Touk?” Chiese il gorilla.

“Touk sta scappando. Incominceremo con lui. Lasceremo Makarre per ultimo. Gloria ormai è spacciata.” Disse Black, fermandosi davanti alla console e guardando la sala di controllo dalla sua postazione posta in alto.

Il gorilla diede ordine di cercare le navi dell’Imperatore Touk.

I sensori a lungo raggio e i satelliti-caccia, lanciati ormai da giorni, incominciarono a inviare dati da ogni parte della zona della galassia vicino al confine, verso la galassia governata da Touk.

Le navi dell’Imperatore Touk furono scovate una a una.

Quelle che si erano inoltrate troppo nella galassia furono distrutte dalle navi dell’Imperatore.

Quelle al confine, ormai in fuga, furono intercettate da Invincible.

La nave dell’Imperatore Touk fu intercettata da Invincible mentre si stava allontanando dalla galassia, facendosi scudo di una nebulosa scura.

La battaglia che ne seguì fu di una ferocia inaudita.

Invincible si trovò davanti, a difendere la nave del loro Imperatore, ben cinquanta vascelli, ben armati e disposti a tutto.

Invincible dovette correre parecchio, per riuscire a smembrane la flotta e costringerli a disegnare nello spazio profondo una linea di navi lunga parecchi milioni di chilometri.

La flotta si era allungata e curvava verso la galassia, decisamente a sinistra.

Invincible girò, torno sui suoi passi e le affrontò una ad una, come una lunga fila di birilli.

Alcune dovettero difendersi da sole da Invincible, altre si raggrupparono nel tentativo di difendersi e di cercare di sconfiggere la nave di Black.

Ma i comandanti si resero subito conto della disparità tecnologica che esistevano tra le loro navi e Invincible.

Le teste di Invincible sparavano salve di luce che distruggeva quasi immediatamente le navi.

E non la smetteva di fare fuoco.

In una comunicazioni radio, che il gorilla intercettò, i comandanti speravano che i produttori di quel fascio di luce si surriscaldassero, esplodendo.

Il gorilla se la rise. Sapeva benissimo che se si scaldavano troppo i produttori di quella luce nella testa degli animali esplodeva, ma fino a che la nave riusciva a disperdere il calore nello spazio vuoto, non c’era problema.

Invincible continua a muoversi a velocità luce, e la flotta dell’Imperatore Touk fu sbaragliata in alcuni giorni.

Ma Invincible, di quella battaglia, ne risentì molto. E come lei, gli uomini e le donne della tana delle tigri che vi erano a bordo.

Non era previsto che vi fossero tanti morti.

Già una base militare, con tutti quei uomini: ora, una flotta di navi con cinquantamila uomini era stati distrutti.

Black si sentiva le mani lorde di sangue.

La nave dell’Imperatore Touk riuscì a scappare con il resto della flotta, circa venti navi.

Black non se la sentì di fare un’altra strage e li lasciò andare.

Doc raggiunse Black su Invincible, dopo alcuni giorni.

“Cosa ti è venuto in mente di dire certe cose ad Evane? Come hai fatto? Io non ti capisco!” Doc era furioso con Black.

“Senti. È inutile arrabbiarsi. Lo sai benissimo cosa sta succedendo…”

“Non è un tuo problema! Tu devi interessarti solo di Invincible! Non ti devi preoccupare del resto! Non è compito tuo. L’Imperatore se ne è risentito. Samuel ed Angel hanno dovuto dire che la battaglia è stata talmente dura che tu eri troppo eccitato per capire quello che dicevi. Adesso è tutto da sistemare…”

“Ma, Doc…”

“Smettila! Tu devi pensare solo ad Invincible! Il resto non è tuo compito. Metti a testa a posto!” Così dicendo, Doc con una mano prese la testa di Black e la scrollò.

Black si lamentò, ma aveva poco da dire: gli errori alla tana delle tigri si pagavano caro. Molto caro.

“Adesso per colpa tua sarà difficile che Gloria sia lasciata libera. Idiota, sei solo un idiota!” Doc non capiva, e continuava a scrollare la testa.

Black non ebbe il coraggio di dire niente.

La stanza dove avevano discusso così animatamente era nel ventre di Invincible, nel disco di centro della nave.

Era una stanza piena di contenitori ermetici, insonorizzata, lontana da orecchi indiscrete.

“Speriamo che l’Imperatrice sia clemente. Dopotutto …” Doc era pensieroso.

“Ci penso io.” Continuò. “Tu cerca Makarre. Ormai non serve più a nessuno. Almeno vivo. Mano male che l’Imperatore ha mandato Louk e Rachel a sistemare il marito di Haras.”

Black apparve sbigottito.

“Già, mio caro Black. L’uomo che i burocrati volevano realmente mettere sul trono era lui, non Makarre. Adesso vado. E non combinarmi altri guai.” Così dicendo, Doc gli fece un buffetto sulla guancia, alquanto doloroso. Black si lamentò e Doc rise, divertito.

Almeno qualcuno si diverte, pensò Black massaggiandosi la guancia.

 

La fuga di Gloria

Houil aveva portata Gloria in una stanza delle segrete del Palazzo Imperiale, per poterla interrogare con calma, molta calma.

Non l’aveva portata nei soliti uffici dei servizi segreti o sul pianeta prigione di Asol, solo perché non si fidava dei carcerieri.

Erano corruttibili e qualche burocrato, pur di far sparire le prove di un suo eventuale coinvolgimento, era disposto ad uccidere o a far uccidere Gloria.

La stanza in cui Gloria era tenuta era spoglia e poco illuminata.

Un letto di metallo con un materasso duro come un sasso, una sedia e un tavolo erano gli unici arredi: per paura che i prigionieri li usassero come armi, gli oggetti era cementati nel pavimento.

Gloria era seduta sul letto, abbracciando le gambe raccolte contro il corpo.

I duri giorni di prigionia l’avevano provata.

I suoi capelli erano in disordine, spettinati. Il viso era segnato dalle lacrime che gli scendevano copiose.

Il corpo era pieno di cicatrici: Hoiul non aveva avuto molto ritegno nei suoi confronti.

Gloria meditava sul da fare.

Hoiul voleva sapere tutto. Ma già lui sapeva e Gloria non poteva dirgli altro.

E allora perché continuarla a torturarla? Gloria se lo chiedeva ogni giorno che passava, ogni momento che Hoiul si divertiva con il suo corpo.

E stranamente Hoiul non usava le buone maniere. Era come se volesse vendicarsi del Barone sul corpo di Gloria.

Su quel bel corpo che non era stato di nessuno, nemmeno del Barone e men che meno di Houil.

Tutti i tentativi che Hoiul aveva fatto per sottomettere Gloria alla sua volontà erano falliti e lui aveva lasciato sul corpo della ragazza dei segni indelebili della sua ferocia.

Quel giorno Hoiul era in ritardo.

Gloria contava le ore, i minuti, i secondi che mancavano all’arrivo di Hoiul, ma quel giorno era in ritardo. Strano, non lo era mai.

Da oltre due mesi Hoiul arrivava, costringeva Gloria a giochi sadici, cercava di sottometterla in tutti i modi, e lei si ribellava. E il corpo della ragazza veniva segnato, con ferocia, da cicatrici.

Quel giorno Gloria aveva deciso di non essere vittima, ma di trasformarsi in carnefice.

Ma la cosa non le fu possibile.

Aveva nascosto un cucchiaio di latta, che gli davano per mangiare il cibo che gli portavano. Se mai cibo si poteva chiamare quella specie di brodaglia che gli portavano.

Si era tenuto un cucchiaio. Non poteva usarlo certo come un’arma, ma se il coraggio non l’avesse abbandonata, il manico avrebbe potuto infilarlo nella gola del suo carnefice.

Ma quando al porta si aprì, non entro Hoiul.

Nella penombra, Gloria vide una figura decisamente femminile entrare.

E sì, era una donna. Una strana donna.

La riconobbe: era Freddy.

“Freddy?!” Disse tra lo stupore e la gioia.

“Presto. Devi scappare.” Le disse Freddy, entrando guardinga nella stanza.

“Perché ” Chiese disperata Gloria.

“Il tuo lavoro è finito. È meglio se te ne vai.”

“Ma il Barone?”

“Lo sai che per lui non c’è più niente da fare. L’Imperatore lo vuole morto. Vieni, ti farò portare via, lontano.”

“No! Stavolta non ci sto! L’Imperatrice mi deve delle riposte.” La voce di Gloria rimbombò nella stanza.

Gloria si era alzata, con il cucchiaio in mano, nel tentativo di ribellarsi a quest’ultima azione di forza nei suoi confronti, ma Gloria era sfinita dalla prigionia e dalla torture e Freddy riuscì a disarmarle, prima di farla svenire con un colpo ben assestato sulla nuca.

Gloria svenne nelle braccia di Freddy.

Altri passi nel corridoio e altre persone entrarono nella stanza.

Gloria venne portata via da braccia muscolose.

La stanza non rimase vuota a lungo.

Hoiul arrivò poco dopo: era stato trattenuto da un soldato sulle scale per questioni di poca importanza.

Ma il tempo perso fu fatale: la stanza era vuota e Gloria sparita.

Hoiul imprecò quando si rese conto della fuga di Gloria, ma non poté fare diversamente che sedersi sulla sedia e constatare che per terra c’era il cucchiaio che Gloria voleva usare contro di lui.

Hoiul guardò il cucchiaio: non era riuscito a piegare la volontà di Gloria e qualcuno aveva deciso che la ragazza aveva anche fin troppo sofferto per una parte che non era la sua. L’Imperatrice aveva deciso di ridarle la libertà e Hoiul non poteva opporsi al suo volere.

Hoiul uscì dalla stanza senza chiudere dietro di se la porta della stanza.

Qualcuno sulle scale lo vide uscire, indifeso.

Hoiul vide la fiocca luce del corridoio spegnersi di colpo, per sempre.

Gloria si risvegliò in un letto caldo, comodo, con lenzuola di seta.

Era a casa.

Il Barone, con la sua mole, la sovrastava.

Intorno al letto vi erano altri personaggi, completamente sconosciuti a Gloria.

“Bentornata , cara. Come sta?” Le chiese gentilmente il Barone.

“Come ci sono arrivata qui?” Gloria non capiva cosa ci facesse lì. Il suo corpo era stato sicuramente curato, ma alcune cicatrici non erano andate via. Gloria lo constatò alzando le coperte: sotto era nuda e segni profondi coprivano alcune parti del suo corpo.

“Non lo so cara. Ti abbiamo trovato su una scialuppa alla deriva. L’importante è che sei qui e che stai bene.” Le disse il Barone.

Le altre persone presenti nella stanza sorrisero e, ad un cenno del Barone, uscirono dalla stanza.

“Non ho parlato!” Disse Gloria al Barone, appena furono soli. “Non ho detto a Hoiul, quel traditore!”

“Non ti preoccupare, cara. Non tradirà più nessuno. Comunque il nostro progetto è quasi naufragato. Quasi. C’è ancora una speranza: il marito di Haras. Speriamo che lui riesca nel suo intento.” Disse il Barone. “Anche se non so cosa potrà fare. L’Imperatore Touk ha deciso di abbandonarci. I suoi burocrati ci hanno voltato le spalle. E i nostri si sono ritrovati isolati da tutti.”

Il Barone Makarre era preoccupato.

Gloria cerco di consolarlo. Si sedette sul letto, mostrando il petto nudo e prese la testa del Barone, ponendola sul suo caldo seno.

Il Barone, sorpreso, si lasciò consolare da Gloria.

Tutto il resto svanì, sia per il Barone che per Gloria.

Fuori, il tempo aveva deciso di contrastare anche lui i progetti del Barone: la pioggia e la grandine si susseguivano interrottamente, lasciando dietro a loro, su quella parte del pianeta, morte e distruzione.

 

La consegna della giara della verità

Il pianeta Lokijn, governato dal cugino dell’Imperatore, il Duca Strozzen, era posizionato dentro ad uno dei bracci della galassia. Per dentro si intendente che era al centro del braccio, in una zona densa di soli e pianeti, più o meno evoluti.

Quelli meno evoluti, ove non vi era vita umane, umanoide o almeno con una parvenza di intelligenza, così come la intendevano gli scienziati, erano usati come zone di caccia e di passatempo dall’Imperatore e dalla sua corte, compresi alcuni vassalli che governavano le zone limitrofe del pianeta Lokijn.

A Strozzen ciò non dispiaceva.

Tipo strano Strozzen. Alto, biondo, occhi azzurri, con una pelle chiara, con un tic all’occhio destro. Aveva sposato una dama di compagnia dell’Imperatrice, una ragazza chiamata Alfonsine, di bell’aspetto, ma insignificante, figlia di una dama di corte e di un alto burocrate dell’Impero, uno di quelli che aveva deciso di tradire l’Imperatore.

Ma a Strozzen non gli era dispiaciuto sposare quella donna, ne tanto meno avere dei figli da lei.

La cosa strana di Strozzen era che passava più tempo a studiare, leggere, scoprire cose che non il tempo dedicato a governare la sua zona.

Che poi cosa doveva comandare, si chiedeva sempre. Sembrava più che facesse il guardiano alla zona di caccia privata dell’Imperatore che cercare di migliorare la vita dei suoi sudditi, perché c’era ben poco da migliorare.

Era sicuramente una della zone dell’Impero e dell’intera galassia dove la gente viveva meglio. Proprio perché riserva di caccia, sui pianeti da lui amministrati e su quelli usati come passatempo dalla corte, la vita trascorreva tranquilla.

Anche se l’Imperatore viveva sul braccio della galassia opposto al suo, Strozzen era quasi considerato un Imperatore. E i suoi sudditi erano alle stessa stregua considerati come i sudditi del pianeta dell’Imperatore. Cosa volere di più.

La malavita organizzata non esisteva, come non esisteva in tutto l’Impero. I ladri, costretti più dalla fame o dall’ignoranza a rubare, venivano condotti in prigioni dove erano costretti a lavorare e a guadagnarsi da mangiare e da vivere. Chi non riusciva a studiare, veniva arruolato a forza ed entrava a far parte della fanteria di terra o dello spazio.

Praticamente, non vi era abitante di quella zona della galassia che non lavorasse. Se tutti lavoravano, tutti stavano bene, avevano soldi da spendere per comprare l’utile e il futile. E non disturbavano i sogni dolci e innocenti di Strozzen. Così credeva lui.

Ma il solo fatto che suo suocero si era messo contro l’Imperatore, lo aveva messo sotto pressione e lo aveva preoccupato.

Ma l’Imperatore, e men che meno l’Imperatrice, gliene fecero una colpa. Anzi. Avevano fatto di tutto perché non si sentisse lasciato da parte, o peggio, non si sentisse abbandonato.

L’Imperatore, in quel periodo, si fece spesso sentire da Strozzen, con documenti, lettere o video chiamate. Come l’Imperatrice con sua moglie Alfonsine.

Chi non capiva era sua figlia Fionij. Il suo nonno, tanto amato, abbandonato dalla sua famiglia.

Ma la madre gli fece subito capire il perché non potevano mettersi contro l’Imperatore. E tanto meno contro l’Imperatrice.

La figlia non capì, ma accettò: forse era meglio un nonno in meno che una famiglia sterminata dalla furia dell’Imperatore.

Quel giorno autunnale iniziò nei migliori dei modi.

Era un giorno infrasettimanale e, stranamente, non era previsto nessun impegno per il Duca e la moglie.

E nemmeno per le figlie.

Sembrava quasi una giornata inutile.

Il Duca e la consorte stavano facendo colazione all’esterno, sulla veranda della loro casa, con davanti a loro un giardino con piante basse e fontane con giochi d’acqua.

Le figlie, Fionij e Glocial, giunsero poco dopo. La temperatura era mite ed era piacevole essere lì fuori, mentre un bel sole bianco sorgeva da dietro le montagne, che circondavano quella bellissima vallata.

Mentre allegramente la famiglia faceva colazione, una enorme nave oscurò il cielo.

Strozzen guardò in alto e vide Invincible avanzare, passando sopra il palazzo e dirigendosi verso le montagne.

L’astroporto più vicino dove poteva atterrare quella nave era alla base militare posta a oltre seimila chilometri dalla capitale.

Strozzen capì che qualcosa stava accadendo e si alzò, senza parlare.

La moglie e le figlie lo guardarono allontanarsi, spaventate, mentre alcuni burocrati e dei generali erano arrivati di corsa al palazzo..

Fionji guardò Invincible sparire all’orizzonte e, quando si voltò anche suo padre era sparito.

“Vieni, cara. Ci dobbiamo preparare.” Alfonsine prese la mano di Fionji e la tirò a se.

“Per cosa ci dobbiamo preparare, madre?” Chiese Fionji

“Non ti preoccupare. È venuto il tuo tempo. L’Impero ha bisogno di te.”

Alfonsine e Fionji si diressero verso il palazzo, mentre Glocial, troppo giovane per capire, continuò tranquillamente a far colazione.

Invincible atterrò nell’astroporto militare con un gran rumore.

Dalla nave scesero Doc e alcuni uomini della tana con vestiti da cerimonia.

I loro mantelli erano di color rosso, con bordi dorati.

La testa della tigri rispendeva in color platino sulla loro schiena.

Insieme a loro c’erano Black, Samuel, Angel, l’orso e la tigre.

La gira della verità era portata da Elstam ed Elsam.

La giara era di color argilla, con bande di vari colori orizzontale.

Elstam ed Elsam portavano la giara su una specie di portantina di legno.

La processione, silenziosamente, si diresse verso un grosso veicolo nero, che li aspettava.

Il veicolo, oltre che grosso, non aveva ruote. Viaggiava su un cuscino provocato da un magnete e viaggiava su una rotaia.

Il mezzo si mise in moto lentamente, mentre tutti i passeggeri si sedevano, allacciando le cinture di sicurezza.

Il veicolo si infilò in un tunnel, che lo inghiottì nel buio delle viscere del pianeta.

La velocità che raggiunse il veicolo nel tunnel fu elevata.

Un tachimetro con i display luminoso indicava la velocità di settecentocinquanta chilometri orari.

Il vuoto provocato nel tunnel consentiva al veicolo di viaggiare così veloce.

Ci vollero alcune ore per giungere alla capitale.

Elstam ed Elsam mangiarono qualcosa, affamate dal lungo viaggio, interrotto da Doc in prossimità della capitale dell’Impero.

Non erano le figlie dell’Imperatore le destinatarie della giara.

Ma a loro nessuno lo aveva detto. Ed Elstam ed Elsam avevano girato la galassia, per non farsi scoprire e consegnare la giara della verità al destinatario.

Ora, anche se non capivano il perché, era su quel pianeta a compiere il loro dovere.

Il mezzo, quando raggiunse la capitale del pianeta, uscì dalle viscere della terra e viaggio in un tubo trasparente, e così i passeggeri poterono rimirare la bellezza del pianeta.

Vicino alla capitale un lago, pieno di acqua azzurra, quieta, lambiva le periferia della capitale, fatta di casette piccole e basse, tutte uguali.

La voce dell’arrivo della strana comitiva si era già spersa per la capitale. A darne la comunicazione era stata la radio e il videogiornale planetario.

La gente si era precipitata in strada, avviandosi verso il palazzo del Duca, per vedere e capire cosa stava succedendo.

La capitale non era molto affollata, vi erano circa centomila persone.

Ma la piazza delle manifestazione ne conteneva più di un milione e la gente della città, che vi arrivo in gran fretta, sembrava più uno sciame di cavallette che un popolo esultante e felice per il suo Duca.

Qualcuno della dinastia sarebbe diventato Imperatore.

Quando il mezzo giunse a destinazione, nella stazione della capitale, sotto il palazzo, ad attendere Doc e la comitiva vi era il Duca, la moglie ed alcuni pochi alti dignitari del pianeta.

La cerimonia di accoglienza degli ospiti per quella particolare occasione era piuttosto complicata, e le suo norme risalivano indietro di millenni.

Doc scese dal mezzo e chiese il permesso per lui e la sua comitiva di avanzare sul suolo del pianeta.

“Io, Docilous Tuiofen, supremo capo della tana delle tigri, difensore della legalità galattica, giusto tra i giusti, equo con gli equi, ribelle verso l’ignoranza e la sopraffazione dei poveri, ospite per coloro che non hanno dove andare, vi chiedo di poter venire in pace nei vostri territori planetari, per portarvi la luce della conoscenza e la parola della verità contro coloro che spengono la ragione e accendono l’ignominia. Qui, tra voi, c’è colui che dovrà vedere la verità, sentirla, apprezzarla, odiarla, mai nasconderla ad occhi ed essere pensante della galassia. Colui che dovrà aprire la giara della verità è qui?” Chiese alla fine, con fare maestoso.

“Ma chi è costui?” Chiese, giustamente, uno degli alti funzionari.

“Donna, fai un passo avanti!” Doc indicò Fionji e gli fece cenno di avanzare.

La ragazza si guardò intorno, spesata.

“Chi sono io per essere eletta a tale rango?” Rispose come le era stato insegnato dalla madre.

“Non importa chi sei. Tutto per il bene della galassia!” Rispose Doc.

La piccola folla che circondava Fionji si allargo, allontanandosi sa lei, compresi i suoi genitori.

Tutti, poi, si inchinarono davanti a lei.

Ad un gesto di Doc, il piccolo gruppo di persone della tana delle tigri aprì la processione verso il palazzo, seguiti da Elstam ed Elsam che portavano la giara.

Dietro la giara s’incamminò Foinji, seguita dai funzionari del pianeta. La processione era chiusa dal Duca e la sua moglie e si diresse si diresse verso la grande sale delle adunanze.

Ad aspettarli vi era un folto gruppo di dignitari e dame di corte. Glocial aspettava di fianco al trono.

Quando arrivarono nella sala, di fronte al trono, gli uomini e le donne della tana delle tigri si coprirono il capo con il cappuccio della vesta.

Doc invitò Fionji a sedersi sul trono.

Quando Fionji si fu seduta sul trono, tutti i presenti si inchinarono, in segno di saluto e rispetto.

Elstam ed Elsam portarono la giara davanti a Fionji e l’appoggiarono ai suoi piedi.

“Apri, senza paura e la verità sarà a te permesso di conoscere.” Le disse Doc.

Fionji prese il coperchio della giara e lo alzò, guardandoci dentro.

La sua faccia era nascosta dal coperchio e, siccome tutti erano ancora inchinati in segno di rispetto, nessuno vide la sua faccia di stupore.

Strano, pensò, una giara piena di acqua. E anche un po’ puzzolente, concluse, richiudendo il coperchio.

Strano scherzo. Acqua, solo acqua, nient’altro che acqua. Doc la squadrò da sotto il cappuccio.

Se avesse parlato, per dire quello che aveva visto, non sarebbe diventata Imperatrice. Fionji lo sapeva: era stata ben istruita dalla madre.

“Qualsiasi cosa ci sia dentro” le aveva detto la madre “non devi far trapelare dal tuo corpo che sei sorpresa o spaventata. Sii forte, qualsiasi cosa succede.”

Ma l’acqua, cosa centrava? Fionji era quasi arrabbiata e si accorse dello sguardo da sotto il cappuccio di Doc, ed evitò di far trapelare dal suo viso qualsiasi emozione.

Doc si accorse di quell’attimo di smarrimento di Fionji, ma gli altri no.

Perfetto, pensò Doc.

Magnifico, pensò Black.

Che barba, pensarono Elstam ed Elsam.

Fionji si accorse di aver percepito quei pensieri, attimi sfuggenti che le erano passate nel cervello, in un attimo, e che se ne erano andati via, veloci.

Fionji si guardò attorno, guardinga. Tutti erano ancora inchinati e lei si accorse di sentire i pensieri, di recepire le loro emozioni, le loro paure: sentiva le vibrazioni aure delle persone.

Non era acqua quella nella giara, era come una droga, talmente forte che le aveva amplificato i sensi, non quelli corporei, ma quelli spirituali. Forse.

A Fionji ci volle parecchio per abituarsi a quella nuova sensazione. Difficile da controllare.

Ad un tratto, Doc fece un cenno e i cappucci degli uomini della tana si abbassarono, mostrando volti di uomini e donne che aveva combattuto a lungo per il bene di tutti.

La gente si alzò, guardando in faccia la nuova Imperatrice.

“Vi presento la vostra nuova Imperatrice. Lunga vita all’Impero!” Urlò Doc.

“Lunga vita e prosperità a noi!” Risposero i presenti.

La folla nella piazza urlava. La notizia della nuova Imperatrice corse per ogni angolo della galassia.

Ma il passaggio dei poteri non era così semplice ed immediato.

Il vecchio Imperatore doveva abdicare, ma non era detto che lo avrebbe fatto in poco tempo.

E poi Fionji doveva trovare marito e sposarsi. E anche questo non era così immediato.

Fionji doveva finire gli studi, essere istruita, trovare dame di corte, aiutanti… tante cose da fare.

Doc e i componenti della tana delle tigri se ne andarono, scortando la gira della verità portata da Elstam ed Elsam.

Se ne andarono con lo stesso mezzo con cui erano venuti.

La sera stava calando in quella parte del pianeta.

Invincible ripartì con la piccola comitiva a bordo, dirigendosi verso la tana delle tigri.

Sul pianeta incominciarono i festeggiamenti e nella galassia tutti guardavano alla nuova Imperatrice.

   
 
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